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Governance Information May 21, 2020

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Governance Information

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TitanMet S.p.A.

Modello di organizzazione, gestione e controllo

ai sensi del d.lgs. 231/01

Testo approvato dal Consiglio di Amministrazione di TitanMet S.p.A. del 21 maggio 2020

PREMESSA ED OBIETTIVI DEL MODELLO

Il Decreto Legislativo 231/2001 emanato in esecuzione della delega di cui all'art. 11 della legge 300/2000 (di seguito, il "Decreto" o il "D. Lgs. 231/2001") - al fine di adeguare la normativa italiana in materia di responsabilità delle persone giuridiche ad alcune convenzioni internazionali, cui l'Italia ha già da tempo aderito, quali la Convenzione di Bruxelles del 26 luglio 1995 sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Europee, la Convenzione del 26 maggio 1997, anch'essa firmata a Bruxelles, sulla lotta alla corruzione in cui sono coinvolti funzionari della Comunità Europea e degli Stati Membri, e la Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997 sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche e internazionali - ha introdotto nel nostro ordinamento "la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica" per specifiche tipologie di reato commesse da propri amministratori e dipendenti.

La normativa in parola è frutto di una tecnica legislativa, che mutuando principi propri dell'illecito penale e dell'illecito amministrativo ha introdotto – come prima si diceva – nell'ordinamento italiano un sistema punitivo degli illeciti di impresa che va ad aggiungersi ed integrarsi con gli apparati sanzionatori esistenti.

L'istituzione della responsabilità amministrativa delle società nasce dalla considerazione empirica secondo cui le condotte illecite commesse all'interno dell'impresa, lungi dal conseguire ad un'iniziativa privata del singolo, di sovente rientrano nell'ambito di una diffusa politica aziendale e conseguono a decisioni di vertice dell'ente medesimo.

Si tratta di una responsabilità "amministrativa" sui generis, poiché, pur comportando sanzioni amministrative, consegue da reato e presenta le garanzie proprie del processo penale. Il Giudice penale competente a giudicare l'autore del fatto è, infatti, chiamato a giudicare, nello stesso procedimento, della responsabilità amministrativa dell'Ente e ad applicare la sanzione conseguente secondo una tempistica e una disciplina tipiche del processo penale.

In particolare, il D.lgs. 231/2001 prevede un articolato sistema sanzionatorio che muove dall'applicazione di sanzioni pecuniarie, alle quali si aggiungono, seguendo la scala della gravità del reato commesso, misure interdittive quali la sospensione o revoca di concessioni e licenze, il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, l'esclusione o la revoca di finanziamenti e contributi, il divieto di pubblicizzazione di beni e servizi, fino ad arrivare alle più pesanti sanzioni interdittive, che possono giungere perfino al divieto di esercitare la stessa attività d'impresa.

La sanzione amministrativa per la società, tuttavia, può essere applicata esclusivamente dal giudice penale, nel contesto di norme di garanzia predisposte dall'ordinamento penale, e solo qualora sussistano tutti i requisiti oggettivi e soggettivi fissati dal legislatore: in particolare, è necessario che sia commesso uno dei reati per i quali è prevista la responsabilità amministrativa dell'ente, e che tale reato sia compiuto nell'interesse o a vantaggio della società, da parte di soggetti apicali o ad essi sottoposti.

Quanto ai requisiti necessari perché possa configurarsi, accanto alla responsabilità penale delle persone fisiche, anche la responsabilità amministrativa della persona giuridica, bisogna sottolineare che deve trattarsi, in primo luogo, di un reato commesso nell'interesse o a vantaggio dell'ente. Il vantaggio esclusivo dell'agente (o di un terzo rispetto all'ente) non determina alcuna responsabilità in capo all'ente, trattandosi in una situazione di manifesta estraneità della persona giuridica rispetto al fatto di reato.

Quanto ai soggetti, il legislatore, all'art. 5 del D.Lgs. 231/2001, prevede la responsabilità dell'ente qualora il reato sia commesso:

• "da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo degli stessi" (cosiddetti soggetti apicali);

• "da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a)" (cosiddetti sottoposti).

Come si vede, i soggetti richiamati dalla norma in esame sono coloro i quali svolgono funzioni inerenti alla gestione e al controllo dell'ente o di sue articolazioni: il legislatore, pertanto, ha voluto intraprendere una scelta di tipo "funzionalistico", invece che una di tipo "nominalistico", riservando cioè l'attenzione alla concreta attività svolta, piuttosto che alla qualifica formalmente rivestita.

Da sottolineare, in questa prospettiva, anche l'equiparazione – rispetto ai soggetti che ricoprono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente – delle persone che rivestono le medesime funzioni in una "unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale": si tratta, come noto, di una figura sempre più diffusa nella realtà economica attuale, soprattutto nell'ambito di società strutturate su più sedi, e ciò richiede una particolare attenzione al fine di elaborare un modello organizzativo che si riveli, nella prassi, realmente efficace. Si avrà modo di verificare, nella parte speciale dedicata ai singoli reati, come sia necessario fare in modo che ogni singola figura professionale potenzialmente a rischio di commissione dei reati in TitanMet S.p.A. sia monitorata, attraverso la predisposizione di opportune procedure, al fine di assicurare un idoneo controllo e una effettiva vigilanza su quelle attività "sensibili" nell'ottica della potenziale commissione dei reati previsti dal D.Lgs. 231/2001.

Sempre per ciò che riguarda i soggetti, si è già precisato che la lettera b) dell'art. 5 fa riferimento alle "persone sottoposte alla direzione o vigilanza dei soggetti in posizione apicale". Al riguardo, la Relazione ministeriale precisa che "la scelta di limitare la responsabilità della societas al solo caso di reato commesso dai vertici, non si sarebbe rivelata plausibile dal punto di vista logico e politico criminale". Da un lato, infatti, sarebbe risultata assurda un'esclusione della responsabilità dell'ente per i reati commessi, nel suo interesse o a suo vantaggio, da un dipendente; dall'altro, le realtà economiche moderne sono caratterizzate da una evidente frammentazione dei processi operativi e decisionali, di talché l'importanza anche del singolo dipendente, nelle scelte e nelle attività dell'ente, acquista sempre maggior rilievo.

Ciò impone, come è facile comprendere, una dettagliata analisi delle singole procedure attraverso le quali si esplicano le diverse attività svolte da TitanMet, in modo tale da poter predisporre efficaci presidi di controllo, in grado di impedire la commissione dei reati o determinarne, in ogni caso, una rapida individuazione e denuncia da parte degli organismi di vigilanza e controllo interno. Di tali aspetti, come si è detto, il presente modello si occuperà nella sua Parte Seconda.

Ai fini dell'affermazione della responsabilità dell'ente, oltre all'esistenza dei requisiti fin qui richiamati, che consentono di effettuare un collegamento oggettivo tra il reato commesso e l'attività dell'ente, il legislatore impone anche l'accertamento di un requisito di tipo soggettivo, consistente nella colpevolezza dell'ente per il reato realizzato. Tale requisito soggettivo, si identifica con l'individuazione di una colpa dell'organizzazione, intesa come violazione di adeguate regole di diligenza autoimposte dall'ente medesimo e volte a prevenire lo specifico rischio da reato. Tali regole di diligenza costituiscono proprio il contenuto centrale del presente modello organizzativo.

Quando l'autore del reato è una persona fisica che riveste funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'Ente (c.d. soggetti apicali) o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché una persona che esercita, anche di fatto, la gestione ed il controllo dello stesso, il Legislatore ha previsto una presunzione di colpa per l'Ente (che può essere esclusa alle condizioni che saranno precisate amplius infra), in considerazione del fatto che tali soggetti esprimono, rappresentano e concretizzano la politica gestionale dello stesso (art. 5, comma 1, lett. a), del D. Lgs. 231/2001).

Quando l'autore del reato è un soggetto sottoposto all'altrui direzione o vigilanza, si avrà la responsabilità dell'Ente soltanto qualora la commissione del reato sia stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza (art. 5, comma 1, lett. b), del D. Lgs. 231/2001).

L'Ente non va esente da responsabilità quando l'autore del reato non è stato identificato o non è imputabile e anche nel caso in cui il reato si estingua per una causa diversa dall'amnistia (art. comma 1, lett. a) e b), del D. Lgs. 231/2001).

In caso di illecito commesso all'estero, gli Enti che hanno la loro sede principale nel territorio dello Stato italiano sono comunque perseguibili, sempre che lo Stato del luogo ove il fatto reato è stato commesso non decida di procedere nei loro confronti (art. 4, comma 1, del D. Lgs. 231/2001).

Prima di entrare nel dettaglio delle attività svolte da TitanMet, al fine di valutare quali di esse espongano l'ente alla possibile commissione dei reati previsti dal D.Lgs. 231/2001, è opportuno completare l'inquadramento generale dei confini coperti da tale fonte normativa.

Originariamente prevista per i reati contro la pubblica amministrazione (art. 25 D.Lgs. 231/2001) o contro il patrimonio della Pubblica Amministrazione (art. 24), la responsabilità dell'ente è stata estesa – per effetto di provvedimenti normativi successivi al D.Lgs. 231/2001 – anche ai reati in materia di falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo (art. 25 bis), ai reati societari (art. 25 ter), ai reati con finalità di terrorismo o di eversione dall'ordine democratico (art. 25 quater), alle pratiche di mutilazione dei genitali femminili (art. 25-quater), ai reati contro la personalità individuale (art. 25 quinquies), nonché, attraverso la legge 18 aprile 2005, n. 62, anche ai reati di market abuse (insider trading e aggiotaggio, art. 25 sexies). L'intento del legislatore di includere nel decreto del 2001 tutti i crimini che l'ente può commettere è evidente dal costante aumento delle fattispecie "presupposto"; infatti, sono stati introdotti i reati di lesioni ed omicidio colposo commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell'igiene e della salute sui lavoro (art. 25 septies) nel 2007 – poi modificati dal D.Lgs. 81/2008 – i reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro o altra utilità di provenienza illecita (art. 25 octies), i reati informatici e di illecito utilizzo dei dati (art. 24 bis), i delitti di criminalità organizzata (art. 24 ter), i delitti contro l'industria e il commercio (art. 25 bis, comma 1), i reati in materia di violazione del diritto di autore (art. 25 novies), l'induzione a non rendere dichiarazioni all'autorità giudiziaria ovvero a renderle mendaci (art. 25-decies), i reati ambientali (art. 25 undecies), i reati di impiego di cittadini di stati terzi il cui soggiorno è irregolare, procurato ingresso illecito di stranieri e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, e favoreggiamento della permanenza illecita di stranieri nel territorio dello Stato (art. 25 duodecies) ed i reati di istigazione al razzismo e alla xenofobia (art. 25 terdecies). Successivamente con l'articolo 5, comma 1, della Legge 3 maggio 2019, n. 39, è stato introdotto il reato di frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d'azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati (Art. 25 quaterdecies) e con l'articolo 39, comma 2, del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni dalla Legge 19 dicembre 2019, n. 157, sono stati introdotti i reati tributari (Art. 25 quinquiesdecies).

In dettaglio, la responsabilità amministrativa degli enti è prevista per la commissione dei seguenti illeciti penalmente rilevanti:

Reati contro la P.A. (artt. 24 e 25 del Decreto, come modificati dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, dalla legge 30 maggio 2015, n. 69 e dalla legge 17 ottobre 2017, n. 161):

  • malversazione a danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 316 bis c.p.);
  • indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 316 ter c.p.);
  • truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico (art. 640 comma 2 n. 1 c.p.);
  • truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.);
  • frode informatica a danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640 ter c.p.);
  • corruzione per l'esercizio della funzione o per un atto contrario ai doveri d'ufficio (artt. 318, 319, 320, 321 e 322 bis c.p., come modificati dalla legge 6 novembre 2012, n. 190 e dalla legge 30 maggio 2015, n. 69), con le aggravanti di cui all'art. 319 bis c.p.;
  • istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.);
  • corruzione in atti giudiziari (art. 319 ter c.p.);
  • induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319 quater c.p.);
  • concussione (art. 317 c.p., come modificato dalla legge 30 maggio 2015, n. 69).
  • Reati in materia di falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo (art. 25 bis del Decreto, come modificato dalla legge 23 luglio 2009, n. 99 e dal decreto legislativo 21 giugno 2016, n. 125):
    • falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate (art. 453 c.p.);
    • alterazione di monete (art. 454 c.p.);
    • contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo (art. 460 c.p.);
    • fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (art. 461 c.p.);
    • spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate (art. 455 c.p.);
    • spendita di monete falsificate ricevute in buona fede (art. 457 c.p.);
    • uso di valori di bollo contraffatti o alterati (art. 464 commi 1 e 2 c.p.);
    • falsificazione di valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati (art. 459 c.p.);
    • contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli o disegni (art. 473 c.p.);
    • introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.).

Reati societari (art. 25 ter del Decreto, come modificato dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, dalla legge 30 maggio 2015, n. 69 e dal decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 38):

  • false comunicazioni sociali (art. 2621 c.c., come modificato dalla legge 30 maggio 2015, n. 69), con le attenuanti di cui all'art. 2621 bis c.c.;
  • false comunicazioni sociali delle società quotate (art. 2622 c.c., come modificato dalla legge 30 maggio 2015, n. 69);
  • impedito controllo (art. 27 d.lgs. 39/2010, già art. 2625 comma 2 c.c.);
  • formazione fittizia del capitale (art. 2632 c.c.);
  • indebita restituzione dei conferimenti (art. 2626 c.c.);
  • illegale ripartizione degli utili e delle riserve (art. 2627 c.c.);
  • illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 2628 c.c.);
  • operazioni in pregiudizio dei creditori (art. 2629 c.c.);
  • indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art. 2633 c.c.);
  • corruzione tra privati (art. 2635 c.c.);
  • istigazione alla corruzione tra privati (2635 bis c.c.)
  • illecita influenza sull'assemblea (art. 2636 c.c.);
  • aggiotaggio (art. 2637 c.c.);
  • omessa comunicazione del conflitto di interessi (art. 2629 bis c.c.);
  • ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638 commi 1 e 2 c.c.).

L'art. 25 ter del Decreto – alle lettere d) ed e) – prevede la responsabilità dell'ente per il reato di falso in prospetto, continuando però a richiamare la contravvenzione di cui all'art. 2623 c.c., comma 1 (art. 25 ter, lett. d) ed il delitto di cui all'art. 2623, comma 2 c.c. (art. 25-ter, lett. e), oggi abrogati.

Prudenzialmente, pur evidenziando che l'unica pronuncia giurisprudenziale in tema (la sentenza del GIP di Milano, dott. D'Arcangelo, del 3.11.2010, resa nel proc. penale n. 12468/10 R.G. GIP) afferma una diversa, e più conforme alla costituzione, lettura del sistema (1), si ritiene opportuno integrare il modello come se tale rinvio non fosse soltanto formale, ossia rivolto al reato di falso in prospetto così come concepito – inizialmente – nell'art. 2623 c.c., bensì recettizio anche delle successive modifiche della disciplina sanzionatoria dell'illecito in questione, ora diversamente disciplinato dall'art. 173-bis T.U.F. (d.lgs. 58/1998).

Stante la finalità preventiva degli illeciti penali del presente modello, in via prudenziale – e per le stesse ragioni esposte poco sopra per l'abrogato art. 2623 c.c. (2) – è pertanto opportuno integrare il modello come se la responsabilità amministrativa dell'ente sussistesse anche per il compimento dell'art. 173 bis T.U.F.

L'art. 25 ter del Decreto – alle lettere f) e g) – prevede la responsabilità dell'ente per il reato di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, continuando però a richiamare la contravvenzione di cui all'art. 2624 c.c., comma 1 (art. 25 ter, lett. f) ed il delitto di cui all'art. 2624 c.c., comma 2 (art. 25 ter, lett. g), oggi abrogati.

Anche in tal caso, si ritiene opportuno integrare il modello come se tale rinvio non fosse soltanto formale, ossia rivolto al reato di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione così come concepito – inizialmente – nell'art. 2624 c.c., bensì recettizio anche delle successive modifiche della disciplina sanzionatoria dell'illecito in questione, ora diversamente disciplinato dall'art. 174- bis T.U.F. (d.lgs. 58/1998).

Stante la finalità preventiva degli illeciti penali del presente modello, in via prudenziale – e per le stesse ragioni esposte poco sopra per l'abrogato art. 2624 c.c. (2) – è pertanto opportuno integrare il modello come se la responsabilità amministrativa dell'ente sussistesse anche per il compimento dell'art. 174-bis T.U.F.

Reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dall'ordine democratico (art. 25-quater del Decreto):

  • associazioni sovversive (art. 270 c.p.)
  • associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordinamento democratico (art. 270 bis c.p.);
  • assistenza agli associati (art. 270 ter c.p.);
  • arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270 quater c.p.);
  • addestramento con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270 quinquies c.p.);
  • finanziamento di condotte con finalità di terrorismo (art. 270 quinquies comma 1 c.p., introdotto con legge 196/2016);
  • sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro (art. 270 quinquies comma 2 c.p.);
  • condotte con finalità di terrorismo (art. 270 sexies c.p.);
  • attentato per finalità terroristiche o di eversione (art. 280 c.p.);
  • atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi (art. 280 bis c.p.);
  • atto di terrorismo nucleare (art. 280 ter c.p.);
  • sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione (art. 289 bis c.p.);
  • istigazione a commettere alcuno dei delitti contro la personalità dello Stato (art. 302 c.p.);

1 Stante il principio di legalità (da intendersi in senso stretto) l'esegesi preferibile rimane quella del rinvio formale, di tal che dovrebbe ritenersi non più presupposto alla responsabilità degli enti il reato ora abrogato. Questa impostazione è corroborata dall'attuale formulazione dell'art. 3 del D.Lgs. 231/2001.

2 Anche in questo caso, si ritiene più corretta e più conforme al principio di legalità l'interpretazione secondo cui il rinvio è formale: per cui i nuovi reati previsti dal d.lgs. 39/2010 restano esclusi dall'ambito applicativo del d.lgs. 231/2001.

  • cospirazione politica mediante accordo e cospirazione politica mediante associazione (artt. 304 e 305 c.p.);
  • banda armata: formazione e partecipazione e assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata (artt. 306 e 307 c.p.);
  • impossessamento, dirottamento e distruzione di un aereo (art. 1 legge 10 maggio 1976, n. 342);
  • danneggiamento delle installazioni a terra (art. 2 legge 10 maggio 1976, n. 342);
  • reati, diversi da quelli indicati nel codice penale e nelle leggi speciali, posti in essere in violazione dell'art. 2 della Convenzione Internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, approvata a New York il 9 dicembre 1999.

Si applicano altresì l'art. 3 della legge 1989, n. 422 in tema di sanzioni e l'art. 5 del decreto legislativo 1979, n. 625 in tema di pentimento operoso.

  • Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 25 quater comma 1 del Decreto):
    • pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583 bis c.p.).

Reati contro la personalità individuale (art. 25 quinquies del Decreto, come modificato dalla legge 29 ottobre 2016, n. 199):

  • Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.);
  • tratta e commercio di schiavi (art. 601 c.p);
  • alienazione e acquisto di schiavi (art. 602 c.p.);
  • prostituzione minorile (art. 600 bis commi 1 e 2 c.p.);
  • pornografia minorile (art. 600 ter c.p.);
  • iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600 quinquies c.p.);
  • detenzione di materiale pornografico (art. 600 quater c.p.), anche qualora si tratti di materiale di pornografia virtuale (art. 600 quater comma 1 c.p.);
  • intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603 bis c.p.).
  • Reati di "abuso di mercato" (art. 25 sexies del Decreto):
  • abuso di informazioni privilegiate (art. 184 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58);
  • manipolazione del mercato (art. 185 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58).

Reati "transnazionali":

L'art. 10 L. 16 marzo 2006, n. 146 prevede la responsabilità amministrativa dell'ente, limitatamente al caso in cui abbiano natura "transnazionale", ai sensi dell'art. 3 della medesima legge, per i delitti di:

  • associazione per delinquere (art. 416 c.p.);
  • associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.);
  • associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291 quater D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43);
  • associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (art. 74 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309);
  • atti diretti a procurare l'ingresso illegale dello straniero nel territorio nazionale e favoreggiamento della sua permanenza, al fine di trarvi ingiusto profitto (art. 12 commi 3, 3 bis, 3 ter e 5 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286);
  • induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (art. 377 bis c.p.);
  • favoreggiamento personale (art. 378 c.p.).
  • Reati di omicidio e lesioni colpose commesse con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell'igiene e della salute sul lavoro (art. 25 septies del Decreto)

L'art. 300 del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, novellando quanto già inserito dalla Legge 3 agosto 2007, n. 123, ha introdotto all'interno del Decreto l'art. 25 septies che prevede l'applicazione di una sanzione in capo all'ente per la commissione dei delitti di:

  • omicidio colposo (art. 589 c.p.),
  • lesioni personali colpose (art. 590, comma 3, c.p.),

entrambi commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell'igiene e della salute sul lavoro.

Reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 25 octies del Decreto, come modificato dalla legge 15 dicembre 2014, n. 186).

  • ricettazione (art. 648 c.p.),
  • riciclaggio (art. 648 bis c.p.),
  • impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648 ter c.p.),

I reati di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita erano già rilevanti ai fini del Decreto soltanto se realizzati transnazionalmente (ex art. 10 L. 16 marzo 2006, n. 146, supra sub 8).

Criminalità informatica ed illecito trattamento di dati.

L'art. 7 della legge 18 marzo 2008, n. 48 (modificato dal decreto legislativo 15 gennaio 2016, nn. 7 e 8), ratificando la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, amplia il novero delle fattispecie di reato che possono generare la responsabilità dell'ente, introducendo con l'art. 24 bis del d.lgs. 231/2001, le seguenti fattispecie:

• falsità in documenti informatici pubblici o aventi efficacia probatoria (art. 491 bis c.p.);

• accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (art. 615 ter c.p.);

• detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici (art. 615 quater c.p.);

• diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico (art. 615 quinquies c.p.);

• intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617 quater c.p.);

• installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617 quinquies c.p.);

• danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici (art. 635 bis c.p.);

• danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità (art. 635 ter c.p.);

  • danneggiamento di sistemi informatici o telematici (art. 635 quater c.p.);
  • danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità (art. 635 quinquies c.p.);

• frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica (art. 640 quinquies c.p.).

Delitti di criminalità organizzata (art 24-ter del Decreto, introdotto dall'art. 2, comma 29, legge 15 luglio 2009, n. 94, e modificato dalla legge 27 maggio 2015, n. 69):

  • associazione per delinquere (art. 416 c.p.);
  • associazione di tipo mafioso anche straniere (art. 416 bis c.p., come modificato dalla legge 27 maggio 2015, n. 69);
  • scambio elettorale politico-mafioso (art. 416 ter c.p.);
  • sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (art. 630 c.p.);
  • delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p. per agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (legge 12 luglio 1991, n. 203);
  • illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine, nonché di armi più comuni da sparo (art. 407 comma 2, lett. a, numero 5).

Delitti contro l'industria e il commercio (art 25 bis, comma 1 del Decreto):

  • turbata libertà dell'industria o del commercio (art. 513 c.p.);
  • frode nell'esercizio del commercio (art. 515 c.p.);
  • vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (art. 516 c.p.);
  • vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.);
  • fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale (art. 517 ter c.p.);
  • contraffazione di indicazioni geografiche o denominazione di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517 quater c.p.);
  • illecita concorrenza con minaccia o violenza (art. 513 bis c.p.);
  • frodi contro le industrie nazionali (art. 514 c.p.).

Delitti in materia di violazione del diritto di autore (art 25 novies del Decreto):

• messa a disposizione al pubblico, in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, di un'opera dell'ingegno protetta, o parte di essa (art. 171 comma 1 lett. a) bis legge 22 aprile 1941, n. 633);

  • reati di cui al punto precedente commessi su opere altrui non destinate alla pubblicazione qualora ne risulti offeso l'onore o la reputazione (art. 171, comma 2, legge 22 aprile 1941, n. 633);
  • abusiva duplicazione, per trarne profitto, di programmi per elaboratore; importazione, distribuzione, vendita o detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale o concessione in locazione di programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla SIAE; predisposizione di mezzi per rimuovere o eludere i dispositivi di protezione di programmi per elaboratori (art. 171 bis comma 1 legge 22 aprile 1941, n. 633);
  • riproduzione, trasferimento su altro supporto, distribuzione, comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico, del contenuto di una banca dati; estrazione o reimpiego della banca dati; distribuzione, vendita o concessione in locazione di banche di dati (art. 171 bis comma 2 legge 22 aprile 1941, n. 633);
  • abusiva duplicazione, riproduzione, trasmissione o diffusione in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, di opere dell'ingegno destinate al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio di dischi, nastri o supporti analoghi o ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento; opere letterarie, drammatiche, scientifiche o didattiche, musicali o drammatico musicali, multimediali, anche se inserite in opere collettive o composite o banche dati; riproduzione, duplicazione, trasmissione o diffusione abusiva di oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore o da diritti connessi; immissione in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, di un'opera dell'ingegno protetta dal diritto d'autore, o parte di essa (art. 171 ter legge 22 aprile 1941, n. 633);
  • mancata comunicazione alla SIAE dei dati di identificazione dei supporti non soggetti al contrassegno o falsa dichiarazione (art. 171 septies legge 22 aprile 1941, n. 633);
  • fraudolenta produzione, vendita, importazione, promozione, installazione, modifica, utilizzo per uso pubblico e privato di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuato via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale (art. 171 octies legge 22 aprile 1941, n. 633).

Induzione a non rendere o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (art. 25 decies del Decreto).

• induzione a non rendere o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (art. 377 bis c.p.).

Reati ambientali (art. 25 undecies del Decreto, introdotto dal d.lgs. 7 luglio 2011, n. 121 e modificato dalla legge 22 2015, n. 68 e dal d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21).

Introdotti dal d.lgs. 7 luglio 2011, n. 121:

  • uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (art. 727 bis c.p.);
  • distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto (art. 733 bis c.p.);
  • attività di gestione di rifiuti non autorizzata (art. 256 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);
  • inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee (art. 257 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);
  • violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari (art. 258 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);
  • traffico illecito di rifiuti (art. 259 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);
  • attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, abrogato dal d.lgs. 1 marzo 2018 e sostituito dall'art. 452 quaterdecies c.p.);
  • false indicazioni sulla natura, sulla composizione sulle caratteristiche chimicofisiche dei rifiuti nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti; inserimento nel SISTRI di un certificato di analisi dei rifiuti falsi; omissione o fraudolenta alterazione della copia cartacea della scheda SISTRI – area movimentazione nel trasporto di rifiuti (art. 260 bis d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);
  • sanzioni (art. 279 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);
  • importazione, esportazione, riesportazione di specie animali e vegetali in via di estinzione (artt. 1, 2, e 6 L. 7 febbraio 1992, n. 150);
  • scarichi di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose; scarichi sul suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee; scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili (art. 137 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);
  • falsificazione o alterazione di certificati, licenze, notifiche di importazione, dichiarazioni, comunicazioni di informazioni al fine di acquisizione di una licenza o di un certificato, di uso di certificati o licenze falsi o alterati (art. 3 bis L. 7 febbraio 1992, n. 150);
  • cessazione e riduzione dell'impiego delle sostanze lesive (art. 3, comma 6, L. 28 dicembre 1993, n. 549);
  • inquinamento doloso di nave (art. 8 d.lgs. 6 novembre 2007, n. 202);
  • inquinamento colposo di nave (art. 9 d.lgs. 6 novembre 2007, n. 202).

