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Carel Industries

Governance Information Oct 14, 2019

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Governance Information

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Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo

ai sensi del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231

Approvato dal Consiglio di Amministrazione in data 30 marzo 2017 e aggiornato con delibera del Consiglio di Amministrazione il [∙])

Indice

1. Descrizione del quadro normativo . . 8 1.1 Introduzione. . 8 1.2 Natura della responsabilità. . 9 1.3 Criteri di imputazione della responsabilità. . 9 1.4 Valore esimente dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo. . . 11 1.5 Fattispecie di reato e di illecito. . . 12 1.6 Apparato sanzionatorio. . . 16 1.7 Vicende modificative dell'ente. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 1.8 Reati commessi all'estero. . . 20 1.9 Procedimento di accertamento dell'illecito. . . 21 1.10 Codici di comportamento (Linee Guida). . . 22 2. Il Modello di Governance e l'Assetto Organizzativo di CAREL Industries S.p.A.. . . 23 2.1 CAREL Industries S.p.A.. . . 23 2.2 L'Assetto Istituzionale: organi e soggetti. . . 24 2.3 Gli strumenti di governance di CAREL . . 26 2.4 Sistema di controllo interno . . 27 2.5 Assetto Organizzativo. . . 27 3. Il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo di CAREL Industries S.p.A.. . . 28 3.1 Premessa. . . 28 3.2 Funzione del Modello. . . 28 3.3 Il Progetto di CAREL Industries S.p.A. per la definizione del proprio Modello. . . 29 3.4 Struttura del Modello. . . 33 3.5 Rapporto tra Modello e Codice Etico. . . 33 3.6 Illeciti rilevanti per la Società. . . 34 3.7 Adozione, aggiornamento e adeguamento del Modello. . . 34 4. L'Organismo di Vigilanza. . . 36 4.1 Funzione dell'Organismo di Vigilanza . . 36 4.2 Requisiti. . . 36 4.3 Composizione, nomina e durata . . 38 4.4 Revoca. . . 38 4.5 Cause di sospensione. . . 39 4.6 Temporaneo impedimento. . . 40 4.7 Funzioni e poteri . . 40 4.8 Flussi informativi da e verso l'Organismo di Vigilanza . . 43 5. Il sistema sanzionatorio. . . 47 5.1 Principi generali. . . 47 5.2 Misure nei confronti di lavoratori subordinati. . . 47 5.3 Misure nei confronti degli amministratori. . . 51 5.4 Misure nei confronti dei sindaci. . . 52 5.5 Misure nei confronti dell'Organismo di Vigilanza. . . 52 5.6 Misure nei confronti di partner commerciali, consulenti o altri soggetti . aventi rapporti contrattuali con la Società. . . 52

6. Il piano di formazione e comunicazione. . . 53 6.1 Premessa. . . 53 6.2 Dipendenti. . . 54 6.3 Componenti degli organi sociali e soggetti con funzioni

di rappresentanza della Società. 55
6.4 Altri destinatari. 55

Definizioni

"Agente"

• i soggetti, sia persone fisiche che giuridiche, a cui CAREL Industries S.p.A. ha contrattualmente conferito incarichi di commercializzazione dei propri prodotti;

"Attività Sensibili"

• le attività di CAREL Industries S.p.A. nel cui ambito sussiste il potenziale rischio di commissione dei Reati;

"CCNL"

• i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro stipulati dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative per il personale dipendente non dirigente di Carel Industries S.p.A. e per i dirigenti della stessa;

"Codice Etico"

• codice comportamentale adottato da CAREL Industries S.p.A. e pubblicato sul sito internet della Società, contenente standard minimi che tutti i Destinatari del presente Modello, nonché i Dipendenti e i membri degli organi sociali di tutte le Società Controllate appartenenti al Gruppo, sono tenuti a rispettare al fine di prevenire situazioni che potrebbero minare l'integrità della Società e del Gruppo stesso;

"Consulente"

• i soggetti che agiscono in nome e/o per conto di CAREL Industries S.p.A. in forza di un contratto di mandato o di altro rapporto contrattuale di collaborazione come, p.e., i consulenti finanziari o legali;

"D. lgs. 231/2001" o il "Decreto"

• il decreto legislativo dell'8 giugno 2001, n. 231 e successive modifiche e integrazioni;

"Datore di Lavoro"

• il soggetto titolare del rapporto di lavoro o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa;

"Destinatari"

• i Dipendenti e i Membri degli Organi Sociali di CAREL Industries S.p.A., nonché gli Agenti, i Distributori, i Partner commerciali e i Consulenti della Società;

"Dipendenti"

• i soggetti aventi un rapporto di lavoro subordinato con CAREL Industries S.p.A., ivi compresi i Dirigenti;

"Dirigente"

• il soggetto che, in ragione delle competenze professionali e dei poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del Datore di Lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa;

"Distributore"

• i soggetti, sia persone fisiche che giuridiche, a cui CAREL Industries S.p.A. ha contrattualmente conferito incarichi di distribuzione dei propri prodotti;

"DPI" o "Dispositivi di protezione individuale"

• qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché, ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo;

"DUVRI" o "Documento Unico di Valutazione dei Rischi per le Interferenze"

• il documento redatto dal Datore di Lavoro committente in caso di affidamento di lavori a impresa appaltatrice o Lavoratori autonomi all'interno della propria unità produttiva contenente una valutazione dei rischi che indichi le misure per eliminare o, ove ciò non risulti possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze nei contratti di appalto, d'opera o di somministrazione;

"DVR" o "Documento di Valutazione dei Rischi"

• il documento redatto dal Datore di Lavoro contenente una relazione sulla valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza durante il lavoro ed i criteri per la suddetta valutazione, l'indicazione delle misure di prevenzione e protezione e dei dispositivi di protezione individuale conseguente a tale valutazione, il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, l'indicazione del nominativo RSPP, del RLS e del Medico Competente che ha partecipato alla valutazione del rischio, nonché l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i Lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento;

"Gruppo"

• CAREL Industries S.p.A. e le Società da essa controllate;

"Key Officer"

• le persone di più alto livello organizzativo in grado di fornire le informazioni di dettaglio sui singoli processi aziendali e sulle attività delle singole Strutture Organizzative, al fine di raggiungere un livello di informazione/dettaglio idoneo a comprendere il sistema dei controlli in essere;

"Lavoratori"

• i soggetti che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolgono un'attività lavorativa nell'ambito della Società;

"Linee Guida"

• raccomandazioni delle associazioni di categoria sviluppate sistematicamente sulla base di conoscenze continuamente aggiornate e valide - es. le Linee Guida Confindustria per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo per il settore assicurativo ex articolo 6, comma 3, del D.lgs. 231/2001;

"Medico Competente"

• medico - in possesso dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all'art. 38 del D. lgs. 81/2008 - che collabora, secondo quanto previsto dall'art. 29 comma 1 del richiamato decreto, con il Datore di Lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la Sorveglianza Sanitaria;

"Modello"

• il modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dal D.lgs. 231/2001;

"Organi Sociali"

• sia il Consiglio di Amministrazione e il Collegio Sindacale di CAREL Industries S.p.A. sia i suoi membri;

"Organismo di Vigilanza"

• l'organismo interno di controllo, preposto alla vigilanza sul funzionamento e sull'osservanza del Modello nonché al relativo aggiornamento;

"P.A."

• la pubblica amministrazione e, con riferimento ai reati nei confronti della pubblica amministrazione, i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio (es. i concessionari di un pubblico servizio);

"Partner" o "Partner commerciale"

• le controparti contrattuali di CAREL Industries S.p.A., con cui la Società addivenga a una qualunque forma di collaborazione contrattualmente regolata (associazione temporanea d'impresa, joint venture, consorzi, collaborazione in genere, fornitura, appalto) che non rientri nella categoria degli Agenti, dei Distributori o in quella di Consulenti, ove destinati a cooperare con la Società nell'ambito delle Attività Sensibili;

"Preposto"

• il soggetto che in ragione delle competenze professionali e nei limiti dei poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende all'attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei Lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa;

"Reati":

• le fattispecie di reati ai quali si applica la disciplina prevista dal D.lgs. 231/2001, anche a seguito di sue successive modificazioni ed integrazioni;

"RLS" o "Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza":

• il soggetto eletto o designato per rappresentare i Lavoratori in relazione agli aspetti della salute e sicurezza sul lavoro;

"RSPP" o "Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione"

• il soggetto in possesso delle capacità e dei requisiti professionali indicati nel D. lgs. 81/2008, designato dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il Servizio di Prevenzione e Protezione;

"Società" o "CAREL"

• CAREL Industries S.p.A., con sede legale a Brugine (PD), Via dell'Industria, 11.

"Soggetti Apicali"

• persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione della Società o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

"Strutture Organizzative"

• le strutture di CAREL responsabili delle singole funzioni aziendali, individuate dall'organigramma della Società.

1. Descrizione del quadro normativo

1.1 Introduzione

Il decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 (di seguito, il "D. lgs. n. 231/2001" o il "Decreto"), in attuazione della delega conferita al Governo con l'art. 11 della Legge 29 settembre 2000, n. 300, detta la disciplina della "responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato", che si applica agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica1 .

Il Decreto trova la sua genesi primaria in alcune convenzioni internazionali e comunitarie, ratificate dall'Italia, che impongono di prevedere forme di responsabilità degli enti collettivi per talune fattispecie di reato: tali enti, infatti, possono essere ritenuti "responsabili" per alcuni illeciti commessi o tentati, anche nell'interesse o a vantaggio degli stessi, da esponenti dei vertici aziendali (i c.d. soggetti "in posizione apicale" o semplicemente "apicali") e da coloro che sono sottoposti alla direzione o vigilanza di questi ultimi (art. 5, comma 1, del D. lgs. n. 231/2001) 2 .

Il D. lgs. n. 231/2001 innova, quindi, l'ordinamento giuridico italiano, in quanto agli enti sono ora applicabili, in via diretta e autonoma, sanzioni di natura sia pecuniaria che interdittiva, in relazione a reati ascritti a soggetti funzionalmente legati agli enti, ai sensi dell'art. 5 del Decreto 3 .

1 Rientrano in tale ambito di applicazione gli enti pubblici economici e gli enti privati concessionari di un servizio pubblico, mentre sono esclusi da tale applicazione, oltre allo Stato e agli enti pubblici territoriali, gli enti pubblici non economici e gli enti che svolgono funzioni di rilevo costituzionale.

2 Art. 5, comma 1, del D. lgs. n. 231/2001: "Responsabilità dell'ente – L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a)".

3 In base all'art. 8 del D. lgs. n. 231/2001: "Autonomia della responsabilità dell'ente – 1. la responsabilità dell'ente sussiste anche quando: a) l'autore del reato non è stato identificato o non è imputabile; b) il reato si estingue per una causa diversa dall'amnistia. 2. Salvo che la legge disponga

La responsabilità amministrativa degli enti è autonoma rispetto alla responsabilità penale della persona fisica che ha commesso il reato; non si sostituisce, ma si aggiunge a quella personale dell'individuo che ha commesso il reato.

La stessa è, tuttavia, esclusa se l'ente coinvolto ha, tra l'altro, adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione dei reati, Modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D. lgs. n. 231/2001 idonei a prevenire i reati stessi.

La responsabilità amministrativa è, in ogni caso, esclusa se i soggetti apicali e/o i loro sottoposti hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi 4 .

1.2 Natura della responsabilità

Con riferimento alla natura della responsabilità amministrativa ex D. lgs. n. 231/2001, la Relazione illustrativa al decreto sottolinea la "nascita di un tertium genus, che coniuga i tratti essenziali del sistema penale e di quello amministrativo, nel tentativo di contemperare le ragioni dell'efficacia preventiva con quelle, ancor più ineludibili, della massima garanzia".

Il D. lgs. n. 231/2001 ha, infatti, introdotto nel nostro ordinamento una forma di responsabilità degli enti di tipo "amministrativo" – in ossequio al dettato dell'art. 27, comma primo, della nostra Costituzione "La responsabilità penale è personale" – ma con numerosi punti di contatto con una responsabilità di tipo "penale" 5 .

1.3 Criteri di imputazione della responsabilità

La commissione di uno dei reati presupposto costituisce solo una delle condizioni per l'applicabilità della disciplina dettata dal Decreto.

Vi sono, infatti, ulteriori condizioni che attengono alle modalità di imputazione all'ente dell'illecito da reato e che, a seconda della loro natura, possono essere suddivise in criteri di imputazione di natura oggettiva e di natura soggettiva.

diversamente, non si procede nei confronti dell'ente quando è concessa amnistia per un reato in relazione al quale è prevista la sua responsabilità e l'imputato ha rinunciato alla sua applicazione. 3. L'ente può rinunciare all'amnistia".

La Suprema Corte, con riferimento a un reato commesso in concorso da una società e da una persona fisica, la quale aveva prestato attività di consulenza professionale in favore della stessa società, ha ribadito che l'ente non può dirsi estraneo al reato ed ha quindi un titolo autonomo di responsabilità. Non v'è infatti sussidiarietà nella confisca della responsabilità della persona fisica autore del reato e vige altresì, data la natura sanzionatoria della confisca per equivalente, il principio solidaristico secondo cui l'intera azione delittuosa e l'effetto conseguente sono imputati a ciascun concorrente (Cass. 27 settembre 2006, n. 31989).

4 Art. 5, comma 2, del D. lgs. n. 231/2001: "Responsabilità dell'ente – L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi".

5 In tal senso si vedano – tra i più significativi – gli artt. 2, 8 e 34 del D. lgs. n. 231/2001 ove il primo riafferma il principio di legalità tipico del diritto penale; il secondo afferma l'autonomia della responsabilità dell'ente rispetto all'accertamento della responsabilità della persona fisica autrice della condotta criminosa; il terzo prevede la circostanza che tale responsabilità, dipendente dalla commissione di un reato, venga accertata nell'ambito di un procedimento penale e sia, pertanto, assistita dalle garanzie proprie del processo penale. Si consideri, inoltre, il carattere afflittivo delle sanzioni applicabili all'ente.

I criteri di natura oggettiva richiedono che:

  • il fatto di reato sia stato commesso da parte di un soggetto funzionalmente legato all'ente;
  • il reato sia stato commesso nell'interesse o a vantaggio dell'ente.

In particolare, nella categoria dei soggetti apicali possono essere fatti rientrare gli amministratori, i direttori generali, i rappresentanti legali, ma anche, per esempio, i preposti a sedi secondarie, i direttori di divisione o di stabilimento. Anche tutti i soggetti delegati dagli amministratori a esercitare attività di gestione o direzione della società o di sedi distaccate devono essere considerati soggetti apicali.

Alla categoria dei soggetti in posizione subordinata appartengono tutti coloro che sono sottoposti alla direzione e vigilanza dei soggetti apicali e che, in sostanza, eseguono nell'interesse dell'ente le decisioni adottate dai vertici. Possono essere ricondotti a questa categoria tutti i dipendenti dell'ente, nonché tutti coloro che agiscono in nome, per conto o nell'interesse dell'ente, quali, a titolo di esempio, i collaboratori, i parasubordinati e i consulenti.

Per il sorgere della responsabilità dell'ente è poi necessario che il fatto di reato sia stato commesso nell'interesse o a vantaggio dell'ente.

In ogni caso, l'ente non risponde se il fatto di reato è stato commesso nell'interesse esclusivo dell'autore del reato o di terzi.

I criteri di imputazione di natura soggettiva attengono al profilo della colpevolezza dell'ente. La responsabilità dell'ente sussiste se non sono stati adottati o non sono stati rispettati standard doverosi di sana gestione e di controllo attinenti alla sua organizzazione e allo svolgimento della sua attività. La colpa dell'ente, e quindi la possibilità di muovere a esso un rimprovero, dipende dall'accertamento di una politica di impresa non corretta, o di deficit strutturali nell'organizzazione aziendale, che non abbiano prevenuto la commissione di uno dei reati presupposto.

Il Decreto esclude, infatti, la responsabilità dell'ente, nel caso in cui, prima della commissione del reato, l'ente si sia dotato e abbia efficacemente attuato un «modello di organizzazione, gestione e controllo» (il Modello), idoneo a prevenire la commissione di reati della specie di quello che è stato realizzato.

Il Modello opera quale esimente, sia che il reato presupposto sia stato commesso da un soggetto apicale, sia che sia stato commesso da un soggetto subordinato. Tuttavia, per i reati commessi dai soggetti apicali, il Decreto introduce una sorta di presunzione di responsabilità dell'ente, dal momento che si prevede l'esclusione della sua responsabilità solo se l'ente dimostra che:

  • il Consiglio di Amministrazione ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, un Modello idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
  • il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza del Modello e di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo (Organismo di Vigilanza);
  • le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente il Modello;
  • non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'Organismo di Vigilanza.

Per i reati commessi dai soggetti subordinati, l'ente risponde invece solo se venga provato che «la commissione del reato è stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza» che gravano tipicamente sul vertice aziendale. Anche in questo caso, comunque, l'adozione e l'efficace attuazione del Modello, prima della commissione del reato, esclude l'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza ed esonera l'ente da responsabilità.