Introdotti dalla l. 68/2015 del 22 maggio 2015; in particolare:

  • inquinamento ambientale (art. 452 bis c.p.);
  • disastro ambientale (art. 452 quater c.p.);
  • delitti colposi contro l'ambiente (art. 452 quinquies c.p.);
  • traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452 sexies c.p.), con le aggravanti di cui all'art. 452 octies c.p.;
  • uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (art. 727 bis c.p.);
  • distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto (art. 733 bis c.p.).
  • Reati di procurato ingresso illecito di stranieri, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e favoreggiamento della permanenza illecita di stranieri nel territorio dello Stato, di impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (art. 25 duodecies del Decreto, come modificato dalla L. 17 ottobre 2017, n. 161).
    • Si tratta dell'art. 12, commi 3, 3 bis e 3-ter (come introdotti dalla legge 17 ottobre 2017, n. 161, recante "Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate") e dell'art. 22, comma 12 bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 che disciplina il "lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato" dei cittadini extracomunitari.
  • Reato di istigazione al razzismo e alla xenofobia (art. 25 terdecies del Decreto, come modificato dal d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21).
    • Si tratta dell'art. 5, comma 2, della legge europea 20 novembre 2017, n. 167 (in relazione alla commissione dei delitti di cui all'articolo 3, comma 3 bis, della legge 13 ottobre 1975, n. 654) che disciplina l'"adempimento degli obblighi

derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea"; l'art. 3 comma 3 bis della L. 13 ottobre 1975, n. 654 è stato abrogato dal d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21 e sostituito dall'art. 604 bis c.p. (propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa).

  • Reato di Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d'azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati (Art. 25 quaterdecies del Decreto così come modificato dal dall'articolo 5, comma 1, della Legge 3 maggio 2019, n. 39).
    • Si tratta dell'art. 5 della legge 20 novembre 2017 n. 167 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2017) in realazione alla commissione dei reati di cui agli articoli 1 (Frode in competizioni sportive) e 4 ( Esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa) della legge 13 dicembre 1989, n. 401.
  • Reati tributari (Art. 25 quinquiesdecies del Decreto così come modificato dall'articolo 39, comma 2, del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni dalla Legge 19 dicembre 2019, n. 157).
    • Si tratta dell'art. 39 del Decreto Legge del 26/10/2019 n. 124(Decreto convertito, con modificazioni dalla Legge 19 dicembre 2019, n. 157. - Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili - decreto fiscale) in relazione alla commissione dei reati di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74:
    • delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall'articolo 2, comma 1;
    • delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 2, comma 2-bis;
    • delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, previsto dall'articolo 3;
    • delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 8, comma 1;
    • delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 8, comma 2-bis;
    • delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall'articolo 10;
    • delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall'articolo 11.

19) Responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato (art. 12 L. 14 gennaio 2013, n. 9):

  • adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari (art. 440 c.p.);
  • commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate (art. 442 c.p.);
  • commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444 c.p.);
  • contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali (art. 473 c.p.);
  • introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.).

Tali fattispecie costituiscono presupposto per gli enti che operano nell'ambito della filiera degli oli vergini di oliva.

20) Whistleblowing; atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione (art. 6, comma 2-bis, lett. c, del Decreto, aggiunto dalla L 30 novembre 2017, n. 179):

• ritorsione o discriminazione, diretta o indiretta, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione (art. 6, comma 2-bis, lett. c, del Decreto), con le sanzioni di cui all' art. 6, comma 2, lett. e, del Decreto.

1.2. Esenzione dalla responsabilità

Agli artt. 6 e 7 del Decreto, il legislatore prevede l'esenzione dalla responsabilità amministrativa qualora l'ente si sia dotato di effettivi ed efficaci modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

Da tali norme del decreto legislativo, emerge una differenza di disciplina - e di regime probatorio - in relazione ai reati commessi dai soggetti in posizione apicale rispetto ai reati commessi dai sottoposti.

Introducendo un'inversione dell'onere della prova, l'art. 6 prevede infatti che l'ente non risponda dei reati commessi dai soggetti in posizione apicale qualora sia possibile dimostrare che:

• l'organo dirigente abbia adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

• il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli, nonché di curare il loro aggiornamento, sia stato affidato ad un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

• le persone fisiche abbiano commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;

• non vi sia stata un'omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).

Secondo l'art. 7, per i reati commessi da soggetti sottoposti all'altrui direzione, l'ente risponde solo se la commissione del reato è stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza (in questo caso l'onere della prova è a carico dell'accusa). In ogni caso, si presuppongono osservati tali obblighi se l'ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

L'adozione di un modello non costituisce un obbligo per l'Ente, bensì una mera facoltà, che permette però di beneficiare dell'esenzione da responsabilità e di altri benefici in termini di riduzione delle sanzioni.

La mera adozione del modello da parte dell'organo dirigente – che è da individuarsi nell'organo titolare del potere gestorio, vale a dire il Consiglio di Amministrazione di TitanMet – non pare tuttavia misura sufficiente a determinare l'esonero da responsabilità dell'ente, essendo in realtà necessario che il modello sia efficace ed effettivo.

Quanto all'efficacia del modello, il legislatore, all'art. 6 comma 2 d.lgs. 231/2001, statuisce che il modello deve soddisfare le seguenti esigenze:

• individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati (cosiddetta mappatura delle attività a rischio);

• prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire;

• individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;

• prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli;

• introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

A seguito dell'entrata in vigore della legge europea 30 novembre 2017, n. 179 che disciplina la "tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato" e ha introdotto i commi 2 bis, 2 ter e 2 quater dell'art. 6 del Decreto, i modelli di cui all'art. 6, comma 1, lettera a) prevedono (art. 6, comma 2 bis del Decreto):

  • uno o più canali che consentano ai soggetti indicati nell'articolo 5, comma 1, lettere a) e b), di presentare, a tutela dell'integrità dell'ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono la riservatezza dell'identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione;
  • almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell'identità del segnalante;
  • il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione;
  • nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.

L'adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuano le segnalazioni di cui al comma 2-bis può essere denunciata all'Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dall'organizzazione sindacale indicata dal medesimo (art. 6, comma 2 ter del Decreto).

Il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto segnalante è nullo. Sono altresì nulli il mutamento di mansioni ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile, nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. È onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate all'irrogazione di sanzioni disciplinari, o a demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, successivi alla presentazione della segnalazione, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa (art. 6, comma 2 quater del Decreto).

La caratteristica dell'effettività del modello è invece legata alla sua efficace attuazione che, a norma dell'art. 7 comma 4 d.lgs. 231/2001, richiede:

• una verifica periodica e l'eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività (aggiornamento del modello);

• un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

I modelli organizzativi, secondo quanto previsto dall'art. 6, comma 3, del decreto "possono essere adottati (…) sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della Giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati". Occorre, tuttavia, sottolineare che le indicazioni contenute nelle linee guida predisposte dalle Associazioni di categoria rappresentano solo un quadro di riferimento e non esauriscono le cautele che possono essere adottate dai singoli enti nell'ambito dell'autonomia di scelta dei modelli organizzativi ritenuti più idonei.

Il modello di organizzazione e gestione deve, quindi, rispondere alle esigenze riassunte nella seguente Tabella.

In caso di reato commesso da soggetti in posizione apicale

In caso di reato commesso da soggetti subordinati

Prima della commissione del fatto l'organo dirigente deve aver adottato ed efficacemente attuato "modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi" (art. 6, comma 1, lett. a) del D. Lgs. 231/2001).

In ogni caso la responsabilità è esclusa se la società prima della commissione del fatto ha adottato ed efficacemente attuato "modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi" (art. 7, comma 2, del D. Lgs. 231/2001).

Alla commissione del reato non ha contribuito ("non è stata resa possibile") l'inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza.

Il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza del modello di organizzazione e gestione viene affidato, ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. d), del D. Lgs. 231/2001 ad un organismo dell'Ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo (c.d.: Organismo di Vigilanza).

Il modello prevede, in relazione alla natura e alla dimensione dell'organizzazione nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell'attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio (art. 7, comma 3).

L'efficace attuazione del modello richiede:

In caso di reato commesso da soggetti in posizione apicale

In caso di reato commesso da soggetti subordinati

• una verifica periodica e l'eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività;

• un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello (art. 7, comma 4).

L'Ente non risponde se prova che (…) le persone hanno commesso i reati eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e gestione (art. 6, comma 1, lett. c), del Decreto.

L'Ente non risponde se prova (…) che non vi è stata omessa od insufficiente vigilanza da parte dell'Organismo di Vigilanza (art. 6, comma 1, lett. d), del Decreto.

L'adozione di un "modello di organizzazione, gestione e controllo" specificamente calibrato sui rischi-reato cui è esposta concretamente la società, volto ad impedire, attraverso la fissazione di regole di condotta, la commissione di determinati illeciti, adempie, pertanto, ad una funzione preventiva e costituisce il primo presidio del sistema volto al controllo dei rischi.

L'Ente non sarà, dunque, assoggettato alla sanzione tutte le volte in cui dimostri di aver adottato misure organizzative dirette ad evitare la realizzazione del reato e, tali comunque, da risultare:

  • idonee, vale a dire atte a garantire lo svolgimento delle attività nel rispetto della legge, nonché ad individuare ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio;
  • efficaci, cioè proporzionate rispetto all'esigenza di assicurare il rispetto della legge e quindi oggetto di revisione periodica allo scopo di operare le eventuali modifiche che si rendano necessarie nel caso di significative violazioni delle prescrizioni, ovvero in caso di mutamenti nell'organizzazione o nell'attività. Deve pertanto essere previsto un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure organizzative.

1.3. Sanzioni applicabili

Le sanzioni per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato sono:

  • sanzioni pecuniarie;
  • sanzioni interdittive;
  • confisca;
  • pubblicazione della sentenza.

In particolare le principali sanzioni interdittive, peraltro applicabili ai soli reati di cui agli artt. 24, 24 bis, 24 ter 25, 25 bis, 25 bis comma 1, 25 quater, 25 quater comma 1, 25 quinquies, 25 septies, 25 octies, 25 novies, 25 undecies del Decreto, concernono:

  • l'interdizione dall'esercizio delle attività;
  • la sospensione o la revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;
  • il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere prestazioni di un pubblico servizio;
  • l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi e sussidi, nonché la revoca di quelli eventualmente già concessi;
  • il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Recente giurisprudenza ha avuto occasione di precisare che le indicate sanzioni pecuniarie ed interdittive possono essere applicate anche quando il reato sia stato commesso nella semplice forma del tentativo.

Da ultimo, si rileva che non insorge alcuna responsabilità in capo agli Enti qualora gli stessi abbiano volontariamente impedito il compimento dell'azione ovvero la realizzazione dell'evento.

2. PARTE GENERALE

Adozione del Modello da parte di TitanMet Società di Investimenti e Partecipazioni S.p.A.

TitanMet Società di Investimenti e Partecipazioni S.p.A. (di seguito, "TitanMet" o la "Società") è una società quotata alla Borsa di Milano, sul Mercato Telematico Azionario (MTA), con sede legale a Milano e aderisce al Codice di autodisciplina approvato dal comitato Corporate Governance promosso da Borsa Italiana S.p.A.

Lo statuto della Società prevede il sistema tradizionale di amministrazione e controllo. TitanMet è soggetta all'attività di direzione e coordinamento del socio di riferimento Kyklos S.p.A. (di seguito, "Kyklos").

La struttura degli organi societari e/o di controllo è di seguito riportata:

  • Consiglio di Amministrazione (di seguito, il "CDA");
  • Amministratore Delegato;
  • Amministratori Indipendenti;
  • Comitato Controllo e Rischi;
  • Comitato per la Remunerazione;
  • Collegio Sindacale;
  • Assemblea;
  • Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili.

a) Consiglio di Amministrazione

Il CDA è composto da 5 membri; la determinazione del numero dei membri e della durata della carica è rimessa all'Assemblea. I membri del Consiglio di Amministrazione durano in carica per il periodo stabilito all'atto della nomina non superiore a tre esercizi, scadono alla data dell'Assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica e sono rieleggibili.

Il CDA elegge, fra i suoi componenti, il Presidente ed eventualmente uno o due Vice Presidenti, può inoltre nominare uno o più Amministratori delegati e designare in via permanente un segretario, anche al di fuori dei suoi componenti.

Il Consiglio di Amministrazione ha le più ampie facoltà per la gestione ordinaria e straordinaria della Società, salvo quanto riservato per legge e statuto alla competenza dell'Assemblea dei soci.

Il Consiglio di Amministrazione è investito dei più ampi poteri per la gestione della Società e può, determinandone le facoltà:

• istituire tra i suoi membri un Comitato Esecutivo al quale delegare proprie attribuzioni, escluse quelle riservate espressamente dalla legge alla propria competenza, determinandone la composizione, i poteri e le norme di funzionamento;

  • delegare proprie attribuzioni, stabilendo i limiti della delega, ad uno o più dei suoi membri ed affidare ad essi incarichi speciali;
  • istituire comitati, determinandone la composizione ed i compiti.

Sono altresì di competenza esclusiva dell'organo amministrativo, fatti salvi i limiti di legge, le deliberazioni relative all'istituzione o soppressione di sedi secondarie, l'indicazione di quali tra gli Amministratori hanno la rappresentanza della Società, l'eventuale riduzione del capitale in caso di recesso, gli adeguamenti dello statuto a disposizioni normative, il trasferimento della sede nel territorio nazionale, le delibere di fusione nei casi in cui agli artt. 2505 e 2505 bis anche quale richiamato per la scissione dell'art. 2506 ter. Il Consiglio di Amministrazione si organizza ed opera in modo da garantire un efficace svolgimento delle proprie funzioni.

Ai sensi dell'art. 13 dello statuto, il CDA si riunisce con cadenza almeno trimestrale, su convocazione del Presidente o su richiesta di almeno due Amministratori. Il Consiglio può essere altresì convocato da due membri del Collegio Sindacale, previa comunicazione al Presidente del Consiglio di Amministrazione.

La frequenza delle riunioni del Consiglio e dei Comitati da questo nominati è fissata in generale all'inizio dell'esercizio, salvo che particolari esigenze richiedano cadenze diverse per le riunioni stesse.

L'informazione per la partecipazione alle riunioni viene predisposta tempestivamente. Qualora debbano essere trattati argomenti di particolare importanza, possono essere invitati alle riunioni del Consiglio di Amministrazione, a titolo consultivo, sia gli Amministratori delle società controllate sia consulenti e collaboratori della Società.

b) Amministratore Delegato

All'Amministratore Delegato della Società sono stati attribuiti ampi poteri operativi dal Consiglio di Amministrazione del 6 giugno 2018.

c) Amministratori Indipendenti

Il CDA, in base ai criteri di best practice internazionali, e ai sensi dell'art. 3 del Codice di autodisciplina, include tre Amministratori non esecutivi e indipendenti. Il profilo di amministratore non esecutivo e indipendente è rilevato con riferimento ai parametri indicati all'art. 3, comma 1 del Codice di Autodisciplina.

L'indipendenza degli Amministratori è periodicamente valutata dal CDA e verificata con il Collegio Sindacale. In particolare, il Collegio Sindacale, nei compiti ad esso attribuiti dalla legge, verifica la corretta applicazione dei criteri e delle procedure di accertamento adottati dal Consiglio per valutare l'indipendenza dei propri membri. L'esito delle valutazioni del Consiglio di Amministrazione è comunicato al mercato.

Gli Amministratori non esecutivi e indipendenti apportano le loro specifiche competenze alle discussioni consiliari, contribuendo all'assunzione di decisioni equilibrate e prestando particolare cura alle aree in cui possono manifestarsi conflitti di interesse. Il numero, la competenza, l'autorevolezza e la disponibilità di tempo degli Amministratori non esecutivi e indipendenti sono tali da garantire che il loro giudizio possa avere un peso significativo nell'assunzione delle decisioni consiliari.

Il Comitato Amministratori Indipendenti è composto da Amministratori senza incarichi esecutivi dotati dei requisiti previsti per i sindaci dall'art. 148, comma 3 del TUF e/o dal Codice di Autodisciplina.

Tutti gli Amministratori indipendenti della Società sono di diritto membri del Comitato sino a revoca, dimissioni, termine del mandato ovvero perdita dei requisiti di indipendenza.

La durata in carica del Comitato coincide con quella del CDA.

Il Comitato ha facoltà di accesso alle informazioni ed alle funzioni aziendali necessarie per lo svolgimento dei propri compiti e può farsi assistere da esperti indipendenti direttamente nominati dal Comitato.

Per la validità delle riunioni del Comitato è necessaria la presenza della maggioranza dei componenti in carica. Le determinazioni del Comitato sono prese a maggioranza dei presenti.

d) Comitato Controllo e Rischi

Il CDA ha istituito un Comitato per il Controllo Interno, successivamente denominato Comitato "Controllo e Rischi", le cui funzioni, composizione e funzionamento sono regolate, in ossequio alle raccomandazioni del Codice, in base all'apposito regolamento approvato dal CDA.

Il Comitato Controllo e Rischi è composto da almeno 3 Amministratori non esecutivi, di cui uno con funzioni di Presidente. La maggioranza dei componenti del Comitato è dotata dei requisiti di indipendenza indicati dal Codice di Autodisciplina. Il Presidente, inoltre, è munito di un'adeguata esperienza in materia contabile e finanziaria.

Il Presidente del Comitato ha il compito di:

  • fissare l'agenda delle riunioni del Comitato e determinarne numero e durata;
  • consultarsi con il Preposto al Controllo Interno e con l'Internal Audit;
  • informare il CDA sui fatti rilevati e sulle iniziative assunte in materia di controlli.

Al Comitato sono attribuiti, in particolare, i seguenti compiti:

  • assistere il CDA:
  • espletare i compiti relativi alla definizione delle linee di indirizzo del sistema di controllo interno;
  • esprimere il proprio parere in ordine alla nomina e revoca del preposto al controllo interno;
  • individuare un Amministratore esecutivo incaricato di sovraintendere alla funzionalità del sistema di controllo interno;
  • valutare, con cadenza almeno annuale, l'adeguatezza, l'efficacia e l'effettivo funzionamento del sistema di controllo interno;
  • esprimere un proprio parere nella predisposizione della relazione sul governo societario, in particolare in relazione alla descrizione degli elementi essenziali del sistema di controllo interno;
  • valutare, unitamente al dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari ed ai revisori, il corretto utilizzo dei principi contabili e la loro omogeneità ai fini della redazione del bilancio consolidato;
  • su richiesta dell'amministratore esecutivo all'uopo incaricato, esprimere pareri su specifici aspetti inerenti l'identificazione dei principali rischi aziendali, nonché la progettazione, realizzazione e gestione del sistema di controllo interno;
  • esaminare il piano di lavoro preparato dai preposti al controllo interno, nonché le relazioni periodiche da essi predisposte;
  • vigilare sull'efficacia del processo di revisione contabile;
  • svolgere gli ulteriori compiti che gli vengono attribuiti dal CDA;
  • riferire al CDA, almeno semestralmente, in occasione dell'approvazione del bilancio e della relazione semestrale, l'attività svolta nonché l'adeguatezza del sistema di controllo interno;
  • fornire il proprio parere circa le modalità di approvazione e di esecuzione delle procedure interne.

Il Comitato, nello svolgimento delle sue funzioni, ha inoltre la facoltà di accedere alle informazioni e alle funzioni aziendali necessarie per lo svolgimento dei suoi compiti.

Il Comitato si riunisce almeno due volte l'anno su convocazione del Presidente o di uno dei suoi componenti, del Presidente del Consiglio di Amministrazione o del Presidente del Collegio sindacale.

Le riunioni del Comitato sono presiedute dal Presidente o, in caso di sua assenza o impedimento, dal componente più anziano di età. Alle riunioni del Comitato partecipa il Presidente del Collegio Sindacale o un altro Sindaco da lui designato. Possono inoltre intervenire, su invito del Comitato stesso, in relazione a singoli punti dell'ordine del giorno, soggetti che non siano membri.

I verbali delle riunioni del Comitato vengono regolarmente trascritte su apposito libro vidimato e bollato.

Per la validità delle riunioni del Comitato è necessaria la presenza della maggioranza dei componenti in carica. Le determinazioni del Comitato sono prese a maggioranza assoluta dei presenti; in caso di parità dei voti prevale il voto del Presidente.

Per ciascuna riunione del comitato di controllo interno viene redatto specifico verbale riportante gli argomenti trattati e le decisioni prese.

Il CDA ha la responsabilità di nominare l'Amministratore esecutivo incaricato di sovraintendere alla funzionalità del sistema di controllo interno, conferendogli i poteri previsti per tale carica dal Codice di Autodisciplina, qui di seguito elencati:

  • curare l'identificazione dei principali rischi aziendali, tenendo conto delle caratteristiche delle attività svolte dalla Società e dalle società del Gruppo, sottoponendo periodicamente tali rischi aziendali all'esame del CDA;
  • dare esecuzione alle linee di indirizzo definite dal CDA, provvedendo alla progettazione, realizzazione e gestione del sistema di controllo interno, verificandone costantemente l'adeguatezza complessiva, l'efficacia e l'efficienza; occupandosi, inoltre, dell'adattamento di tale sistema alla dinamica delle condizioni operative e del panorama legislativo e regolamentare;
  • proporre al CDA la nomina, la revoca e la remunerazione di uno o più preposti al controllo interno.

Sempre al CDA, previo parere favorevole del Comitato Controllo e Rischi, spetta la nomina del Preposto al controllo interno.

Il Preposto al controllo interno:

  • non deve avere alcuna responsabilità in alcuna area operativa e nessun reporting gerarchico da alcun responsabile di aree operative, ivi inclusa l'area amministrativa e di controllo di gestione;
  • deve avere costante accesso diretto a tutte le informazioni utili per lo svolgimento del proprio incarico;
  • deve riferire del proprio operato al Comitato per il Controllo Interno, al Collegio Sindacale e al CDA.

e) Comitato per la Remunerazione

Il Consiglio di Amministrazione ha istituito al proprio interno il Comitato per la Remunerazione composto da tre membri eletti su proposta del Presidente, dei quali almeno due Amministratori non esecutivi e indipendenti.

Le principali funzioni del Comitato per la Remunerazione, in ossequio alle raccomandazioni del Codice di autodisciplina, sono le seguenti:

  • determinazione della remunerazione dei membri del CDA e del primo livello di direzione del Gruppo, sia nel suo ammontare sia nei suoi elementi costitutivi, monitorando l'applicazione delle decisioni adottate dal Consiglio stesso;
  • valutazione periodica dei criteri adottati per la remunerazione dei dirigenti con responsabilità strategiche, vigilanza sulla loro applicazione sulla base delle informazioni fornite dagli Amministratori delegati e formulazione al Consiglio di Amministrazione di raccomandazioni generali in materia.

Il Comitato, nello svolgimento delle sue funzioni, ha inoltre la facoltà di accedere alle informazioni e alle funzioni aziendali necessarie per lo svolgimento dei suoi compiti.

Il Comitato per la Remunerazione si riunisce almeno una volta l'anno per lo svolgimento dei propri compiti e ogniqualvolta lo richieda il Presidente del CDA, nonché su sollecitazione di due membri del Comitato stesso. Nessun amministratore prende parte alle riunioni del Comitato per la Remunerazione in cui vengono formulate le proposte al Consiglio di Amministrazione relative alla propria remunerazione.

I verbali delle riunioni del Comitato vengono regolarmente trascritti su apposito libro vidimato e bollato.

f) Collegio Sindacale

Il Collegio Sindacale è composto da tre Sindaci effettivi e due supplenti, rieleggibili, e sono ad esso affidati tutti i doveri e le attribuzioni stabiliti dalla legge. La nomina dei Sindaci è effettuata sulla base di liste e seguono le procedure previste dall'art. 18 dello Statuto, tali da garantire la nomina di un Sindaco effettivo e di un Sindaco supplente da parte della minoranza.

Il Presidente del Collegio Sindacale è nominato dall'Assemblea che decide tra i Sindaci effettivi eletti dalla minoranza.

I Sindaci sono tenuti a mantenere riservati le informazioni e i documenti acquisiti nello svolgimento dei loro compiti e a rispettare la procedura adottata per la comunicazione all'esterno della Società di tali documenti e informazioni.

Il Collegio Sindacale vigila (i) sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo, (ii) sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, (iii) sull'adeguatezza della struttura organizzativa della Società per gli aspetti di competenza, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo-contabile nonché sull'affidabilità di quest'ultimo nel rappresentare correttamente i fatti di gestione, (iv) sull'adeguatezza delle disposizioni impartite alle società controllate ai sensi dell'art. 114, comma 2, del TUF, nonché (v) sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste dal Codice Civile.

g) Assemblea

L'Assemblea è competente a deliberare, in sede ordinaria o straordinaria, sugli argomenti alla stessa riservati dalla legge.

L'Assemblea è convocata a scelta del Consiglio di amministrazione mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, oppure, in alternativa, su una o più delle seguenti testate giornalistiche: il Sole 24 Ore, il Giornale, Italia Oggi o MF.

L'Assemblea ordinaria deve essere convocata ai sensi di legge almeno una volta all'anno, entro 180 giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale. L'Assemblea è presieduta dal Presidente del CDA o, in sua assenza, dal Vice Presidente più anziano di nomina o di età, nel caso di parità, o ancora da persona designata dall'assemblea stessa.

Spetta al Presidente dell'Assemblea, il quale può avvalersi di appositi incaricati, di verificare la regolarità della costituzione, accertare l'identità e la legittimazione dei presenti, regolare lo svolgimento dei lavori, verificare i risultati delle votazioni.

Le Assemblee forniscono anche occasione per la comunicazione agli Azionisti di informazioni sulla Società, nel rispetto della disciplina sulle informazioni privilegiate.

Le deliberazioni sono constatate da verbale firmato dal Presidente e dal segretario ed eventualmente dagli scrutatori, scelti tra gli azionisti o i Sindaci.

h) Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili

Il Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari è nominato direttamente dal CDA, previo parere del Collegio Sindacale, tra coloro i quali godono dei requisiti di professionalità con specifica competenza in materia di amministrazione, finanza e controllo. Al Dirigente preposto sono state conferite specifiche deleghe operative.

i) Sistema dei Controlli Interni

La Società si è dotata di un sistema di controllo interno volto a presidiare i rischi tipici dell'attività sociale, composto da:

  • principi etici di comportamento negli affari, volti a prevenire o ridurre i rischi di commissione di reato previsti dal Decreto (Codice Etico);
  • poteri di firma e autorizzativi, deleghe e procure in linea con le responsabilità assegnate;
  • disposizioni volte a assicurare la separazione di compiti e funzioni, con particolare attenzione all'area della gestione amministrativa e finanziaria;

Il presidio dell'adeguatezza e dell'affidabilità del sistema dei controlli Interni dell'azienda è affidato al Comitato Controlli e Rischi, al Collegio sindacale, al Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili, alla funzione di Internal Audit e all'Organismo di Vigilanza, ciascuno per le verifiche di propria competenza legate all'adeguatezza del Modello 231.