L'adozione e l'efficace attuazione del Modello, pur non costituendo un obbligo giuridico, è quindi l'unico strumento a disposizione dell'ente per dimostrare la propria estraneità ai fatti di reato e, in definitiva, per andare esente dalla responsabilità stabilita dal Decreto.

1.4 Valore esimente dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo

Il Modello opera pertanto quale esimente della responsabilità dell'ente solo se idoneo rispetto alla prevenzione dei reati presupposto e solo se efficacemente attuato.

Il Decreto, tuttavia, non indica analiticamente le caratteristiche e i contenuti del Modello, ma si limita a dettare alcuni principi di ordine generale e alcuni elementi essenziali di contenuto.

In generale – secondo il Decreto – il Modello deve prevedere, in relazione alla natura e alla dimensione dell'organizzazione, nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell'attività nel rispetto della legge e a rilevare ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio.

  • In particolare, il Modello deve:
  • individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati (c.d. attività sensibili);
  • prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente, in relazione ai reati da prevenire;
  • individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a impedire la commissione di reati;
  • prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli;
  • introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello.

Con riferimento all'efficace attuazione del Modello, il Decreto prevede, inoltre, la necessità di una verifica periodica e di una modifica dello stesso, qualora siano scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero, qualora intervengano mutamenti nell'organizzazione o nell'attività dell'ente.

Accanto a tali previsioni, la Legge 30 novembre 2017, n. 179 recante «Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato» ha aggiunto nel corpo del Decreto una serie di ulteriori prescrizioni (nello specifico, art. 6, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater), volti a garantire tutela e protezione a quanti, all'interno dell'ente, segnalino

tempestivamente la commissione di condotte illecite rilevanti ai sensi del Decreto (c.d. whistleblowing).

In particolare, ai sensi dell'art. 6, comma 2-bis, lett. a), il Modello deve ora anche prevedere uno o più canali che consentano tanto ai soggetti apicali, tanto ai soggetti subordinati, «di presentare, a tutela dell'integrità dell'ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del […] decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte». Tali canali di comunicazione devono anche garantire «la riservatezza dell'identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione».

Inoltre, il medesimo comma 2-bis precisa (lett. b) che il Modello deve poi individuare almeno un canale alternativo di segnalazione «idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell'identità del segnalante». Ancora, sempre il nuovo comma 2-bis sancisce (lett. c) il divieto di atti di ritorsione o comunque discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione. Infine, si stabilisce anche (lett. d) che il Modello debba individuare nel sistema disciplinare adottato ai sensi del Decreto sanzioni «nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate».

1.5 Fattispecie di reato e di illecito

In base al D. lgs. n. 231/2001, l'ente può essere ritenuto responsabile soltanto per i reati espressamente richiamati dal D. lgs. n. 231/2001, se commessi nel suo interesse o a suo vantaggio dai soggetti qualificati ex art. 5, comma 1, del Decreto stesso o nel caso di specifiche previsioni legali che al Decreto facciano rinvio, come nel caso dell'art. 10 della legge n. 146/2006.

Le fattispecie possono essere comprese, per comodità espositiva, nelle seguenti categorie:

  • Reati commessi nei rapporti con la Pubblica Amministrazione (artt. 24 e 25 del Decreto) 6 ;
  • Delitti informatici e trattamento illecito di dati (art. 24-bis del Decreto.) 7 ;

6 Si tratta dei seguenti reati: malversazione a danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 316-bis c.p.), indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato o di altro ente pubblico o delle Comunità europee (art. 316-ter c.p.), truffa in danno dello Stato o di un altro ente pubblico (art. 640 comma 2 n. 1 c.p.), truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.), frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640ter c.p.), concussione (art. 317 c.p.), corruzione per l'esercizio della funzione (art. 318 c.p.; art. 321 c.p.), corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, semplice e aggravata (art. 319 c.p., art. 319-bis c.p.; 321 c.p.), corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.; art. 321 c.p.), induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.), corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.; art. 321 c.p.), istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.), peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri (art. 322-bis c.p.).

7 Si tratta dei reati di falsità in un documento informatico pubblico o privato avente efficacia probatoria (art. 491-bis c.p.), accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (art. 615 ter c.p.), detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici (art. 615-quater c.p.), diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti

;

  • Delitti di criminalità organizzata (art. 24-ter del Decreto) 8
  • Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento (art. 25-bis del Decreto) 9 ;
  • Delitti contro l'industria e il commercio (art. 25-bis.1 del Decreto) 10;
  • Reati societari (art. 25-ter del Decreto.) 11;
  • Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico

a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico (art. 615-quinquies c.p.), intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quater c.p.), installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quinquies c.p.), danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici (art. 635-bis c.p.), danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità (art. 635-ter c.p.), danneggiamento di sistemi informatici o telematici (art. 635-quater c.p.), danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità (art. 635-quinquies c.p.), frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica (art. 640-quinquies c.p.).

8 Si tratta dei reati di associazione per delinquere (art. 416 c.p.), associazioni di tipo mafioso anche straniere (art. 416-bis c.p.), scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter c.p.), sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione (art. 630 c.p.), associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 D.P.R. 309/1990), produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 73 D.P.R. 309/1990), termini di durata massima delle indagini preliminari (art. 407 c.p.p.), illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (art. 407, co. 2, lett. a), numero 5), c.p.p.).

9 Si tratta dei reati di falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate (art. 453 c.p.), alterazione di monete (art. 454 c.p.), spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate (art. 455 c.p.), spendita di monete falsificate ricevute in buona fede (art. 457 c.p.), falsificazione di valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati (art. 459 c.p.), contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo (art. 460 c.p.), fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (art. 461 c.p.), uso di valori di bollo contraffatti o alterati (art. 464 c.p.), contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (art. 473 c.p.), introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.).

10 Si tratta dei reati di turbata libertà dell'industria o del commercio (art. 513 c.p.), illecita concorrenza con minaccia o violenza" (art. 513-bis c.p.), frodi contro le industrie nazionali (art. 514), frode nell'esercizio del commercio (art. 515 c.p.), vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (art. 516 c.p.), vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.), fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale (art. 517-ter c.p.), contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517-quater c.p.).

11 Si tratta dei reati di false comunicazioni sociali (artt. 2621 e 2621-bis c.c.) , false comunicazioni sociali delle società quotate (art. 2622 c.c.), impedito controllo (art. 2625, comma 2, c.c.), indebita restituzione di conferimenti (art. 2626 c.c.), illegale ripartizione degli utili e delle riserve (art. 2627 c.c.), illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 2628 c.c.), operazioni in pregiudizio dei creditori (art. 2629 c.c.), omessa comunicazione del conflitto d'interessi (art. 2629-bis c.c.), formazione fittizia del capitale (art. 2632 c.c.); indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art. 2633 c.c.), corruzione tra privati (art. 2635, comma 3, c.c., inserito dalla L. 6 novembre 2012, . 190), istigazione alla corruzione tra privati (art. 2635-bis, comma 1, c.c., inserito dal D. Lgs. 15 marzo 2017 n. 38), illecita influenza sull'assemblea (art. 2636 c.c.), aggiotaggio (art. 2637 c.c.), ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638, comma 1 e 2, c.c.).

previsti dal codice penale o dalle leggi speciali (art. 25-quater del Decreto.) 12; • Pratiche di mutilazioni degli organi genitali femminili (art. 25-quater.1 del Decreto -) 13;

  • Delitti contro la personalità individuale (art. 25-quinquies del Decreto) 14;
  • Abusi di mercato (art. 25-sexies del Decreto) 15;
  • Reati di omicidio colposo o lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell'igiene e della salute sul lavoro (art. 25-septies del Decreto) 16;
  • Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita nonché autoriciclaggio (art. 25-octies del Decreto) 17;
  • Delitti in materia di violazione del diritto d'autore (art. 25-novies del Decreto)18;

12 Si tratta dei delitti aventi finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico previsti dal codice penale o dalle leggi speciali (art. 25 – quater del Decreto –aggiunto dalla L. 14 gennaio 2003 n. 7, e s.m.i.), tra cui: associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico (art. 270-bis c.p.); assistenza agli associati (art. 270-ter c.p.); arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270-quater c.p.); organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo (art. 270-quater.1 c.p.); addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270-quinquies c.p.); condotte con finalità di terrorismo (art. 270-sexies c.p.); attentato per finalità terroristiche o di eversione (art. 280 c.p.); atti di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi (art. 280-bis c.p.); sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione (art. 289-bis c.p.); istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti dai capi primo e secondo (art. 302 c.p.), misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica (art. 1 D.L. 15 dicembre 1979, n. 625 convertito con mod. nella L. 6 febbraio 1980, n.15), delitti previsti dall'art. 2 della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo fatta a New York il 9 dicembre 1999, misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica (art. 1 D.L. 15 dicembre 1979, n. 625 convertito con mod. nella L. 6 febbraio 1980, n.15). 13 Si tratta dei reati di pratiche di mutilazione di organi genitali femminili (art. 583-bis c.p.).

14 I reati sanzionati sono: riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.), prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.), pornografia minorile (art. 600-ter c.p.), detenzione di materiale pornografico (art. 600-quater), pornografia virtuale (art. 600-quater.1 c.p.), iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-quinquies c.p.), tratta di persone (art. 601 c.p.), acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.), adescamento di minorenni (art. 609-undecies c.p.; reato inserito dal D. Lgs. 4 marzo 2014, n. 39), intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603-bis c.p.).

15 Si tratta dei reati di abuso di informazioni privilegiate (art. 184 del D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, c.d. "T.U.F."), manipolazione del mercato (art. 185 T.U.F.). Si segnala inoltre la forma di responsabilità amministrativa dell'ente derivante dalla commissione degli illeciti amministrativi (artt. 187-bis e 187-ter T.U.F.) del di abuso di informazione privilegiata e di manipolazione del mercato (art. 187-quinquies T.U.F.)

16 Si tratta dei reati di omicidio (art. 589 c.p.), lesioni personali colpose (art. 590, comma 3, c.p.).

17 Si tratta dei reati di ricettazione (art. 648 c.p.), riciclaggio (art. 648-bis c.p.), impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.), autoriciclaggio (art. 648-ter.1, inserito dalla Legge 15 dicembre 2014, n. 186.).

18 Si tratta dei delitti seguenti: messa a disposizione del pubblico, in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, di un'opera dell'ingegno protetta, o di parte di essa (art. 171, comma I, lett. a-bis), L. 633/1941), reati di cui al punto recedente commessi su opere altrui non destinate alla pubblicità, con usurpazione della paternità dell'opera ovvero con deformazione, mutilazione o altra modificazione dell'opera medesima, qualora ne risulti offeso l'onore o la reputazione (art. 171, comma 3, L.633/1941), abusiva duplicazione, per trarne profitto, di programmi per elaboratore; importazione, distribuzione, vendita o detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale o concessione in locazione di programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla SIAE, rimozione arbitraria o elusione funzionale di dispositivi di protezione di programmi per elaboratori (art. 171-bis, comma 1, L. n. 633/1941), riproduzione,

  • Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (art. 25-decies del Decreto)19;
  • Reati ambientali (art. 25-undecies del Decreto)20;
  • Reato di impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (art. 25-duodecies del Decreto);
  • Razzismo e Xenofobia (art. 25-terdecies del Decreto introdotto dalla L. 167/2017);

trasferimento su altro supporto, distribuzione, comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico, del contenuto di una banca dati, su supporti non contrassegnati SIAE, estrazione o reimpiego della banca dati; distribuzione, vendita o concessione in locazione di banche di dati (art. 171-bis, comma 2, L. 633/1941), abusiva duplicazione, riproduzione, trasmissione o diffusione in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, di opere dell'ingegno destinate al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio di dischi, nastri o supporti analoghi o ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento, opere letterarie, drammatiche, scientifiche o didattiche, musicali o drammatico musicali, multimediali, anche se inserite in opere collettive o composite o banche dati; riproduzione, duplicazione, trasmissione o diffusione abusiva, vendita o commercio, cessione a qualsiasi titolo o importazione abusiva di oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi; immissione in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, di un'opera dell'ingegno protetta dal diritto d'autore, o parte di essa (art. 171-ter, L. 633/1941), mancata comunicazione alla SIAE dei dati di identificazione dei supporti non soggetti al contrassegno o falsa dichiarazione (art. 171-septies, L. 633/1941), fraudolenta produzione, vendita, importazione, promozione, installazione, modifica, utilizzo per uso pubblico e privato di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale (art. 171-octies, L. 633/1941).

19 Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (art. 377-bis c.p.).

20 Il citato articolo è stato introdotto dal decreto Legislativo n. 121 del 7 luglio 2011 "Attuazione delle Direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente, nonché della Direttiva 2009/123/CE che modifica la Direttiva 2005/35/CE relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di sanzioni per violazioni" entrato in vigore in data 16 agosto 2011. Inoltre, in data 28 maggio 2015 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 22 maggio 2015 n.68 "Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente" che, con l'art.8, ha modificato l'art. 25-undecies del D. Lgs. 231/01, introducendo nuove fattispecie di reato ed integrando le sanzioni previste: inquinamento ambientale (articolo 452-bis c.p.), disastro ambientale (articolo 452-quater c.p.), delitti colposi contro l'ambiente (articolo 452-quinquies c.p.) , traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (articolo 452-sexies c.p.), delitti associativi aggravati (articolo 452-octies c.p.), uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (articolo 727-bis c.p.), distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto (articolo 733-bis c.p.), sanzioni penali (articolo 137, commi 2, 3, 5, 11 e 13 d. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 "codice ambientale"), attività di gestione di rifiuti non autorizzata (articolo 256, commi 1, lettera a) e b), 3, 5 e 6, primo periodo, codice ambientale), bonifica dei siti (articolo 257, commi 1 e 2 codice ambientale), violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari (articolo 258, comma 4, secondo periodo codice ambientale), traffico illecito di rifiuti (articolo 259, comma 1 codice ambientale), attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260, commi 1 e 2 codice ambientale; si segnala che il D. lgs. 1 marzo 2018, n. 21, in vigore dal 6 aprile 2018, recante «Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice in materia penale» ha abrogato l'art. 260, D.lgs. 152/2006 e ha inserito la medesima fattispecie illecita all'art. 452-quaterdecies c.p.), sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti (articolo 260-bis commi 6, 7 secondo e terzo periodo e 8, primo periodo codice ambientale), sanzioni (articolo 279, comma 5 codice ambientale), articoli 1, commi 1 e 2, 2, commi 1 e 2, 3-bis, comma 1 e 6 comma 4 L. 7 febbraio 1992, n. 150, cessazione e riduzione dell'impiego delle sostanze lesive (articolo 3, comma 6 L. 28 dicembre 1993, n. 549), inquinamento doloso (articolo 8, commi 1 e 2 D. Lgs. 6 novembre 2007, n. 202), inquinamento colposo (articolo 9, commi 1 e 2 D. Lgs. 6 novembre 2007, n. 202).

Reati transazionali, l'art. 10 della legge 16 marzo 2006 n. 146 prevede la responsabilità amministrativa dell'Ente anche con riferimento ai reati specificati dalla stessa legge che presentino la caratteristica della transnazionalità 21.

Le categorie sopra elencate sono destinate ad aumentare ancora, a breve, anche per la tendenza legislativa ad ampliare l'ambito di operatività del Decreto, anche in adeguamento ad obblighi di natura internazionale e comunitaria.

L'elenco completo dei reati-presupposto elencati dal Decreto, insieme a una loro descrizione, è inoltre riprodotto nell'Allegato E del presente modello di organizzazione e gestione.

1.6 Apparato sanzionatorio

Sono previste dagli artt. 9 - 23 del D. lgs. n. 231/2001 a carico dell'ente, in conseguenza della commissione o tentata commissione dei reati sopra menzionati, le seguenti sanzioni:

  • sanzione pecuniaria (e sequestro conservativo in sede cautelare);
  • sanzioni interdittive (applicabili anche quale misura cautelare) di durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni, con la precisazione che, ai sensi dell'art. 14, comma 1, D. lgs. n. 231/2001, "Le sanzioni interdittive hanno a oggetto la specifica attività alla quale si riferisce l'illecito dell'ente" che, a loro volta, possono consistere in:
    • interdizione dall'esercizio dell'attività;
    • sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;
    • divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

21 I reati indicati dal citato art. 10 della legge n. 146/2006 (associazione per delinquere, associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, fattispecie di immigrazione clandestina, induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria, favoreggiamento personale) sono considerati transnazionali quando l'illecito sia stato commesso in più di uno Stato, ovvero, se commesso in uno Stato, una parte sostanziale della preparazione e pianificazione dell'illecito sia avvenuta in altro Stato, ovvero ancora se, commesso in uno Stato, in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più Stati. In questo caso, non sono state inserite ulteriori disposizioni nel corpo del D. Lgs. n. 231/2001. La responsabilità deriva da un'autonoma previsione contenuta nel predetto art. 10, il quale stabilisce le specifiche sanzioni amministrative applicabili ai reati sopra elencati, disponendo – in via di richiamo - nell'ultimo comma che "agli illeciti amministrativi previsti dal presente articolo si applicano le disposizioni di cui al D. Lgs. 8 giugno 2001, n. 231". In particolare, il "Reato transnazionale" è definito (art. 3, Legge 146/2006) come "il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato", il quale:

a) sia commesso in più di uno Stato;

b) ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato;

c) ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato;

d) ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato.

  • esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli concessi;
  • divieto di pubblicizzare beni o servizi;
  • confisca (e sequestro preventivo in sede cautelare);
  • pubblicazione della sentenza (in caso di applicazione di una sanzione interdittiva).

La sanzione pecuniaria è determinata dal giudice penale, attraverso un sistema basato su "quote", in numero non inferiore a cento e non superiore a mille e di importo variabile. Nella commisurazione della sanzione pecuniaria, il giudice determina:

  • il numero delle quote, tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente, nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti;
  • l'importo della singola quota, sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente.

L'ente risponde dell'obbligazione per il pagamento della sanzione pecuniaria con il suo patrimonio o con il fondo comune (art. 27, comma 1, del Decreto) 22.

Le sanzioni interdittive si applicano in relazione ai soli reati per i quali siano espressamente previste e purché ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

  • a. l'ente ha tratto dalla consumazione del reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all'altrui direzione quando, in tale ultimo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative;
  • b. in caso di reiterazione degli illeciti 23.

Le sanzioni interdittive sono previste per il compimento di: reati contro la pubblica amministrazione, taluni reati contro la fede pubblica, delitti in materia di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico, delitti contro la personalità individuale, pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, reati transnazionali, reati in materia di salute e sicurezza, ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita nonché dei delitti informatici e trattamento illecito di dati.

22 La nozione di patrimonio deve essere riferita alle società e agli enti con personalità giuridica, mentre la nozione di "fondo comune" concerne le associazioni non riconosciute.

23 Art. 13, comma 1, lettere a) e b) D. lgs. n. 231/2001. A tale proposito, Si veda anche l'art. 20 D. lgs. n. 231/2001, ai sensi del quale "Si ha reiterazione quando l'ente, già condannato in via definitiva almeno una volta per un illecito dipendente da reato, ne commette un altro nei cinque anni successivi alla condanna definitiva." Circa il rapporto fra le norme sopra menzionate, si veda De Marzo, op. cit., 1315: "In via alternativa, rispetto ai requisiti di cui alla lett. a) [dell'art. 13, n.d.r.], la lett. b) individua, come presupposto per l'applicazione delle sanzioni interdittive espressamente previste dal legislatore, la reiterazione degli illeciti. Ai sensi dell'art. 20, la reiterazione si verifica quando l'ente, già condannato in via definitiva almeno una volta per un illecito dipendente da reato, ne commette un altro nei cinque anni successivi alla condanna definitiva. In questo caso, la commissione dei reati nonostante l'intervento di una condanna che abbia, in modo ormai irrevocabile, sancito la precedente violazione di legge, dimostra le indicate propensione o tolleranza verso la consumazione dei reati, senza che occorra indugiare sull'entità del profitto conseguito e sull'analisi dei modelli organizzativi adottati. Ciò che emerge in ogni caso è la consapevolezza che l'ordinario apparato sanzionatorio pecuniario (ed eventualmente anche interdittivo, qualora già in occasione degli illeciti precedenti siano state verificate le condizioni di cui alle lettere a) o b) dell'art. 13, comma 1) non è stato in grado di operare come efficace deterrente rispetto ad un'azione irrispettosa del fondamentale canone della legalità".

Il giudice determina il tipo e la durata della sanzione interdittiva tenendo conto dell'idoneità delle singole sanzioni a prevenire illeciti del tipo di quello commesso e, se necessario, può applicarle congiuntamente (art. 14, comma 1 e comma 3, D. lgs. n. 231/2001).

Le sanzioni dell'interdizione dall'esercizio dell'attività, del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione e del divieto di pubblicizzare beni o servizi possono essere applicate - nei casi più gravi - in via definitiva 24.

Il giudice può fare proseguire l'attività dell'ente (anziché irrogare la sanzione dell'interdizione), ai sensi e alle condizioni di cui all'art. 15 del Decreto, nominando, a tale scopo, un commissario per un periodo pari alla durata della sanzione interdittiva25.

1.7 Vicende modificative dell'ente

Gli artt. 28-33 del D. lgs. n. 231/2001 regolano l'incidenza sulla responsabilità patrimoniale dell'ente delle vicende modificative connesse a operazioni di trasformazione, fusione, scissione e cessione di azienda 26.

24 Si veda, a tale proposito, l'art. 16 D. lgs. n. 231/2001, secondo cui: "1. Può essere disposta l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività se l'ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità ed é già stato condannato, almeno tre volte negli ultimi sette anni, alla interdizione temporanea dall'esercizio dell'attività. 2. Il giudice può applicare all'ente, in via definitiva, la sanzione del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione ovvero del divieto di pubblicizzare beni o servizi quando è già stato condannato alla stessa sanzione almeno tre volte negli ultimi sette anni. 3. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione di reati in relazione ai quali é prevista la sua responsabilità é sempre disposta l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività e non si applicano le disposizioni previste dall'articolo 17".

25 Art. 15 D. lgs. n. 231/2001: "Commissario giudiziale – Se sussistono i presupposti per l'applicazione di una sanzione interdittiva che determina l'interruzione dell'attività dell'ente, il giudice, in luogo dell'applicazione della sanzione, dispone la prosecuzione dell'attività dell'ente da parte di un commissario per un periodo pari alla durata della pena interdittiva che sarebbe stata applicata, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni: a) l'ente svolge un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità la cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività; b) l'interruzione dell'attività dell'ente può provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, rilevanti ripercussioni sull'occupazione. Con la sentenza che dispone la prosecuzione dell'attività, il giudice indica i compiti ed i poteri del commissario, tenendo conto della specifica attività in cui è stato posto in essere l'illecito da parte dell'ente. Nell'ambito dei compiti e dei poteri indicati dal giudice, il commissario cura l'adozione e l'efficace attuazione dei modelli di organizzazione e di controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Non può compiere atti di straordinaria amministrazione senza autorizzazione del giudice. Il profitto derivante dalla prosecuzione dell'attività viene confiscato. La prosecuzione dell'attività da parte del commissario non può essere disposta quando l'interruzione dell'attività consegue all'applicazione in via definitiva di una sanzione interdittiva".

26 Il Legislatore ha tenuto conto di due esigenze contrapposte: da un lato, evitare che tali operazioni possano costituire uno strumento per eludere agevolmente la responsabilità amministrativa dell'ente e, dall'altro, non penalizzare interventi di riorganizzazione privi di intenti elusivi.

La Relazione illustrativa al Decreto afferma "Il criterio di massima al riguardo seguito è stato quello di regolare la sorte delle sanzioni pecuniarie conformemente ai principi dettati dal codice civile in ordine alla generalità degli altri debiti dell'ente originario, mantenendo, per converso, il collegamento delle sanzioni interdittive con il ramo di attività nel cui ambito è stato commesso il reato".

In caso di trasformazione (in coerenza con la natura di tale istituto, che implica un semplice mutamento del tipo di società, senza determinare l'estinzione del soggetto giuridico originario), resta ferma la responsabilità dell'ente per i reati commessi anteriormente alla data in cui la trasformazione ha avuto effetto (art. 28 D. lgs. n. 231/2001).

In caso di fusione, l'ente che risulta dalla fusione (anche per incorporazione) risponde dei reati di cui erano responsabili gli enti partecipanti alla fusione (art. 29 del D. lgs. n. 231/2001).

L'art. 30 del D. lgs. n. 231/2001 prevede che, nel caso di scissione parziale, la società scissa rimane responsabile per i reati commessi anteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto.

Gli enti beneficiari della scissione (sia totale che parziale) sono solidalmente obbligati al pagamento delle sanzioni pecuniarie dovute dall'ente scisso per i reati commessi anteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto, nel limite del valore effettivo del patrimonio netto trasferito al singolo ente.

Tale limite non si applica alle società beneficiarie, alle quali risulta devoluto, anche solo in parte, il ramo di attività nel cui ambito è stato commesso il reato.

Le sanzioni interdittive relative ai reati commessi anteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto si applicano agli enti cui è rimasto o è stato trasferito, anche in parte, il ramo di attività nell'ambito del quale il reato è stato commesso.

L'art. 31 del D. lgs. n. 231/2001 prevede disposizioni comuni alla fusione e alla scissione, concernenti la determinazione delle sanzioni nell'eventualità che tali operazioni straordinarie siano intervenute prima della conclusione del giudizio. Il giudice deve commisurare la sanzione pecuniaria, secondo i criteri previsti dall'art. 11, comma 2, del D. lgs. n. 231/2001 27, facendo riferimento in ogni caso alle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente originariamente responsabile, e non a quelle dell'ente cui dovrebbe imputarsi la sanzione a seguito della fusione o della scissione.

In caso di sanzione interdittiva, l'ente che risulterà responsabile a seguito della fusione o della scissione potrà chiedere al giudice la conversione della sanzione interdittiva in sanzione pecuniaria, a patto che: (i) la colpa organizzativa che abbia reso possibile la commissione del reato sia stata eliminata, e (ii) l'ente abbia provveduto a risarcire il danno e messo a disposizione (per la confisca) la parte di profitto eventualmente conseguito. L'art. 32 del D. lgs. n. 231/2001 consente al giudice di tener conto delle condanne già inflitte nei confronti degli enti partecipanti alla fusione o dell'ente scisso al fine di configurare la reiterazione, a norma dell'art. 20 del D. lgs. n. 231/2001, in rapporto agli illeciti dell'ente risultante dalla fusione o beneficiario della scissione, relativi a reati successivamente commessi 28. Per le fattispecie della cessione e

28 Art. 32 D. lgs. n. 231/2001: "Rilevanza della fusione o della scissione ai fini della reiterazione - 1. Nei casi di responsabilità dell'ente risultante dalla fusione o beneficiario della scissione per reati commessi successivamente alla data dalla quale la fusione o la scissione ha avuto effetto, il giudice

27 Art. 11 del D. lgs. n. 231/2001: "Criteri di commisurazione della sanzione pecuniaria - 1. Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. 2. L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione (…)".

del conferimento di azienda è prevista una disciplina unitaria (art. 33 del D. lgs. n. 231/2001)29; il cessionario, nel caso di cessione dell'azienda nella cui attività è stato commesso il reato, è solidalmente obbligato al pagamento della sanzione pecuniaria comminata al cedente, con le seguenti limitazioni:

  • i. è fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente;
  • ii. la responsabilità del cessionario è limitata al valore dell'azienda ceduta e alle sanzioni pecuniarie che risultano dai libri contabili obbligatori ovvero dovute per illeciti amministrativi dei quali era, comunque, a conoscenza.

Al contrario, le sanzioni interdittive inflitte al cedente non si estendono al cessionario.

1.8 Reati commessi all'estero

L'ente può essere chiamato a rispondere in Italia per i reati - contemplati dallo stesso D. lgs. n. 231/2001 - commessi all'estero (art. 4 D. lgs. n. 231/2001) 30.

I presupposti su cui si fonda la responsabilità dell'ente per reati commessi all'estero sono:

i. il reato deve essere commesso da un soggetto funzionalmente legato all'ente, ai sensi dell'art. 5, comma 1, del D. lgs. n. 231/2001;

29 Art. 33 del D. lgs. n. 231/2001: "Cessione di azienda. - 1. Nel caso di cessione dell'azienda nella cui attività è stato commesso il reato, il cessionario è solidalmente obbligato, salvo il beneficio della preventiva escussione dell'ente cedente e nei limiti del valore dell'azienda, al pagamento della sanzione pecuniaria. 2. L'obbligazione del cessionario è limitata alle sanzioni pecuniarie che risultano dai libri contabili obbligatori, ovvero dovute per illeciti amministrativi dei quali egli era comunque a conoscenza. 3. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso di conferimento di azienda". Sul punto la Relazione illustrativa al D. lgs. n. 231/2001 chiarisce: "Si intende come anche tali operazioni siano suscettive di prestarsi a manovre elusive della responsabilità: e, pur tuttavia, maggiormente pregnanti risultano, rispetto ad esse, le contrapposte esigenze di tutela dell'affidamento e della sicurezza del traffico giuridico, essendosi al cospetto di ipotesi di successione a titolo particolare che lasciano inalterata l'identità (e la responsabilità) del cedente o del conferente".

30 La Relazione illustrativa al D. lgs. n. 231/2001 sottolinea la necessità di non lasciare sfornita di sanzione una situazione criminologica di frequente verificazione, anche al fine di evitare facili elusioni dell'intero impianto normativo in oggetto. L'art. 4 del D. lgs. n. 231/2001 prevede quanto segue: "1. Nei casi e alle condizioni previsti dagli articoli 7, 8, 9 e 10 del codice penale, gli enti aventi nel territorio dello Stato la sede principale rispondono anche in relazione ai reati commessi all'estero, purché nei loro confronti non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto. 2. Nei casi in cui la legge prevede che il colpevole sia punito a richiesta del Ministro della giustizia, si procede contro l'ente solo se la richiesta è formulata anche nei confronti di quest'ultimo."

può ritenere la reiterazione, a norma dell'articolo 20, anche in rapporto a condanne pronunciate nei confronti degli enti partecipanti alla fusione o dell'ente scisso per reati commessi anteriormente a tale data. 2. A tale fine, il giudice tiene conto della natura delle violazioni e dell'attività nell'ambito della quale sono state commesse nonché delle caratteristiche della fusione o della scissione. 3. Rispetto agli enti beneficiari della scissione, la reiterazione può essere ritenuta, a norma dei commi 1 e 2, solo se ad essi è stato trasferito, anche in parte, il ramo di attività nell'ambito del quale è stato commesso il reato per cui è stata pronunciata condanna nei confronti dell'ente scisso". La Relazione illustrativa al D. lgs. n. 231/2001 chiarisce che "La reiterazione, in tal caso, non opera peraltro automaticamente, ma forma oggetto di valutazione discrezionale da parte del giudice, in rapporto alle concrete circostanze. Nei confronti degli enti beneficiari della scissione, essa può essere inoltre ravvisata solo quando si tratti di ente cui è stato trasferito, anche in parte, il ramo di attività nel cui ambito è stato commesso il precedente reato".

  • ii. l'ente deve avere la propria sede principale nel territorio dello Stato italiano;
  • iii. l'ente può rispondere solo nei casi e alle condizioni previste dagli artt. 7, 8, 9, 10 c.p. (nei casi in cui la legge prevede che il colpevole - persona fisica - sia punito a richiesta del Ministro della Giustizia, si procede contro l'ente solo se la richiesta è formulata anche nei confronti dell'ente stesso) 31 e, anche in ossequio al principio di legalità di cui all'art. 2 del D. lgs. n. 231/2001, solo a fronte dei reati per i quali la sua responsabilità sia prevista da una disposizione legislativa ad hoc;
  • iv. sussistendo i casi e le condizioni di cui ai predetti articoli del codice penale, nei confronti dell'ente non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto

1.9 Procedimento di accertamento dell'illecito

La responsabilità per illecito amministrativo derivante da reato viene accertata nell'ambito di un procedimento penale. A tale proposito, l'art. 36 del D. lgs. n. 231/2001 prevede "La competenza a conoscere gli illeciti amministrativi dell'ente appartiene al giudice penale competente per i reati dai quali gli stessi dipendono. Per il procedimento di accertamento dell'illecito amministrativo dell'ente si osservano le disposizioni sulla composizione del tribunale e le disposizioni processuali collegate relative ai reati dai quali l'illecito amministrativo dipende".

31 Art. 7 c.p.: "Reati commessi all'estero - E' punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero taluno dei seguenti reati:1) delitti contro la personalità dello Stato italiano; 2) delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto; 3) delitti di falsità in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato, o in valori di bollo o in carte di pubblico credito italiano; 4) delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato, abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alle loro funzioni; 5) ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l'applicabilità della legge penale italiana". Art. 8 c.p.: "Delitto politico commesso all'estero - Il cittadino o lo straniero, che commette in territorio estero un delitto politico non compreso tra quelli indicati nel numero 1 dell'articolo precedente, è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia. Se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa, occorre, oltre tale richiesta, anche la querela. Agli effetti della legge penale, è delitto politico ogni delitto, che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. E' altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici." Art. 9 c.p.: "Delitto comune del cittadino all'estero - Il cittadino, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commette in territorio estero un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, è punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato. Se si tratta di delitto per il quale è stabilita una pena restrittiva della libertà personale di minore durata, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia ovvero a istanza o a querela della persona offesa. Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, qualora si tratti di delitto commesso a danno delle Comunità europee, di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che l'estradizione di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto." Art. 10 c.p.: "Delitto comune dello straniero all'estero – Lo straniero, che, fuori dei casi indicati negli articoli 7 e 8, commette in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno, è punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato, e vi sia richiesta del Ministro della giustizia, ovvero istanza o querela della persona offesa. Se il delitto è commesso a danno delle Comunità europee di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che: 1) si trovi nel territorio dello Stato; 2) si tratti di delitto per il quale è stabilita la pena dell'ergastolo ovvero della reclusione non inferiore nel minimo di tre anni; 3) l'estradizione di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto, o da quello dello Stato a cui egli appartiene."