2.2. Funzione e scopo del Modello 231

TitanMet è sensibile alle aspettative dei propri azionisti in quanto è consapevole del valore che agli stessi può derivare da un sistema di controllo interno idoneo a prevenire la commissione di reati da parte dei propri dipendenti, organi sociali, collaboratori, fornitori.

Il CDA di TitanMet in data 7 agosto 2018 ha adottato il presente "modello di organizzazione, gestione e controllo" ai sensi dell'art. 6 del D. Lgs. 231/2001 (di seguito, il "Modello") specificamente calibrato sui rischi-reato cui è esposta concretamente la Società, volto ad impedire la commissione di determinati illeciti. Nella medesima riunione il consiglio di amministrazione di TitanMet ha confermato l'istituzione dell'Organismo di Vigilanza di cui all'art. 6, co.1, lett. b) del D.Lgs. 231/2001 (cfr. successivo p.to 4.1.).

L'adozione e l'efficace attuazione del Modello non solo potrebbe consentire a TitanMet di beneficiare dell'esimente prevista dal Decreto medesimo, ma migliora il suo sistema di corporate governance, limitando il rischio di commissione dei reati.

I principi contenuti nel Modello sono volti, da un lato, a determinare una piena consapevolezza nel potenziale autore del reato di commettere un illecito (la cui commissione è fortemente condannata da TitanMet perché contraria alle norme deontologiche cui essa si ispira e ai suoi interessi, anche quando apparentemente la Società potrebbe trarne un vantaggio), dall'altro, grazie ad un monitoraggio costante dell'attività, a consentire a TitanMet di reagire tempestivamente nel prevenire od impedire la commissione del reato stesso.

Scopo del Modello è pertanto la predisposizione di un sistema strutturato ed organico di prevenzione, dissuasione e controllo, finalizzato anche a sviluppare nei dipendenti, nei membri degli organi sociali, nei collaboratori, nei fornitori che operano nell'ambito delle attività sensibili, la consapevolezza di poter determinare – in caso di comportamenti non conformi alle prescrizioni del Modello e alle altre norme e procedure aziendali (oltre che alla legge) – illeciti passibili di conseguenze penalmente rilevanti non solo per se stessi, ma anche per TitanMet.

Si intende, inoltre, censurare fattivamente ogni comportamento illecito attraverso la costante attività dell'Organismo di Vigilanza sull'operato delle persone rispetto alle attività sensibili e la comminazione di sanzioni disciplinari o contrattuali.

2.3. La costruzione del Modello e la sua struttura

TitanMet ha avviato, in adesione alle prescrizioni di cui al Decreto, un progetto interno finalizzato a garantire la predisposizione e l'efficace attuazione del Modello.

La predisposizione del Modello è stata preceduta da una serie di attività propedeutiche e preparatorie suddivise in differenti fasi e dirette tutte alla costruzione di un sistema di prevenzione e gestione dei rischi, in linea con le disposizioni del Decreto.

Si descrivono qui di seguito, brevemente, le linee guida fondamentali elaborate dal consiglio di amministrazione, sulle cui basi si è poi dato luogo alla predisposizione del Modello.

Mappatura delle attività sensibili

Alla mappatura delle attività sensibili si è pervenuti previo esame della documentazione aziendale (organigrammi, attività svolte, procedure aziendali approvate, prassi aziendali comprovate, etc.) ed effettuazione di una serie di interviste con i soggetti chiave nell'ambito della struttura aziendale, mirate all'approfondimento dei processi aziendali e del controllo sugli stessi.

Detta ricognizione ha permesso di individuare, all'interno della struttura aziendale, una serie di attività sensibili nel compimento delle quali si potrebbe ipotizzare – almeno in astratto – la eventuale commissione di reati.

Rilevazione delle criticità e analisi delle procedure esistenti

Una volta effettuata l'indagine e individuate le attività sensibili, l'Organismo di Vigilanza provvederà a verificare le modalità di gestione delle medesime.

L'esame dei protocolli in essere e la definizione di eventuali implementazioni permetterà all'Organismo di Vigilanza di verificare se nell'ambito delle attività sensibili individuate esiste:

  • separazione dei compiti attraverso una corretta distribuzione delle responsabilità e la previsione di adeguati livelli autorizzativi, allo scopo di evitare sovrapposizioni funzionali o allocazioni operative che concentrino le attività critiche su un unico soggetto;
  • chiara e formalizzata assegnazione di poteri e responsabilità con espressa indicazione dei limiti di esercizio e in coerenza con le mansioni attribuite e le posizioni ricoperte nell'ambito della struttura organizzativa;
  • presenza di regole etico comportamentali idonee a garantire l'esercizio delle attività aziendali nel rispetto delle leggi e dei regolamenti e l'integrità del patrimonio aziendale;
  • verifica dell'adeguata "proceduralizzazione" dei processi aziendali strumentali, in quanto interessati dallo svolgimento di attività sensibili, al fine di: i) definire e regolamentare le modalità e le tempistiche di svolgimento delle attività medesime; ii) garantire la tracciabilità degli atti, delle operazioni e delle transazioni attraverso adeguati supporti documentali che attestino le caratteristiche e le motivazioni delle operazioni ed individuino i soggetti a vario titolo coinvolti nelle stesse (autorizzazione, effettuazione, registrazione, verifica dell'operazione); iii) garantire, ove necessario "l'oggettivazione" dei processi decisionali, al fine di limitare decisioni aziendali basate su scelte soggettive non legate a predefiniti criteri oggettivi;
  • presenza e documentazione di attività di controllo e supervisione, compiute sulle transazioni aziendali;
  • presenza di meccanismi di sicurezza che garantiscano un'adeguata protezione degli accessi fisico – logici ai dati ed ai beni aziendali.

Implementazione del Modello

Sulla base della ricognizione effettuata e delle criticità rilevate, l'Organismo di Vigilanza provvederà alla definizione delle responsabilità nell'approvazione, nel recepimento, nell'integrazione e nell'implementazione del Modello. Saranno, inoltre, suggerite dall'Organismo di Vigilanza le azioni che TitanMet dovrà intraprendere per perfezionare l'attuale sistema di controllo interno (processi e procedure esistenti) al fine di mantenerlo adeguato ai canoni richiesti dal Decreto, nonché le verifiche che dovrà attuare (controllo ex post) al fine di accertare e constatare il funzionamento del Modello e dei comportamenti aziendali.

Ai fini dell'implementazione del Modello si è proceduto a:

  • identificare l'Organismo di Vigilanza, attribuendogli specifici compiti di vigilanza sull'efficace corretto funzionamento del Modello;
  • definire i flussi informativi nei confronti dell'Organismo di Vigilanza;
  • definire le attività di informazione, sensibilizzazione e diffusione a tutti i livelli aziendali delle regole comportamentali e delle procedure istituite;
  • definire ed applicare le disposizioni disciplinari idonee a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello.

Struttura del Modello di organizzazione e gestione

Il presente Modello è costituito da una "Parte Generale" e più "Parti Speciali" predisposte per le diverse categorie di reato contemplate nel Decreto.

Al riguardo si segnala che:

  • la Parte Generale contiene le regole ed i principi generali del Modello;
  • la Parte Speciale -1- denominata dei "Reati commessi nei rapporti con la Pubblica Amministrazione"
  • trova applicazione per le tipologie specifiche di reati di cui agli artt. 24 e 25 del Decreto;
  • la Parte Speciale -2- denominata dei "Reati societari" si applica per le tipologie specifiche di reati di cui all'art. 25 ter del Decreto;
  • la Parte Speciale -3- denominata "Reati ed illeciti amministrativi di abuso e di manipolazione di mercato" si applica per le tipologie specifiche di reati di cui all'art. 25 sexies del Decreto e agli illeciti amministrativi introdotti dalla menzionata legge Comunitaria 2004;
  • la Parte Speciale -4- denominata "Reati commessi con violazione delle norme antinfortunistiche sulla tutela della salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro" si applica per le tipologie specifiche di reati di cui all'art. 25 septies del D. Lgs. 231/2001;
  • la Parte Speciale -5- è denominata "Reati di riciclaggio, ricettazione e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita" (art. 25 octies del Decreto);
  • la Parte Speciale -6- è denominata "Reati informatici e trattamento illecito dei dati" (art. 24 bis del Decreto);
  • la Parte Speciale -7-, denominata dei "Delitti di criminalità organizzata", si applica per le tipologie specifiche di reati di cui all'art. 25 ter del Decreto;
  • la Parte Speciale -8-, denominata dei "Delitti contro l'industria e il commercio", si applica per le tipologie specifiche di reati di cui all'art. 25 bis comma 1 del Decreto;
  • la Parte Speciale -9- denominata dei "Delitti in materia di violazione del diritto di autore" si applica per le tipologie specifiche di reati di cui all'art. 25 novies del Decreto;
  • la Parte Speciale -10- denominata dei "Delitti di induzione a non rendere o a rendere dichiarazioni mendaci alla Autorità giudiziaria" si applica per le tipologie specifiche di reati di cui all'art. 25 decies del Decreto;
  • la Parte Speciale -11- denominata dei "Reati ambientali" si applica per le tipologie specifiche di reati di cui all'art. 25 undecies del Decreto;
  • la Parte Speciale -12- denominata del "Reato di impiego di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare" si applica per le tipologie specifiche di reati di cui all'art. 25 duodecies del Decreto;
  • la Parte Speciale -13- denominata del "Reato di istigazione al razzismo e alla xenofobia" si applica per le tipologie specifiche di reati di cui all'art. 25 terdecies del Decreto;
  • la Parte Speciale -14- denominata degli "atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione" si applica per letipologie specifiche di reati di cui all'art. art. 6, comma 2-bis, lett. c, del Decreto.

Il Modello è così articolato al fine di garantire una più efficace e snella attività di aggiornamento dello stesso. Infatti, se la "Parte Generale" contiene la formulazione di principi di diritto da ritenersi sostanzialmente invariabili, le diverse "Parti Speciali", in considerazione del loro particolare contenuto, sono suscettibili invece di costanti aggiornamenti. Inoltre, l'evoluzione legislativa, quale ad esempio una possibile estensione delle tipologie di reati che, per effetto di altre normative, risultino inserite o comunque collegate all'ambito di applicazione del Decreto, potrà rendere necessaria l'integrazione del Modello con ulteriori "Parti Speciali".

In considerazione di quanto sopra, l'Organismo di Vigilanza ha il compito di proporre ogni tipo di provvedimento affinché il CDA di TitanMet operi gli opportuni aggiornamenti delle singole "Parti Speciali" e le integrazioni del Modello con ulteriori "Parti Speciali" ogni qualvolta ciò si renda necessario.

2.4. Definizione dei Protocolli: individuazione ed analisi dei processi strumentali

Nell'ambito dello sviluppo delle attività di definizione dei protocolli necessari a prevenire le fattispecie di rischio - reato rilevate nell'attività di mappatura, TitanMet ha individuato alcuni processi strumentali nel cui ambito, in linea di principio, potrebbero configurarsi le condizioni, le occasioni o i mezzi per la commissione dei reati richiamati dal Decreto.

Con riferimento a tali processi, sono state pertanto rilevate le procedure di gestione e di controllo in essere e sono state definite, ove ritenuto opportuno, le eventuali implementazioni necessarie, con riferimento al rispetto dei seguenti principi:

  • segregazione funzionale delle attività operative e di controllo;
  • documentabilità delle operazioni a rischio e dei controlli posti in essere per impedire la commissione di reati;
  • ripartizione ed attribuzione dei poteri autorizzativi e decisionali, delle competenze e responsabilità, basate su principi di trasparenza, chiarezza e verificabilità e coerenti con l'attività in concretosvolta;
  • sicurezza degli accessi e dei flussi finanziari.

2.5. I principi ispiratori del Modello

Nella predisposizione del Modello si è tenuto conto delle procedure e dei sistemi di controllo esistenti e già ampiamente operanti in azienda (rilevati nel corso dell'analisi) in quanto idonei a valere anche come misure di prevenzione dei reati e controllo sulle attività sensibili.

Il Modello, ferma restando la sua finalità peculiare descritta al precedente paragrafo 2.2), si inserisce nel più ampio sistema di controllo costituito principalmente dalle regole di corporate governance e dal Sistema di Controllo Interno in essere in TitanMet.

In particolare, il Modello predisposto da TitanMet:

• individua le aree e i processi aziendali oggetto di possibili rischi, con particolare riguardo a quelli che integrano reato ai sensi del Decreto (cfr. successivo p.to 3.1);

• definisce un sistema normativo interno diretto a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni della Società in relazione ai rischi/reati da prevenire tramite:

  • un sistema di principi etici, che fissa le linee di orientamento generali mediante i principi di cui allo Statuto sociale e al Codice Etico (cfr. successivo p.to 2.6);
  • l'adesione su base volontaria alle best practices di cui al "Codice di Autodisciplina delle società quotate" emanato sotto l'egida di Borsa Italiana S.p.A. dal Comitato per la corporate governance delle società quotate;
  • un complesso di procedure, a presidio tra l'altro dei principi accolti nel Modello e che ne costituiscono parte integrante, così articolato:
    • la Procedura di chiusura e formazione del bilancio consolidato;
  • la Procedura di chiusura e formazione del bilancio di esercizio;
  • la Procedura di comunicazione al mercato delle informazioni privilegiate e dei documenti riguardanti la Società e gli strumenti finanziari da essa emessi;
  • la Procedura di gestione del registro delle persone che hanno accesso ad informazioni privilegiate;
  • la Procedura di acquisizione, gestione e dismissione delle partecipazioni;
  • la Procedura operazioni con parti correlate;
  • il Regolamento del Dirigente preposto ex art. 154 ter del D.lgs. 58/1998;
  • il Regolamento di internal dealing;
  • la Procedura di gestione della tesoreria;
  • la Procedura di gestione dei sistemi informativi;
  • la Procedura di gestione del personale;
  • la Procedura acquisti;
  • il Regolamento delle assemblee.

• consente di individuare i processi di gestione e di controllo delle risorse finanziarie nelle attività potenzialmente a rischio di reato;

• attribuisce all'Organismo di Vigilanza specifici compiti di controllo sull'efficacia e sul corretto funzionamento del Modello, sulla coerenza dello stesso con gli obiettivi fissati e sul suo aggiornamento periodico, nonché di diffusione dello stesso presso Amministratori, Sindaci, dipendenti, collaboratori e terzi (cfr. successivo p.to 4.1);

• mira a prevenire e ragionevolmente limitare i possibili rischi connessi all'attività aziendale con particolare riguardo all'eliminazione o riduzione di eventuali condotte illegali;

• mira a determinare, in tutti coloro che operano in nome e per conto di TitanMet, nelle aree di attività a rischio, la consapevolezza di poter incorrere, nel caso di violazioni delle disposizioni riportate nel Modello, in un reato passibile di sanzioni penali e amministrative, non solo nei loro confronti ma anche nei confronti di TitanMet;

• mira a ribadire che TitanMet non tollera comportamenti illeciti, di ogni tipo e indipendentemente da qualsiasi finalità, in quanto gli stessi, oltre a trasgredire le leggi vigenti, sono comunque contrari ai principi etico - sociali a cui TitanMet intende attenersi.

2.6. Definizione dei principi etici

TitanMet ha definito i principi etici a cui intende uniformare la propria attività anche in relazione ai comportamenti che possono integrare le fattispecie di reato previste dal Decreto e ha adottato un codice etico che viene allegato al Modello (il "Codice Etico") e che ne costituisce parte integrante.

Tali principi evidenziano e sottolineano la necessità di:

  • rispettare le leggi e le normative vigenti;
  • improntare su principi di correttezza e di trasparenza i rapporti con la Pubblica Amministrazione e, in generale, con i terzi;
  • mantenere, nei rapporti con i clienti e le controparti, un comportamento caratterizzato da correttezza, lealtà e volto ad evitare conflitti di interesse.

I principi di riferimento del Modello si integrano, quindi, con quelli del Codice Etico anche se il Modello, dando attuazione alle disposizioni di cui al Decreto, ha portata e finalità diverse rispetto al Codice Etico. In particolare, quanto ai rapporti tra i due documenti, si segnala che il Codice Etico è un documento distinto dal Modello anche se a esso correlato in quanto parte integrante del sistema di prevenzione di cui TitanMet si è dotata; esso mira a raccomandare, promuovere o vietare determinati comportamenti promuovendo una deontologia aziendale indipendentemente dalle prescrizioni di cui alla normativa in argomento.

Sotto tale profilo, infatti, si rende opportuno precisare che:

  • il Codice Etico ha una portata generale, in quanto contiene una serie di principi di "deontologia aziendale" che TitanMet riconosce come propri e sui quali intende richiamare l'osservanza di tutti coloro (dipendenti, organi aziendali e collaboratori) che cooperano al perseguimento dei fini aziendali;
  • il Modello risponde e soddisfa, invece, conformemente a quanto previsto nel Decreto, l'esigenza di predisporre un sistema di regole interne dirette a prevenire la commissione di particolari tipologie di reati (per fatti che, commessi nell'interesse o a vantaggio di TitanMet, possano comportare una responsabilità amministrativa in base alle disposizioni del Decreto).

2.7. La procedura di adozione e revisione del Modello

Sebbene l'adozione del Modello sia prevista dalla legge come facoltativa e non obbligatoria, il CDA di TitanMet, in conformità alle politiche aziendali, ha ritenuto di procedere alla sua adozione.

Parallelamente, il CDA ha deliberato in merito all'approvazione del Codice Etico della Società e all'istituzione dell'Organismo di Vigilanza, ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. b) del Decreto.

Essendo il Modello un "atto di emanazione dell'organo dirigente" (in conformità alle prescrizioni dell'art. 6, comma 1, lett. a) del Decreto) le successive modifiche e integrazioni sostanziali del Modello sono rimesse alla competenza del CDA di TitanMet che si avvarrà dell'operato dell'Organismo di Vigilanza, che opererà con cadenza quantomeno annuale una verifica dell'effettività ed efficacia del Modello anche in considerazione delle eventuali variazioni intervenute sull'assetto e sugli ambiti di attività della Società, nonché tenuto conto delle eventuali innovazioni legislative.

2.8. Destinatari

Il Modello è indirizzato a tutto il personale di TitanMet che si trovi a svolgere le attività identificate a rischio. Le disposizioni contenute nel Modello devono, dunque, essere rispettate dall'Amministratore, che opera in nome e per conto della società, e dai lavoratori subordinati, opportunamente formati e informati circa i contenuti del Modello medesimo, secondo le modalità pure indicate dal presente documento.

Inoltre, il presente Modello dispone regole applicabili al personale che agisce per la Società anche se riconducibile a società correlate o affini, ossia facenti capo ai medesimi beneficiari economici.

Al fine di garantire una efficace ed effettiva prevenzione dei reati, il presente Modello è destinato anche ai collaboratori esterni, intesi sia come persone fisiche (consulenti, professionisti etc.) sia come società che, mediante contratto, prestino la propria collaborazione a TitanMet per la realizzazione delle proprie attività. Il rispetto del Modello è garantito anche mediante l'apposizione di una clausola contrattuale che obblighi il contraente diverso dalla società ad attenersi ai principi del Modello nell'attività che riguarda l'impresa.

Rispetto ai partners, agli enti correlati, oltre che nei raggruppamenti d'imprese cui partecipi, anche se legati in joint venture – o in altri rapporti contrattuali – con TitanMet, si prevede che la società – prima di vincolarsi contrattualmente ai terzi con stabili vincoli contrattuali – svolga un'adeguata procedura di due diligence. Segnatamente, tale attività di controllo dovrà essere volta a verificare la reputazione del soggetto con cui si intende contrattare e dei suoi principali esponenti, soci ed amministratori; la situazione finanziaria del futuro partner, la competenza tecnica per rendere il servizio oggetto del contratto, i maggiori clienti con cui opera ed i rapporti con le autorità pubbliche.

Prima di vincolarsi contrattualmente ai terzi con stabili vincoli contrattuali, la Società verifica che il partner sia dotato di proprio modello organizzativo (efficacemente attuato) e si impegni a rispettare i principi del Modello di TitanMet.

2.9. Estensione e applicazione del Modello alle Società controllate soggette a direzione e coordinamento

Il Modello rappresenta una raccolta di principi e costituisce, sotto questo profilo, il punto di riferimento delle società controllate soggette a direzione e coordinamento per la definizione dei rispettivi singoli modelli pur tenendo conto delle specificità insite nelle rispettive strutture organizzative e nelle proprie attività di business.

In particolare, l'Organismo di Vigilanza verifica almeno annualmente l'efficacia e la coerenza dei modelli adottati dalle società controllate in relazione a quello di TitanMet, rendendo conto delle evidenze emerse nel report periodico dell'Organismo di Vigilanza destinato al CDA.

2.10. Le attività maggiormente esposte alla commissione dei reati indicati nel D. Lgs. 231/2001

2.10.1. Le attività sensibili di TitanMet

A seguito di una dettagliata analisi dei processi e delle operatività aziendali, TitanMet è giunta all'individuazione delle aree a rischio (mappatura dei rischi) rilevanti ai fini del D. Lgs. 231/2001.

In tal senso si è proceduto ad una rilevazione e mappatura dei rischi riscontrati con specifico riferimento alle attività effettivamente svolte ed alle funzioni di fatto esercitate dagli operatori.

Dall'analisi svolta i reati nei quali potrebbero ricadere le attività sensibili individuate sono i seguenti:

  • reati commessi nei rapporti con la Pubblica Amministrazione;
  • reati societari;
  • reati ed illeciti amministrativi di "abuso di mercato" (abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato);
  • reati di omicidio e lesioni colpose commesse con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell'igiene, della salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro;
  • reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita;
  • reati informatici e trattamento illecito dei dati;
  • delitti di criminalità organizzata;
  • delitti contro l'industria e il commercio;
  • delitti in materia di violazione del diritto di autore;
  • induzione a non rendere o a rendere dichiarazioni mendaci all'Autorità giudiziaria;
  • reati ambientali;
  • reato di impiego di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

Si riportano le principali attività sensibili individuate. Le ulteriori attività riscontrabili in società per azioni di diritto italiano, sono oggetto di dettagliata analisi nelle relative Parti Speciali.

a) Reati commessi nei rapporti con la Pubblica Amministrazione (Parte Speciale -1-)

  • gestione dei rapporti con le Autorità pubbliche di Vigilanza (in particolare Borsa Italiana S.p.A., Consob, Banca d'Italia S.p.A.);
  • gestione del contenzioso stragiudiziale e/o giudiziale;
  • gestione degli adempimenti in materia di ispezioni da parte di soggetti pubblici;
  • gestione del personale;
  • gestione degli acquisti di beni e servizi;
  • gestione della consulenza professionale.

In via cautelativa, si ritiene utile che il Modello presidi anche attività che potrebbero essere compiute attraverso società controllate, i cui effetti giuridici potrebbero prodursi direttamente in capo alla Società, in qualità di holding. Al momento, in sede di riorganizzazione del business della Società, si ritiene di poter indicare, per finalità di prevenzione e sulla base della best practice in materia, le seguenti ulteriori attività sulle quali ipotizzare sin d'ora presidi di controllo da proiettare, ove necessario, sulle controllate (i presidi, già definiti dalla parte speciale, andranno attuati solo allorquando la mission della controllata imponga l'attenzione della controllante sulla attività specifica).

Le attività sensibili meramente "ipotetiche" che è possibile prevedere sono le seguenti:

  • gestione delle autorizzazioni e dei provvedimenti abilitativi richiesti ad Enti Pubblici;
  • gestione dei rapporti contrattuali con la Pubblica Amministrazione o con altro Ente pubblico;
  • gestione della partecipazione a procedure ad evidenza pubblica, anche in ATI;
  • gestione dei finanziamenti richiesti a Enti Pubblici territoriali ed UE.

La previsione di presidi su ipotetiche attività delle controllate e ferma restando la necessità anche per tali società di dotarsi di un idoneo modello organizzativo, è certamente una soluzione sui generis, ma tiene conto della peculiarità dell'oggetto sociale di TitanMet. La Società, invero, in caso di nuove acquisizioni in nuovi settori merceologici che prevedono scenari di business al momento sconosciuti, non dovrà essere costretta a continui aggiornamenti/revisioni del proprio Modello, ma potrà attingere a quanto già contemplato nel Modello medesimo.

Ciò posto, non può escludersi la necessità di dover comunque implementare il Modello in caso di attività che impongano l'adozione di presidi non contemplati e, ad oggi, non ipotizzabili.

  • b) Reati societari (Parte Speciale -2-)
  • attività di formazione del bilancio;
  • attività di formazione del bilancio consolidato;
  • adempimenti fiscali e tenuta della contabilità generale;
  • rapporti con la società di revisione e con il collegio sindacale;
  • operazioni sul capitale;
  • rapporti con gli azionisti;
  • gestione liquidità ed attività finanziarie;
  • ciclo passivo delle consulenze professionali;
  • rapporti con le Autorità di vigilanza;
  • corruzione tra privati.

c) Reati ed illeciti amministrativi di abuso e di manipolazione di mercato (Parte Speciale -3-)

  • gestione delle informazioni societarie e delle informazioni privilegiate e tenuta del registro delle persone che hanno accesso ad informazioni privilegiate;
  • gestione delle comunicazioni su operazioni finanziarie rilevanti anche infragruppo (fusione, scissione, acquisizioni di partecipazioni rilevanti, etc.).

d) Reati di omicidio e lesioni colpose commesse con violazione delle norme antinfortunistiche sulla tutela dell'igiene, della salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (Parte Speciale -4-)

• gestione degli adempimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro ex D. Lgs. n. 9 a p r i l e 2008, n. 81, come da ultimo modificato con il D.lgs. 15 febbraio 2016, n. 39.

e) Reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (Parte Speciale -5-)

  • contratti di acquisto e vendita di prodotti con controparti e infragruppo;
  • transazioni finanziarie con controparti e infragruppo;
  • investimenti con controparti ed investimenti infragruppo.

f) Reati informatici e trattamento illecito dei dati (Parte Speciale -6-)

  • gestione degli adempimenti necessari per prevenire l'accesso abusivo ad una rete informatica ed in linea generale il c.d. danneggiamento informatico.
  • g) Delitti di criminalità organizzata (Parte Speciale -7-)
  • associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione dei delitti individuati nella presente.
  • h) Delitti contro l'industria e il commercio (Parte Speciale -8-)
  • turbata libertà dell'industria o del commercio;
  • illecita concorrenza con minaccia o violenza;
  • frode nell'esercizio del commercio;
  • vendita di prodotti industriali con segni mendaci;
  • fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale.

i) Delitti in materia di violazione del diritto di autore (Parte Speciale -9-);

• duplicazione, fabbricazione, vendita, noleggio, introduzione nel territorio dello Stato di programmi informatici, contenuti di banche dati, opere dell'ingegno (musicali, libri, pubblicazioni).

j) Induzione a non rendere o a rendere dichiarazioni mendaci alla Autorità giudiziaria (Parte Speciale -10-);

• induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci alla Autorità giudiziaria nel caso apicali o subordinati siano chiamati a rendere testimonianza in procedimenti in cui la Società (direttamente o indirettamente) ha un interesse;

k) Reati ambientali (Parte Speciale -11-).