Altra regola, ispirata a ragioni di effettività, omogeneità ed economia processuale, è quella dell'obbligatoria riunione dei procedimenti: il processo nei confronti dell'ente dovrà rimanere riunito, per quanto possibile, al processo penale instaurato nei confronti della persona fisica autore del reato presupposto della responsabilità dell'ente (art. 38 del D. lgs. n. 231/2001). Tale regola trova un contemperamento nel dettato dell'art. 38, comma 2, del D. lgs. n. 231/2001, che, viceversa, disciplina i casi in cui si procede separatamente per l'illecito amministrativo 32. L'ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo; quando il legale rappresentante non compare, l'ente costituito è rappresentato dal difensore (art. 39, commi 1 e 4, del D. lgs. n. 231/2001).

1.10 Codici di comportamento (Linee Guida)

Nella predisposizione del presente Modello, la Società si è ispirata alle Linee Guida di Confindustria per la costruzione del modello di organizzazione, gestione e controllo ex D. lgs. n. 231/2001, nell'ultima versione approvata nel marzo 2014 e dichiarata idonea dal Ministero della Giustizia al raggiungimento dello scopo fissato dall'art. 6, comma 3, del Decreto 33. In particolare, le Linee Guida di Confindustria suggeriscono alle società associate di utilizzare i processi di risk assessment e risk management e prevedono le seguenti fasi per la definizione del Modello:

  • identificazione dei rischi e dei protocolli;
  • adozione di alcuni strumenti generali, tra cui i principali sono un codice etico con riferimento ai reati ex D. lgs. n. 231/2001 e un sistema disciplinare;
  • individuazione dei criteri per la scelta dell'Organismo di Vigilanza, indicazione dei suoi requisiti, compiti e poteri e degli obblighi di informazione.

Le eventuali divergenze rispetto a punti specifici delle Linee Guida di Confindustria rispondono all'esigenza di adeguare le misure organizzative e gestionali all'attività concretamente svolta dalla Società e al contesto nel quale essa opera.

32 Art. 38, comma 2, D. lgs. n. 231/2001: "Si procede separatamente per l'illecito amministrativo dell'ente soltanto quando: a) è stata ordinata la sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 71 del codice di procedura penale [sospensione del procedimento per l'incapacità dell'imputato, N.d.R.]; b) il procedimento e' stato definito con il giudizio abbreviato o con l'applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale [applicazione della pena su richiesta, N.d.R.], ovvero e' stato emesso il decreto penale di condanna; c) l'osservanza delle disposizioni processuali lo rende necessario." Per completezza, si richiama inoltre l'art. 37 del D. lgs. n. 231/2001, ai sensi del quale "Non si procede all'accertamento dell'illecito amministrativo dell'ente quando l'azione penale non può essere iniziata o proseguita nei confronti dell'autore del reato per la mancanza di una condizione di procedibilità" (vale a dire quelle previste dal Titolo III del Libro V c.p.p.: querela, istanza di procedimento, richiesta di procedimento o autorizzazione a procedere, di cui, rispettivamente, agli artt. 336, 341, 342, 343 c.p.p.).

33 L'art. 6, comma 3, del D. lgs. n. 231/2001 prevede "I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati".

2. Il Modello di Governance e l'Assetto Organizzativo di CAREL Industries S.p.A.

2.1 CAREL Industries S.p.A.

CAREL Industries S.p.A. (di seguito anche CAREL o la "Società") è posseduta al 36,17% da Luigi Rossi Luciani S.A.P.A. e al 23,58% da Luigi Nalini S.A.P.A.; a seguito di offerta pubblica iniziale, la restante parte del capitale azionario della Società è quotata sul Mercato Telematico Azionario ("MTA") organizzato e gestito da Borsa Italiana S.p.A.34. CAREL è un leader mondiale nelle soluzioni di controllo per condizionamento, refrigerazione e riscaldamento e nei sistemi per l'umidificazione e il raffrescamento adiabatico. I clienti della Società sono sia imprese, canale Business to Business (B2B), sia utenti finali e distributori.

La Società opera come fornitore di strumenti di controllo per i mercati del condizionamento dell'aria, della refrigerazione commerciale e industriale, nella produzione di sistemi per l'umidificazione dell'aria. Le soluzioni sviluppate dalla Società trovano applicazione in ambito commerciale, industriale e residenziale.

Nell'ambito dei predetti settori, la Società potrà inoltre svolgere, sia in Italia che all'estero le seguenti attività:

  • la progettazione, lo sviluppo, la realizzazione di prototipi, la produzione di apparecchiature elettroniche, elettriche e meccaniche in genere;
  • la commercializzazione degli stessi e la compravendita anche di prodotti non di propria produzione purché complementari, e/o affini, e/o rientranti nell'attività principale svolta dalla Società;
  • l'assistenza tecnica e la manutenzione degli stessi beni, o di beni simili o complementari rispetto a quelli formanti l'oggetto principale;
  • lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di tecnologie e di software;
  • prestare a favore delle Società partecipate e consociate, servizi di consulenza tecnica, commerciale e amministrativa, e attività per la soluzione dei problemi nelle aree finanziarie, quali prestare avalli, fideiussioni ed ogni garanzia reale, effettuare sia versamenti fatti sotto qualsiasi forma, quali versamenti in conto futuri aumenti di capitale, in conto capitale, senza diritto alla restituzione delle somme versate, e/o a copertura delle perdite, sia finanziamenti nel rispetto della normativa prevista per la trasparenza bancaria in materia e, comunque, con espressa esclusione di quelle attività per il cui esercizio sia necessaria l'iscrizione in albi professionali.

34 Dopo l'approvazione del prospetto informativo da parte della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa ("CONSOB"), Borsa Italiana S.p.A. ha rilasciato il 23 maggio 2018 il provvedimento di ammissione alla quotazione delle azioni di CAREL. Concluso il periodo di collocamento istituzionale, l'11 giugno 2018 prendeva avvio la negoziazione delle azioni sul listino.

2.2 L'Assetto Istituzionale: organi e soggetti

Assemblea dei soci

L'Assemblea dei Soci si riunisce in Italia, anche fuori dal Comune in cui si trova la sede sociale. È convocata, nei termini di legge, con avviso pubblicato sul sito internet della Società e con le altre modalità previste dalle vigenti disposizioni normative e regolamentari.

L'Assemblea dei Soci è presieduta dal Presidente del Consiglio di Amministrazione, o, in caso di sua assenza o impedimento, dal Vice Presidente, se nominato, oppure, in caso di una sua assenza o impedimento, dalla persona designata dall'Assemblea dei Soci.

L'Assemblea dei Soci delibera, in sede Ordinaria e Straordinaria, sulle materie a essa riservate e con le maggioranze previste dalla legge e dallo statuto della Società.

Sono comunque di esclusiva competenza dell'Assemblea dei Soci Ordinaria:

  • l'approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili;
  • la copertura delle perdite;
  • la nomina degli Amministratori previa determinazione del loro numero, se non è determinato dallo statuto – e la loro revoca; la nomina e la revoca dei Membri del Collegio Sindacale e il compenso loro spettante, la nomina del Presidente del Collegio sindacale e la nomina del soggetto o della Società a cui è demandata la revisione legale dei conti;
  • le delibere relative all'adozione di azioni di responsabilità degli Amministratori e dei Sindaci;
  • le delibere sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell'Assemblea dei Soci, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo Statuto per il compimento degli atti degli Amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti;
  • le delibere in genere, aventi a oggetto tutte le decisioni che non modificano lo statuto.

L'Assemblea dei Soci Straordinaria delibera, invece, comunque, sulle modificazioni dello statuto, sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei Liquidatori.

Consiglio di Amministrazione

Ai sensi dello Statuto, la Società è amministrata da un Consiglio di Amministrazione, composto da un minimo di cinque a un massimo di tredici Membri determinato con deliberazione dell'assemblea ordinaria in sede di nomina del Consiglio di Amministrazione o modificato con successiva deliberazione.

Gli Amministratori durano in carica per un periodo, stabilito dall'Assemblea dei Soci, non superiore a tre esercizi e cessano dalla carica alla data dell'Assemblea dei Soci convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica.

Gli Amministratori devono essere in possesso dei seguenti requisiti:

  • tutti gli Amministratori devono essere in possesso dei requisiti di eleggibilità, professionalità e onorabilità previsti dalla vigente disciplina normativa e regolamentare;
  • almeno un Amministratore (ovvero due Amministratori se il Consiglio di Amministrazione sia composto da più di sette Membri) deve possedere i requisiti di indipendenza richiesti dall'art. 147-ter, comma 4, del T.U.F.

Il Consiglio di Amministrazione è investito dei più ampi poteri per la gestione della Società, con la sola esclusione di quelli che per legge o per Statuto sono inderogabilmente riservati all'Assemblea dei Soci.

Nel rispetto delle previsioni di legge e regolamentari, lo Statuto individua inoltre i meccanismi di nomina e di funzionamento del Consiglio di Amministrazione (artt. 17-22).

Sono istituiti all'interno del Consiglio di Amministrazione un Comitato Controllo e Rischi e un Comitato di Remunerazione.

Collegio sindacale

Il Collegio Sindacale è composto da tre membri effettivi e due supplenti, nominati per la prima volta nell'atto costitutivo e successivamente dall'Assemblea Ordinaria dei Soci, i quali dureranno in carica per tre esercizi, sono rieleggibili e scadranno alla data dell'Assemblea dei Soci convocata per l'approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della carica.

I doveri di vigilanza del Collegio Sindacale sulla gestione devono essere esercitati a norma delle leggi e dei regolamenti vigenti, nonché nel rispetto delle previsioni statutarie della Società.

Nel rispetto delle previsioni di legge e regolamentari, lo Statuto individua inoltre i meccanismi di nomina e di funzionamento del Collegio Sindacale (artt. 23-24).

Revisore Contabile

La revisione legale dei conti è esercitata, ai sensi delle applicabili disposizioni di legge, da un Revisore Legale o da una Società di revisione legale, aventi i requisiti previsti dalla normativa vigente.

2.3 Gli strumenti di governance di CAREL

Gli strumenti di governo dell'organizzazione che garantiscono il funzionamento della Società possono essere così riassunti:

  • Statuto in conformità con le disposizioni di legge vigenti, contempla diverse previsioni relative al governo societario volte ad assicurare il corretto svolgimento dell'attività di gestione.
  • Job description la redazione delle Job description consente di comprendere la ripartizione delle fondamentali responsabilità e anche l'individuazione dei soggetti cui dette responsabilità sono affidate.
  • Sistema delle deleghe e delle procure con cui vengono assegnati i poteri per rappresentare o impegnare la Società. L'aggiornamento del sistema di deleghe e procure avviene in occasione di revisione/modifica della Struttura organizzativa.
  • Sistema di Procedure, Policy, Linee Guida CAREL è dotata di un sistema normativo interno volto a regolamentare in modo chiaro ed efficace i processi rilevanti della Società.
  • Sistema di Gestione Integrato per la Qualità, Ambiente Salute e Sicurezza – è l'insieme dei documenti (es. Manuale Qualità, Ambiente, Salute e Sicurezza) che descrivono i processi che rispondono ai requisiti di qualità, ambiente, salute sicurezza.
  • Codice Etico esprime i principi etici e di deontologia che la Società riconosce come propri e sui quali richiama l'osservanza da parte di tutti coloro che operano per il conseguimento degli obiettivi del Gruppo. Il Codice Etico esprime, fra l'altro, linee e principi di comportamento volti a prevenire i reati di cui al D. lgs. n. 231/2001 e richiama espressamente il Modello come strumento utile per operare nel rispetto delle normative.

L'insieme degli strumenti di governance adottati da CAREL, qui sopra richiamati in estrema sintesi, e delle previsioni del presente Modello consentono di individuare, rispetto a tutte le attività, come si siano formate e attuate le decisioni dell'ente (cfr. art. 6, comma 2 lett. b, D. lgs. n. 231/2001).

Il sistema della predetta documentazione interna, nonché la sottoposizione all'esercizio costante della vigilanza da parte delle Autorità preposte, costituiscono anche un prezioso strumento a presidio della prevenzione di comportamenti illeciti in genere, inclusi quelli previsti dalla normativa specifica che dispone la responsabilità amministrativa degli enti.

2.4 Sistema di controllo interno

CAREL è dotata di un sistema di controllo interno idoneo a presidiare nel continuo i rischi tipici dell'attività sociale.

Il sistema di controllo interno è un insieme di regole, procedure e Strutture Organizzative avente lo scopo di monitorare il rispetto delle strategie ed il conseguimento delle seguenti finalità:

  • i. efficacia ed efficienza dei processi e operazioni aziendali (amministrativi, commerciali, ecc.);
  • ii. qualità e affidabilità dell'informazione economica e finanziaria;
  • iii. rispetto di leggi e regolamenti, delle norme e delle procedure aziendali;

(iv) salvaguardia del valore delle attività aziendali e del patrimonio sociale e protezione dalle perdite.

Coerentemente con l'adozione del proprio sistema di amministrazione e controllo, i principali soggetti attualmente responsabili dei processi di controllo, monitoraggio e vigilanza nella Società sono:

  • Consiglio di Amministrazione;
  • Collegio Sindacale;
  • Comitato Controllo e Rischi;
  • Funzione Internal Audit;
  • Organismo di Vigilanza ai sensi del D. lgs. n. 231/2001.

2.5 Assetto Organizzativo

La struttura organizzativa di CAREL è riflessa nell'organigramma, oltre che nell'insieme degli altri strumenti organizzativi aziendali (quali Job description, Sistema di Policy, Linee Guida e Procedure) che contribuiscono alla composizione del c.d. "corpo normativo" della Società ed in cui sono definiti i compiti, le aree, le responsabilità delle diverse funzioni nelle quali si articola la Società.

Le attività affidate da CAREL a società del Gruppo sono regolamentate nella prassi da specifici contratti di servizio. Tali contratti devono prevedere l'impegno al rispetto dei principi di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire la commissione degli illeciti ex D. lgs. n. 231/2001 da parte dei terzi. Inoltre, tutte le Società del Gruppo CAREL devono attenersi ai principi di comportamento contenuti nel Codice Etico.

3. Il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo di CAREL Industries S.p.A.

3.1 Premessa

L'adozione di un Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D. lgs. n. 231/2001 (anche solo "Modello"), oltre a rappresentare un motivo di esenzione dalla responsabilità amministrativa della Società con riferimento alla commissione di alcune tipologie di illecito, è un atto di responsabilità sociale. Per questo motivo, la Società, a seguito dalla prima formale adozione del Modello, monitora costantemente lo sviluppo normativo in materia di responsabilità da reato degli enti al fine di aggiornare prontamente le previsioni dello stesso, qualora ritenuto necessario.

Si è, quindi, dato inizio a un processo (di seguito, il "Progetto") che rendesse il Modello di CAREL:

  • conforme ai requisiti normativi previsti dal D. lgs. n. 231/2001 e alle nuove integrazioni;
  • coerente con i principi già radicati nella propria cultura di Governance e con le indicazioni contenute nelle Linee Guida di Confindustria;
  • coerente con le previsioni di legge e regolamentari applicabili, all'esito della quotazione sul Mercato telematico Azionario gestito da Borsa italiana S.p.A.

L'approccio seguito:

  • consente di valorizzare al meglio il patrimonio conoscitivo della Società;
  • permette di gestire con criteri univoci le regole operative aziendali, incluse quelle relative alle aree "sensibili";
  • rende più agevole la costante implementazione e l'adeguamento tempestivo dei processi e dell'impianto normativo interni ai mutamenti della struttura organizzativa e dell'operatività aziendale.

3.2 Funzione del Modello

CAREL intende affermare e diffondere una cultura di impresa improntata:

  • alla legalità, poiché nessun comportamento illecito, sia pur realizzato nell'interesse o a vantaggio dell'impresa, può ritenersi in linea con la politica adottata dalla Società;
  • al controllo, che deve governare tutte le fasi decisionali e operative dell'attività sociale, nella piena consapevolezza dei rischi derivanti dalla possibile commissione di reati.