  • gestione e smaltimento dei gas degli impianti di condizionamento dell'aria;
  • gestione e smaltimento dei gas contenuti negli impianti antincendio;
  • gestione rifiuti elettrici (come, per esempio, lampade di illuminazione) ed elettronici (per esempio, computer usati, e così via);
  • smaltimento delle cartucce di toner esausto delle stampanti;
  • ogni altra attività che comporta la gestione di rifiuti.

l) Reato di impiego di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (Parte Speciale -12-).

• Impiego di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

m) Whistleblowing: atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione (Parte Speciale -13-).

• ●ritorsione o discriminazione, diretta o indiretta, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla discriminazione.

2.11. L'Organismo di Vigilanza di TitanMet

a) Individuazione dell'Organismo di Vigilanza

L'Organismo di Vigilanza definisce e svolge le attività di competenza secondo la regola della collegialità ed è dotato, ai sensi dell'art. 6, co. 1, lett. b) del Decreto, di "autonomi poteri di iniziativa e di controllo".

Si tratta di un organismo "dell'Ente", caratterizzato da requisiti di autonomia, indipendenza, professionalità, efficienza operativa e continuità di azione.

Il requisito di autonomia e indipendenza presuppone che l'Organismo di Vigilanza riferisca della propria attività esclusivamente al Consiglio di Amministrazione, mantenendo contatti periodici con il Collegio Sindacale.

L'Organismo di Vigilanza inoltre è titolare di poteri specifici di iniziativa e di controllo, che può esercitare nei confronti di tutti i settori della Società, compreso l'organo decisionale e i suoi componenti, nonché nei confronti degli stessi collaboratori esterni e dei consulenti della stessa.

Si tratta del potere di effettuare verifiche, di richiedere informazioni, di svolgere indagini, di effettuare ispezioni, di accedere a locali, dati, archivi, documentazioni, coordinandosi con la struttura aziendale della cui collaborazione può, se del caso, avvalersi.

L'Organismo di Vigilanza, al fine di rafforzare la propria professionalità e competenza, autonomia e indipendenza e al fine di svolgere con obiettività la propria funzione, può avvalersi, previa comunicazione motivata al Presidente e/o all'amministratore delegato, di società e/o consulenti esterni con personale professionale specializzato nella materia di cui al Decreto, rimanendo, però, sempre direttamente responsabile dell'adempimento degli obblighi di vigilanza e controllo derivanti dallo stesso Decreto.

Per una piena aderenza ai dettami del Decreto, si considera rilevante l'istituzione di un canale di comunicazione fra l'Organismo di Vigilanza e i vertici aziendali di TitanMet; in definitiva tutti i rapporti, nei quali tale organismo è parte, non possono comportare influenza nei suoi confronti, ma solo disponibilità e collaborazione in favore dell'organismo stesso.

Applicando tutti i principi citati alla realtà aziendale di TitanMet ed in considerazione della specificità dei compiti che fanno capo all'Organismo di Vigilanza, il relativo incarico è stato affidato ad un organo collegiale a composizione mista composto da personale interno e da professionisti esterni.

b) Nomina

L'Organismo di Vigilanza è istituito e nominato con delibera del CDA, sentito il parere del Collegio Sindacale. Il CDA nomina l'Organismo di Vigilanza, con provvedimento motivato rispetto a ciascun componente, che viene scelto esclusivamente sulla base dei requisiti di professionalità e competenza, onorabilità, autonomia e indipendenza.

La nomina deve avvenire con delibera qualificata che prevede la presenza della maggioranza dei membri del Consiglio di Amministrazione e il voto favorevole di almeno i due terzi dei consiglieri.

L'incarico, quando formalmente accettato dal soggetto nominato, è comunicato a tutti i livelli aziendali, mediante apposita comunicazione organizzativa.

L'Organismo di Vigilanza nomina al proprio interno un Presidente al quale può delegare specifiche funzioni. In caso di parità di voti nelle deliberazioni, il Presidente avrà voto doppio.

La durata dell'incarico dei membri dell'Organismo di Vigilanza è pari a tre anni ed è rinnovabile.

All'atto della nomina, i membri dell'Organismo di Vigilanza di TitanMet devono attestare l'assenza delle seguenti cause di incompatibilità e/o di decadenza:

  • non devono essere membri esecutivi degli organi di gestione e amministrazione di TitanMet;
  • non devono essere legati da rapporti di coniugio, parentela e/o affinità con i soci di TitanMet e/o con membri esecutivi degli organi di gestione e amministrazione;
  • non si devono trovare in conflitto di interesse, anche potenziale, con TitanMet; per esempio, non devono aver prestato fideiussione, garanzie in favore di uno degli amministratori esecutivi (o del coniuge); ovvero abbiano con quest'ultimi rapporti – estranei all'incarico conferito – di credito o debito;
  • non devono essere interdetti, inabilitati, falliti;
  • non devono essere condannati, con sentenza passata in giudicato, per aver commesso uno dei reati previsti dal Decreto, salvi gli effetti della riabilitazione o il caso di estinzione del reato o della pena;
  • non devono essere condannati, con sentenza passata in giudicato, a pena che comporti l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici ovvero l'interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, salvi gli effetti della riabilitazione o il caso di estinzione del reato o della pena.

In casi di particolare gravità, anche prima del giudicato, il Consiglio di Amministrazione potrà disporre, sentito il parere del Collegio Sindacale, la sospensione dei poteri dell'Organismo di Vigilanza e/o di un suo componente e la nomina di un sostituto ad interim.

La revoca dall'incarico può avvenire solo attraverso delibera del Consiglio di Amministrazione, sentito il parere del Collegio Sindacale. Restano validi i medesimi quorum costitutivi e deliberativi richiesti per la nomina.

I casi di revoca dell'incarico sono i seguenti:

  • venir meno dei sopracitati requisiti di eleggibilità;
  • inadempimento dell'incarico affidato;
  • mancata collaborazione con gli altri membri dell'Organismo di Vigilanza;
  • assenza ingiustificata ad almeno due adunanze dell'Organismo di Vigilanza;
  • mancata o ritardata risposta al Consiglio di Amministrazione in ordine alle eventuali richieste afferenti lo svolgimento dell'attività di vigilanza e controllo;
  • mancato esercizio dell'attività secondo buona fede e con la diligenza specificamente richiesta al professionista che ricopra tale incarico;
  • ricorso di altra giusta causa.

La revoca comporta per il soggetto revocato anche il risarcimento del danno eventualmente subito e subendo da TitanMet a cagione delle condotte illecite da lui assunte.

Ciascun componente dell'Organismo di Vigilanza potrà recedere in ogni momento dall'incarico mediante preavviso di almeno tre mesi, con comunicazione motivata al Consiglio di Amministrazione.

c) Funzioni e poteri dell'Organismo di Vigilanza

All'Organismo di Vigilanza di TitanMet è affidato sul piano generale il compito di vigilare:

  • sull'effettiva osservanza del presente Modello da parte dei destinatari: dipendenti, organi sociali e, nei limiti ivi previsti, collaboratori e fornitori di TitanMet;
  • sulla reale efficacia e adeguatezza del Modello in relazione alla struttura aziendale ed alla effettiva capacità di prevenire la commissione dei reati di cui al Decreto;
  • sull'opportunità di aggiornamento del Modello, laddove si riscontrino esigenze di adeguamento dello stesso in relazione a mutate condizioni aziendali e/o normative, sollecitando a tal fine gli organi competenti.

Su di un piano più operativo, all'Organismo di Vigilanza di TitanMet è affidato il compito di:

  • attivare le procedure previste per l'implementazione del sistema di controllo fermo restando che la responsabilità primaria sul controllo delle attività di gestione, anche quelle riconducibili ad aree di attività individuate come sensibili, con riferimento alle prescrizioni di cui al Decreto, resta comunque demandata al management operativo e forma parte integrante dei processi aziendali;
  • condurre ricognizioni sull'attività aziendale ai fini di un costante aggiornamento della mappatura delle attività sensibili, tenendo conto del contesto aziendale;
  • effettuare periodicamente verifiche mirate su determinate operazioni o specifici atti posti in essere da TitanMet, soprattutto nell'ambito delle Attività Sensibili, i cui risultati devono essere riassunti in un apposito rapporto da esporsi in sede di reporting agli organi societari deputati;
  • promuovere iniziative finalizzate alla diffusione della conoscenza e della comprensione dei principi di cui al presente Modello, predisponendo, a tal fine, idonea documentazione organizzativa interna – necessaria ai fini del funzionamento del Modello stesso – che illustri in maniera compiuta le istruzioni nonché eventuali chiarimenti o aggiornamenti;
  • raccogliere, elaborare e conservare le informazioni rilevanti in ordine al rispetto del Modello, nonché aggiornare la lista di informazioni che devono essergli trasmesse o tenute a sua disposizione;
  • coordinarsi con le funzioni aziendali (anche attraverso apposite riunioni) per il miglior monitoraggio delle attività nelle aree sensibili. A tal fine, l'Organismo di Vigilanza viene tenuto costantemente informato sull'evoluzione delle attività nelle suddette aree a rischio ed ha libero accesso a tutta la documentazione aziendale rilevante. All'Organismo di Vigilanza devono essere inoltre segnalate da parte del management eventuali situazioni dell'attività aziendale che possano esporre l'azienda a rischio di reato;
  • con riferimento agli ambiti rilevanti ai sensi del Decreto, monitorare le risultanze dell'operato dei comitati interni istituiti da TitanMet in relazione alle remunerazioni e al controllo interno;
  • controllare l'effettiva presenza, la regolare tenuta e l'efficacia della documentazione richiesta in conformità a quanto previsto nei protocolli e nei piani di azione per il sistema di controllo. In particolare, all'Organismo di Vigilanza devono essere segnalate le attività più significative o le operazioni effettuate, anche con riferimento ai piani di azione eventualmente predisposti e devono essere messi a sua disposizione gli aggiornamenti della documentazione, al fine di consentire l'effettuazione dei controlli;
  • condurre le indagini interne per l'accertamento di presunte violazioni delle prescrizioni di cui al presente Modello;
  • verificare che gli elementi previsti per l'implementazione del presente Modello (adozione di clausole standard, espletamento di procedure, etc.) siano comunque adeguati e rispondenti alle esigenze di osservanza di cui al Decreto, facendosi promotore presso il CdA o le competenti funzioni aziendali, in caso contrario, di un aggiornamento degli elementi stessi;
  • coordinarsi con i responsabili delle funzioni aziendali per i diversi aspetti attinenti all'attuazione del presente Modello (definizione delle clausole standard, formazione del personale, provvedimenti disciplinari);
  • effettuare un'analisi delle eventuali segnalazioni ricevute, dei fatti considerati a rischio e della consapevolezza del personale rispetto alle ipotesi di reato previste dal Decreto anche con interviste a campione;
  • valutare le esigenze di aggiornamento del Modello, anche attraverso apposite riunioni con le varie funzioni aziendali interessate.

L'esercizio dei citati poteri deve avvenire nel limite strettamente funzionale alla missione dell'Organismo di Vigilanza nel rispetto di una serie di normative di protezione, come, ad esempio, quelle sulla tutela dei dati personali, quelle sul segreto professionale o sul segreto aziendale e industriale, quelle sulla tutela dei lavoratori, etc. Permangono inoltre i limiti posti dalla normativa per lo svolgimento delle investigazioni.

L'Organismo di Vigilanza svolge le sue funzioni, curando e favorendo una razionale ed efficiente cooperazione con gli altri organi di controllo esistenti in TitanMet.

All'Organismo di Vigilanza non competono, né possono essere attribuiti, neppure in via sostitutiva, poteri di intervento gestionale, decisionale od organizzativo, relativi allo svolgimento delle attività di TitanMet.

d) Reporting dell'Organismo di Vigilanza verso il vertice aziendale

L'Organismo di Vigilanza riferisce direttamente al Consiglio di Amministrazione almeno su base annuale e nei casi d'urgenza può riferire direttamente all'amministratore delegato e/o al Presidente del Consiglio di Amministrazione e/o al Presidente del Collegio Sindacale. Inoltre, almeno su base annuale, in prossimità dell'approvazione del progetto di bilancio, l'Organismo di Vigilanza prepara un rapporto scritto sulla propria attività per il Consiglio di Amministrazione e per il Collegio Sindacale (indicando in particolare, le verifiche specifiche e l'esito delle stesse, gli eventuali aggiornamenti della mappatura dei processi sensibili e dei relativi rischi, etc.). Unitamente al rapporto scritto annuale viene predisposto e messo a disposizione un rendiconto motivato delle spese sostenute.

Il reporting ha ad oggetto:

  • l'attività svolta dall'Organismo di Vigilanza;
  • le eventuali criticità emerse sia in termini di comportamenti o eventi interni a TitanMet, sia in termini di efficacia del Modello;
  • le proposte di miglioramento.

L'Organismo di Vigilanza potrà essere convocato in qualsiasi momento con congruo preavviso dal Consiglio di Amministrazione e potrà a sua volta presentare richiesta in tal senso, per riferire in merito al funzionamento del Modello od a situazioni specifiche.

Qualora si rilevino fatti attinenti ai consiglieri, la segnalazione degli stessi è da destinarsi con tempestività agli altri componenti del Consiglio di Amministrazione e/o al Collegio Sindacale.

Tutti gli incontri dell'Organismo di Vigilanza sono verbalizzati e copie dei verbali sono custodite in un apposito archivio al quale possono accedere solo i membri dell'Organismo di Vigilanza stesso.

Il Consiglio di Amministrazione acquisisce copia di tutti i verbali delle riunioni dell'Organismo di Vigilanza. Gli amministratori e i sindaci, anche singolarmente, nonché la società di revisione hanno la facoltà di incontrare l'Organismo di Vigilanza.

e) Flussi informativi verso l'Organismo di Vigilanza: informazioni di carattere generale ed informazioni specifiche obbligatorie

L'Organismo di Vigilanza viene informato in merito ad eventi che potrebbero ingenerare responsabilità di TitanMet, ai sensi del D. Lgs. 231/2001 mediante apposite segnalazioni.

Nell'acquisizione delle informazioni, l'Organismo di Vigilanza garantisce la riservatezza circa l'identità di chi trasmette informazioni e garantisce la confidenzialità delle informazioni trattate.

In particolare l'Organismo di Vigilanza:

  • riceve informazioni circa l'esistenza di attività risultate e/o percepite come prive del tutto o in parte di adeguata regolamentazione;
  • riceve da parte di amministratori, dirigenti, dipendenti e collaboratori le segnalazioni di violazioni sospettate o conclamate;
  • svolge verifiche sul rispetto delle procedure e indagini in caso di violazioni sospettate o conclamate;
  • in caso di violazioni conclamate da parte del personale dipendente non dirigente o da parte di soggetti, inquadrati da un contratto non di lavoro dipendente, si coordina con il responsabile delle risorse umane per la gestione dei procedimenti disciplinari e l'irrogazione delle sanzioni, sentito ilPresidente;
  • in caso di violazioni conclamate di dirigenti riferisce al Presidente, per la valutazione dei procedimenti disciplinari;
  • in caso di violazioni conclamate del Presidente e/o del Consiglio di Amministrazione, riporta direttamente al Consiglio di Amministrazione e/o al Collegio Sindacale nonché, laddove previsto ex lege, alle autorità di vigilanza;
  • in caso di violazioni conclamate di amministratori, riporta direttamente al Consiglio di Amministrazione e/o al Collegio Sindacale, per la valutazione dei procedimenti disciplinari;
  • in caso di violazioni conclamate di terzi, segnalate da personale interno, si confronta con il Presidente, per la valutazione dei procedimenti disciplinari;
  • mantiene l'archivio delle segnalazioni e produce, con la periodicità prevista al punto 4.4, una relazione sulla propria attività, da presentare al Consiglio di Amministrazione e in copia al Collegio Sindacale.

Le segnalazioni all'Organismo di Vigilanza devono essere effettuate in forma scritta tramite l'invio di lettera indirizzata all'Organismo di Vigilanza presso la sede amministrativa di TitanMet.

Tutti i destinatari del Modello hanno l'obbligo di segnalare all'Organismo di Vigilanza le violazioni (o anche solo i sospetti di violazione) dello stesso di cui abbiano conoscenza.

Oltre alle segnalazioni, anche ufficiose, di cui al punto precedente devono essere obbligatoriamente trasmesse all'Organismo di Vigilanza a cura della funzione aziendale interessata le informative concernenti:

  • i provvedimenti e/o notizie provenienti da organi di polizia giudiziaria, o da qualsiasi altra autorità, dai quali si evinca lo svolgimento di indagini, anche nei confronti di ignoti, per i reati di cui al Decreto;
  • le richieste di assistenza legale inoltrate dai dirigenti e/o dai dipendenti in caso di avvio di procedimento giudiziario per i reati previsti dal Decreto;
  • i rapporti preparati dai responsabili di altre funzioni aziendali nell'ambito della loro attività di controllo e dai quali possano emergere fatti, atti, eventi od omissioni con profili di criticità rispetto all'osservanza delle norme del Decreto;

• le notizie relative all'effettiva attuazione, a tutti i livelli aziendali, del Modello con evidenza dei procedimenti disciplinari svolti e delle eventuali sanzioni irrogate (ivi compresi i provvedimenti verso i dipendenti) ovvero dei provvedimenti di archiviazione di tali procedimenti con le relativemotivazioni.

Periodicamente l'Organismo di Vigilanza propone, se del caso, al consiglio di amministrazione eventuali modifiche/integrazioni da apportare all'elenco sopra indicato.

Ogni informazione, segnalazione, report previsti nel presente Modello sono conservati dall'Organismo di Vigilanza.

2.12. Whistleblower protection (protezione delle segnalazioni)

Il sistema di protezione delle segnalazioni di violazione delle disposizioni di legge, del Codice Etico e del Modello è considerato strumento fondamentale per l'applicazione efficace del sistema di prevenzione dei rischi di reato.

Pertanto un dipendente che segnala una violazione del Modello organizzativo, anche se non costituente reato, non deve trovarsi in alcun modo in posizione di svantaggio per questa azione, indipendentemente dal fatto che la sua segnalazione risulti poi fondata o meno.

TitanMet si impegna a offrire un ambiente di lavoro privo di discriminazioni e molestie e si aspetta che tutti i dipendenti facciano tutto quanto possibile per mantenere questo tipo di ambiente di lavoro. La Società non potrà tollerare molestie ad un dipendente da parte di nessuno. Saranno intraprese azioni disciplinari nei confronti di chiunque metta in atto azioni discriminatorie o rechi molestie a qualsiasi dipendente che segnali una violazione del Modello.

Un dipendente che segnali una violazione del Modello o trasmetta un'accusa sia essa falsa, o presentata con mezzi diversi da quelli riconosciuti dal sistema di protezione, non avrà diritto alle tutele offerte da quest'ultimo. Verranno avviate procedure disciplinari nei confronti di chiunque sollevi intenzionalmente accuse false o irregolari.

TitanMet incoraggia tutti i dipendenti che desiderino sollevare una questione inerente ad una violazione del Modello, a discuterne con il Responsabile di procedura prima di seguire le normali procedure di whistleblowing, salvo evidenti contro-indicazioni.

Si prevede che nella maggioranza dei casi, il Responsabile di procedura sia in grado di risolvere il problema in modo informale. A tal fine, il Responsabile di procedura deve considerare tutte le preoccupazioni sollevate in modo serio e completo e, ove necessario, chiedere pareri all'Organismo di Vigilanza e alle altre competenti figure e/o compiere indagini approfondite nel rispetto delle proprie attribuzioni.

Qualora la segnalazione non dia esito, o il dipendente si senta a disagio nel presentare la segnalazione al Responsabile di procedura, il dipendente deve rivolgersi all'Organismo di Vigilanza.

I Consulenti e i Partner, in relazione all'attività svolta con TitanMet, possono effettuare la segnalazione direttamente all'Organismo di Vigilanza.

Per consentire un accertamento corretto e un'indagine completa del comportamento sospetto, i dipendenti, quando segnalano la presunta violazione, devono fornire le seguenti informazioni, che confluiranno in un apposito documento redatto dall'Organismo di Vigilanza:

  • la descrizione della questione con tutti i particolari di rilievo (ad esempio la data e il luogo dell'accaduto, il tipo di comportamento, le parti coinvolte, e così via);
  • il motivo per il quale la questione è ritenuta preoccupante;
  • l'indicazione di tutti gli elementi che possano confermare che il fatto è avvenuto, sta avvenendo o è probabile che avvenga;
  • il modo in cui è venuto a conoscenza del fatto/della situazione oggetto della segnalazione;
  • l'esistenza di testimoni;
  • se, in precedenza, ha già sollevato il problema con qualcun altro e, in caso affermativo, con chi;
  • la specifica funzione nell'ambito della quale si è verificato il comportamento sospetto;
  • ogni altra informazione ritenuta rilevante.

Ove possibile e non controindicato, il dipendente che effettua la segnalazione deve anche fornire il suo nome e le informazioni necessarie per eventuali contatti. La procedura di segnalazione non anonima deve essere preferita, in virtù della maggior facilità di accertamento della violazione.

a) Segnalazione diretta - Riservatezza

Tutto il personale a qualunque titolo coinvolto nel sistema di whistleblowing è tenuto a mantenere standard elevati di professionalità e riservatezza. Qualsiasi documento creato in relazione a una segnalazione di whistleblowing deve essere tenuto in modo rigorosamente riservato.

Nel corso di qualsiasi comunicazione e/o riunione, è necessario prestare attenzione ed evitare possibili dichiarazioni dannose per proteggere l'identità delle persone coinvolte e assicurarsi che le indagini non rechino danni. Tutte le indagini devono essere eseguite in modo tale da evitare l'eccesiva attenzione e/o la speculazione da parte di coloro che non devono essere coinvolti.

Le comunicazioni devono essere rivolte solo alle persone che devono essere informate. Ogni dipendente interrogato in relazione a un'indagine deve essere a conoscenza del fatto che la problematica verrà trattata in modo riservato e che deve evitare di parlarne con terzi.

b) Segnalazioni anonime

Qualsiasi questione relativa a presunte violazioni di quanto stabilito dal Decreto, dalle altre fonti di legge, dal Codice Etico e dal Modello deve essere sollevata direttamente all'Organismo di Vigilanza. Tale preoccupazione potrà essere sollevata in modo anonimo. Resta preferibile la segnalazione non anonima.

I dipendenti che desiderano restare anonimi devono utilizzare la posta normale, anche inserendo la comunicazione nell'idonea casella o altri meccanismi sicuri, in quanto altri metodi di trasmissione potrebbero rivelare l'identità del mittente.

I whistleblowers anonimi sono comunque invitati a fornire informazioni sufficienti relative a un fatto o a una situazione per consentire un'indagine adeguata.

c) Gestione di una segnalazione

Le segnalazioni relative a presunte violazioni nell'ambito e nell'applicabilità della presente procedura saranno esaminate in modo approfondito, equo e tempestivo.

Le indagini devono iniziare al più presto e devono essere portate avanti in modo diligente. Tutte le persone coinvolte in un'indagine devono prestare attenzione ed agire in modo imparziale in tutte le fasi della procedura. Si devono raccogliere i fatti oggettivi relativi all'evento o alla situazione, non le opinioni o le speculazioni. A partire dall'inizio di un'indagine si devono conservare tutti i documenti esistenti al momento in cui è stata segnalata la violazione. Se necessario, i documenti devono essere prelevati dalle aree e dagli archivi in cui sono conservati. Di tutte tali attività si occupa l'Organismo di Vigilanza.

Qualora la segnalazione pervenga in forma scritta anonima, l'Organismo di Vigilanza valuta l'opportunità di procedere ad indagini, sempre che la segnalazione contenga riferimenti sufficientemente specifici per effettuare gli accertamenti del caso.

È istituito, inoltre, un obbligo funzionale di informazione a carico dei Responsabili delle singole Funzioni. In particolare, questi Responsabili devono riferire all'Organismo di Vigilanza:

semestralmente sull'attività svolta (controlli effettuati, modifiche suggerite a seguito di variazioni dell'attività o delle procedure operative, segnalazioni di eventuali nuove attività o modalità idonee a realizzare ipotesi di reato previste dal Decreto, mediante una relazione scritta;

tempestivamente in caso di gravi anomalie nel funzionamento del Modello o di violazioni di prescrizioni dello stesso.

Nell'esercizio del proprio potere ispettivo, l'Organismo di Vigilanza può accedere liberamente, senza la necessità di una preventiva autorizzazione, a tutte le fonti di informazione dell'ente, prendere visione di documenti e consultare dati relativi all'ente.

Tutte le informazioni, i documenti e le segnalazioni raccolte nell'espletamento dei compiti istituzionali, vengono archiviate e custodite a cura dell'Organismo di Vigilanza in un apposito data base (informatico o cartaceo) per un periodo di cinque anni.

L'Organismo di Vigilanza, inoltre, ha cura di mantenere riservati i documenti e le informazioni acquisite, anche nel rispetto della normativa sulla privacy.

d) Le novità introdotte dalla legge 30 novembre 2017, n. 179

Come ormai noto, in data 14 dicembre 2017 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 291 la legge 30 novembre 2017, n. 179, recante "Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato" (di seguito, "Legge"), che è stata adottata, dopo un iter legislativo avviato nel 2015, con l'intento di riformare la materia del whistleblowing nel settore pubblico e in quello privato, sopperendo così a uno scenario definito dalla Commissione Europea piuttosto generico e non esaustivo.

Soffermando l'attenzione al solo settore privato, la Legge ha previsto l'integrazione dell'art. 6 del Decreto, al fine di prevedere una puntuale tutela per tutti quei dipendenti e/o collaboratori di società che abbiano segnalato illeciti di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito delle proprie mansioni lavorative; in particolare, ai sensi del novellato articolo 6 del Decreto, il Modello dovrà essere integrato al fine di prevedere, inter alia, misure volte a garantire la tutela del segnalante da atti di ritorsione o discriminatori nei confronti del segnalante e, più in generale, un uso puntuale e non abusivo del nuovo strumento di segnalazione.

Il nucleo della novella legislativa è rappresentato dall'obbligo – previsto dall'art. 6, comma 2 bis. lett. a e b, del Decreto di prevedere adeguati canali informativi che consentano ai segnalanti di "presentare, a tutela dell'integrità dell'ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti".

A tale riguardo, pur nel silenzio della norma sul punto, dalla lettura del riformulato articolo 6 del Decreto si può pacificamente desumere che l'Organismo di Vigilanza si trovi a svolgere un ruolo cruciale.

A titolo esemplificativo, all'Organismo di Vigilanza spetterà di:

• stimolare il CDA ad integrare ill Modello mediante l'aggiunta: (i) di una specifica sezione nella Parte Generale, dedicata alla normativa qui in commento; nonché (ii) di una sezione della Parte Speciale che disciplini le sanzioni connesse alla violazione del divieto di atti di ritorsione nei confronti dei segnalanti e all'utilizzo abusivo dei canali di segnalazione;

• supportare farsi promotore presso le competenti funzioni affinché l'ente predisponga una specifica procedura che disciplini le modalità di segnalazione;

• verificare l'adeguatezza dei canali informativi, predisposti in applicazione della disciplina sul whistleblowing, affinché gli stessi siano tali da assicurare la corretta segnalazione dei reati o delle irregolarità da parte dei dipendenti della società e nell'assicurare la riservatezza di questi ultimi nell'intero processo di gestione della segnalazione;

• verificare il soddisfacimento dell'adozione del canale informatico di cui alla lettera b) del nuovo comma 2 bis dell'art. 6 Decreto che stabilisce la necessità di attivare "almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell'identità";

• gestire il processo di analisi e valutazione della segnalazione;

• vigilare sul rispetto del divieto di "atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione" (art. 6, comma 2-bis, lett. c, del Decreto), che la nuova disciplina correda di un impianto sanzionatorio da integrare nel sistema disciplinare ex art. 6, comma 2, lett. e, del Decreto (denuncia all'Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dall'organizzazione sindacale indicata dal medesimo). Nell'espletamento di tale attività di vigilanza, particolare attenzione dovrà essere posta dall'Organismo di Vigilanza su licenziamenti o altre misure (e.g. demansionamenti e trasferimenti) che possano avere natura ritorsiva o discriminatoria nei confronti dei segnalanti; • vigilare sul corretto utilizzo dei canali informativi da parte dei segnalanti, atteso che il

novellato art. 6 prevede che sia sanzionato – oltre al soggetto che abbia posto in essere atti di ritorsione o discriminatori nei confronti del whistleblower – anche colui che "effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate".

Il corretto funzionamento del sistema di whistleblowing istituito in ossequio alla Legge in esame presuppone che i soggetti interessati – siano essi apicali o subordinati – ne siano adeguatamente informati e che questi siano messi in condizione di usufruire sapientemente dei sistemi, informatici o di altra natura, volti alla segnalazione dei reati o delle irregolarità. A tal proposito, dunque, l'Organismo di Vigilanza dovrà sovrintendere alla formazione dei dipendenti e dei collaboratori delle società che hanno adottato un sistema di whistleblowing e che dovrà illustrare, a titolo esemplificativo:

• i tratti principali della nuova disciplina, tra cui figurano l'ambito di operatività delle segnalazioni, la garanzia della riservatezza dei segnalanti, il divieto di atti ritorsivi nei confronti di questi e il divieto di effettuare intenzionalmente segnalazioni infondate;

• l'apparato sanzionatorio istituito a tutela dei segnalanti e del corretto uso dei canali informativi, integrato nel Modello e volto a garantire l'adeguato funzionamento del sistema di whistleblowing;

• il materiale funzionamento e le modalità di accesso ai tool impiegati dalla società al fine di adempiere alla previsione della lettera b) del nuovo comma 2 bis dell'art. 6 Decreto sopra menzionato.

Come anticipato in precedenza, sarà l'Organismo di Vigilanza a dover rivestire il ruolo di responsabile della procedura, nonché di "terminale" ultimo delle segnalazioni effettuate dai whistleblower.

Come noto, infatti, l'Organismo di Vigilanza è già destinatario di flussi informativi aventi a oggetto le risultanze periodiche dell'attività di controllo inerenti l'efficace attuazione del Modello, nonché delle relative anomalie o atipicità riscontrate nell'ambito delle informazioni disponibili da parte della funzioni aziendali. Indirizzare all'Organismo di Vigilanza il "flusso informativo" costituito dalle segnalazioni effettuate dal whistleblower, dunque, sembra essere

del tutto in linea con l'impianto del Decreto.
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Salvo quanto indicato supra, soffermando l'attenzione sulle disposizioni di cui alla lett. b del nuovo comma 2-bis dell'art. 6 del Decreto 231 più volte menzionato, ove è previsto l'allestimento di un canale alternativo di segnalazione con modalità informatiche, si ritiene infine che l'Organismo di Vigilanza – pur mantenendo la titolarità del presidio – ben possa affidare in outsourcing la gestione di tali adempimenti.

2.13. Verifica sull'adeguatezza del Modello

Oltre all'attività di vigilanza che l'Organismo di Vigilanza svolge continuamente sull'effettività del Modello e che si concretizza nella verifica della coerenza tra i comportamenti dei destinatari ed il Modello stesso, l'Organismo di Vigilanza periodicamente effettua verifiche sulla reale capacità del Modello di prevenire i reati.

Tale attività si concretizza in una verifica a campione dei principali atti societari e dei contratti di maggior rilevanza conclusi da TitanMet in relazione alle attività sensibili e alla conformità degli stessi alle regole di cui al Modello.

L'attività svolta è sintetizzata nel report periodico presentato al CDA; nel caso siano rilevate aree di criticità, esporrà in un apposito piano i miglioramenti da attuare.

L'attività dell'Organismo di Vigilanza, sotto questo ulteriore profilo, prevede:

  • la rilevazione delle criticità e l'analisi delle procedure esistenti;
  • la stesura di un piano di attività nel quale vengono indicate e suggerite le azioni che TitanMet dovrà intraprendere;
  • l'implementazione delle azioni suggerite nonché il monitoraggio del Modello onde verificarne il funzionamento e l'adeguatezza.

2.14. Disposizioni disciplinari e sanzionatorie

2.14.1. Principi generali

Ai sensi degli artt. 6, comma 2, lettera e) e 7, comma 4, lett. b) del D. Lgs. 231/2001 è prevista la predisposizione di un adeguato sistema sanzionatorio in caso di violazione delle disposizioni del Modello.

Tali violazioni ledono, infatti, il rapporto improntato in termini di trasparenza, correttezza, lealtà, integrità e credibilità tra l'ente ed i "portatori di interessi" e possono determinare quale conseguenza, azioni disciplinari a carico dei soggetti interessati, a prescindere dall'eventuale instaurazione di un giudizio penale nel caso in cui il comportamento determini o meno una fattispecie di reato. Tale valutazione potrebbe, infatti, non coincidere con l'eventuale giudizio espresso in sede penale.

Le regole di condotta imposte dal presente Modello sono assunte da TitanMet in piena autonomia e indipendentemente dalla tipologia di illecito che le violazioni del Modello medesimo possono determinare.

2.14.2. Criteri generali di irrogazione delle sanzioni

La tipologia e l'entità delle sanzioni applicate in caso di violazione saranno proporzionate alla gravità delle mancanze e, comunque, definite in base ai seguenti criteri generali:

  • valutazione soggettiva della condotta a seconda del dolo o della colpa (negligenza, imprudenza, imperizia);
  • rilevanza degli obblighi violati;
  • livello di responsabilità gerarchica e/o tecnica del soggetto coinvolto;
  • eventuale condivisione della responsabilità con altri soggetti che abbiano concorso nel determinare il reato;
  • presenza di circostanze aggravanti o attenuanti con particolare riguardo alla professionalità, alle precedenti prestazioni lavorative, ai precedenti disciplinari, alle circostanze in cui è stato commesso il fatto.

L'eventuale irrogazione della sanzione disciplinare, prescindendo dall'instaurazione del procedimento e/o dall'esito del giudizio penale, dovrà essere, per quanto possibile, ispirata ai principi di tempestività, immediatezza ed equità.

Ai fini dell'irrogazione della sanzione, la commissione del reato, attuata attraverso l'elusione fraudolenta del Modello, ancorché costituisca un esimente della responsabilità dell'Ente, ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. c) del Decreto, verrà considerata di pari gravità alla commissione del reato attuata attraverso la diretta violazione del Modello stesso.

2.14.3. Ambito di applicazione

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 5, lett. b) e 7 del Decreto, le sanzioni previste nei successivi paragrafi potranno essere applicate, a seconda della gravità, nei confronti del personale di TitanMet, che ponga in essere illeciti disciplinari derivanti da:

  • mancato rispetto delle disposizioni previste dal Modello;
  • mancata o non veritiera evidenza dell'attività svolta relativamente alle modalità di documentazione, di conservazione e controllo degli atti previsti dalle procedure e normative aziendali e dai protocolli in modo da impedire la trasparenza e la verificabilità della stessa;
  • omessa vigilanza dei superiori gerarchici sul comportamento dei propri sottoposti al fine di verificare la corretta ed effettiva applicazione delle disposizioni delle procedure aziendali;
  • violazione e/o elusione del sistema di controllo, posto in essere mediante la sottrazione, la distruzione o l'alterazione della documentazione prevista dalle procedure ovvero impedendo il controllo o l'accesso alle informazioni e alla documentazione ai soggetti preposti, ivi incluso l'Organismo di Vigilanza.

2.14.4. Sanzioni per tutti i lavoratori dipendenti

La violazione delle disposizioni del Modello potrà costituire inadempimento delle obbligazioni contrattuali, con ogni conseguenza di legge, anche in ordine all'eventuale risarcimento del danno, nel rispetto, in particolare, degli artt. 2104, 2106 e 2118 c.c., dell'art. 7 della Legge 20 maggio 1970, n. 300 ("Statuto dei Lavoratori", come da ultimo modificato con il D.Lgs. 24 settembre 2016, n. 185), della Legge 15 luglio 1966, n. 604 (come da ultimo modificata dalla L. 28 giugno 2012, n. 92) sui licenziamenti individuali nonché dei contratti collettivi di lavoro sino all'applicabilità dell'art. 2119 cod. civ. che dispone la possibilità di licenziamento per giusta causa.

Le sanzioni irrogabili saranno applicate nel rispetto delle procedure previste dal CCNL di categoria applicabile.

Per quanto riguarda l'accertamento delle infrazioni, i procedimenti disciplinari e l'irrogazione delle sanzioni, restano invariati i poteri già conferiti.

Il sistema disciplinare viene costantemente monitorato dall'Organismo di Vigilanza e dal responsabile della funzione risorse umane.

Ciò premesso, le sanzioni individuate sono le seguenti:

• Rimprovero verbale

Riguarda la violazione di lieve entità delle procedure interne previste dal Modello o l'adozione, nell'espletamento di attività nelle aree a rischio, di un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello medesimo, dovendosi ravvisare in tali comportamenti una "non osservanza delle disposizioni portate a conoscenza del personale con ordini di servizio, circolari, istruzioni o altro mezzo idoneo in uso presso TitanMet".

• Rimprovero scritto

Riguarda la reiterata violazione di lieve entità delle procedure interne previste dal Modello o l'adozione, nell'espletamento di attività nelle aree a rischio, di un comportamento più volte non conforme alle prescrizioni del Modello medesimo, prima ancora che dette mancanze siano state singolarmente accertate e contestate.

• Sospensione dal servizio e dal trattamento economico

Riguarda la violazione di grave entità delle procedure interne previste dal Modello o l'adozione, nell'espletamento di attività nelle aree a rischio, di un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello medesimo, nonché il compimento di atti contrari all'interesse di TitanMet. Tali violazioni comportano la sospensione dal servizio e dal trattamento economico per un periodo, comunque, non superiore a 10 giorni.

• Licenziamento con preavviso (per giustificato motivo soggettivo)

Riguarda gravi violazioni delle prescrizioni del presente Modello, tali da ledere irrimediabilmente il legame fiduciario di TitanMet nei confronti del dipendente.

• Licenziamento con preavviso (per giusta causa)

Riguarda l'adozione, nell'espletamento delle attività nelle aree a rischio, di un comportamento palesemente in violazione alle prescrizioni del presente Modello e tale da determinare la concreta applicazione a carico di TitanMet delle misure di cui al Decreto, dovendosi ravvisare in tale comportamento il compimento di "atti tali da far venire meno radicalmente la fiducia dell'azienda nei suoi confronti e da non consentire comunque la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto di lavoro", ovvero il verificarsi delle mancanze richiamate ai punti precedenti con la determinazione di un grave pregiudizio per TitanMet.

2.14.5. Misure nei confronti dei vertici aziendali e del collegio sindacale

Ai fini del Decreto, nell'attuale organizzazione dell'ente sono considerati vertici aziendali i membri del CDA, i membri del Collegio Sindacale e i dirigenti.

In caso di violazione delle disposizioni da parte dei vertici aziendali, l'Organismo di Vigilanza informa il Collegio Sindacale e l'intero CDA, i quali provvederanno ad assumere le opportune iniziative previste dalla vigente normativa e nei casi più gravi potranno procedere anche alla revoca della carica e/o dell'incarico attribuito al soggetto apicale nonché, per i dirigenti, all'applicazione delle sanzioni di cui al paragrafo 5.4.

2.14.6. Misure nei confronti di collaboratori esterni e fornitori

Nei confronti di tutti coloro che operano in qualità di collaboratori esterni e fornitori dell'ente valgono le seguenti disposizioni: ogni comportamento posto in essere dai collaboratori esterni e dai fornitori in contrasto con le linee di condotta indicate dal presente Modello e tale da comportare il rischio di commissione di un reato sanzionato dal Decreto, potrà determinare, secondo quanto previsto dalle specifiche clausole contrattuali inserite nelle lettere di incarico o negli accordi contrattuali, la risoluzione del rapporto contrattuale (rispettando le clausole inserite ad hoc nei relativi contratti), fatta salva l'eventuale richiesta di risarcimento, qualora da tale comportamento derivino danni concreti a TitanMet, come, ad esempio, nel caso di applicazione da parte del giudice delle misure previste dal Decreto.

2.15. Formazione e diffusione del Modello

2.15.1. Formazione ed informazione dei dipendenti

Ai fini dell'efficace attuazione del presente Modello, la formazione e l'informativa verso il personale e ogni altro destinatario del Modello, secondo le modalità ed i tempi definiti d'intesa con l'Organismo di Vigilanza, sono gestite dalla competente funzione aziendale in stretto coordinamento con l'Organismo di Vigilanza stesso.

La diffusione del presente Modello e l'informazione del personale in merito al contenuto del Decreto ed ai suoi obblighi relativamente all'attuazione dello stesso sono costantemente realizzate attraverso i vari strumenti a disposizione di TitanMet.

L'attività di formazione e di informazione riguarda tutto il personale, compreso il personale direttivo ed ogni altro destinatario del Modello e prevede, oltre ad una specifica informativa all'atto dell'assunzione, lo svolgimento di ulteriori attività ritenute necessarie al fine di garantire la corretta applicazione delle disposizioni previste nel Decreto.

a) La comunicazione iniziale

L'adozione del presente Modello è comunicata a tutti i dipendenti e agli organi sociali. Ai nuovi assunti successivamente all'adozione del Modello, sarà consegnato un set informativo, che dovrà contenere oltre ai documenti di regola consegnati al neo - assunto, il Codice Etico, il Modello di organizzazione e gestione (unitamente alle relative procedure) e il Decreto, in modo da assicurare agli stessi le conoscenze considerate di primaria rilevanza per TitanMet.

b) La formazione

L'attività di formazione finalizzata a diffondere la conoscenza della normativa di cui al Decreto è differenziata, nei contenuti e nelle modalità di erogazione, in funzione della qualifica dei destinatari, del livello di rischio dell'area in cui operano, dell'avere o meno i destinatari funzioni di rappresentanza di TitanMet.

Potranno essere tenuti corsi di formazione ed informazione rivolti ai responsabili di direzione/funzione, ciascuno dei quali sarà responsabile della successiva diffusione del presente Modello nell'ambito della struttura organizzativa di riferimento, nonché dell'attuazione, per gli aspetti di sua competenza, delle regole alla base degli stessi.

Il sistema di informazione e formazione è supervisionato ed integrato dall'attività realizzata in questo campo dall'Organismo di Vigilanza avvalendosi della collaborazione del responsabile della gestione del personale.

c) Informazione alle società controllate soggette a direzione e coordinamento

In linea con quanto previsto al precedente punto 2.8, TitanMet verificherà che le società soggette a direzione e coordinamento ai sensi dell'art. 2497 c.c. istituiscano e mantengano Modelli organizzativi tali da favorire comportamenti conformi ai principi e alle direttive di cui al Decreto.

d) Informativa a collaboratori, professionisti esterni e fornitori

Sono fornite a collaboratori, professionisti, fornitori e a ogni altro destinatario del Modello, da parte dei responsabili delle funzioni aventi contatti istituzionali con gli stessi, sotto il coordinamento dell'Organismo di Vigilanza, apposite informative sulle politiche e le procedure adottate da TitanMet, sulla base del presente Modello di organizzazione e gestione, sul Codice Etico nonché sulle conseguenze che comportamenti contrari ai documenti citati o alla normativa vigente possono avere con riguardo ai rapporti contrattuali. Al fine di garantire la conoscenza e l'informazione dei suddetti principi, TitanMet inserisce nei contratti di collaborazione apposita clausola.

3. PARTE SPECIALE

3.1. Fattispecie di reato

La Parte Speciale del Modello descrive, per una completa informativa, le singole fattispecie

di reato previste dal Decreto.

PARTE SPECIALE – 1 - REATI COMMESSI NEI RAPPORTI CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Funzione della PARTE SPECIALE – 1 –

La presente Parte Speciale -1- si riferisce a comportamenti che possono essere posti in essere da Amministratori, Dirigenti e Dipendenti operanti nelle aree di attività a rischio reati, nonché da collaboratori e da consulenti esterni di TitanMet, di seguito indicati quali "Destinatari".

Obiettivo della presente Parte Speciale -1- è che tutti i Destinatari, come sopra individuati, mantengano, nei rapporti con la Pubblica Amministrazione e/o con soggetti pubblici, condotte conformi ai principi di riferimento di seguito enunciati, al fine di prevenire il verificarsi dei reati ivi contemplati.

Nella presente Parte Speciale -1- vengono definiti i principi generali di riferimento relativi alle Attività Sensibili individuate nei rapporti con la Pubblica Amministrazione e/o con soggetti pubblici, nonché regole di "comportamento" e "procedure" che amministratori, dirigenti, dipendenti, collaboratori nonché consulenti esterni di TitanMet sono tenuti ad osservare ai fini della corretta applicazione del Modello specificamente volti a prevenire i reati di cui agli artt. 24 e 25 del Decreto.

Nelle pagine che seguono verranno dunque individuate:

  • le fattispecie dei reati nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, di cui agli artt. 24 e 25 Decreto;
  • le attività sensibili relative ai rapporti con la Pubblica Amministrazione che, nell'ambito delle attività aziendali di TitanMet, potrebbero risultare a rischio di commissione di reati;
  • i principi di riferimento in attuazione dei quali devono essere adottate le procedure aziendali che gli amministratori, dirigenti, dipendenti, collaboratori e consulenti esterni di TitanMet, sono chiamati ad osservare, ai fini della corretta ed effettiva applicazione del Modello di organizzazione, gestione e controllo;
  • i principi di riferimento che devono presiedere alle attività di controllo, monitoraggio e verifica dell'Organismo di Vigilanza e dei responsabili delle altre funzioni aziendali che con lo stesso cooperano, debitamente formalizzate in apposite procedure e/o regolamenti interni da adottare ai fini della corretta applicazione del presente Modello.

Criteri per la definizione di Pubblica Amministrazione e di soggetti incaricati di un pubblico servizio

Obiettivo del presente capitolo è quello di indicare dei criteri generali e di fornire un elenco esemplificativo di quei soggetti qualificati come "pubblici" nei reati rilevanti ai fini del Decreto, ovvero di quei soggetti la cui qualifica è necessaria ad integrare le fattispecie criminose previste nel Decreto medesimo.

Enti della Pubblica Amministrazione

Agli effetti della legge penale, viene comunemente considerato "Ente della Pubblica Amministrazione" qualsiasi persona giuridica che abbia in cura interessi pubblici e che svolga attività legislativa, giurisdizionale o amministrativa in forza di norme di diritto pubblico e di atti autoritativi.

Sebbene non esista nel codice penale una definizione di Pubblica Amministrazione, in base a quanto stabilito nella Relazione Ministeriale al codice stesso ed in relazione ai reati in esso previsti, sono ritenuti appartenere alla Pubblica Amministrazione quegli Enti che svolgono "tutte le attività dello Stato e degli altri Enti Pubblici".

Nel tentativo di formulare una preliminare classificazione di soggetti giuridici appartenenti alla categoria è possibile richiamare, da ultimo, l'art. 1, comma 2, D. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in tema di ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni dello Stato.

A titolo esemplificativo, si possono indicare quali soggetti della Pubblica Amministrazione, gli Enti o categorie di Enti individuati nella seguente Tabella:

Enti Pubblici
1) Enti ed Amministrazioni dello Stato ad 6) Istituti e scuole di ogni ordine e grado e le
ordinamento autonomo: istituzioni educative

Ministeri;
7) Camere di Commercio, Industria,

Camera e
Senato;
Artigianato e Agricoltura e loro associazioni.

Dipartimento Politiche Comunitarie;
8) Comunità montane e loro consorzi ed
Autorità Garante della Concorrenza e del associazioni.
Mercato; 9) Enti e Monopoli di Stato

Autorità per l'Energia Elettrica ed il
Gas;

Banca di
Italia;
10) Rai

Consob;

Autorità Garante per la protezione dei dati
personali;

Agenzia delle
Entrate;
• ISVAP: Istituto per la Vigilanza sulle
assicurazioni private e di interesse
collettivo.

Regioni

Province
11) ASL
Comuni
5) Tutti gli Enti Pubblici non economici
nazionali, regionali, e locali:

INPS;

CNR;

INAIL;

INPDAI;

INPDAP;

ISTAT;
• ENASARCO.

Pubblici Ufficiali

Ai sensi dell'art. 357, comma 1, c.p. è considerato Pubblico Ufficiale "agli effetti della legge penale", colui il quale esercita "una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa". Il secondo comma precisa che, agli effetti della legge penale, "è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi".

In altre parole è definita pubblica, la funzione amministrativa disciplinata da "norme di diritto pubblico", ossia da quelle norme volte al perseguimento di uno scopo pubblico ed alla tutela di un interesse pubblico e, come tali, contrapposte alle norme di diritto privato.

Il secondo comma dell'art. 357 c.p., elenca alcuni dei principali criteri di massima per differenziare la nozione di "pubblica funzione" da quella di "servizio pubblico". Vengono quindi pacificamente definite come "funzioni pubbliche" quelle attività amministrative che rispettivamente ed alternativamente costituiscono esercizio di: a) poteri deliberativi; b) poteri autoritativi; c) poteri certificativi.

Alla luce dei principi sopra enunciati, si può affermare che la categoria di soggetti più problematica è certamente quella che ricopre una "pubblica funzione amministrativa". Per fornire un contributo pratico alla risoluzione di eventuali "casi dubbi", può essere utile ricordare che assumono la qualifica di Pubblici Ufficiali non solo i soggetti al vertice politico amministrativo dello Stato o di Enti territoriali, ma anche – sempre riferendoci ad un'attività di altro Ente pubblico retta da norme pubblicistiche – tutti coloro che, in base allo statuto nonché alle deleghe che esso consente, ne formino legittimamente la volontà e/o la portino all'esterno in forza di un potere di rappresentanza.

Dunque, soggetti pubblici che non formano o non manifestano la volontà della Pubblica Amministrazione e svolgono solo mansioni preparatorie alla formazione della volontà dell'Ente (es., segretari amministrativi, geometri, ragionieri e ingegneri) non rientrano nella categoria di "pubblici ufficiali" ma di "incaricati di un pubblico servizio".

Incaricati di un pubblico servizio

La definizione della categoria di "soggetti incaricati di un pubblico servizio" non è allo stato concorde in dottrina così come in giurisprudenza.

Volendo meglio puntualizzare tale categoria, è necessario far riferimento alla definizione fornita dal codice penale e alle interpretazioni emerse a seguito dell'applicazione pratica.

L'art. 358, c.p. al riguardo specifica che: "sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale".

Il "servizio", affinché possa definirsi pubblico, deve essere disciplinato – così come la "pubblica funzione" – da norme di diritto pubblico; tuttavia il servizio si caratterizza per l'assenza dei poteri certificativi, autorizzativi e deliberativi propri della pubblica funzione.

La legge, inoltre, precisa ulteriormente che non può mai costituire "servizio pubblico" lo svolgimento di "semplici mansioni di ordine" né la "prestazione di opera meramente materiale".

La giurisprudenza ha individuato una serie di "indici rivelatori" del carattere pubblicistico dell'Ente, per i quali è emblematica la casistica in tema di società per azioni a partecipazione pubblica.

In particolare si fa riferimento ai seguenti indici:

  • la sottoposizione ad un'attività di controllo e di indirizzo a fini sociali, nonché ad un potere di nomina e revoca degli amministratori da parte dello Stato o di altri enti pubblici;
  • la presenza di una convenzione e/o concessione con la Pubblica Amministrazione;
  • l'apporto finanziario da parte dello Stato;
  • la presenza dell'interesse pubblico in seno all'attività economica.

Sulla base di quanto sopra riportato, l'elemento discriminante per comprendere se un soggetto rivesta o meno la qualità di "incaricato di un pubblico servizio" è rappresentato, non dalla natura giuridica assunta o detenuta dall'Ente, ma dalle funzioni affidate al soggetto le quali devono consistere nella cura di interessi pubblici o nel soddisfacimento di bisogni di interessi generali.

I caratteri peculiari della figura dell'incaricato di un pubblico servizio possono essere, quindi, così sintetizzati:

• Incaricati di Pubblico Servizio

Sono tutti coloro che, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio.

• Pubblico Servizio

è un'attività:

• disciplinata da norme di diritto pubblico;

  • caratterizzata dalla mancanza di poteri deliberativi, autorizzativi e certificativi (tipici della Pubblica funzione amministrativa);
  • mirata alla cura di interessi pubblici o al soddisfacimento di bisogni di interesse generale;
  • non può mai costituire pubblico servizio lo svolgimento di semplici mansioni di ordine né la prestazione di opera meramente materiale.

Ai fini della presente trattazione, con l'espressione "Pubblica Amministrazione" deve, dunque, intendersi quel complesso di autorità, organi e agenti cui l'ordinamento affida la cura di interessi pubblici e che vengono individuati:

  • nelle istituzioni pubbliche nazionali, comunitarie e internazionali, intese come strutture organizzative aventi il compito di perseguire, con strumenti giuridici, gli interessi della collettività;
  • nei pubblici ufficiali, che a prescindere da un rapporto di dipendenza dallo Stato o da altro ente pubblico, esercitano una funzione pubblica legislativa, giudiziaria o amministrativa;
  • negli incaricati di pubbliche funzioni o servizi che svolgono un'attività riconosciuta come funzionale ad uno specifico interesse pubblico.

Le fattispecie dei reati nei rapporti con la Pubblica Amministrazione (artt. 24 e 25 del

Decreto)

La presente Parte Speciale -1- individua, nel dettaglio, le condotte criminose che possono configurare, nei rapporti tra TitanMet e la Pubblica Amministrazione e/o soggetti pubblici, le ipotesi di reato espressamente previste dalla normativa in oggetto.

Si provvede, di seguito, a fornire una breve descrizione delle singole fattispecie di reato, contemplate dagli artt. 24 e 25 del Decreto, con espressa indicazione dei comportamenti illeciti sanzionati dalle predette norme.

La responsabilità penale e amministrativa dell'ente, si estende, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5 del Decreto, a tutti i casi in cui i reati, di seguito indicati, vengano commessi, nella forma consumata o tentata, "nell'interesse o a vantaggio" della società.