Il raggiungimento delle predette finalità si concretizza in un sistema coerente di principi, procedure organizzative, gestionali e di controllo e disposizioni che danno vita al Modello che la Società, alla luce delle considerazioni che precedono, ha predisposto e adottato. Tale Modello ha come obiettivi quelli di:

• sensibilizzare i soggetti che collaborano, a vario titolo, con la Società (dipendenti, collaboratori esterni, fornitori, ecc.), richiedendo loro, nei limiti delle attività svolte nell'interesse di CAREL, di adottare comportamenti corretti e trasparenti, in linea

con i valori etici a cui la stessa si ispira nel perseguimento del proprio oggetto sociale e tali da prevenire il rischio di commissione degli illeciti contemplati nel Decreto;

  • determinare nei predetti soggetti la consapevolezza di potere incorrere, in caso di violazione delle disposizioni impartite dalla Società, in conseguenze disciplinari e/o contrattuali, oltre che in sanzioni penali e amministrative comminabili nei loro confronti;
  • istituire e/o rafforzare controlli che consentano a CAREL di prevenire o di reagire tempestivamente per impedire la commissione di illeciti da parte dei soggetti apicali e delle persone sottoposte alla Direzione o alla Vigilanza dei primi che comportino la responsabilità amministrativa della Società;
  • consentire alla Società, grazie a un'azione di monitoraggio sulle aree di attività a rischio, di intervenire tempestivamente, al fine di prevenire o contrastare la commissione dei reati stessi e sanzionare i comportamenti contrari al proprio Modello;
  • garantire la propria integrità, adottando gli adempimenti espressamente previsti dall'art. 6 del Decreto;
  • migliorare la trasparenza nella gestione delle attività aziendali;
  • determinare una piena consapevolezza nel potenziale autore dell'illecito che la commissione di un eventuale illecito è fortemente condannata e contraria – oltre che alle disposizioni di legge – sia ai principi etici ai quali la Società intende attenersi sia agli stessi interessi della Società anche quando apparentemente potrebbe trarne un vantaggio.

3.3 Il Progetto di CAREL Industries S.p.A. per la definizione del proprio Modello

La metodologia scelta per eseguire il Progetto, in termini di organizzazione, definizione delle modalità operative, strutturazione in fasi, assegnazione delle responsabilità tra le varie Strutture Organizzative aziendali, è stata elaborata al fine di garantire la qualità e l'autorevolezza dei risultati.

Qui di seguito sono esposte le metodologie seguite e i criteri adottati nelle varie fasi del Progetto.

3.3.1 Pianificazione delle attività e identificazione delle aree a rischio nel cui ambito possono essere commessi i reati richiamati dal D. lgs. n. 231/2001

L'art. 6, comma 2, lett. a) del D. lgs. n. 231/2001 indica, tra i requisiti del Modello, l'individuazione dei processi e delle attività nel cui ambito possono essere commessi i reati espressamente richiamati dal decreto. Si tratta, in altri termini, di quelle attività e processi aziendali che comunemente vengono definiti "sensibili" (di seguito, "attività sensibili" e "processi sensibili").

Scopo della Fase 1 sono stati appunto l'analisi del Business Model, l'identificazione degli ambiti aziendali oggetto dell'intervento e l'individuazione preliminare dei processi e delle attività sensibili.

In particolare, a seguito della presentazione del Progetto, si è provveduto a creare un Team di lavoro composto da professionisti esterni e risorse interne della Società.

Propedeutica all'individuazione delle attività sensibili è stata l'analisi, prevalentemente documentale, della struttura societaria e organizzativa di CAREL, svolta al fine di meglio comprendere l'attività della Società e di identificare gli ambiti aziendali oggetto dell'intervento.

La raccolta della documentazione rilevante (es. visura societaria, Statuto) e l'analisi della stessa da un punto di vista sia tecnico-organizzativo sia legale hanno permesso una prima individuazione dei processi/attività sensibili e una preliminare identificazione delle Strutture Organizzative responsabili di tali processi/attività.

Al termine della Fase 1, è stato predisposto un piano di lavoro dettagliato delle fasi successive, suscettibile di revisione in funzione dei risultati raggiunti e delle considerazioni emerse nel corso del Progetto.

Qui di seguito sono elencate le attività svolte nella Fase 1, conclusa con la condivisione dei processi/attività sensibili individuati:

  • raccolta della documentazione relativa alla struttura societaria ed organizzativa (ad esempio: organigrammi, principali documenti normativi interni, deleghe di funzione, procure, ecc.);
  • analisi della documentazione raccolta per la comprensione del modello di business della Società;
  • rilevazione degli ambiti aziendali di attività e delle relative responsabilità funzionali;
  • individuazione preliminare dei processi/attività sensibili ex D. lgs. n. 231/2001;
  • individuazione preliminare delle Strutture Organizzative (key officer) responsabili dei processi sensibili identificati.

I key officer sono stati identificati nelle persone di più alto livello organizzativo in grado di fornire le informazioni di dettaglio sui singoli processi aziendali e sulle attività delle singole Strutture Organizzative, al fine di raggiungere un livello di informazione/ dettaglio idoneo a comprendere il sistema dei controlli in essere.

3.3.2 Analisi dei processi, rischi e controlli 231

Scopo della Fase 2 è stato quello di intervistare le risorse aziendali ("key officer") con una conoscenza approfondita dei processi/attività sensibili e dei meccanismi di controllo attualmente in essere, completando e approfondendo l'inventario preliminare dei processi/attività sensibili nonché delle Strutture Organizzative e dei soggetti coinvolti.

Tali informazioni essenziali sono state raccolte sia attraverso l'analisi della documentazione fornita nel corso della Fase 1, inclusa quella relativa alle procure e deleghe di poteri, sia attraverso le interviste.

L'analisi è stata compiuta per il tramite di interviste strutturate con i key officer, che hanno avuto anche lo scopo di stabilire per ogni attività sensibile i processi di gestione e gli strumenti di controllo, con particolare attenzione agli elementi di compliance e ai controlli preventivi esistenti a presidio delle stesse.

Qui di seguito sono elencate le attività svolte nel corso della Fase 2, al termine della quale è stata definita una preliminare "mappa dei processi/attività sensibili" verso cui indirizzare l'attività di analisi, tramite interviste ed approfondimenti:

  • raccolta di ulteriori informazioni attraverso approfondimenti di analisi documentale e incontri con i referenti interni del Progetto;
  • identificazione di ulteriori soggetti in grado di dare un apporto significativo alla comprensione/analisi delle attività sensibili e dei relativi meccanismi di controllo;
  • predisposizione della mappa che "incrocia" i processi/attività sensibili con i relativi key officer;
  • esecuzione di interviste strutturate con i key officer, nonché con il personale da loro indicato, al fine di raccogliere, per i processi/attività sensibili individuati nelle fasi precedenti, le informazioni necessarie a comprendere:
  • i processi elementari/attività svolte;
  • le Strutture Organizzative/soggetti interni/esterni coinvolti;
  • i relativi ruoli/responsabilità;
  • il sistema dei controlli esistenti;
  • condivisione con i key officer di quanto emerso nel corso delle interviste;
  • formalizzazione della mappa dei processi/attività sensibili in apposita scheda che raccoglie le informazioni ottenute e le eventuali criticità individuate sui controlli del processo sensibile analizzato.

In questa fase è stata creata, quindi, una mappa delle attività che, in considerazione degli specifici contenuti, potrebbero essere esposte alla potenziale commissione dei reati richiamati dal D. lgs. n. 231/2001 (in quanto, ad esempio, prevedono un contatto/interazione tra risorse di CAREL e soggetti qualificabili come pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, ovvero si tratti di attività nel cui ambito possano essere commessi i reati societari richiamati dall'art. 25-ter del Decreto).

Nella rilevazione del sistema di controllo esistente si sono presi, tra l'altro, come riferimento, i seguenti principi di controllo:

• esistenza di documentazione organizzativa formalizzata;

  • tracciabilità e verificabilità ex post delle transazioni tramite adeguati supporti documentali/informativi;
  • segregazione dei compiti;
  • esistenza di deleghe formalizzate coerenti con le responsabilità organizzative assegnate.

3.3.3 Gap analysis e action plan

Lo scopo della Fase 3 è consistito nell'individuazione dei requisiti organizzativi caratterizzanti un Modello idoneo a prevenire i reati richiamati dal D. lgs. n. 231/2001.

Al fine di rilevare e analizzare in dettaglio il Modello di controllo esistente a presidio dei rischi riscontrati ed evidenziati nell'attività di risk assessment sopra descritta e di valutare la conformità del Modello stesso alle previsioni del D. lgs. n. 231/2001, è stata effettuata un'analisi comparativa (la c.d. "gap analysis") tra il sistema di controllo esistente ("as is") e un Modello astratto di riferimento, valutato sulla base del contenuto della disciplina di cui al D. lgs. n. 231/2001 ("to be").

Attraverso il confronto operato con la gap analysis, è stato possibile desumere aree di miglioramento del sistema di controllo interno esistente e, sulla scorta di quanto emerso, è stato predisposto un piano di attuazione teso a individuare i requisiti organizzativi caratterizzanti un Modello di organizzazione, gestione e controllo conforme a quanto disposto dal D. lgs. n. 231/2001 e le azioni di miglioramento del sistema di controllo interno.

Qui di seguito sono elencate le attività svolte in questa terza fase:

  • gap analysis tra il sistema di controllo attuale ("as is") ed il Modello "a tendere" ("to be"), conforme alle previsioni del D. lgs. n. 231/2001, con particolare riferimento, in termini di compatibilità, al sistema delle deleghe e dei poteri, al Codice Etico, al sistema delle procedure aziendali, alle caratteristiche dell'organismo cui affidare il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza del Modello;
  • predisposizione di un piano di attuazione per l'individuazione dei requisiti organizzativi, caratterizzanti un Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D. lgs. n. 231/2001 e delle azioni di miglioramento dell'attuale sistema di controllo (processi e procedure).

3.3.4 Definizione del Modello

Scopo della fase è stato quello di definire il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ex D. lgs. n. 231/2001 di CAREL, articolato in tutte le sue componenti e che tenga conto delle Linee Guida di Confindustria sulla materia, personalizzato alla realtà aziendale, da sottoporre al Consiglio di Amministrazione per l'approvazione.

La realizzazione di tale fase è stata supportata sia dai risultati delle fasi precedenti, sia delle scelte di indirizzo degli organi decisionali della Società.

3.4 Struttura del Modello

Il documento relativo al Modello è strutturato:

  • i. nella Parte Generale, che descrive il quadro normativo di riferimento e disciplina il funzionamento complessivo del sistema di organizzazione, gestione e controllo adottato, volto a prevenire la commissione dei reati presupposto;
  • ii. nelle Parti Speciali, volte a integrare il contenuto della Parte Generale con una descrizione relativa:
    • alle fattispecie di reato richiamate dal Decreto che la Società ha ritenuto necessario prendere in considerazione, in ragione delle caratteristiche dell'attività svolta;
    • ai processi/attività sensibili, rispetto alle fattispecie di reati di cui al punto precedente, presenti nella realtà aziendale e ai correlati standard di controllo.

Devono inoltre essere considerati parte integrante del Modello i seguenti Allegati:

  • Statuto della Società (Allegato A);
  • Organigramma della Società (Allegato B);
  • Struttura del Gruppo (Allegato C);
  • Codice Etico (Allegato D);
  • Elenco dei reati presupposto di una responsabilità amministrativa degli enti, società e associazioni (Allegato E);
  • Esempio di clausola standard c.d. 231 (Allegato F);
  • Bozza di addendum contrattuale (Allegato G)

Nessuna disposizione contenuta nel sistema normativo interno può in ogni caso giustificare il mancato rispetto delle norme contenute nel presente Modello.

3.5 Rapporto tra Modello e Codice Etico

A integrazione degli strumenti di controllo previsti nell'ambito del citato D. lgs. n. 231/2001, la Società ha adottato un Codice Etico, espressione di un contesto aziendale ove primario obiettivo è quello di soddisfare, nel migliore dei modi, le necessità e le aspettative degli stakeholder (es. dipendenti, clienti, consulenti, fornitori) della Società.

Il Codice Etico ha lo scopo, tra l'altro, di favorire e promuovere un elevato standard di professionalità e di evitare pratiche comportamentali difformi rispetto agli interessi dell'azienda o devianti rispetto alla legge, nonché contrastanti rispetto ai valori che la Società intende mantenere e promuovere.

Il Codice Etico è rivolto ai componenti degli organi sociali, a tutti i dipendenti di ogni ordine e grado del Gruppo e a tutti coloro che, stabilmente o temporaneamente, interagiscono con la Società.

Il Codice Etico deve essere, quindi, considerato quale fondamento essenziale del Modello, poiché insieme costituiscono un corpus sistematico di norme interne finalizzato alla diffusione di una cultura dell'etica e della trasparenza aziendale ed è elemento essenziale del sistema di controllo; le regole di comportamento in essi contenute si integrano, pur rispondendo i due documenti a una diversa finalità:

  • il Codice Etico rappresenta uno strumento adottato in via autonoma ed è suscettibile di applicazione sul piano generale da parte della Società, allo scopo di esprimere dei principi di "deontologia aziendale" riconosciuti come propri e sui quali richiama l'osservanza di tutti;
  • il Modello risponde, invece, a specifiche prescrizioni contenute nel Decreto, finalizzate a prevenire la commissione di particolari tipologie di reati (per fatti che, commessi apparentemente a vantaggio dell'azienda, possono comportare una responsabilità amministrativa in base alle disposizioni del Decreto medesimo).

3.6 Illeciti rilevanti per la Società

L'adozione del Modello quale strumento in grado di orientare il comportamento dei soggetti che operano all'interno della Società e di promuovere a tutti i livelli aziendali comportamenti improntati a legalità e correttezza si riverbera positivamente sulla prevenzione di qualsiasi reato o illecito previsto dall'ordinamento giuridico.

Tuttavia, in considerazione dell'analisi del contesto aziendale, dell'attività svolta dalla Società e delle aree potenzialmente soggette al rischio-reato, sono stati considerati rilevanti, e quindi specificamente esaminati nel Modello, solo gli illeciti che sono oggetto delle singole Parti Speciali, cui si rimanda per una loro esatta individuazione.

3.7 Adozione, aggiornamento e adeguamento del Modello

3.7.1 Competenza

Il Consiglio di Amministrazione ha competenza esclusiva per l'adozione, la modificazione e l'integrazione della Parte Generale e delle Parti Speciali del Modello. L'Amministratore Delegato può autonomamente procedere all'integrazione o alla modifica delle procedure laddove si tratti di interventi di carattere non sostanziali (funzionali all'adeguamento al mutamento dell'assetto organizzativo).

3.7.2 Verifiche e controlli sul Modello

L'Organismo di Vigilanza (come definito infra §4), nell'ambito dei poteri a esso conferiti conformemente all'art. 6, comma 1, lett. b) e dall'art. 7, comma 4, lett. a) del Decreto, conserva, in ogni caso, precisi compiti e poteri in merito alla cura, sviluppo e promozione del costante aggiornamento del Modello.

A tal fine, formula osservazioni e proposte, attinenti l'organizzazione e il sistema di controllo, alle strutture aziendali a ciò preposte o, in casi di particolare rilevanza, al Consiglio di Amministrazione.

L'Organismo di Vigilanza ha il dovere di segnalare in forma scritta al Consiglio di Amministrazione tempestivamente, o quanto meno nella relazione periodica almeno semestrale fatti, circostanze o carenze organizzative riscontrate nell'attività di vigilanza, che evidenzino la necessità o l'opportunità di modificare o integrare il Modello.

Anche con tale finalità, l'Organismo di Vigilanza deve stilare un Piano e un Programma di Vigilanza attraverso il quale pianifica, in linea di massima, le proprie attività, i cui contenuti sono disciplinati nel Regolamento dell'Organismo di Vigilanza.

3.7.3 Aggiornamento ed adeguamento

Il Modello deve essere oggetto di apposito adattamento qualora emerga l'opportunità o la necessità di un suo aggiornamento, a titolo esemplificativo:

  • violazioni o elusioni delle prescrizioni del Modello che ne abbiano dimostrato l'inefficacia o l'incoerenza ai fini della prevenzione degli illeciti sanzionati ai sensi del D. lgs. n. 231/2001;
  • significative modificazioni dell'assetto organizzativo della Società e/o delle modalità di svolgimento delle attività d'impresa (a es., a seguito dell'acquisizione di un ramo d'azienda);
  • modifiche del quadro normativo di riferimento rilevanti per la Società (a es., introduzione di nuove tipologie di reato rilevanti ai sensi del Decreto);
  • valutazioni di inadeguatezza all'esito dei controlli eseguiti.

Una volta approvate, le modifiche e le istruzioni per la loro immediata applicazione sono comunicate dal Consiglio di Amministrazione (o dall'Amministratore Delegato) alle funzioni aziendali o ai key officer competenti per la loro effettiva attuazione. L'Organismo di Vigilanza verifica sull'effettiva attuazione delle modifiche da parte delle funzioni aziendali e dei key officer e ne riferisce al Consiglio di Amministrazione.

L'Organismo di Vigilanza inoltre, informerà, in occasione della relazione semestrale o,se del caso, mediante apposita relazione, il Consiglio di Amministrazione circa l'esito dell'attività intrapresa in ottemperanza alla delibera che dispone l'aggiornamento e/o adeguamento del Modello.

Le procedure operative adottate in attuazione del presente Modello vengono modificate a cura delle Strutture Organizzative aziendali competenti, qualora si dimostrino inefficaci ai fini di una corretta attuazione delle disposizioni del Modello. Le Strutture Organizzative aziendali competenti curano, altresì, le modifiche o integrazioni alle procedure operative necessarie per dare attuazione alle eventuali revisioni del presente Modello.