Malversazione a danno dello Stato (art. 316 bis c.p.)

Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Caratteristiche del reato

Il reato in questione si configura nel caso in cui, dopo aver ricevuto finanziamenti, sovvenzioni o contributi, da parte dello Stato italiano, o da un Ente pubblico, o dall'Unione Europea, destinati alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non si proceda all'utilizzo delle somme ottenute per gli scopi o le attività cui erano destinate (la condotta, infatti, consiste nell'aver omesso di destinare, anche parzialmente, la somma ottenuta alle finalità previste, senza che rilevi che l'attività programmata si sia comunque svolta).

Scopo della norma è quello di reprimere le frodi successive all'ottenimento di prestazioni pubbliche aventi un interesse generale; tale interesse, infatti, risulterebbe vanificato qualora il vincolo di destinazione venisse eluso.

Ci si riferisce, infatti, a sovvenzioni, contributi o finanziamenti intesi come "attribuzioni di denaro a fondo perduto o caratterizzate da un'onerosità ridotta rispetto a quella derivante dall'applicazione delle ordinarie condizioni di mercato".

Per l'integrazione del reato è sufficiente che anche solo una parte dei fondi ricevuti sia impiegata per scopi diversi da quelli previsti, non rilevando in alcun modo che l'attività programmata sia stata comunque svolta.

Risultano altresì irrilevanti le finalità che l'autore del reato abbia voluto perseguire, poiché elemento soggettivo del reato medesimo è costituito dalla volontà di sottrarre risorse destinate a uno scopo prefissato.

Tenuto conto che il momento consumativo del reato coincide con la fase esecutiva, il reato stesso può configurarsi anche con riferimento a finanziamenti già ottenuti in passato che non vengano destinati alle finalità per cui erano stati erogati.

Più in generale, del reato di malversazione risponde una società che, in maniera non fraudolenta, riceve finanziamenti pubblici (siano essi regionali, statali o comunitari) da destinare a una particolare finalità, e volontariamente, distrae, anche solo in parte, il contributo economico ricevuto dalla finalità per la quale era stato inizialmente concesso.

Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316 ter c.p.)

Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'art. 640 bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a € 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da € 5.164 a € 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito.

Caratteristiche del reato

La condotta penalmente sanzionata si configura nel caso in cui la Società (anche tramite un soggetto esterno alla stessa) – mediante l'utilizzo di dichiarazioni (scritte o orali) o di altra documentazione materialmente e/o ideologicamente falsa ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute – consegua per sé o per altri, senza averne diritto, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo concessi o erogati dallo Stato o da altri Enti Pubblici o dall'Unione Europea.

In questo caso, contrariamente a quanto visto in merito al precedente (art. 316 bis c.p.), a nulla rileva l'uso che venga fatto delle erogazioni, poiché il reato si realizza con l'ottenimento dei finanziamenti.

Va evidenziato che tale fattispecie di reato costituisce un'ipotesi residuale rispetto alla truffa aggravata di cui all'art. 640 bis c.p. Si tratterà di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato tutte le volte in cui la condotta illecita sia posta in essere con le specifiche modalità previste dalla norma (utilizzo o presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, semplice omissione di informazioni dovute); si ricadrà, invece, nell'ipotesi di truffa aggravata (fattispecie più generale e più grave) qualora gli strumenti ingannevoli impiegati per ottenere le erogazioni pubbliche siano diversi da quelli considerati nell'art. 316 ter c.p., e riconducibili alla nozione di "artifici o raggiri" richiamata dall'art. 640 bis c.p.

La fattispecie in esame si configura come ipotesi residuale anche nei confronti del reato di truffa ai danni dello Stato (art. 640, comma 2, n. 1, c.p.), rispetto al quale l'elemento specializzante è dato non più dal tipo di artificio o raggiro, bensì dal tipo di profitto conseguito ai danni dell'Ente pubblico ingannato; profitto che, nella fattispecie più generale testé richiamata, non consiste nell'ottenimento di un'erogazione, ma in un profitto generico di qualsiasi natura.

Nella pratica, si pensi al caso di una richiesta di contributo alla provincia o ad altro ente pubblico, per l'acquisto di un autoveicolo o di un macchinario industriale, a sostegno del quale viene presentata dalla società una fattura recante l'indicazione di un prezzo maggiore di quello effettivo.

Concussione (art. 317 c. p.)

Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni.

Caratteristiche del reato

Tale fattispecie di reato si configura nel caso in cui un pubblico ufficiale, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringa un soggetto privato a promettere o procurare denaro o altre utilità non dovutegli.

A seguito della riforma di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190 è stato espunto dal novero dei soggetti attivi ex art. 317 c.p. l'incaricato di un pubblico servizio, ora indicato insieme al pubblico ufficiale, quale soggetto attivo nella fattispecie prevista dall'art. 319 quater c.p.

Nel reato di concussione, decisiva è la preminenza prevaricatrice esercitata dal pubblico ufficiale sulla controparte privata per creare o insinuare nel soggetto passivo uno stato di timore atto a eliderne la volontà.

Commette il reato di concussione il pubblico ufficiale preposto ad una ispezione il quale, nell'aver accertato una violazione normativa, prospetta alla società sottoposta all'accertamento conseguenze gravi, di natura penale o amministrativa, ove tale società non acceda alla richiesta di denaro o altrautilità.

La costrizione rilevante ai fini dell'integrazione della fattispecie in esame è, primariamente, la costrizione morale che si estrinseca attraverso la prospettazione di "una alternativa fra due mali, consistenti l'uno, in una condotta sfavorevole per la <<vittima>>", che il costrittore prospetta o ha già cominciato a compiere, e, l'altro, nella circostanza che la "vittima" dovrà a sua volta tenere una certa condotta se vuole evitare che il primo tenga, o continui a tenere, la propria".

Nel reato de quo non è possibile alcuna tipizzazione delle condotte concussive, dato che sia la posizione di preminenza del soggetto pubblico, sia quella di soccombenza del privato si possono manifestare nelle forme più eterogenee.

A titolo esemplificativo, tale fattispecie potrebbe essere integrata nell'ipotesi in cui un dipendente o un agente della Società concorra nel reato del pubblico ufficiale, il quale, approfittando di tale qualità, richieda a terzi prestazioni non dovute (sempre che tale comportamento sia posto in essere nell'interesse, anche non esclusivo, della Società).

Corruzione per l'esercizio della funzione (art. 318 c. p.)

Il pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sè o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da uno a sei anni.

Caratteristiche del reato

Tale ipotesi di reato, a differenza del reato di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio previsto dal successivo art. 319 c.p., configura una violazione del principio di correttezza e di imparzialità cui dovrebbe conformarsi l'attività della Pubblica Amministrazione, senza che la parzialità si trasferisca nell'atto, che resta l'unico strumento possibile per attuare interessi esclusivamente pubblici.

Inoltre, il reato di corruzione si distingue da quello di concussione poiché mentre in quest'ultimo il soggetto pubblico approfitta dello stato di timore creato nel soggetto passivo sì da viziarne o eliminarne la volontà o indurlo a compiere la pretesa illecita, nell'ambito della corruzione corrotto e corruttore agiscono su un piano di parità.

In sostanza, il delitto di corruzione in esame si consuma anche con la mera accettazione della promessa di ricevere denaro o altra utilità, senza che a questa promessa necessariamente si accompagni la dazione materiale.

Restano esclusi dal reato di corruzione gli omaggi di cortesia, purché questi siano di modico valore in modo che si possa escludere l'ipotesi che essi rappresentino corrispettivi dell'atto di ufficio.

Il reato previsto dall'art. 318 c.p., così come quello previsto dal successivo art. 319 c.p., è stato inserito nelle previsioni del Decreto – anche se reato tipico della Pubblica Amministrazione – poiché anche soggetti facenti parte di società a carattere privato e investite dello svolgimento di un pubblico servizio sono equiparate a pubblici funzionari ovvero a incaricati di un pubblico servizio.

Integra, dunque, il reato in esame il funzionario pubblico che accetta una dazione di denaro, o anche solo la sua promessa, al fine di accelerare il rilascio di una pratica (di un'autorizzazione o di un atto del suo ufficio) necessaria per l'espletamento dell'attività aziendale, ovvero di fare seguire alla pratica un iter preferenziale rispetto al normale.

Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319 c.p.)

Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni.

Caratteristiche del reato

A differenza del reato previsto dall'art. 318 c.p., in precedenza esaminato, il reato de quo si verifica allorquando un pubblico ufficiale italiano o estero riceva, per sé o per altri, denaro o altra utilità per compiere un "atto non dovuto", anche se formalmente regolare, determinando un vantaggio in favore del corruttore.

L'atto contrario ai doveri di ufficio comprende qualsiasi comportamento del pubblico ufficiale che sia in contrasto con norme giuridiche o con istruzioni di servizio: di talché, ai fini della configurabilità del reato, non è necessario che l'atto d'ufficio o contrario ai doveri d'ufficio sia ricompreso nelle specifiche mansioni del pubblico ufficiale, essendo sufficiente che tale atto rientri nelle competenze dell'ufficio a cui appartiene ed in relazione al quale il funzionario pubblico abbia o possa avere una qualche possibilità di ingerenza, sia pure di mero fatto.

Per esempio, si è ritenuto sussistente il reato in oggetto nel caso in cui il dirigente dell'ufficio compartimentale delle imposte dirette dava disposizioni, in forza dell'accordo criminoso con il corruttore, per definire in fretta la verifica in corso presso una società in modo da impedire il completo controllo fiscale e contabile.

Ancora, nel caso di ispezioni, verifiche, da parte di pubblici ufficiali vengano fatte promesse di denaro o di altre utilità per omettere determinati accertamenti o atti dell'ufficio da parte dei soggetti a ciò preposti.

Mentre le piccole regalie d'uso possono escludere il reato di corruzione per il compimento di un atto d'ufficio, previsto dall'art. 318 c.p., lo stesso non può dirsi nel caso di specie. L'esame inteso ad accertare se il donativo o la promessa del donativo abbia assunto l'aspetto di pura cortesia, è ammissibile solo se l'atto richiesto o compiuto dal pubblico ufficiale sia un atto dovuto. Solo nel primo caso, infatti, è possibile ritenere che il piccolo donativo di cortesia non abbia avuto influenza nella formazione dell'atto stesso.

Circostanze aggravanti (art. 319 bis c.p.)

La pena è aumentata se il fatto di cui all'articolo 319 c.p. ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene nonché il pagamento o il rimborso di tributi.

La circostanza aggravante prevista dalla norma in oggetto, rileva nei casi in cui l'accordo delittuoso tra il pubblico ufficiale corrotto e il privato corruttore abbia ad oggetto impieghi pubblici, stipendi, pensioni, contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene, nonché il pagamento o rimborso di tributi.

Corruzione in atti giudiziari (art. 319 ter c.p.)

Se i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni.

Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da sei a quattordici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da otto a venti anni.

Caratteristiche del reato

È opportuno sottolineare che il reato in esame non costituisce una circostanza aggravante rispetto ai reati di cui agli artt. 318 e 319 c.p., ma costituisce una fattispecie del tutto autonoma, in quanto scopo della norma è quello di garantire lo svolgimento imparziale dell'attività giudiziaria.

A questo proposito si ricorda che la qualità di "parte" in un processo penale sia da riconoscere non solo all'imputato, ma anche all'indagato e a chi dovrebbe rivestire tale qualità.

La norma, inoltre, non opera alcuna distinzione – come possibili autori del reato – fra diverse tipologie di pubblici ufficiali. Di conseguenza, si configura tale reato nel caso in cui una società sia parte di un procedimento giudiziario e, al fine di ottenere un vantaggio nel procedimento stesso, corrompa un pubblico ufficiale (non solo un magistrato, ma anche un cancelliere o altro funzionario dell'ufficio).

A titolo esemplificativo, la fattispecie in esame potrebbe ritenersi integrata nel caso in cui un funzionario di TitanMet offrisse denaro ad un magistrato chiedendo in cambio il ritiro di determinati capi d'accusa nei confronti di un soggetto apicale della Società imputato in un procedimento penale.

Induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319 quater c.p.)

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da tre a otto anni.

Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni.

Detta fattispecie di reato, introdotta dal d.lgs. 6 novembre 2012, n. 190, si realizza nel momento in cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio inducono un soggetto a dare o promettere indebitamente denaro o altra utilità. In questo caso rispondono del reato sia il pubblico ufficiale (o l'incaricato di pubblico servizio), sia il privato che è stato indotto a dare o promettere denaro o altra utilità.

Esempio: un soggetto riconducibile alla Società, allo scopo di ottenere informazioni riservate su una procedura da un pubblico ufficiale, assume una persona segnalata espressamente da quest'ultimo.

Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.)

Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio. In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore a un terzo.

Tale norma è autonoma rispetto all'art. 318 c.p. e all'art. 319 c.p. Essa riprende, mitigando le pene, le condotte contemplate dai predetti articoli, specificando che i soggetti attivi del reato possono essere anche incaricati di un pubblico servizio.

I reati di corruzione di incaricato di un pubblico servizio rimangono, quindi, astrattamente meno gravi rispetto a quelli del pubblico ufficiale, considerata la previsione di una riduzione in misura non superiore ad un terzo.

Pene per il corruttore (art. 321 c.p.)

Le pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'articolo 319, nell'articolo 319 bis, nell'articolo 319 ter e nell'articolo 320 in relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il denaro o altra utilità.

Le pene stabilite in materia di corruzione e concussione si estendono anche al soggetto corruttore. Dunque, ai fini dell'applicabilità dell'art. 321 c.p., e della conseguente responsabilità penale del privato corruttore, non ha rilevanza il fatto che il funzionario pubblico resti eventualmente ignoto o vi siano dubbi circa la sua effettiva partecipazione al fatto criminoso. In questo caso, la punibilità del corruttore resta salva.

Istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.)

Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti, a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 318, ridotta di un terzo.

Se l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio a omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'articolo 319, ridotta di un terzo.

La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l'esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri. La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall'articolo 319.

Caratteristiche del reato

Tale ipotesi di reato rappresenta una "forma anticipata" del reato di corruzione. In particolare, il reato di istigazione alla corruzione si configura tutte le volte in cui, in presenza di un comportamento finalizzato alla commissione di un atto di corruzione, questo non si perfezioni, in quanto il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio rifiuta l'offerta o la promessa non dovuta e illecitamente avanzatagli per indurlo a compiere ovvero a omettere o ritardare un atto del suo ufficio.

Per la configurabilità del reato occorre tener conto dell'entità del compenso offerto, delle qualità del destinatario, della sua posizione economica e di ogni altra connotazione relativa al caso concreto.

A seguito della nuova formulazione dell'art. 322 c.p., introdotto con legge 26 aprile 1990, n. 86, non è più configurabile il tentativo in relazione al delitto di corruzione, rientrando tale ipotesi nel delitto di istigazione alla corruzione, in quanto considerata fattispecie speciale e autonoma rispetto al tentativo di corruzione.

Ciò sta a significare che, la serietà di un'offerta di denaro e l'idoneità della stessa a indurre il destinatario al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio è già, di per sé, sufficiente ad integrare il reato in oggetto.

Si precisa che integra la figura criminosa della corruzione anche la proposta illecita fatta da un soggetto terzo, che si interpone in veste di intermediario.

Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri (art. 322 bis c.p.)

Le disposizioni degli articoli 314, 316, da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma, si applicano anche:

  • ai membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di Giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee;
  • ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee;
  • alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee,
  • ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei trattati che istituiscono le Comunità europee;
  • a coloro che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea, svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio.

Le disposizioni degli articoli 319 quater, secondo comma, 321 e 322, primo e secondo comma, si applicano anche se il denaro o altra utilità è dato, offerto o promesso:

  • alle persone indicate nel primo comma del presente articolo;
  • a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali ovvero al fine di ottenere o di mantenere un'attività economica o finanziaria.

Le persone indicate nel primo comma sono assimilate ai pubblici ufficiali, qualora esercitino funzioni corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico servizio negli altri casi.

La norma in oggetto, introdotta con legge 29 settembre 2000, n. 300 e modificata dalla legge 20 dicembre 2012, n. 237, estende a tutte le categorie dei soggetti ivi elencati (Stati esteri, Organi della Comunità europea e funzionari comunitari) l'applicabilità delle norme in materia di reati di corruzione, concussione, istigazione alla corruzione, di cui alla presente trattazione. L'art. 322 bis del codice penale assimila, ai fini della configurabilità dei reati di cui ai punti precedenti, ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio dello stato italiano: i membri degli organi comunitari (Parlamento, Commissione, Corte di Giustizia e Corte dei Conti della UE); i funzionari e gli agenti delle Comunità europee; gli esponenti di Stati membri presso le Comunità europee; i membri degli enti costituiti sulla base di trattati comunitari; i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio di Stati membri delle Comunità Europee.

Il secondo comma della norma estende la configurabilità dei reati di corruzione e di istigazione alla corruzione anche al caso in cui destinatari di denaro o di altre utilità siano soggetti di altri Stati esteri che esercitino funzioni assimilabili a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio e la dazione avvenga con l'intento di ottenere un indebito vantaggio nell'ambito di operazioni economiche internazionali.

Truffa (art. 640, comma 2, n. 1, c.p.)

Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da € 51 a € 1.032.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da € 309 a € 1.549:

se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare.

2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'autorità; 2 bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all'articolo 61, numero 5).

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, primo comma, numero 7.

Caratteristiche del reato

La condotta incriminata consiste nel ricorrere a qualsiasi tipo di "artifizio" o "raggiro" (menzogna, silenzio, inganno atto a sorprendere l'altrui buona fede allo scopo di indurre in errore lo Stato (oppure altro ente pubblico o l'Unione Europea), al fine di ottenere un indebito profitto con altrui danno.

La truffa si configura come un reato istantaneo e di danno, che si esplicita con l'effettivo conseguimento del vantaggio da parte dell'autore della truffa e la definitiva perdita di natura patrimoniale (c.d. deminutio patrimonii) da parte dello Stato o di altro ente pubblico.

In questo modo, potendo il profitto e il danno verificarsi in due momenti diversi, il reato di truffa si perfeziona non con l'azione tesa al profitto, ma con la realizzazione del danno medesimo.

Quest'ultimo, poi, deve avere contenuto patrimoniale, cioè concretizzarsi in un pregiudizio per il patrimonio del soggetto passivo, a differenza del profitto, che può consistere anche nel soddisfacimento di un qualsiasi interesse, sia pure soltanto psicologico o morale dell'agente.

Si tratta, in questo caso, di una fattispecie generica di truffa (art. 640 c.p.), aggravata dal fatto che il danno economico derivante dai raggiri è recato allo Stato, ad altro ente pubblico (anche ente pubblico economico) o all'Unione Europea.

Ricorre l'ipotesi in oggetto nel caso di chi riscuote dallo Stato somme non dovute, mediante esibizione di ordini di pagamento contenenti false indicazioni o false attestazioni.

Ancora, nel caso in cui una società, attraverso fatturazioni per operazioni inesistenti, al fine di conseguire il regime agevolato dell'iva sulle merci acquistate, simuli la qualità di esportatore abituale, al fine di rivendere a prezzi maggiormente competitivi la merce. In questo caso l'Erario (soggetto passivo) subisce un nocumento patrimoniale a seguito degli artifizi e raggiri posti in essere dalla società.

Si pensi, ancora, ad artifizi o raggiri tali da ottenere false indennità o garanzie non dovute da parte di un ente pubblico.

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis

c.p.)

La pena è della reclusione da due a sette anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.

Caratteristiche del reato

Il reato in oggetto si verifica allorquando i fatti di cui al precedente art. 640 c.p., riguardano l'ottenimento di contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri Enti Pubblici o dall'Unione Europea.

L'elemento specializzante rispetto al reato di truffa ex art. 640 c.p., è costituito dall'oggetto materiale della frode. Si evidenzia che per "erogazione pubblica" si intende "ogni attribuzione economica agevolata erogata da parte dello Stato da altri Enti Pubblici o dalla Comunità europea", finalizzata alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di interesse pubblico.

Dal punto di vista oggettivo, per la sussistenza del reato è richiesta la presenza di artifici o raggiri idonei a indurre in errore l'ente erogante (ad esempio, comunicando dati non veri o predisponendo una documentazione falsa al fine di ottenere finanziamenti pubblici).

Dunque, l'art. 640 bis c.p., dando luogo ad un'ipotesi di reato a sé stante, comprende tutti i casi di truffa in danno a organismi pubblico-comunitari.

A titolo esemplificativo, si pensi al caso di un dipendente di TitanMet, che, allo scopo di ottenere delle erogazioni pubbliche, induce volontariamente in inganno i pubblici funzionari dell'ufficio competente a decidere della domanda, attraverso un'attestazione, contraria al vero, dell'esistenza di determinate situazioni patrimoniali, necessarie per accedere all'erogazione.

Frode informatica (art. 640 ter c.p.)

Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549 se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell'articolo 640, ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.

La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 600 a euro 3.000 se il fatto è commesso con furto o indebito utilizzo dell'identità digitale in danno di uno o più soggetti.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo e terzo comma o taluna delle circostanze previste dall'articolo 61, primo comma, numero 5, limitatamente all'aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all'età, e numero 7.

Caratteristiche del reato

La fattispecie in questione è volta a reprimere le ipotesi di illecito arricchimento ottenuto per il tramite dell'impiego fraudolento di un sistema informatico, fenomeno questo che si realizza in una interferenza che può avvenire tanto in fase di raccolta ed inserimento di dati, nonché di elaborazione, quanto in fase di emissione.

La condotta criminosa consiste: a) in qualsiasi alterazione del funzionamento di un sistema informatico; b) nell'intervenire senza averne il diritto su dati, informazioni o programmi contenuti nel sistema o ad essi pertinenti procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto con danno altrui.

La frode informatica, pertanto, si consuma nel momento in cui l'agente consegue l'ingiusto profitto a seguito di un danno patrimoniale altrui e postula necessariamente la manipolazione del sistema informatico danneggiato.

In relazione alle modalità della condotta, si pensi alla manipolazione dei dati inseriti nel sistema informatico attraverso la loro alterazione o la loro immissione abusiva, o anche in un intervento illecito sul sistema operativo affinché questo operi in maniera differente rispetto alla sua progettazione, ciò, ovviamente, al fine di procurare un qualsiasi interesse o un vantaggio a favore della società.

Le Attività Sensibili di TitanMet con riferimento ai rapporti con la Pubblica Amministrazione.

I reati di cui agli artt. 24 e 25 del Decreto, che possono far sorgere la responsabilità amministrativa e penale della società, prevedono come presupposto l'instaurazione di rapporti con la Pubblica Amministrazione e/o con soggetti pubblici (italiani e/o esteri).

A seguito dei rapporti che TitanMet intrattiene con la Pubblica Amministrazione o con soggetti che svolgono una pubblica funzione o un pubblico servizio, sono state individuate, in sede di valutazione, per ciascuna area aziendale, "le attività nel cui ambito possono essere commessi i predetti reati" (art. 6 del Decreto).

Le principali Attività Sensibili che TitanMet ha individuato al proprio interno sono le seguenti:

  • richiesta e rilascio alle PA di autorizzazioni, concessioni e licenze (e.g.: autorizzazione videosorveglianza sui luoghi di lavoro, licenze edilizie), anche attraverso soggetti terzi;
  • richiesta e gestione di finanziamenti pubblici;
  • gestione dei rapporti con le Autorità pubbliche di Vigilanza (in particolare: Borsa, Consob, Banca d'Italia);
  • gestione del credito e del contenzioso contrattuale con la PA (e.g.: sollecito, accordi transattivi, ecc.), anche tramite soggetti esterni;
  • gestione dei rapporti con l'Autorità Giudiziaria, anche attraverso soggetti esterni quali, ad esempio, i consulenti legali;
  • gestione del contenzioso stragiudiziale e/o giudiziale;
  • gestione dei rapporti in occasione di accertamenti, ispezioni e verifiche (e.g.: Agenzia delle Entrate o Guardia di Finanza);
  • gestione degli aspetti fiscali e tributari con l'Amministrazione Finanziaria, anche tramite professionisti esterni;
  • gestione del personale;
  • gestione delle risorse finanziarie;
  • gestione degli acquisti di beni e servizi;
  • gestione della consulenza professionale;
  • partecipazioni a iniziative promosse dalle Pubbliche Amministrazioni (e.g.: meeting organizzati da enti pubblici, partecipazioni a convegni);
  • gestione delle sponsorizzazioni, degli omaggi, delle liberalità;
  • gestione della raccolta, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti, anche tramite outsourcer (ad es. trasportatori, smaltitori).

In via cautelativa, si ritiene utile che il Modello presidi anche attività che potrebbero essere compiute attraverso società controllate, i cui effetti giuridici potrebbero prodursi direttamente in capo alla holding. Non essendo determinabili preventivamente gli scenari strategici verso i quali potrà indirizzarsi TitanMet (l'oggetto sociale è, fondamentalmente, l'acquisizione di partecipazioni a trecentosessanta gradi e, pertanto, non previamente catalogabili), si ritiene di poter indicare, per finalità di prevenzione e sulla base delle best practices in materia, le seguenti ulteriori attività sulle quali ipotizzare sin d'ora presidi di controllo da proiettare ove necessario sulle controllate. In particolare, i presidi, già definiti dalla parte speciale andranno poi attuati solo allorquando la mission della controllata imponga l'attenzione della controllante sulla attività specifica.

La previsione di presidi su ipotetiche attività delle controllate – tutte dotate di idoneo Modello organizzativo – è certamente una soluzione sui generis, ma tiene conto della peculiarità dell'oggetto sociale di TitanMet. La Società, invero, in caso di nuove acquisizioni in nuovi settori merceologici che prevedono scenari di business al momento sconosciuti, non dovrà essere costretta a continui aggiornamenti/revisioni del proprio Modello Organizzativo, ma potrà attingere a quanto già contemplato nel Modello medesimo.

Ciò posto, non può escludersi la necessità di dover comunque implementare il Modello Organizzativo in caso di attività che impongano l'adozione di presidi non contemplati e, ad oggi, non ipotizzabili.

Alla luce di quanto sopra, le attività sensibili meramente "ipotetiche" che è possibile prevedere sono le seguenti:

  • gestione delle autorizzazioni e dei provvedimenti abilitativi richiesti ad Enti pubblici;
  • gestione dei rapporti contrattuali con la Pubblica Amministrazione o con altro Ente pubblico;
  • gestione della partecipazione a procedure ad evidenza pubblica, anche in ATI;
  • gestione dei finanziamenti richiesti a Enti Pubblici territoriali ed UE.

Eventuali integrazioni delle suddette aree di attività a rischio potranno essere disposte dall'Organismo di Vigilanza di TitanMet previa informativa al Presidente e successiva approvazione del Consiglio di Amministrazione.

I principi di riferimento e di attuazione delle condotte nelle "aree a rischio reato"

La presente Parte Speciale -1- vieta agli Amministratori, ai Dirigenti e al personale Dipendente di TitanMet, nonché ai Collaboratori e ai Consulenti interni e/o esterni, della società di:

• porre in essere comportamenti tali da integrare, nella forma consumata o tentata, le fattispecie di reato di cui agli artt. 24 e 25, del Decreto, nell'interesse o a vantaggio della società;

  • porre in essere qualsiasi situazione di conflitto di interessi con la Pubblica Amministrazione in relazione a quanto previsto dalle suddette ipotesi di reato;
  • porre in essere comportamenti tali da compromettere l'integrità o la reputazione della società nei rapporti con la Pubblica Amministrazione e/o con soggetti pubblici.

Definizione delle procedure per la prevenzione dei reati contro la Pubblica Amministrazione

TitanMet ha in adottato procedure specifiche (infra descritte) per la prevenzione dei reati rilevanti ai sensi del Decreto nelle predette attività sensibili.

Elementi essenziali delle procedure per la formazione e l'attuazione delle decisioni

relative alle operazioni a rischio

Il sistema delle deleghe e dei poteri aziendali

Per "delega" si intende quell'atto interno di attribuzione di funzioni e compiti, riflesso nel sistema di comunicazioni organizzative.

Per "potere aziendale" si intende la gestione realizzata attraverso la procura ovvero il negozio giuridico unilaterale con cui la società attribuisce ad un soggetto dei poteri di rappresentanza nei confronti dei terzi.

Ai titolari di una funzione aziendale che necessitano, per lo svolgimento dei loro incarichi, di poteri di rappresentanza, sono conferite delle procure di estensione adeguate e coerenti con le funzioni ed i poteri di gestione attribuiti al titolare attraverso la delega.

Il sistema delle deleghe e dei poteri aziendali è caratterizzato da elementi di "certezza" ai fini della prevenzione dei reati di cui agli artt. 24 e 25 del Decreto; esso deve assicurare – in termini di puntuale determinazione di responsabilità e competenze – una chiara e trasparente rappresentazione del processo aziendale di formazione e di attuazione delle decisioni, e deve consentire la gestione efficiente dell'attività aziendale.

Ai fini di una efficace prevenzione dei reati di cui agli artt. 24 e 25 del Decreto, il sistema di deleghe deve rispondere ai seguenti requisiti:

  • tutti coloro che intrattengono per conto di TitanMet rapporti con la Pubblica
  • Amministrazione e/o con soggetti pubblici devono essere dotati di formale delega;
  • ciascuna delega deve definire in modo specifico ed inequivoco i poteri del delegato, il soggetto (organo o individuo) cui il delegato riporta gerarchicamente ed, eventualmente, gli altri soggetti ai quali le deleghe sono congiuntamente o disgiuntamente conferite;
  • i poteri gestionali assegnati con le deleghe e la loro attuazione deve essere coerente con gli obiettivi e le politiche aziendali di TitanMet;
  • il delegato deve disporre di poteri di spesa ed amministrativi adeguati alle funzioni conferitegli.

Anche l'attribuzione delle procure, ai fini di un'efficace prevenzione dei reati di cui agli artt. 24 e 25 del Decreto, deve rispondere ai principi di seguito indicati:

• le procure devono coniugare ciascun potere di gestione alla relativa responsabilità e ad una posizione adeguata nell'organigramma ed essere aggiornate in conseguenza dei mutamenti organizzativi;

• le procure, sia speciali che generali, devono essere conferite esclusivamente a soggetti dotati didelega;

• le procure devono contenere una descrizione dettagliata dei poteri di gestione conferiti;

• ai titolari delle procure devono essere riconosciuti poteri di spesa adeguati alle funzioni conferite;

• le procure possono essere conferite a persone fisiche espressamente individuate oppure a persone giuridiche, che agiranno a mezzo di propri procuratori investiti, nell'ambito della stessa, di analoghi poteri;

• nel caso di mutamento delle deleghe, gli interessati sono tenuti a non esplicitare i poteri previsti dalle procure relative al precedente incarico.

L'Organismo di Vigilanza di TitanMet provvederà periodicamente, con il supporto delle altre funzioni aziendali competenti, a verificare la funzionalità del sistema delle deleghe e delle procure in vigore all'interno della società, e a rilevarne la loro coerenza con tutto il sistema delle comunicazioni interne aziendali, raccomandando eventuali modifiche nel caso in cui il potere gestorio e/o la qualifica non corrisponda ai poteri di rappresentanza conferiti al titolare o qualora riscontri altre anomalie.

Individuazione del Responsabile Interno

Si deve osservare che i rapporti con la Pubblica Amministrazione o con i terzi nell'ambito dello svolgimento di una pubblica funzione – coerentemente ai principi del Decreto – devono essere gestiti in modo unitario e di essi deve essere data debita evidenza.

In particolare, i Responsabili delle Direzioni cui fanno capo le aree sensibili considerate devono:

  • comunicare attraverso la redazione di report informativi all'Organismo di Vigilanza qualunque anomalia o criticità riscontrata nel corso dello svolgimento dell'attività nell'ambito della funzione di competenza;
  • verificare la concreta ed efficace attuazione nell'ambito delle direzioni e/o funzioni di competenza – delle procedure aziendali e dei principi di cui al presente Modello di organizzazione e gestione.

I principi generali di comportamento

In relazione ai reati contro la Pubblica Amministrazione, agli Organi Sociali ed ai Dirigenti di TitanMet, in via diretta, ai lavoratori dipendenti, ai collaboratori e ai consulenti esterni è fatto divieto di:

  • porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali che considerati individualmente o collettivamente – integrino direttamente o indirettamente, le fattispecie di reato rientranti tra quelle considerate nella presente Parte Speciale -1-;
  • porre in essere comportamenti che, anche se non integranti le figure di reato espressamente previste nella presente Parte Speciale -1- possono essere connotati da profili di illiceità;
  • violare le regole previste dalle procedure aziendali specifiche, dal Codice Etico ed in generale dalla documentazione adottata in attuazione dei principi di riferimento contemplati nella presente Parte Speciale -1-;
  • violare i principi codificati nel Codice Etico e nel presente Modello di organizzazione e gestione;
  • tenere rapporti con la Pubblica Amministrazione, se non da parte dei soggetti a ciò deputati secondo la struttura organizzativa della Società, ordini di servizio o eventuali deleghe;
  • effettuare promesse di pagamento o pagamenti in denaro, anche indiretti, a pubblici funzionari e/o a soggetti pubblici o a terzi in genere volti a influenzare un atto di ufficio e/o

a ottenere favori illegittimi, promesse, o comunque utilità di qualsiasi genere a favore della società;

  • porre in essere situazioni di potenziale conflitto di interessi con la Pubblica Amministrazione e/ o con esponenti pubblici;
  • accettare e/o distribuire omaggi o regalie, che non corrispondono, in alcun modo, alla prassi aziendale, tali cioè da eccedere le normali pratiche commerciali o di cortesia; in particolare, è vietato consegnare ai rappresentanti della Pubblica Amministrazione (italiana e straniera) omaggi o regalie tali da rischiare di compromettere l'integrità e la terzietà delle parti;
  • versare a chiunque, a qualsiasi titolo, somme o consegnare altre utilità per rendere meno onerosa l'esecuzione e/o la gestione di rapporti contrattuali con la Pubblica Amministrazione rispetto a quanto previsto dalla legge, ovvero dagli obblighi assunti nei contratti;
  • accordare vantaggi di qualsiasi natura (quali ad esempio promesse di assunzione) in favore di rappresentanti della Pubblica Amministrazione italiana o straniera;
  • fornire dichiarazioni, documenti, atti, certificati e informazioni non veritieri; in ogni caso, è vietato compiere qualsiasi atto che possa trarre in inganno la Pubblica Amministrazione nella concessione di erogazioni o effettuazioni di pagamenti di qualsiasi natura;
  • porre in essere comportamenti indebiti volti ad ottenere, tramiti artifizi o raggiri, vantaggi di qualsiasi natura per la società, anche di carattere non necessariamente patrimoniale;
  • destinare somme ricevute da organismi pubblici nazionali o comunitari a titolo di erogazioni, contributi o finanziamenti per scopi diversi da quelli cui erano destinati;
  • alterare il funzionamento dei sistemi informatici o telematici, intervenendo illegalmente con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi, al solo fine di procurare un indebito vantaggio aTitanMet.

I principi di riferimento relativi alle procedure aziendali specifiche in relazione alle c.d. "aree sensibili".

L'attuazione dei principi elencati nel precedente capitolo, oltre che dei principi già illustrati nella Parte Generale del presente Modello e nel Codice Etico, richiede – con riferimento alle singole Attività Sensibili individuate all'interno di TitanMet– l'adozione di specifiche procedure aziendali che definiscano gli standard a cui le Direzioni e le Unità organizzative aziendali devono conformarsi nello svolgimento dei rapporti con la Pubblica Amministrazione.

In generale, le procedure aziendali devono provvedere a:

  • definire con chiarezza ruoli e competenze delle funzioni responsabili della gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione o con pubblico soggetti pubblici, in modo da garantire il rispetto del principio della "segregazione funzionale - contrapposizione degli interessi";
  • individuare la funzione e la persona fisica deputata a rappresentare TitanMet nei rapporti con la Pubblica Amministrazione o con soggetti pubblici, cui conferire apposita delega e/o procura, e stabilire specifiche forme di compiti, di responsabilità e di riporto periodico dell'attività svolta sia verso l'Organismo di Vigilanza che verso il Responsabile della funzione e/o direzione competente a gestire tali rapporti;
  • prevedere idonei sistemi di controllo (quali ad esempio la compilazione di schede informative, l'indizione di apposite riunioni, la verbalizzazione delle principali statuizioni) che consentano di verificare, in qualsiasi momento, la regolarità delle richieste di informazioni avanzate da TitanMet nei confronti degli uffici competenti della Pubblica Amministrazione, ovvero delle richieste avanzate nei confronti di TitanMet da esponenti della Pubblica Amministrazione;
  • verificare ed accertare che tutti coloro che intrattengono per conto di TitanMet rapporti con la Pubblica Amministrazione dispongano di poteri di spesa adeguati alle funzioni loro delegate;
  • assicurare la correttezza e veridicità dei documenti e delle informazioni fornite da TitanMet nei confronti della Pubblica Amministrazione o di altro soggetto pubblico;
  • documentare in modo idoneo, su supporto cartaceo o informatico, i principali adempimenti eseguiti dalla funzione e/o Direzione di TitanMet nel corso delle relazioni o dei contatti stretti con la Pubblica Amministrazione o con soggetti pubblici;
  • garantire che i documenti riguardanti l'attività nei confronti della Pubblica Amministrazione o di soggetti pubblici sia archiviata e conservata a cura della funzione competente, con modalità tali da non permetterne la modificazione successiva, se non con apposita evidenza;
  • prevedere che l'accesso ai documenti, di cui al punto precedente, già archiviati, sia sempre motivato e consentito solo al soggetto competente in base alle norme interne, o a un suo delegato, al Collegio Sindacale e all'Organismo di Vigilanza;
  • contemplare specifici flussi informativi tra le Direzioni e/o funzioni coinvolte in un'ottica di collaborazione, vigilanza reciproca e coordinamento;
  • denunciare direttamente all'Organismo di Vigilanza le anomalie riscontrate nel corso dell'attività inerente la conclusione di contratti con la Pubblica Amministrazione o con altro Ente pubblico;
  • vietare la corresponsione di compensi, provvigioni, o commissioni a Consulenti esterni, collaboratori o soggetti pubblici in misura non congrua rispetto alle prestazioni rese in favore di TitanMet e non conformi all'incarico conferito, da valutare in base a criteri di ragionevolezza e in riferimento alle condizioni o prassi esistenti sul mercato o determinate da tariffe;
  • sanzionare tutti i comportamenti in contrasto con i principi di cui alla presente Parte Speciale -1-.

Gestione delle autorizzazioni e dei provvedimenti abilitativi richiesti ad Enti Pubblici

Nella gestione delle autorizzazioni e dei provvedimenti abilitativi richiesti ad Enti Pubblici è obbligo agire tenendo conto dei seguenti criteri teleologici:

  • in caso di accordi con la Pubblica Amministrazione e/o con soggetti pubblici prevedere la descrizione dettagliata delle attività e dei controlli volti a conoscere e valutare la controparte contrattuale e l'effettività dell'operazione commerciale svolta, dando evidenza in ordine all'accordo raggiunto, alle condizioni economiche, ai limiti e alle reciproche responsabilità dei soggetti coinvolti;
  • definire in modo dettagliato contenuti e limiti della delega e/o procura conferita alla funzione organizzativa o alla persona fisica individuata a tal uopo da TitanMet;
  • prevedere che si proceda ad una corretta verifica in ordine alla completezza dei dati e dei documenti acquisiti e/o consegnati alla Pubblica Amministrazione;
  • garantire che i mezzi di pagamento utilizzati siano quelli previsti dalla prassi commerciale e dalle procedure aziendali adottate da TitanMet;
  • documentare in modo idoneo, su supporto cartaceo o informatico, i principali adempimenti eseguiti dalla Direzione e/o funzione nel corso dell'attività, fornendo periodicamente informazioni, mediante la redazione di appositi report di evidenza, direttamente all'Organismo di Vigilanza;

Tali criteri si applicano anche in relazione alla gestione della raccolta, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti, anche tramite outsourcer, nonché alla gestione degli aspetti fiscali e tributari con l'Amministrazione Finanziaria, anche tramite professionisti esterni.

Richiesta e gestione di finanziamenti pubblici

Nella richiesta e gestione di finanziamenti pubblici, è obbligo:

• che il Responsabile della procedura controlli che le dichiarazioni e la documentazione presentati per ottenere il finanziamento o il contributo siano corrette, veritiere e complete, sì da rappresentare la reale ed effettiva situazione economica, patrimoniale e finanziaria della Società;

  • che la richiesta possa essere avanzata solo per conseguire finalità coerenti con l'oggetto sociale della Società;
  • che le risorse ottenute quale contributo o finanziamento pubblico siano destinate esclusivamente alle iniziative e al perseguimento delle finalità in relazione alle quali sono state richieste.

Gestione dei rapporti con le Autorità pubbliche di Vigilanza (in particolare, Borsa, Consob, Banca d'Italia).

Nella gestione dei rapporti con le Autorità Pubbliche di Vigilanza è necessario:

  • in relazione a ogni operazione, stabilire tempi e modalità delle comunicazioni da effettuare nei confronti delle Autorità di Vigilanza;
  • individuare le funzioni e/o le persone deputate a gestire tali adempimenti;
  • definire in modo dettagliato, contenuti e limiti della delega e/o procura conferita alla funzione organizzativa o alla persona fisica individuata a tal uopo da TitanMet;
  • documentare l'attività svolta nel corso dell'attività, mediante linee di reporting informativo, dal quale devono risultare i nominativi dei funzionari incontrati, i documenti richiesti e/o consegnati, i soggetti coinvolti nonché una relazione di TitanMet delle informazioni verbali richieste e/o fornite;
  • redigere periodicamente appositi report di evidenza, da comunicare direttamente all'Organismo di Vigilanza, riepilogativi dei rapporti intrattenuti;
  • che possano intrattenere rapporti con la PA esclusivamente i soggetti preventivamente identificati e autorizzati dalla Società;
  • che i soggetti autorizzati riferiscano, anche verbalmente, gli incontri intrattenuti con rappresentati della PA e gli elementi chiave emersi durante gli incontri al responsabile gerarchico e funzionale.

Gestione del credito e del contenzioso contrattuale con la Pubblica Amministrazione (e.g. sollecito, accordi transattivi, ecc.), anche tramite soggetti esterni.

In relazione a tale rischio, i Destinatari sono obbligati a:

  • individuare per ogni credito o contenzioso il Responsabile della procedura, al quale saranno attribuiti i necessari poteri di rappresentanza dell'ente e di coordinamento degli eventuali interventi di professionisti esterni;
  • identificare le modalità (ad esempio: invio di richiesta scritta, ovvero mero sollecito verbale) attraverso le quali rivolgersi alla Pubblica Amministrazione per dare avvio alla procedura di recupero;
  • individuare precisamente e previamente i soggetti autorizzati a concordare un eventuale piano di rientro con la Pubblica Amministrazione;
  • verificare che ogni operazione espletata dai soggetti di cui al punto precedente sia documentata, tracciabile e conservata in specifici e riservati archivi;
  • verificare che sin dall'inizio del procedimento l'Organismo di Vigilanza sia puntualmente informato di ogni operazione effettuata, ovvero della presenza di eventuali criticità.

Analoghe procedure valgono relativamente alla gestione dei rapporti con l'Autorità Giudiziaria, anche attraverso soggetti esterni (ad es. consulenti legali).

Gestione del contenzioso giudiziale e stragiudiziale

Un eventuale contenzioso giudiziale o stragiudiziale dovrà essere gestito sulla base dei seguenti criteri:

• il reporting periodico da parte dell'Ufficio Legale verso il Presidente e verso l'Organismo di Vigilanza mira a fornire informazioni sullo stato della vertenza, sulle possibilità e sui termini di definizione stragiudiziale o di conciliazione giudiziale della stessa;

  • l'Ufficio Legale valuterà la sussistenza dei parametri oggettivi (nel frattempo, già individuati) per definire le condizioni che devono ricorrere per proporre reclamo nei confronti della Pubblica Amministrazione; l'eventuale transazione e/o conciliazione sarà condotta da un soggetto legittimato da procura e delega ad litem, che contempli il potere di conciliare o transigere la controversia;
  • in caso di transazione sono garantiti report informativi da parte dell'Ufficio Legale all'Organismo di Vigilanza sull'intero processo che ha portato alla definizione della controversia, avendo cura di allegare e trasmettere la documentazione posta a base dell'effettuata transazione, dei soggetti coinvolti e dei documenti consegnati e/o richiesti.

Gestione dei rapporti con i rappresentanti della PA in occasione di accertamenti, ispezioni e verifiche (e.g.: Agenzia delle Entrate o Guardia di Finanza)

Nell'espletamento di tali attività:

  • a ogni verifica o accertamento da parte della Pubblica Amministrazione possono partecipare solo quei soggetti all'uopo formalmente e previamente individuati dalla Società;
  • l'Organismo di Vigilanza deve essere tempestivamente informato dal Responsabile della procedura dell'inizio e della fine dell'accertamento, di ogni informazione utile che concerna la verifica (e.g.: le richieste avanzate, i motivi addotti), nonché di criticità eventualmente insorte;
  • tutta la documentazione relativa è conservata, ad opera dell'Organismo di Vigilanza, in un apposito archivio, in maniera tale da permettere la corretta tracciabilità dell'intero processo e di agevolare eventuali controlli successivi.

Gestione delle risorse finanziarie

Nella gestione delle risorse finanziarie è necessario che:

  • siano fissati specifici limiti all'impiego delle risorse finanziarie, anche attraverso la definizione di soglie quantitative di spesa, il cui superamento possa verificarsi solo per peculiari eccezionali esigenze (comunque precedute o immediatamente seguite da debite autorizzazioni);
  • non vi sia identità soggettiva tra il soggetto che impegna TitanMet nei confronti di terzi e il soggetto che autorizza o dispone il pagamento di somme dovute in base agli impegni assunti; laddove ciò non sia possibile, è immediatamente avvisato l'Organismo di Vigilanza;
  • ogni utilizzo di risorse finanziarie sia giustificato da una espressa causale;
  • siano preventivamente individuati, in relazione alla natura della prestazione svolta, precisi limiti quantitativi all'erogazione di anticipi di cassa e al rimborso di spese sostenute da parte del personale della Società. Il rimborso delle spese sostenute deve essere giustificato e richiesto attraverso la compilazione di modulistica specifica.

Per ogni altro aspetto si rinvia alle specifiche Procedure in materia, come quella di gestione della Tesoreria.

Gestione degli acquisti di beni e servizi

Oltre all'osservanza di quanto previsto specificamente dalla "procedura acquisti" e dalla normativa vigente, è necessario:

  • descrivere dettagliatamente le attività e i controlli effettuati per conoscere e valutare la controparte contrattuale e l'effettività dell'operazione commerciale svolta o da svolgersi, riportando segnatamente le informazioni acquisite;
  • definire in modo dettagliato, ai fini della partecipazione a procedure ad evidenza pubblica, contenuti e limiti della delega e/o procura conferita alla funzione organizzativa o alla persona fisica individuata a tal uopo da TitanMet; possano infatti intrattenere rapporti con la PA per i fini commerciali solo i soggetti previamente identificati e autorizzati dalla Società;
  • che tutti i contratti, gli atti, le richieste e le comunicazioni che hanno come controparte la PA siano gestiti e sottoscritti esclusivamente da quei soggetti che sono dotati di specifici poteri in base alle norme interne;
  • che il Responsabile della procedura, volta per volta individui gli strumenti più adeguati per garantire che i rapporti tenuti dalla propria funzione con la PA siano sempre trasparenti, documentati e verificabili;
  • che i soggetti autorizzati riferiscano degli incontri effettuati con rappresentati della PA e gli elementi chiave emersi durante gli incontri al responsabile gerarchico e funzionale;
  • prevedere che i contratti stipulati da TitanMet con la Pubblica Amministrazione o con altro Ente pubblico, forniscano informazioni chiare e dettagliate, in ordine all'accordo raggiunto, alle condizioni economiche, ai limiti e alle reciproche responsabilità dei soggetti contraenti;
  • in ogni transazione utilizzare i soli mezzi di pagamento previsti dalla prassi commerciale e dalle altre procedure aziendali adottate da TitanMet;
  • documentare in modo idoneo, su supporto cartaceo o informatico, i principali adempimenti eseguiti dalla Direzione e/o funzione nel corso dell'attività di gestione della partecipazione a procedure ad evidenza pubblica, fornendo periodicamente informazioni, mediante la redazione di appositi report di evidenza, direttamente all'Organismo di Vigilanza;
  • definire con chiarezza e precisione le funzioni incaricate di effettuare attività di verifica e controllo sulla corretta esecuzione dei contratti di appalto, su gare pubbliche e sulle modalità di espletamento di detto controllo.

Gestione della consulenza professionale

Nella gestione della consulenza professionale è essenziale:

  • documentare in modo idoneo, su supporto cartaceo o informatico, i principali adempimenti eseguiti dalla Direzione e/o funzione nel corso dell'attività di gestione e selezione del personale, fornendo periodicamente informazioni mediante la redazione di report di evidenza, direttamente all'Organismo di Vigilanza;
  • comunicare in ordine alla assunzione e/o cessazione del rapporto di lavoro alle Autorità pubbliche competenti;
  • selezionare il personale sulla base di criteri meritocratici che puntino essenzialmente sulla professionalità e sulla competenza dei lavoratori, senza incorrere in alcuna discriminazione;
  • nell'ipotesi di consulenti, occorrerà far loro sottoscrivere una specifica clausola che li vincoli all'osservanza dei principi etico-comportamentali adottati dalla società;
  • rispettare le percentuali previste dalla legge circa l'assunzione del personale rientrante nelle c.d. "categorie protette", così come previsto dalla normativa in materia;
  • quantificare le risorse umane (autorizzate dal vertice aziendale) all'inizio di ogni anno, documentando ciò (ove possibile) anche nel budget;
  • pena la risoluzione immediata del contratto, il personale è tenuto all'osservanza dei principi etico- comportamentali della Società e delle disposizioni contenute nel Modello di organizzazione e gestione e nel Codice Etico;
  • la procedura "Gestione del personale" disciplina la modalità di formazione del personale dipendente e dei consulenti in genere; si intende espressamente richiamata e parte integrante del presente; i rapporti con le società fornitrici di lavoro temporaneo devono essere improntati a trasparenza e correttezza;
  • la istanza di poter usufruire di sovvenzioni, contributi e finanziamenti erogati dallo Stato per promuovere la formazione del personale dovrà essere sorretta da trasparenza, veridicità e trasparenza;
  • i soggetti cui spetta la titolarità degli adempimenti e delle incombenze previsti dalla normativa fiscale e previdenziale devono essere ben identificati;
  • la delega e/o la procura conferita alla funzione organizzativa o alla persona fisica in materia previdenziale e fiscale deve presentare contenuti e limiti ben definiti;
  • garantire che i rapporti con enti previdenziali siano previsti dalle procedure aziendali adottate da TitanMet;

• gli adempimenti eseguiti in materia previdenziale e fiscale devono essere documentati e archiviati in maniera idonea, dando informativa periodica all'Organismo di Vigilanza tramite report di evidenza.

Gestione delle partecipazioni a iniziative promosse dalle Pubbliche Amministrazioni (e.g.: meeting organizzati da enti pubblici, partecipazioni a convegni).

A tal fine, è essenziale:

  • che possano avere contatti con la Pubblica Amministrazione i soli soggetti previamente individuati e autorizzati da TitanMet e che né direttamente, né indirettamente siano portatori di propri interessi nelle iniziative;
  • che i soggetti di cui al punto precedente riferiscano puntualmente per iscritto quanto accaduto al responsabile gerarchico e funzionale, il quale provvederà ad archiviare detti report.

Gestione delle sponsorizzazioni, degli omaggi, delle liberalità.

Nella Gestione delle sponsorizzazioni, degli omaggi e delle liberalità con la Pubblica Amministrazione, è necessario:

  • che tali attività siano autorizzate solo se finalizzate ad attività lecite ed etiche, giustificate e dirette ad accrescere e a promuovere l'immagine di TitanMet;
  • che ogni erogazione liberale sia documentata in un report (contenente anche la descrizione dei beni/servizi oggetto dell'operazione e del relativo valore), sì da garantire la tracciabilità e la verificabilità di ogni operazione.

PARTE SPECIALE -2- REATI SOCIETARI

Funzione della PARTE SPECIALE -2-

La presente Parte Speciale -2- ha come oggetto la disciplina dei reati societari di cui all'art. 25 ter Decreto.

Obiettivo della presente Parte Speciale -2- è che tutti i Destinatari, come di seguito identificati, adottino regole di condotta conformi a quanto prescritto dal Decreto, al fine di prevenire la commissione dei reati ivi contemplati.

I reati societari possono configurarsi nella forma consumata o tentata (ex art. 56 c.p.) e nella forma del concorso di persone (ex art. 110 c.p.) e rilevano, ai fini del Decreto, se commessi "nell'interesse o a vantaggio della società". In particolare, i reati di cui all'art. 25 ter, "se commessi nell'interesse della società, da amministratori, direttori generali o liquidatori o da persone sottoposte alla loro vigilanza, qualora il fatto non si fosse realizzato se essi avessero vigilato in conformità agli obblighi inerenti alla loro carica", sono sanzionati con le pene pecuniarie espressamente stabilite dall'art. 25 ter del Decreto "se, in seguito alla commissione dei reati, l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo".

La presente Parte Speciale -2- si riferisce a comportamenti che possono essere posti in essere da Amministratori, organi sociali e Dirigenti di TitanMet, nonché da dipendenti e consulenti soggetti a vigilanza eventualmente coinvolti nei processi sensibili.

In particolare, la presente Parte Speciale -2- ha lo scopo di:

• indicare regole di comportamento e procedure che tutti i Destinatari, come sopra individuati, sono chiamati ad osservare ai fini della corretta applicazione del presente Modello;

• fornire all'Organismo di Vigilanza ed ai responsabili delle altre funzioni aziendali che cooperano con il medesimo, gli strumenti esecutivi per esercitare le attività di controllo, monitoraggio e verifica.