L'Organismo di Vigilanza è costantemente informato dell'aggiornamento e dell'implementazione delle nuove procedure operative.

4. L'Organismo di Vigilanza

4.1 Funzione dell'Organismo di Vigilanza

In base alle previsioni del D. lgs. n. 231/2001 – art. 6, comma 1, lett. a) e b) – l'ente può essere esonerato dalla responsabilità conseguente alla commissione di reati da parte dei soggetti qualificati ex art. 5 del D. lgs. n. 231/2001, se l'organo dirigente ha, fra l'altro, affidato il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza del Modello (adottato e efficacemente attuato) e di curarne l'aggiornamento a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo (di seguito "Organismo di Vigilanza", "OdV" o talvolta solo "Organismo"). Il compito di vigilare continuativamente sulla diffusa ed efficace attuazione del Modello, sull'osservanza del medesimo da parte dei destinatari, nonché di proporne l'aggiornamento al fine di migliorarne l'efficienza di prevenzione dei reati e degli illeciti, è affidato a tale organismo istituito dalla Società al proprio interno.

L'affidamento dei suddetti compiti a un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, unitamente al corretto ed efficace svolgimento degli stessi, rappresenta, quindi, presupposto indispensabile per l'esonero dalla responsabilità prevista dal D. lgs. n. 231/2001.

4.2 Requisiti

Onorabilità

I componenti dell'OdV sono individuati tra soggetti dotati dei requisiti soggettivi di onorabilità previsti dal D. M. del 30 marzo 2000 n. 162 per i membri del Collegio Sindacale di società quotate, adottato ai sensi dell'art. 148 comma 4 del TUF. Costituisce in ogni caso causa di ineleggibilità o di decadenza dall'OdV:

  • la sentenza di condanna (o di patteggiamento), ancorché non passata in giudicato, per uno dei reati presupposto previsti dal Decreto o, comunque, la sentenza di condanna (o di patteggiamento), ancorché non passata in giudicato, a una pena che comporti l'interdizione anche temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese;
  • l'irrogazione di una sanzione da parte della CONSOB, per aver commesso uno degli illeciti amministrativi in materia di abusi di mercato, di cui al TUF.

L'eventuale riforma della sentenza di condanna (o di patteggiamento) non definitiva determina il superamento della causa di ineleggibilità, ma non incide sull'intervenuta decadenza dalla carica.

Autonomia e indipendenza

Le Linee Guida di Confindustria individuano, tra i requisiti principali dell'Organismo di Vigilanza, l'autonomia e l'indipendenza.

L'Organismo di Vigilanza è dotato, nell'esercizio delle sue funzioni, di autonomia ed indipendenza dagli organi societari e dagli altri organismi di controllo interno e dispone di autonomi poteri di spesa, sulla base di un preventivo di spesa annuale,

approvato dal Consiglio di Amministrazione, o da soggetto da questo delegato, su proposta dell'Organismo stesso.

In ogni caso, l'OdV può richiedere un'integrazione dei fondi assegnati, qualora non sufficienti all'efficace espletamento delle proprie incombenze, e può estendere la propria autonomia di spesa di propria iniziativa, in presenza di situazioni eccezionali o urgenti, che saranno oggetto di successiva relazione al Consiglio di Amministrazione.

Inoltre, le attività poste in essere dall'OdV non possono essere sindacate da alcun altro organismo o struttura aziendale.

All'Organismo di Vigilanza sono riconosciuti, nel corso delle verifiche e ispezioni, i più ampi poteri al fine di svolgere efficacemente i compiti affidatigli.

Nell'esercizio delle loro funzioni, i membri dell'OdV non devono trovarsi in situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse derivanti da qualsivoglia ragione di natura personale, familiare o professionale. In tale ipotesi, essi sono tenuti a informare immediatamente gli altri membri dell'Organismo e devono astenersi dal partecipare alle relative deliberazioni.

Peraltro, le stesse Linee Guida di Confindustria dispongono che "se l'Organismo di vigilanza ha composizione collegiale mista, poiché vi partecipano anche soggetti interni all'ente, da questi ultimi non potrà pretendersi una assoluta indipendenza. Dunque, il grado di indipendenza dell'Organismo dovrà essere valutato nella sua globalità".

Professionalità

L'Organismo di Vigilanza deve essere composto da soggetti dotati di specifiche competenze nelle tecniche specialistiche proprie di chi svolge attività "ispettiva", ma anche consulenziale di analisi dei sistemi di controllo e di tipo giuridico e, più in particolare, "penalistico" necessarie per svolgere efficacemente l'attività di Organismo di Vigilanza, affinché sia garantita la presenza di professionalità adeguate allo svolgimento delle relative funzioni.

Ove necessario, l'Organismo di Vigilanza può avvalersi, con riferimento all'esecuzione delle operazioni tecniche necessarie per lo svolgimento della funzione di controllo, anche di consulenti esterni. In tal caso, i consulenti dovranno sempre riferire i risultati del loro operato all'Organismo di Vigilanza.

Continuità di azione

L'Organismo di Vigilanza deve essere in grado di garantire la necessaria continuità nell'esercizio delle proprie funzioni, anche attraverso la calendarizzazione dell'attività e dei controlli, la verbalizzazione delle riunioni e la disciplina dei flussi informativi provenienti dalle strutture aziendali.

4.3 Composizione, nomina e durata

Il D. lgs. n. 231/2001 non fornisce indicazioni circa la composizione dell'Organismo di Vigilanza. In assenza di tali indicazioni, la Società ha optato per una soluzione che, tenuto conto delle finalità perseguite dalla legge, fosse in grado di assicurare, in relazione alle proprie dimensioni e alla propria complessità organizzativa, l'effettività dei controlli cui l'Organismo di Vigilanza è preposto, nel rispetto dei requisiti anche di autonomia ed indipendenza in precedenza evidenziati.

In questo quadro, l'Organismo di Vigilanza della Società è un organismo collegiale, individuato in virtù delle competenze professionali maturate e delle caratteristiche personali, quali una spiccata capacità di controllo, indipendenza di giudizio e integrità morale.

L'OdV è nominato dal Consiglio di Amministrazione della Società, con provvedimento motivato che dia atto della sussistenza dei requisiti di onorabilità, professionalità, autonomia e indipendenza.

A tal fine, i candidati esterni sono tenuti a inviare il loro Curriculum Vitae accompagnato da una dichiarazione nella quale attestano di possedere i requisiti sopra descritti.

Il Consiglio di Amministrazione esamina le informazioni fornite dagli interessati, o comunque a disposizione della Società, al fine di valutare l'effettivo possesso dei necessari requisiti.

All'atto dell'accettazione della carica, i membri dell'OdV, presa visione del Modello e data formale adesione al Codice Etico, si impegnano a svolgere le funzioni loro attribuite, garantendo la necessaria continuità di azione e a comunicare immediatamente al Consiglio di Amministrazione qualsiasi avvenimento suscettibile di incidere sul mantenimento dei requisiti sopra citati.

Successivamente alla nomina dell'OdV, almeno una volta all'anno, il Consiglio di Amministrazione della Società verifica il permanere dei requisiti soggettivi in capo ai componenti dell'OdV ed all'Organismo di Vigilanza nella sua interezza.

Il venir meno dei requisiti soggettivi in capo a un componente dell'OdV ne determina l'immediata decadenza dalla carica. In caso di decadenza, morte, dimissione o revoca, il Consiglio di Amministrazione provvede tempestivamente alla sostituzione del membro cessato.

L'OdV è nominato per un triennio.

4.4 Revoca

La revoca dei membri dell'OdV potrà avvenire soltanto per giusta causa, mediante delibera del Consiglio di Amministrazione.

A tale proposito, per "giusta causa" di revoca dei poteri connessi con l'incarico di membro dell'Organismo di Vigilanza si intende, a titolo esemplificativo e non limitativo:

  • una grave negligenza nell'assolvimento dei compiti connessi con l'incarico quale: l'omessa redazione della relazione informativa periodica almeno semestrale o della relazione riepilogativa annuale sull'attività svolta cui l'Organismo è tenuto; l'omessa redazione del programma di vigilanza;
  • l'"omessa o insufficiente vigilanza" da parte dell'Organismo di Vigilanza secondo quanto previsto dall'art. 6, comma 1, lett. d), D. lgs. n. 231/2001 – risultante da una sentenza di condanna, anche non passata in giudicato, emessa nei confronti della Società o di altre società nelle quali il soggetto fosse membro dell'Organismo di

Vigilanza, ai sensi del D. lgs. n. 231/2001 ovvero da sentenza di applicazione della pena su richiesta (il c.d. patteggiamento);

  • nel caso di membro interno, l'attribuzione di funzioni e responsabilità operative all'interno dell'organizzazione aziendale incompatibili con i requisiti di "autonomia e indipendenza" e "continuità di azione" propri dell'Organismo di Vigilanza. In ogni caso qualsiasi provvedimento di disposizione di carattere organizzativo che lo riguardi (ad es. cessazione rapporto di lavoro, spostamento ad altro incarico, licenziamento, provvedimenti disciplinari, nomina di nuovo responsabile) dovrà essere portato alla presa d'atto del Consiglio di Amministrazione;
  • gravi e accertati motivi di incompatibilità che ne vanifichino indipendenza e autonomia.

Qualsiasi decisione riguardante i singoli membri, o l'intero Organismo di Vigilanza, è di esclusiva competenza del Consiglio di Amministrazione.

4.5 Cause di sospensione

Costituiscono cause di sospensione dalla funzione di componente dell'Organismo di Vigilanza quelle di seguito riportate:

  • l'accertamento, dopo la nomina, che il componente dell'Organismo di Vigilanza abbia rivestito la qualifica di componente dell'Organismo di Vigilanza in seno a società nei cui confronti siano state applicate, con provvedimento non definitivo (compresa la sentenza emessa ai sensi dell'art. 63 del Decreto), le sanzioni previste dall'art. 9 del medesimo Decreto, per illeciti commessi durante la carica;
  • la circostanza che il componente sia destinatario di un provvedimento di rinvio a giudizio, in relazione a uno dei reati presupposto previsti dal Decreto o, comunque, per un reato la cui commissione sia sanzionata con l'interdizione, anche temporanea, dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese, o in relazione a uno degli illeciti amministrativi in materia di abusi di mercato, di cui al TUF.

I componenti dell'Organismo di Vigilanza debbono comunicare al Consiglio di Amministrazione, sotto la loro piena responsabilità, il sopravvenire di una delle cause di sospensione di cui sopra.

Il Consiglio di Amministrazione, anche in tutti gli ulteriori casi in cui viene direttamente a conoscenza del verificarsi di una delle cause di sospensione sopra citate, provvede a dichiarare la sospensione del soggetto (o dei soggetti) nei cui confronti si è verificata una delle cause di cui sopra, dalla carica di componente dell'Organismo di Vigilanza.

In tali casi, il Consiglio di Amministrazione valuta l'opportunità di integrare temporaneamente l'Organismo di Vigilanza, nominando uno o più membri, il cui incarico avrà una durata pari al periodo di sospensione.

Qualora il Consiglio di Amministrazione non ritenga necessario integrare temporaneamente l'Organismo di Vigilanza, l'OdV continua a operare nella sua composizione ridotta. In tali situazioni, per le deliberazioni dell'OdV, è necessario il parere favorevole del Presidente dell'Organismo.

La decisione sulla eventuale revoca dei membri sospesi deve essere oggetto di deliberazione del Consiglio di Amministrazione. Il componente non revocato è reintegrato nel pieno delle funzioni.

4.6 Temporaneo impedimento

Nell'ipotesi in cui insorgano cause che impediscano, in via temporanea, a un componente dell'Organismo di Vigilanza di svolgere le proprie funzioni o svolgerle con la necessaria autonomia e indipendenza di giudizio, questi è tenuto a dichiarare la sussistenza del legittimo impedimento e, qualora esso sia dovuto ad un potenziale conflitto di interessi, la causa da cui il medesimo deriva, astenendosi dal partecipare alle sedute dell'organismo stesso, o alla specifica delibera cui si riferisca il conflitto stesso, sino a che il predetto impedimento perduri o sia rimosso.

A titolo esemplificativo, costituisce causa di temporaneo impedimento la malattia o l'infortunio che si protraggano per oltre tre mesi e impediscano di partecipare alle riunioni dell'Organismo di Vigilanza.

Nel caso di temporaneo impedimento, il Consiglio di Amministrazione valuta l'opportunità di integrare temporaneamente l'Organismo di Vigilanza, nominando uno o più membri, il cui incarico avrà una durata pari al periodo di impedimento. Qualora il Consiglio di Amministrazione non ritenga necessario integrare temporaneamente l'Organismo di Vigilanza, l'OdV continua ad operare nella sua composizione ridotta. In tali situazioni, per le deliberazioni dell'OdV, è necessario il parere favorevole del Presidente dell'Organismo.

Resta salva la facoltà per il Consiglio di Amministrazione, quando l'impedimento si protragga per un periodo superiore a sei mesi, prorogabile di ulteriori sei mesi per non più di due volte, di addivenire alla revoca del o dei componenti per i quali si siano verificate le predette cause di impedimento.

4.7 Funzioni e poteri

L'Organismo di Vigilanza dispone di autonomi poteri di iniziativa, intervento e controllo, che si estendono a tutti i settori e funzioni della Società, poteri che devono essere esercitati al fine di svolgere efficacemente e tempestivamente le funzioni previste nel Modello e dalle norme di attuazione del medesimo, per assicurare un'effettiva ed efficiente vigilanza sul funzionamento e sull'osservanza del Modello, secondo quanto stabilito dall'art. 6 del D. lgs. n. 231/2001.

Le attività poste in essere dall'Organismo di Vigilanza non possono essere sindacate da alcun altro organo o funzione della Società. L'attività di verifica e di controllo svolta dall'Organismo è, infatti, strettamente funzionale agli obiettivi di efficace attuazione del Modello e non può surrogare o sostituire le funzioni di controllo istituzionali della Società.

Qualora non sia stato nominato dal Consiglio di Amministrazione, l'OdV nomina al proprio interno un Presidente, al quale è assegnato il ruolo di coordinatore e al quale può delegare specifiche funzioni.

È facoltà dell'Organismo di nominare un Segretario, scegliendolo anche al di fuori dei propri componenti.

In particolare, all'Organismo di Vigilanza sono affidati, per l'espletamento e l'esercizio delle proprie funzioni, i seguenti compiti e poteri:

  • disciplinare il proprio funzionamento, anche attraverso l'introduzione di un regolamento delle proprie attività ("Regolamento dell'Organismo di Vigilanza") che preveda: la calendarizzazione delle attività, la determinazione delle cadenze temporali dei controlli, l'individuazione dei criteri e delle procedure di analisi, la disciplina dei flussi informativi provenienti dalle strutture aziendali;
  • vigilare sul funzionamento del Modello, sia rispetto alla prevenzione della commissione dei reati richiamati dal D. lgs. n. 231/2001 nonché evidenziandone l'eventuale realizzazione;
  • verificare il rispetto del Modello, delle regole di comportamento, dei protocolli di prevenzione e delle procedure previste dal Modello, rilevare gli eventuali scostamenti comportamentali che dovessero emergere dall'analisi dei flussi informativi e dalle segnalazioni alle quali sono tenuti i responsabili delle varie funzioni e procedere secondo quanto disposto nel Modello;
  • svolgere periodica attività ispettiva e di controllo, di carattere continuativo e a sorpresa, in considerazione dei vari settori di intervento o delle tipologie di attività e dei loro punti critici, al fine di verificare l'efficienza e l'efficacia del Modello. Nello svolgimento di tale attività, l'Organismo può:
  • accedere liberamente presso qualsiasi struttura organizzativa della Società senza necessità di alcun consenso preventivo – per richiedere e acquisire informazioni, documentazione e dati, ritenuti necessari per lo svolgimento dei compiti previsti dal D. lgs. n. 231/2001, da tutto il personale dipendente e dirigente. Nel caso in cui venga opposto un motivato diniego all'accesso agli atti, l'Organismo redige, qualora non concordi con la motivazione opposta, un rapporto da trasmettere al Consiglio di Amministrazione;
  • richiedere informazioni rilevanti o l'esibizione di documenti, anche informatici, pertinenti alle attività di rischio, agli amministratori, ai sindaci, alle società di revisione, ai collaboratori, ai consulenti e, in generale, a tutti i soggetti tenuti all'osservanza del Modello. L'obbligo di questi ultimi di ottemperare alla richiesta dell'Organismo deve essere inserito nei singoli contratti;
  • sviluppare e promuovere il costante aggiornamento del Modello, inclusa l'identificazione, la mappatura e la classificazione delle attività sensibili formulando, ove necessario, al Consiglio di Amministrazione le proposte per eventuali aggiornamenti e adeguamenti, da realizzarsi mediante le modifiche e/o le integrazioni che si dovessero rendere necessarie;
  • curare i rapporti e assicurare i flussi informativi di competenza con le Strutture Organizzative aziendali e verso gli organi sociali;
  • promuovere iniziative per la diffusione della conoscenza e della comprensione del Modello, dei contenuti del D. lgs. n. 231/2001, degli impatti della normativa sull'attività dell'azienda e sulle norme comportamentali, nonché iniziative per la formazione del personale e la sensibilizzazione dello stesso all'osservanza del Modello, instaurando anche dei controlli sulla frequenza;

  • verificare la predisposizione di un efficace sistema di comunicazione interna per consentire la trasmissione di notizie rilevanti ai fini del D. lgs. n. 231/2001, garantendo la tutela e riservatezza del segnalante;
  • assicurare la conoscenza delle condotte che devono essere segnalate e delle modalità di effettuazione delle segnalazioni;
  • fornire a tutti i dipendenti e ai membri degli organi sociali chiarimenti in merito al significato e all'applicazione delle previsioni contenute nel Modello e alla corretta interpretazione/applicazione del presente Modello, degli standard di controllo, delle relative procedure di attuazione e del Codice Etico;
  • formulare e sottoporre all'approvazione dell'organo dirigente la previsione di spesa necessaria al corretto svolgimento dei compiti assegnati, con assoluta indipendenza. Tale previsione di spesa, che dovrà garantire il pieno e corretto svolgimento della propria attività, deve essere approvata dal Consiglio di Amministrazione. L'Organismo può autonomamente impegnare risorse che eccedono i propri poteri di spesa, qualora l'impiego di tali risorse sia necessario per fronteggiare situazioni eccezionali e urgenti. In questi casi, l'Organismo deve informare successivamente il Consiglio di Amministrazione;
  • segnalare tempestivamente all'organo dirigente, per gli opportuni provvedimenti, le violazioni accertate del Modello che possano comportare l'insorgere di una responsabilità in capo alla Società e proporre le eventuali sanzioni di cui al capitolo 5 del presente Modello;
  • verificare e valutare l'idoneità del sistema disciplinare ai sensi e per gli effetti del D. lgs. n. 231/2001.

Nello svolgimento della propria attività, l'Organismo di Vigilanza può avvalersi del supporto sia di funzioni e strutture interne alla Società, o con specifiche competenze nei settori aziendali di volta in volta sottoposti a controllo, sia di consulenti esterni. In tal caso, i consulenti dovranno sempre riferire i risultati del loro operato all'Organismo di Vigilanza.

Il Consiglio di Amministrazione curerà l'adeguata comunicazione alle strutture aziendali dei compiti dell'Organismo di Vigilanza e dei suoi poteri.

All'OdV non competono poteri di gestione o poteri decisionali relativi allo svolgimento delle attività della Società, poteri organizzativi o di modifica della struttura aziendale, né poteri sanzionatori.

I componenti dell'OdV, nonché i soggetti dei quali l'Organismo, a qualsiasi titolo, si avvale, sono tenuti a rispettare l'obbligo di riservatezza su tutte le informazioni delle quali sono venuti a conoscenza nell'esercizio delle loro funzioni.

Ogni informazione, segnalazione, report, relazione previsti nel Modello sono conservati dall'Organismo di Vigilanza secondo le modalità definite nel Regolamento dell'Organismo di Vigilanza.

4.8 Flussi informativi da e verso l'Organismo di Vigilanza

4.8.1 Reporting dell'Organismo di Vigilanza verso gli organi societari

L'Organismo di Vigilanza riferisce in merito all'attuazione del Modello, all'emersione di eventuali aspetti critici, alla necessità di interventi modificativi. Sono previste distinte linee di reporting da parte dell'Organismo di Vigilanza che:

  • i. riporta al Consiglio di Amministrazione, rendendolo edotto, ogni qual volta lo ritenga opportuno, su circostanze e fatti significativi del proprio ufficio. L'OdV comunica immediatamente il verificarsi di situazioni straordinarie (ad esempio: significative violazioni dei principi contenuti nel Modello, innovazioni legislative in materia di responsabilità amministrativa degli enti, ecc.) e le segnalazioni ricevute che rivestono carattere d'urgenza;
  • ii. presenta una relazione scritta, su base periodica almeno semestrale, al Consiglio di Amministrazione e al Collegio Sindacale, che deve contenere, quanto meno, le seguenti informazioni:
    • a. la sintesi delle attività svolte nel periodo e un piano delle attività previste per il periodo successivo;
    • b. eventuali problematiche o criticità che siano scaturite nel corso dell'attività di vigilanza;
    • c. qualora non oggetto di precedenti ed apposite segnalazioni:
      • le azioni correttive da apportare al fine di assicurare l'efficacia e/o l'effettività del Modello, ivi incluse quelle necessarie a rimediare alle carenze organizzative o procedurali accertate ed idonee ad esporre la Società al pericolo che siano commessi reati rilevanti ai fini del Decreto, inclusa una descrizione delle eventuali nuove attività "sensibili" individuate;
      • sempre nel rispetto dei termini e delle modalità indicati nel Sistema Sanzionatorio adottato dalla Società ai sensi del Decreto, l'indicazione dei comportamenti accertati e risultati non in linea con il Modello, con contestuale proposta circa la sanzione ritenuta più opportuna nei confronti del responsabile della violazione ovvero della funzione e/o del processo e/o dell'area interessati;
    • d. il resoconto delle segnalazioni ricevute da soggetti interni ed esterni, ivi incluso quanto direttamente riscontrato, in ordine a presunte violazioni delle previsioni del presente Modello, dei protocolli di prevenzione e delle relative procedure di attuazione nonché alla violazione delle previsioni del Codice Etico, e l'esito delle conseguenti verifiche effettuate;
    • e. informativa in merito all'eventuale commissione di reati rilevanti ai fini del Decreto;
    • f. i provvedimenti disciplinari e le sanzioni eventualmente applicate dalla Società, con riferimento alle violazioni delle previsioni del presente Modello, dei protocolli di prevenzione e delle relative procedure di attuazione nonché alle violazioni delle previsioni del Codice Etico;
    • g. una valutazione complessiva sul funzionamento e l'efficacia del Modello con eventuali proposte di integrazioni, correzioni o modifiche;
    • h. la segnalazione degli eventuali mutamenti del quadro normativo e/o significative modificazioni dell'assetto interno della Società e/o delle modalità di svolgimento delle attività d'impresa che richiedono un aggiornamento del Modello;

i. la segnalazione dell'eventuale situazione di conflitto di interesse, anche potenziale di un membro dell'Organismo;

Oltre a tali flussi, l'Organismo di Vigilanza ha il dovere di segnalare, al Consiglio di Amministrazione – tempestivamente, quando necessario, o quanto meno nella relazione su base periodica almeno semestrale – fatti, circostanze o carenze organizzative riscontrate nell'attività di vigilanza che evidenzino la necessità o l'opportunità di modificare o integrare il Modello.

Il Consiglio di Amministrazione ed il Collegio Sindacale hanno la facoltà di convocare in qualsiasi momento l'Organismo di Vigilanza, affinché li informi in merito alle attività di competenza.

Gli incontri con gli organi societari cui l'Organismo di Vigilanza riferisce devono essere documentati. L'Organismo di Vigilanza cura l'archiviazione della relativa documentazione.

4.8.2 Informativa verso l'Organismo di Vigilanza

L'Organismo di Vigilanza deve essere tempestivamente informato in merito a quegli atti, comportamenti od eventi che possono determinare una violazione del Modello o che, più in generale, sono rilevanti ai fini della migliore efficacia ed effettività del Modello.

Dettagliate e specifiche informazioni a riguardo, sono fornite anche dal documento "Flussi informativi nei confronti dell'Organismo di Vigilanza di CAREL Industries S.p.A.".

In generale, tutti i destinatari del Modello comunicano all'Organismo di Vigilanza ogni informazione utile per agevolare lo svolgimento delle verifiche sulla corretta attuazione del Modello. In particolare, i key officer che operano nell'ambito di attività sensibili devono trasmettere all'Organismo di Vigilanza: i) alle scadenze preventivamente concordate, i c.d. "flussi informativi", ossia l'elenco delle operazioni/ transazioni che ricadono nelle attività "sensibili" previste dal Modello della Società; ii) eventuali anomalie o atipicità riscontrate nell'ambito delle informazioni disponibili. Inoltre, qualora riscontrino ambiti di miglioramento nella definizione e/o nell'applicazione degli standard di controllo definiti nel presente Modello, provvedono a segnalare tempestivamente all'Organismo di Vigilanza tali circostanze.

Valgono, in proposito, le seguenti prescrizioni di carattere generale:

  • l'Organismo di Vigilanza valuta discrezionalmente e sotto la sua responsabilità le segnalazioni ricevute e i casi in cui è necessario attivarsi;
  • le determinazioni in ordine all'esito dell'accertamento devono essere motivate per iscritto.

L'OdV può richiedere informazioni che possono riguardare, a titolo meramente esemplificativo:

  • operazioni che ricadono nelle attività sensibili (ad esempio: prospetti periodici riepilogativi sulle principali attività relative alla gestione dei rapporti contrattuali con agenti/distributori, informazioni relative all'utilizzo di risorse finanziarie per l'acquisto di beni o servizi o altre attività di investimento, etc.);
  • ogni altra informazione che, sebbene non ricompresa nell'elenco che precede, risulti rilevante ai fini di una corretta e completa attività di vigilanza ed aggiornamento del Modello.

Possono quindi individuarsi le seguenti tipologie di comunicazione all'OdV:

  • a. ad evento: flussi informativi che avvengono al verificarsi di un determinato evento e che è necessario segnalare tempestivamente all'OdV;
  • b. periodiche: flussi informativi da inviare all'OdV entro una determinata scadenza da parte di una specifica funzione (le singole scadenze sono riportate in dettaglio nella procedura "Flussi informativi nei confronti dell'Organismo di Vigilanza di CAREL Industries S.p.A.";
  • c. whistleblowing: con il cui termine si intende una segnalazione all'OdV da parte di un lavoratore della Società su violazioni di norme e regole del Modello; questo strumento, in particolare, consente di realizzare quel sistema di reporting di fatti e/o comportamenti reali che non segue la linea gerarchica e che consente al personale di riferire casi di violazione, anche presunta, di norme da parte di altri all'interno dell'ente, senza timore di ritorsioni (v. infra § 4.8.2.1).

Al fine di consentire il puntuale rispetto delle previsioni di cui al presente paragrafo, è istituita la casella di posta elettronica [email protected].

Le segnalazioni possono essere comunicate anche oralmente o trasmesse all'indirizzo:

Organismo di Vigilanza di CAREL Industries S.p.A.

Via dell'Industria, 11, 35020, Brugine PD

nonché mediante inserimento nelle apposite cassette postali collocate nei locali aziendali, accessibili da tutti, ispezionabili e apribili solo dall'OdV.

Le segnalazioni sono conservate a cura dell'OdV secondo le modalità indicate nel Regolamento dell'OdV.

L'obbligo di informazione su eventuali comportamenti contrari alle disposizioni contenute nel Modello rientra nel più ampio dovere di diligenza ed obbligo di fedeltà del prestatore di lavoro. Il corretto adempimento dell'obbligo di informazione da parte del prestatore di lavoro non può dar luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari.

La Società adotta misure idonee ed efficaci affinché sia sempre garantita la riservatezza circa l'identità di chi trasmette all'Organismo informazioni utili per identificare comportamenti difformi da quanto previsto dal Modello, dalle procedure stabilite per la sua attuazione e dalle procedure stabilite dal sistema di controllo interno, fatti salvi gli obblighi di legge e la tutela dei diritti della Società o delle persone accusate erroneamente e/o in mala fede.

È vietata qualsiasi forma di ritorsione, discriminazione o penalizzazione nei confronti di coloro che effettuino in buona fede segnalazioni all'OdV. La Società si riserva ogni azione contro chiunque effettui in mala fede segnalazioni non veritiere.

4.8.2.1 Whistleblowing

Come anticipato in precedenza nell'illustrarne le principali disposizioni, accanto a specifici obblighi informativi nei confronti dell'OdV, la Legge 30 novembre 2017, n. 179 in materia di "Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato" ha aggiunto nel corpo dell'art. 6 del Decreto una serie di ulteriori commi (2 bis, 2-ter e 2-quater), volti a garantire adeguata tutela e protezione a quanti, all'interno dell'ente, segnalino tempestivamente la commissione di condotte illecite rilevanti ai sensi del Decreto (c.d. whistleblowing).

Allo scopo di garantire la massima tutela della riservatezza dei segnalanti e nel rispetto della Legge 179/2017, la Società prevede anche un canale alternativo di comunicazione (i.e., un apposito form compilabile sulla rete intranet) idoneo a garantire il più totale anonimato alla persona segnalante.

Ulteriori informazioni, sono rinvenibili nella specifica policy aziendale "Procedura in materia di tutela degli autori di segnalazione di reati o di altre irregolarità (c.d. whistleblowing) di CAREL Industries S.p.A.".

5. Il sistema sanzionatorio

5.1 Principi generali

L'art. 6, comma 2, lett. e) e l'art. 7, comma 4, lett. b) del D. lgs. n. 231/2001 indicano, quale condizione per un'efficace attuazione del Modello di organizzazione, gestione e controllo, l'introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello stesso.

Pertanto, la definizione di un adeguato sistema disciplinare costituisce un presupposto essenziale della valenza esimente del Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D. lgs. n. 231/2001 rispetto alla responsabilità amministrativa degli enti.

Le sanzioni previste saranno applicate a ogni violazione delle disposizioni contenute nel Modello, a prescindere dalla commissione di un reato e dallo svolgimento e dall'esito del procedimento penale eventualmente avviato dall'autorità giudiziaria.

Le sanzioni contemplate per violazioni alle disposizioni contenute nel Modello sono da intendersi applicabili anche nelle ipotesi di violazione alle disposizioni contenute nel Codice Etico.

Per la contestazione, l'accertamento delle infrazioni e l'applicazione di sanzioni disciplinari restano validi i poteri già conferiti, nei limiti delle rispettive deleghe e competenze, al Management della Società.

L'Organismo di Vigilanza, ricevuta la segnalazione e svolti gli opportuni accertamenti, formula una proposta in merito ai provvedimenti da adottare e comunica la propria valutazione agli organi aziendali competenti in base al sistema disciplinare, che si pronunceranno in merito all'eventuale adozione e/o modifica delle misure proposte dall'Organismo di Vigilanza, attivando le Strutture Organizzative di volta in volta competenti in ordine all'effettiva applicazione delle misure.

In ogni caso, le fasi di contestazione della violazione, nonché quelle di determinazione ed effettiva applicazione delle sanzioni, sono svolte nel rispetto delle norme di legge e di regolamento vigenti, nonché delle previsioni della contrattazione collettiva e dei Codici Disciplinari aziendali, laddove applicabili.

5.2 Misure nei confronti di lavoratori subordinati

La violazione delle singole disposizioni e regole comportamentali di cui al Modello da parte dei dipendenti di CAREL costituisce sempre illecito disciplinare.

La Società chiede ai propri dipendenti di segnalare le eventuali violazioni e la stessa valuta in senso positivo il contributo prestato, anche qualora il soggetto che ha effettuato la segnalazione abbia contribuito a tale violazione.

Per l'accertamento delle infrazioni concernenti il Modello, i procedimenti disciplinari e la comminazione delle relative sanzioni, restano validi i poteri già conferiti, nei limiti delle rispettive deleghe e competenze, al Management della Società.

Quanto alla tipologia di sanzioni irrogabili, nel caso di rapporto di lavoro subordinato, qualsiasi provvedimento sanzionatorio deve rispettare le procedure previste dall'art. 7 dello Statuto dei Lavoratori, caratterizzato, oltre che dal principio di tipicità delle violazioni, anche dal principio di tipicità delle sanzioni.

Il licenziamento e ogni altro provvedimento disciplinare non pregiudicano le eventuali responsabilità civili per danni nelle quali sia incorso il lavoratore.

5.2.1 Misure nei confronti del personale non dirigente

I comportamenti posti in essere dal personale dipendente in violazione delle regole comportamentali contenute nel Modello e nel Codice Etico assurgono a inosservanza di una obbligazione primaria del rapporto stesso e, conseguentemente, costituiscono illeciti disciplinari.

In relazione ai provvedimenti applicabili al personale dipendente non dirigente, il sistema sanzionatorio della Società trova la sua primaria fonte nel seguente Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato:

• CCNL Industria Metalmeccanica privata e della installazione di impianti;

Si precisa che la sanzione irrogata dovrà essere proporzionata alla gravità della violazione commessa e, in particolare, si dovrà tener conto:

  • dell'elemento soggettivo, ossia dell'intenzionalità del comportamento o del grado di colpa (negligenza, imprudenza o imperizia);
  • del comportamento complessivo del dipendente con particolare riguardo alla sussistenza o meno di precedenti disciplinari;
  • del livello di responsabilità e di autonomia del dipendente autore dell'illecito disciplinare;
  • del coinvolgimento di altre persone;
  • della gravità degli effetti dell'illecito disciplinare, ossia del livello di rischio cui la società ragionevolmente può essere esposta in seguito alla violazione contestata;
  • di altre particolari circostanze che accompagnano l'illecito.

I provvedimenti disciplinari nei quali possono incorrere i dipendenti in caso di violazione del Modello sono i seguenti:

  • a. richiamo verbale;
  • b. ammonizione scritta;
  • c. multa non superiore a tre ore di retribuzione oraria calcolata sul minimo tabellare;
  • d. sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino ad un massimo di tre giorni;
  • e. licenziamento per mancanze ai sensi dell'art. 10 del CCNL.

Incorre nei provvedimenti di ammonizione scritta, multa o sospensione il lavoratore che:

  • a. non si presenti al lavoro o abbandoni il proprio posto di lavoro senza giustificato motivo oppure non giustifichi l'assenza entro il giorno successivo a quello dell'inizio dell'assenza stessa, salvo il caso di impedimento giustificato;
  • b. senza giustificato motivo ritardi l'inizio del lavoro, o lo sospenda, o ne anticipi la cessazione;
  • c. compia lieve insubordinazione nei confronti dei superiori;
  • d. esegua negligentemente o con voluta lentezza il lavoro affidatogli;
  • e. per disattenzione o negligenza guasti il materiale dello stabilimento o il materiale in lavorazione;
  • f. venga trovato in stato di manifesta ubriachezza, durante l'orario di lavoro;
  • g. fuori dell'azienda compia, per conto terzi, lavoro di pertinenza dell'azienda stessa;
  • h. contravvenga al divieto di fumare, laddove questo esista e sia indicato con apposito cartello;
  • i. esegua entro l'officina dell'azienda lavori di lieve entità per conto proprio o di terzi, fuori dell'orario di lavoro e senza sottrazione di materiale dell'azienda, con uso di attrezzature dell'azienda stessa;
  • j. in altro modo trasgredisca l'osservanza del CCNL o commetta qualsiasi mancanza che porti pregiudizio alla disciplina, alla morale, all'igiene ed alla sicurezza dello stabilimento;
  • k. adotti comportamenti ritorsivi o penalizzanti nei confronti di chi abbia effettuato segnalazioni a beneficio dell'Organismo di Vigilanza;
  • l. violi, con dolo o colpa grave, il divieto di segnalazioni infondate a beneficio dell'Organismo di Vigilanza; ovvero
  • m. comunque violi i principi del presente Modello e del Codice Etico.

L'ammonizione verrà applicata per le mancanze di minor rilievo; la multa e la sospensione per quelle di maggior rilievo.

L'importo delle multe che non costituiscono risarcimento di danni è devoluto alle esistenti istituzioni assistenziali e previdenziali di carattere aziendale o, in mancanza di queste, alla Cassa mutua malattia.

Incorre nel licenziamento con preavviso il lavoratore che commetta infrazioni alla disciplina ed alla diligenza del lavoro che, pur essendo di maggior rilievo di quelle elencate precedentemente, non siano così gravi da rendere applicabile la sanzione di licenziamento senza preavviso.

A titolo indicativo rientrano nelle infrazioni di cui sopra:

  • a. insubordinazione ai superiori;
  • b. sensibile danneggiamento colposo al materiale dello stabilimento o al materiale di lavorazione;
  • c. esecuzione senza permesso di lavori nell'azienda per conto proprio o di terzi, di lieve entità senza impiego di materiale dell'azienda;
  • d. rissa nello stabilimento fuori dei reparti di lavorazione;
  • e. abbandono del posto di lavoro da parte del personale a cui siano specificatamente affidate mansioni di sorveglianza, custodia, controllo, fuori dei casi previsti al punto e) del successivo paragrafo Licenziamento senza preavviso;

  • f. assenze ingiustificate prolungate oltre 4 giorni consecutivi, o assenze ripetute per tre volte in un anno nel giorno seguente alle festività o alle ferie;
  • g. condanna a una pena detentiva comminata al lavoratore, con sentenza passata in giudicato, per azione commessa non in connessione con lo svolgimento del rapporto di lavoro, che leda la figura morale del lavoratore;
  • h. recidiva in qualunque delle mancanze contemplate precedentemente, quando siano stati comminati due provvedimenti di sospensione.

Incorre nel licenziamento senza preavviso il lavoratore che provochi all'azienda grave nocumento morale o materiale o che compia, in connessione con lo svolgimento del rapporto di lavoro, azioni che costituiscono delitto a termine di legge.

A titolo indicativo rientrano nelle infrazioni di cui sopra:

  • a. grave insubordinazione ai superiori;
  • b. furto nell'azienda;
  • c. trafugamento di schizzi o di disegni di macchine e di utensili o di altri oggetti, o documenti de lì azienda;
  • d. danneggiamento volontario al materiale dell'azienda o al materiale di lavorazione;
  • e. abbandono del posto di lavoro da cui possa derivare pregiudizio alla incolumità delle persone o alla sicurezza degli impianti o comunque compimento di azioni che implichino gli stessi pregiudizi;
  • f. fumare dove ciò può provocare pregiudizio all'incolumità delle persone od alla sicurezza degli impianti;
  • g. esecuzione senza permesso di lavori nell'azienda per conto proprio o di terzi, di non lieve entità e/o con l'impiego di materiale dell'azienda;
  • h. rissa nell'interno dei reparti di lavorazione.

In caso di licenziamento per mancanze tra quelle esposte nel caso di licenziamento senza preavviso, l'azienda potrà disporre la sospensione cautelare non disciplinare del lavoratore con effetto immediato, per un periodo massimo di 6 giorni. Il datore di lavoro comunicherà per iscritto al lavoratore i fatti rilevanti ai fini del provvedimento e ne esaminerà le eventuali deduzioni contrarie. Ove il licenziamento venga applicato, esso avrà effetto dal momento della disposta sospensione.

5.2.2 Misure nei confronti dei dirigenti

I dirigenti della Società, nello svolgimento della propria attività professionale, hanno l'obbligo sia di rispettare sia di far rispettare ai propri collaboratori le prescrizioni contenute nel Modello.

Nella Società trova applicazione, per i dipendenti dirigenti, il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i Dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi.

Sono da considerarsi sanzionabili, a titolo esemplificativo, per violazione delle disposizioni contenute del Modello, i comportamenti illeciti posti in essere dal dirigente, il quale:

  • • ometta di vigilare sul personale da lui stesso gerarchicamente dipendente, affinché venga assicurato il rispetto delle disposizioni del Modello per lo svolgimento delle attività nelle aree a rischio reato e per le attività strumentali a processi operativi a rischio di reato;
  • non provveda a segnalare mancate osservanze e/o anomalie inerenti l'adempimento degli obblighi di cui al Modello, qualora ne abbia notizia, tali da rendere inefficace il Modello con conseguente potenziale pericolo per la Società alla irrogazione di sanzioni di cui al D. lgs. n. 231/2001;
  • non provveda a segnalare all'Organismo di Vigilanza criticità inerenti lo svolgimento delle attività nelle aree a rischio reato, riscontrate in occasione del monitoraggio da parte delle autorità preposte;
  • adotti comportamenti ritorsivi o penalizzanti nei confronti di chi abbia effettuato segnalazioni a beneficio dell'Organismo di Vigilanza;
  • violi, con dolo o colpa grave, il divieto di segnalazioni infondate a beneficio dell'Organismo di Vigilanza.
  • incorra egli stesso in una o più gravi violazioni alle disposizioni del Modello, tali da comportare la commissione dei reati contemplati nel Modello, esponendo così la Società all'applicazione di sanzioni ex D. lgs. n. 231/2001.

In caso di violazione delle disposizioni e delle regole comportamentali contenute nel Modello da parte di un dirigente, CAREL, sulla scorta del principio di gravità, di recidività, di inosservanza diretta, di mancata vigilanza, adotta nei suoi confronti la misura ritenuta più idonea in conformità a quanto previsto dalla disciplina contrattuale e normativa applicabile.

Se la violazione del Modello determina la sopravvenuta carenza del rapporto di fiducia tra la Società e il Dirigente, la sanzione è individuata nel licenziamento.

5.3 Misure nei confronti degli amministratori

Alla notizia di violazione delle disposizioni e delle regole di comportamento del Modello da parte del membro/membri dell'Organo Amministrativo, l'Organismo di Vigilanza dovrà tempestivamente informare dell'accaduto gli altri membri dell'Organo Amministrativo o, in mancanza di altri membri, l'Assemblea dei soci. I soggetti destinatari dell'informativa dell'Organismo di Vigilanza potranno assumere gli opportuni provvedimenti, al fine di adottare le misure più idonee in conformità alla normativa vigente.

Al fine di garantire il pieno esercizio del diritto di difesa, deve essere previsto un termine entro il quale l'interessato possa far pervenire giustificazioni e/o scritti difensivi e possa essere ascoltato.

5.4 Misure nei confronti dei sindaci

Alla notizia di violazione delle disposizioni e delle regole di comportamento del Modello da parte di uno o più sindaci, l'Organismo di Vigilanza dovrà tempestivamente informare dell'accaduto gli altri componenti del Collegio Sindacale e il Consiglio di Amministrazione.

5.5 Misure nei confronti dell'Organismo di Vigilanza

In ipotesi di negligenza e/o imperizia dell'Organismo di Vigilanza nel vigilare sulla corretta applicazione del Modello e sul suo rispetto e nel non aver saputo individuare casi di violazione allo stesso, definendo le necessarie azioni correttive, il Consiglio di Amministrazione assumerà gli opportuni provvedimenti secondo le modalità previste dalla normativa vigente, inclusa la revoca dell'incarico e salva la richiesta risarcitoria.

Al fine di garantire il pieno esercizio del diritto di difesa, deve essere previsto un termine entro il quale l'interessato possa far pervenire giustificazioni e/o scritti difensivi e possa essere ascoltato.

5.6 Misure nei confronti di partner commerciali, consulenti o altri soggetti aventi rapporti contrattuali con la Società

La violazione da parte di partner commerciali, consulenti, o altri soggetti aventi rapporti contrattuali con la Società per lo svolgimento di attività ritenute sensibili delle disposizioni e delle regole di comportamento previste dal Modello agli stessi applicabili, o l'eventuale commissione dei reati contemplati dal D. lgs. n. 231/2001 da parte degli stessi, sarà sanzionata secondo quanto previsto nelle specifiche clausole contrattuali che saranno inserite nei relativi contratti.

Tali clausole, facendo esplicito riferimento al rispetto delle disposizioni e delle regole di comportamento previste dal Modello, potranno prevedere, ad esempio, l'obbligo, da parte di questi soggetti terzi, di non adottare atti o tenere comportamenti tali da determinare una violazione del Modello da parte della Società.

In caso di violazione di tale obbligo, dovrà essere prevista la facoltà della Società di risolvere il contratto con eventuale applicazione di penali.

Resta ovviamente salva la prerogativa della Società di richiedere il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione delle disposizioni e delle regole di comportamento previste dal Modello da parte dei suddetti soggetti terzi.

6. Il piano di formazione e comunicazione

6.1 Premessa

Al fine di dare efficace attuazione al Modello, CAREL assicura una corretta divulgazione dei contenuti e dei principi dello stesso all'interno ed all'esterno della propria organizzazione.

Obiettivo della Società è quello di comunicare i contenuti e i principi del Modello anche ai soggetti che, pur non rivestendo la qualifica formale di dipendente, operano – anche occasionalmente – per il conseguimento degli obiettivi della Società in forza di rapporti contrattuali.

Sono, infatti, destinatari del Modello sia le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione nella Società o in una sua Struttura Organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché chi esercita, anche di fatto, la gestione e il controllo della Società, sia le persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei predetti soggetti (ai sensi dell'art. 5 D. lgs. n. 231/2001), ma, anche, più in generale, tutti coloro che operano per il conseguimento dello scopo e degli obiettivi della Società. Fra i destinatari del Modello sono, quindi, annoverati i componenti degli organi sociali, i soggetti coinvolti nelle funzioni dell'Organismo di Vigilanza, i dipendenti, i collaboratori, i consulenti esterni e i partner.

La Società, infatti, intende:

  • determinare, in tutti coloro che operano in suo nome e per suo conto nelle attività "sensibili", la consapevolezza di poter incorrere, in caso di violazione delle disposizioni ivi riportate, in un illecito passibile di sanzioni;
  • informare tutti coloro che operano a qualsiasi titolo in suo nome, per suo conto o comunque nel suo interesse che la violazione delle prescrizioni contenute nel Modello comporterà l'applicazione di apposite sanzioni ovvero la risoluzione del rapporto contrattuale;
  • ribadire che CAREL non tollera comportamenti illeciti, di qualsiasi tipo ed indipendentemente da qualsiasi finalità, in quanto tali comportamenti (anche nel caso in cui la Società fosse apparentemente in condizione di trarne vantaggio) sono comunque contrari ai principi etici cui CAREL intende attenersi.

L'attività di comunicazione e formazione è diversificata a seconda dei destinatari cui essa si rivolge, ma è, in ogni caso, improntata a principi di completezza, chiarezza, accessibilità e continuità al fine di consentire ai diversi destinatari la piena consapevolezza di quelle disposizioni aziendali che sono tenuti a rispettare e delle norme etiche che devono ispirare i loro comportamenti.

Tali soggetti destinatari sono tenuti a rispettare puntualmente tutte le disposizioni del Modello, anche in adempimento dei doveri di lealtà, correttezza e diligenza che scaturiscono dai rapporti giuridici instaurati dalla Società.

L'attività di comunicazione e formazione è supervisionata dall'Organismo di Vigilanza, cui sono assegnati, tra gli altri, i compiti di "promuovere le iniziative per la diffusione della conoscenza e della comprensione del Modello, nonché per la formazione del

personale e la sensibilizzazione dello stesso all'osservanza dei principi contenuti nel Modello" e di "promuovere interventi di comunicazione e formazione sui contenuti del D. lgs. n. 231/2001, sugli impatti della normativa sull'attività dell'azienda e sulle norme comportamentali".

6.2 Dipendenti

Ogni dipendente è tenuto a:

  • i. acquisire consapevolezza dei principi e contenuti del Modello;
  • ii. conoscere le modalità operative con le quali deve essere realizzata la propria attività;
  • iii. contribuire attivamente, in relazione al proprio ruolo e alle proprie responsabilità, all'efficace attuazione del Modello, segnalando eventuali carenze riscontrate nello stesso.

Al fine di garantire un'efficace e razionale attività di comunicazione, la Società promuove la conoscenza dei contenuti e dei principi del Modello e delle procedure di implementazione all'interno di organizzazione agli stessi applicabili, con grado di approfondimento diversificato a seconda della posizione e del ruolo ricoperto.

Ai dipendenti e ai nuovi assunti viene consegnata copia di un estratto dei Principi di riferimento del Modello e del Codice Etico o viene garantita la possibilità di consultarli per esempio direttamente sull'Intranet aziendale in un'area dedicata.

In ogni caso, per i dipendenti che non hanno accesso alla rete Intranet, tale documentazione viene messa a loro disposizione con mezzi alternativi quali ad esempio l'allegazione al cedolino paga o con l'affissione nelle bacheche aziendali.

I responsabili delle singole Strutture Organizzative coadiuvano l'Organismo di Vigilanza nell'identificazione della migliore modalità di fruizione dei servizi di formazione sui principi e contenuti del Modello, in particolare a favore di quanti operano nell'ambito di attività ritenute sensibili ai sensi del D. lgs. n. 231/2001 (ad esempio: staff meeting, corsi on line ecc.).

A conclusione dell'evento formativo, i partecipanti compilano un modulo, attestando, così, l'avvenuta ricezione e frequentazione del corso.

La compilazione e l'invio del modulo vale quale dichiarazione di conoscenza dei contenuti del Modello.

Idonei strumenti di comunicazione sono adottati per aggiornare i destinatari del presente paragrafo circa le eventuali modifiche apportate al Modello, nonché ogni rilevante cambiamento procedurale, normativo o organizzativo.

L'Organismo di Vigilanza monitora il livello di recepimento del Modello attraverso periodiche specifiche verifiche.

6.3 Componenti degli organi sociali e soggetti con funzioni di rappresentanza della Società

Ai componenti degli organi sociali e ai soggetti con funzioni di rappresentanza (procuratori) della Società è resa disponibile copia cartacea della versione integrale del Modello e del Codice Etico al momento dell'accettazione della carica loro conferita e sarà fatta loro sottoscrivere dichiarazione di osservanza dei principi in essi contenuti.

Idonei strumenti di comunicazione saranno adottati per aggiornarli circa le eventuali modifiche apportate al Modello, nonché ogni rilevante cambiamento procedurale, normativo o organizzativo

6.4 Altri destinatari

L'attività di comunicazione dei contenuti e dei principi del Modello dovrà essere indirizzata anche ai soggetti terzi che intrattengano con la Società rapporti di collaborazione contrattualmente regolati (ad esempio: consulenti, agenti e distributori), con particolare riferimento a quelli che operano nell'ambito di attività ritenute sensibili ai sensi del D. lgs. n. 231/2001.

A tal fine, le Strutture Organizzative competenti determinano:

  • le tipologie di rapporti giuridici con soggetti esterni alla Società, ai quali è opportuno applicare, in ragione della natura dell'attività svolta, le previsioni del Modello;
  • le modalità di comunicazione di un estratto del Modello e del Codice Etico ai soggetti esterni interessati e le procedure necessarie per il rispetto delle disposizioni in essi contenute in modo da assicurarne l'effettiva conoscenza.

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