Le fattispecie dei reati societari (art. 25-ter del Decreto).

False comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.)

Fuori dai casi previsti dall'art. 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni.

La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

Caratteristiche del reato

La condotta penalmente rilevante consiste nell'esposizione di "fatti materiali" non rispondenti al vero o nell'occultamento di informazioni e/o dati veri.

Nella terminologia di "fatti materiali", rientrano anche le "valutazioni", vale a dire le stime che caratterizzano alcune voci di bilancio e che rispondono ad una pluralità di considerazioni fondate su elementi di varia natura. Si tratta, quindi, di un mendacio attinente a dati storici.

I fatti materiali falsi, ancorché oggetto di valutazione, devono essere idonei a trarre in inganno i destinatari sulla situazione economica patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene.

Si noti che la condotta cui si riferisce la norma in commento, riguarda sia il comportamento attivo che quello omissivo. Pertanto, l'occultamento di dati rilevanti, nonché l'omesso invio di comunicazioni previste dalla legge integrano gli estremi del reato previsto dall'art. 2621 c.c.

In relazione al soggetto attivo, il reato, così come quello previsto dal successivo art. 2622 c.c., può essere commesso esclusivamente da amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione di documenti contabili, sindaci e liquidatori, ivi inclusi i soggetti che, formalmente privi di tali qualifiche, svolgono le stesse funzioni di fatto.

Oggetto materiale del reato sono i bilanci, le relazioni, le comunicazioni sociali, previste dalla legge, dirette ai soci. Riguardo a queste ultime, la dizione della norma manifesta la volontà del legislatore di espungere dalla fattispecie le comunicazioni interorganiche e le comunicazioni con unico destinatario, pubblico o privato.

Tra le prime (comunicazioni interorganiche) rientrano tutte le comunicazioni che si verificano tra diversi organi della società, tipicamente tra organo d'amministrazione ed organo di controllo. Si pensi, ad esempio, alle falsità nel progetto di bilancio e nella relazione degli amministratori al Collegio sindacale, ex art. 2429 c.c.. In questo, caso, tali condotte potranno assumere rilievo ai sensi e nei limiti della fattispecie di impedito controllo, ex art. 2625 c.c.

In relazione alle seconde, ovvero tra le comunicazioni con unico destinatario, si pensi, per i soggetti privati, alla falsa rappresentazione della situazione patrimoniale della Società, presentata dagli amministratori a istituti di credito, al fine di ottenere finanziamenti. In questo caso, le condotte troveranno tutela nell'ambito del reato di truffa ex art. 640 c.p. Riguardo ai soggetti pubblici, invece, c'è solo da precisare che, tra questi, non vi rientra l'Amministrazione tributaria. Infatti vi è un'alternatività tra false comunicazioni sociali e dichiarazione dei redditi o IVA fraudolenta o infedele. Si noti, inoltre, che la norma prevede che deve trattarsi di comunicazioni sociali previste dalla legge. Pertanto, non rientrano nella fattispecie criminosa, ad esempio, gli atti interni e le interviste.

In ordine alla pena, presupposto indefettibile per la sua applicabilità (arresto sino a 2 anni) è che il soggetto tenga intenzionalmente un comportamento che, seppur non produttivo di danno per alcuno, sia anche solo suscettibile di potenziale pericolo. Ciò, ovviamente, viene disposto al fine di fornire massima tutela alle esigenze di "trasparenza societaria".

La condotta descritta, per essere punibile, deve comunque essere sorretta dal dolo, consistente nella consapevolezza e volontà del soggetto agente di trarre in inganno in ordine all'effettiva situazione patrimoniale della società, unita al proposito di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri (dolo specifico).

A quanto sino ad ora esposto, deve tuttavia aggiungersi che il comportamento del soggetto agente è punibile solo nel caso in cui le informazioni false od omesse siano rilevanti e tali da alterare in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene.

False comunicazioni sociali delle società quotate (art. 2622 c.c.)

Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da tre a otto anni.

Alle società indicate nel comma precedente sono equiparate: 1) le società emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea;

2) le società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema multilaterale di negoziazione italiano;

3) le società che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea; 4) le società che fanno appello al pubblico risparmio o che comunque lo gestiscono.

Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

Caratteristiche del reato

La fattispecie in commento, ripropone dal punto di vista comportamentale le condotte di cui alla fattispecie precedente ex art. 2621 c.c., differenziandosi in quanto il comportamento del soggetto agente è perseguibile solo nell'ambito di società quotate.

A seguito della modifica operata dal D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61 il falso in comunicazioni sociali è stato configurato quale reato di danno a protezione del patrimonio di soci, creditori e di chiunque possa vantare nei confronti della società un interesse. Il reato è consumato quando:

• sul piano soggettivo, l'immutatio veri sia attuata con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico, conseguendo così un ingiusto profitto per sè o altri;

• sul piano oggettivo, la falsa comunicazione sia idonea a conseguire il fine ingannatorio;

• che le appostazioni contabili mendaci determinino un'alterazione sensibile della corretta rappresentazione ovvero non raggiungano le soglie percentuali indicate dalla norma.

Con la riforma attuata dalla legge n. 69/2015, è stata in primo luogo modificata la rubrica dell'articolo (dalla precedente "False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori" all'attuale "False comunicazioni sociali delle società quotate"); inoltre l'art. 2622 c.c. è stato trasformato in un reato di pericolo, perseguibile d'ufficio: il delitto, infatti, non si configura più in presenza di un danno patrimoniale ai creditori o ai soci , essendo ora sufficiente il mero intento di danneggiare questi ultimi. Infine, per quanto riguarda le società quotate, è stato aumentato il disposto sanzionatorio, in ragione appunto dei maggiori interessi che vengono coinvolti dal novero del suddetto reato.

I delitti di cui agli artt. 2621 e 2622 si consumano nel momento (e nel luogo) in cui avviene il deposito del bilancio ex art. 2429, ovvero nel momento in cui la falsa comunicazione – incorporata in relazioni, comunicazioni scritte, etc. – giunge a conoscenza dei destinatari, eventualmente nelle forme e con le modalità eventualmente stabilite dalla legge (ad es., deposito della comunicazione scritta, ove normativamente previsto). In dottrina, muovendo dal peculiare regime di procedibilità ivi previsto, si è avanzata la tesi che ravvisa nell'ipotesi speciale di cui al comma secondo dell'art. 2621 bis un reato di danno; volendo accedervi, il tempus commissi delicti coinciderebbe con il momento della verificazione del danno, o dei danni in caso di pluralità di soggetti danneggiati.

Il tentativo, astrattamente ipotizzabile (ad es., ove la comunicazione scritta contenente il mendacio per un qualche motivo non sia poi depositata e pubblicata dalla Società, vede oggi compressi i propri spazi di configurabilità dallo schema di reato di pericolo concreto, posto che ritenerlo ammissibile vorrebbe dire esasperare la linea di anticipazione della tutela già sottesa al modello strutturale prescelto dal legislatore; del resto, una falsità nelle comunicazioni sociali arrestatasi al piano del tentativo (ad es., perché il bilancio non è stato depositato), sarebbe caratterizzata da assenza di danno per la società, per i soci e per i creditori (ai sensi dell'art. 2621 ter).

Falso in prospetto (art. 2623 c.c.)

Chiunque, allo scopo di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei prospetti richiesti ai fini della sollecitazione all'investimento o dell'ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con la consapevolezza della falsità e l'intenzione di ingannare i destinatari del prospetto, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo ad indurre in errore i suddetti destinatari è punito, se la condotta non ha loro cagionato un danno patrimoniale, con l'arresto fino ad un anno.

Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un danno patrimoniale ai destinatari del prospetto, la pena è della reclusione da uno a tre anni.

Caratteristiche del reato

L'art. 25 ter del Decreto – alle lettere d) ed e) – prevede la responsabilità dell'ente per il reato di falso in prospetto, continuando però a richiamare la contravvenzione dell'art. 2623 c.c., comma 1 (art. 25 ter, lett. d)) e il delitto ex art. 2623, comma 2 c.c. (art. 25 ter, lett. e)), oggi abrogati.

Prudenzialmente, pur evidenziando che l'unica pronuncia giurisprudenziale in tema (la sentenza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, dott. D'Arcangelo, del 3 novembre 2010, resa nel procedimento penale n. 12468/10 r.g. G.i.p.) afferma una diversa, e più conforme alla Costituzione, lettura del sistema, si ritiene opportuno integrare il Modello come se tale rinvio non fosse soltanto formale, ossia rivolto al reato di falso in prospetto così come concepito – inizialmente – nell'art. 2623 c.c., bensì concernente anche le successive modifiche della disciplina sanzionatoria dell'illecito in questione, ora diversamente disciplinato dall'art. 173 bis T.U.F. (D. Lgs. 58/1998).

Stante il principio di legalità (da intendersi in senso stretto) l'esegesi preferibile rimane quella del rinvio formale, di tal che dovrebbe ritenersi non più presupposto alla responsabilità degli enti il reato ora abrogato. Questa impostazione è corroborata dall'attuale formulazione dell'art. 3 del Decreto.

Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni della società di revisione (art. 2624 c.c.)

I responsabili della revisione i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nelle relazioni o in altre comunicazioni, con la consapevolezza della falsità e l'intenzione di ingannare i destinatari delle comunicazioni, attestano il falso od occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ente o soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni sulla predetta situazione, sono puniti, se la condotta non ha loro cagionato un danno patrimoniale, con l'arresto fino a un anno.

Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un danno patrimoniale ai destinatari delle comunicazioni, la pena è della reclusione da uno a quattro anni.

L'art. 25 ter del Decreto – alle lettere f) e g) – prevede la responsabilità dell'ente per il reato di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, continuando però a richiamare la contravvenzione di cui all'art. 2624 c.c., comma 1 (art. 25 ter, lett. f)) ed il delitto di cui all'art. 2624 c.c., comma 2 (art. 25 ter, lett. g)), oggi abrogati.

Anche in tal caso, si ritiene opportuno integrare il modello come se tale rinvio non fosse soltanto formale, ossia rivolto al reato di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione così come concepito – inizialmente – nell'art. 2624 c.c., bensì recettizio anche delle successive modifiche della disciplina sanzionatoria dell'illecito in questione, ora diversamente disciplinato dall'art. 174 bis T.U.F. (d.lgs. 58/1998).

Stante la finalità preventiva degli illeciti penali del presente modello, in via prudenziale – e per le stesse ragioni esposte poco sopra per l'abrogato art. 2624 c.c. – è pertanto opportuno integrare il modello come se la responsabilità amministrativa dell'ente sussistesse anche per il compimento dell'art. 174 bis T.U.F.

Impedito controllo (art. 2625 c.c.)

Gli amministratori che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo legalmente attribuite ai soci o ad altri organi sociali, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.329 euro. Se la condotta ha cagionato un danno ai soci, si applica la reclusione sino ad un anno e si procede a querela della persona offesa.

La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

Caratteristiche del reato

La condotta del reato è costituita dal fatto degli amministratori che impediscano od ostacolino, mediante occultamento di documenti o altri artifizi, lo svolgimento delle attività di controllo legalmente attribuite ai soci o ad altri organi sociali.

Condizione per la punibilità del reato in esame è la querela del soggetto offeso.

Come risulta ictu oculi dalla lettura della norma, soggetti attivi della condotta criminosa possono essere esclusivamente gli amministratori che impediscano od ostacolino le attività di controllo o tramite l'occultamento di documenti o mediante l'utilizzo di artifizi volti a trasfigurare la realtà esterna, attuati sia mediante simulazione di circostanze inesistenti, sia mediante la dissimulazione di circostanze esistenti.

Il reato è a forma vincolata, in quanto l'impedimento o l'ostacolo devono essere realizzati in termini di "occultamento di documenti" o "altri idonei artifici".

Indebita restituzione dei conferimenti (art. 2626 c.c.)

Gli amministratori che, fuori dai casi di legittima riduzione del capitale sociale, restituiscono, anche simulatamente, i conferimenti ai soci o li liberano dall'obbligo di eseguirli, sono puniti con la reclusione fino ad un anno.

Caratteristiche del reato

La norma incrimina tutti i comportamenti finalizzati a diminuire la garanzia patrimoniale dei creditori, quali, ad esempio, il rendere false dichiarazioni, anche contabili, circa gli avvenuti conferimenti da parte dei soci che di fatto non vi hanno proceduto.

Soggetti attivi del reato sono gli amministratori che effettuano l'indebita restituzione ledendo il diritto dei creditori di far affidamento sull'integrità ed effettività del capitale sociale, vale a dire sul valore complessivo dei conferimenti iniziali o di quelli successivi dei soci.

La restituzione dei conferimenti può essere palese (quando gli amministratori restituiscono i beni ai soci senza incasso di alcun corrispettivo o rilasciano dichiarazioni dirette a liberare i soci dai loro obblighi di versamento) ovvero simulata (quando gli amministratori utilizzano stratagemmi o artifizi, quali la distribuzione di utili fittizi con somme prelevate dal capitale sociale e non dalle riserve, oppure la compensazione del credito vantato dalla società con crediti inesistenti vantati da uno o più soci).

Sotto un profilo tecnico, la fattispecie in esame punisce la condotta degli amministratori che, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale sociale, restituiscano anche simulatamente i conferimenti ai soci o li liberino dall'obbligo di effettuarli. Si tratta di un reato proprio degli amministratori.

Si fa presente che:

  • rilevano per la punibilità del reato in questione solo i conferimenti in denaro, crediti, e beni in natura che siano idonei a costituire il capitale sociale; la punibilità decorre dal momento in cui il capitale viene intaccato;
  • la liberazione o la restituzione possono avvenire in diversa forma, anche indiretta, come per esempio la compensazione con un credito fittizio nei confronti della società;
  • per integrare la fattispecie non occorre che tutti i soci siano liberati dall'obbligo, ma è sufficiente che lo sia un singolo socio o più soci;
  • sono punibili a titolo di concorso di persone nel reato anche quei soci che hanno svolto un'attività di istigazione o di determinazione nei confronti degli amministratori.

Poiché appare arduo configurare la responsabilità amministrativa dell'ente per questa fattispecie di reato (stante la difficile compatibilità tra l'interesse della Società e l'indebita restituzione dei conferimenti), conservano rilevanza le condotte delittuose sanzionate dalla presente fattispecie di reato solo in forza dell'estensione ai gruppi societari dell'applicabilità delle norme in tema di responsabilità amministrativa degli enti.

Illegale ripartizione degli utili e delle riserve (art. 2627 c.c.)

Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, gli amministratori che ripartiscono utili o acconti su utili non effettivamente conseguiti o destinati per legge a riserva, ovvero che ripartiscono riserve, anche non costituite con utili, che non possono per legge essere distribuite, sono puniti con l'arresto fino a un anno.

La restituzione degli utili o la ricostituzione delle riserve prima del termine previsto per l'approvazione del bilancio estingue il reato.

Caratteristiche del reato

L'oggetto giuridico tutelato è da ravvisarsi nell'integrità del capitale sociale e delle riserve legali e statutarie. Soggetti attivi del reato sono gli amministratori.

La condotta consiste nel fatto degli amministratori che, fuori dai casi di legittima riduzione del capitale sociale, ripartiscano utili o acconti su utili non effettivamente conseguiti o destinati per legge a riserva, ovvero che ripartiscano riserve, anche non costituite con utili, che non possono, per legge, essere distribuite.

Si fa presente che:

  • la restituzione degli utili o la ricostituzione delle riserve prima del termine previsto per l'approvazione del bilancio estingue il reato;
  • rileva ai fini della punibilità tanto l'utile di esercizio quanto l'utile complessivo derivante dallo stato patrimoniale, pari all'utile d'esercizio meno le perdite non ancora coperte più l'utile riportato a nuovo e le riserve accantonate in precedenti esercizi (c.d. utile di bilancio);
  • ai fini della punibilità rilevano solo le distribuzioni di utili destinati a costituire le riserve legali, e non quelle tratte da riserve facoltative od occulte. Non integra pertanto gli estremi dell'illegale ripartizione di riserve la distribuzione di utili effettivamente conseguiti ma destinati per statuto a riserve.

Per quanto attiene alla illegale ripartizione di utili, o acconti su utili, non effettivamente conseguiti, si tratta dei cosiddetti utili fittizi, per la cui definizione è opportuno precisare quando l'utile possa dirsi effettivamente conseguito. L'utile può, infatti, definirsi "reale", quando risulti da operazioni concluse e da situazioni giuridiche definite. Deve, invece, ritenersi "fittizio" – e, in quanto tale, non ripartibile – quando incide sul capitale sociale, traducendosi, in tal modo, in un illecito rimborso ai soci di conferimenti dagli stessi effettuati. A diversa soluzione si perviene con riferimento agli utili che intaccano la riserva legale, poiché essa risulta costituita da utili effettivamente conseguiti: in tal caso verrà meno, semmai, il carattere della distribuibilità. A riguardo, sulla scorta della giurisprudenza formatasi sotto la precedente legislazione, sono da considerare fittizi anche gli utili che non esistono, ma che risultino da un bilancio dichiarato falso.

Dalla norma emerge, altresì, che dovrà configurarsi come condotta criminosa la ripartizione di qualsiasi riserva, anche non da utili, che non possa essere per legge distribuita. L'area di protezione penalistica, peraltro, risulta essere circoscritta alle sole riserve obbligatorie per legge, con esclusione delle riserve non distribuibili per statuto.

Si tratta di un reato di scarsa (se non nulla) applicazione pratica relativamente al D.Lgs. 231/2001, in quanto difficilmente verificabile la realizzazione di questo delitto nell'interesse o vantaggio della società.

Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 2628 c.c.)

Gli amministratori che fuori da casi consentiti dalla legge, acquistano o sottoscrivono azioni o quote sociali, cagionando una lesione all'integrità del capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge, sono puniti con la reclusione fino a un anno.

La stessa pena si applica agli amministratori che, fuori dai casi consentiti dalla legge, acquistano o sottoscrivono azioni o quote emesse dalla società controllante, cagionando una lesione del capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge.

Se il capitale sociale o le riserve sono ricostituiti prima del termine previsto per l'approvazione del bilancio relativo all'esercizio in relazione al quale è stata posta in essere la condotta, il reato è estinto.

Caratteristiche del reato

La norma tutela l'effettività e l'integrità del capitale sociale. Il reato concerne le illecite operazioni sulle quote sociali consistenti nell'acquisto o nella sottoscrizione di quote sociali che cagionano una lesione all'integrità del capitale sociale e delle riserve non distribuibili per legge.

Soggetto attivo del reato sono gli amministratori.

Per la realizzazione dell'illecito vanno annoverate le ipotesi di semplice acquisto (compravendita) ma anche quelle di trasferimento della proprietà di quote, per esempio, mediante permuta, vendita simulata, o contratti di riporto, o donazione. Ultima ipotesi sanzionata è quella della sottoscrizione (obbligo giuridico cui segue il versamento di capitale) di quote proprie.

Anche in questo caso, come nel precedente art. 2627 c.c., il reato si estingue se il capitale sociale o le riserve sono ricostituite prima del termine previsto per l'approvazione del bilancio relativo all'esercizio in relazione al quale è stata posta in essere la condotta.

Operazioni in pregiudizio dei creditori (art. 2629 c.c.)

Gli amministratori che, in violazione delle disposizioni di legge a tutela dei creditori, effettuano riduzioni del capitale sociale o fusioni con altre società o scissioni, cagionando danno ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni. Il risarcimento del danno ai creditori prima del giudizio estingue il reato.

Caratteristiche del reato

La norma contempla le operazioni in pregiudizio dei creditori, consistenti nel fatto degli amministratori che, in violazione delle disposizioni di legge a tutela di creditori, effettuano riduzioni del capitale sociale o fusioni con altra società o scissioni, cagionando un danno ai creditori.

Soggetti attivi del reato sono gli amministratori.

Si tratta, quindi, di un reato di danno la cui ratio incriminatrice è da individuarsi nella funzione di garanzia del capitale sociale per i creditori.

Riguardo alle violazioni in materia di riduzione del capitale sociale il requisito del danno ai creditori è integrato quando il credito vantato venga pagato in misura minore rispetto al suo integrale ammontare.

In caso di fusione, il reato in commento può ricorrere nell'ipotesi di violazione dell'art. 2503 c.c., afferente l'opposizione dei creditori all'operazione di fusione. Analoga considerazione può formularsi in tema di scissione.

Il reato è perseguibile solo a querela della parte lesa e si estingue nel caso in cui gli amministratori, prima del giudizio, provvedono al risarcimento del danno ai creditori.

Omessa comunicazione del conflitto d'interessi (art. 2629 bis c.c.)

L'amministratore o il componente del consiglio di gestione di una società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altro stato dell'Unione Europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, ovvero di un soggetto sottoposto a vigilanza ai sensi del testo unico di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 o del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 che viola gli obblighi previsti dall'articolo 2391, primo comma, è punito con la reclusione da uno a tre anni, se dalla violazione siano derivati danni alla società o a terzi.

Caratteristiche del reato

La legge 28 dicembre 2005 n. 262 ha introdotto una nuova fattispecie di reato per l'amministratore o il componente del consiglio di gestione di una delle società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione Europea o diffusi tra il pubblico in maniera rilevante ovvero di una banca o di altro soggetto sottoposto a vigilanza a norma del TUB e del TUF, o di un soggetto operante nel settore assicurativo in caso di violazione degli obblighi previsti dall'art. 2391, comma 1, c.c.; cioè l'obbligo di dare notizia, agli altri amministratori e al collegio sindacale di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società.

Circa le forme attraverso le quali l'interesse deve essere comunicato alla società possono essere le più varie purché la notizia giunga in tempo utile a consentire agli altri consiglieri di intraprendere tutte le azioni a tutela degli interessi sociali.

Formazione fittizia del capitale (art. 2632 c.c.)

Gli amministratori e i soci conferenti che, anche in parte, formano od aumentano fittiziamente il capitale sociale mediante attribuzioni di azioni o quote in misura complessivamente superiore all'ammontare del capitale sociale, sottoscrizione reciproca di azioni o quote, sopravvalutazione rilevante dei conferimenti di beni in natura o di crediti ovvero del patrimonio della società nel caso di trasformazione, sono puniti con la reclusione fino ad un anno.

Caratteristiche del reato

L'articolo in commento, così come le fattispecie descritte nei precedenti articoli 2626 c.c. (indebita restituzione dei conferimenti), 2627 c.c. (illegale ripartizione degli utili e delle riserve) e 2628 c.c. (illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante), è posto a tutela dell'effettività del capitale sociale, in riscontro alla specifica funzione di garanzia degli interessi dei creditori e dei terzi.

Soggetti attivi della condotta criminosa possono individuarsi negli amministratori e nei soci conferenti.

Il reato punisce la condotta degli amministratori e dei soci conferenti che, anche in parte, formano o aumentano fittiziamente il capitale della società mediante attribuzione di azioni o quote sociali per somma inferiore al loro valore nominale; sottoscrizione reciproca di azioni o quote; sopravvalutazione in modo rilevante dei conferimenti dei beni in natura o di crediti ovvero il patrimonio della società, nel caso di trasformazione.

Si precisa che:

  • con riferimento alla condotta di sottoscrizione reciproca di azioni o quote, il requisito della reciprocità non presuppone la contestualità e la connessione delle due operazioni;
  • con riferimento alla condotta di sopravvalutazione del patrimonio della società in caso di trasformazione, si prende in considerazione il patrimonio della società nel suo complesso e cioè l'insieme di tutti valori attivi, dopo aver detratto le passività.

Sulla scorta dell'orientamento dottrinario formatosi nella vigenza della precedente normativa, dalla dizione della norma sembrerebbe potersi riportare, quale esempio di commissione del reato in esame, l'ipotesi di violazione degli articoli 2346 c.c. – secondo il quale è vietata l'emissione di quote per somme inferiori al loro valore nominale – e 2438 c.c., per il quale, invece, è vietata l'emissione di nuove quote fino all'integrale liberazione di quelle già emesse.

La norma in commento delinea, altresì, la fattispecie dell'illecita sottoscrizione di quote nonché la rilevante sopravvalutazione dei conferimenti dei beni in natura o dei crediti, ovvero del patrimonio della società, in caso di sua trasformazione.

In altre parole, i fenomeni degenerativi che la norma intende impedire, sono quelli attuati mediante comportamenti volti ad un'artificiosa e fittizia formazione del capitale sociale, sì da impedire la lesione della buona fede dei creditori, nonché dei soci estranei all'operazione.

Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art. 2633 c.c.)

I liquidatori che, ripartendo i beni sociali tra i soci prima del pagamento dei creditori sociali o dell'accantonamento delle somme necessario a soddisfarli, cagionano danno ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni. Il risarcimento del danno ai creditori prima del giudizio estingue il reato.

Caratteristiche del reato

La norma tutela il diritto di prelazione dei creditori nella ripartizione dei beni sociali al momento di liquidazione della società.

Soggetti attivi del reato sono i liquidatori.

Oggetto della condotta sono tutti i beni sociali e quindi tutti gli elementi economici valutabili che fanno parte del patrimonio della società. La ripartizione incriminata presuppone due condizioni negative: il mancato pagamento dei creditori ovvero il mancato accantonamento delle somme necessarie per soddisfarli.

Corruzione tra privati (art. 2635 c.c.)

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per se' o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la stessa pena se il fatto e' commesso da chi nell'ambito organizzativo della società o dell'ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al precedente periodo.

Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.

Chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, è punito con le pene ivi previste.

Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi.

Fermo quanto previsto dall'articolo 2641, la misura della confisca per valore equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse e offerte.

Caratteristiche del reato

Detta fattispecie di reato, introdotta all'interno del Decreto dal D.Lgs. 6 novembre 2012, n. 190 e modificato – da ultimo – dal D.Lgs. 15 marzo 2017, n. 38, si realizza qualora gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiano od omettano atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sì cagionando nocumento alla società.

La pena consiste nella reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma del citato articolo.

Del reato risponde anche chi dà o promette di dare denaro o altra utilità a uno dei soggetti sopra indicati. La responsabilità dell'ente emerge solo in quest'ultimo caso, che si potrebbe definire "corruzione attiva".

Esempio: un agente di TitanMet si accorda con il responsabile finanziario di un'azienda affinché ceda alla Società un credito, promettendo a lui direttamente, in caso di riuscita dell'affare, una somma di denaro, così cagionando un danno alla società.

Istigazione alla corruzione tra privati (art. 2635 bis c.c.)

Chiunque offre o promette denaro o altra utilita' non dovuti agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di societa' o enti privati, nonche' a chi svolge in essi un'attivita' lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, affinche' compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedelta', soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 2635, ridotta di un terzo.

La pena di cui al primo comma si applica agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di societa' o enti privati, nonche' a chi svolge in essi attivita' lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, che sollecitano per se' o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilita', per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedelta', qualora la sollecitazione non sia accettata. Si procede a querela della persona offesa.

Caratteristiche del reato

Tale fattispecie, introdotta dal d.lgs. 15 marzo 2017, n. 38, attua la decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio dell'Unione europea, ampliando di fatto la portata dell'art. 2635 c.c.

Il modificato art. 2635 prevede, in primis, la punibilità dei vertici della società e anche di enti privati, ossia amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e i liquidatori, ma anche chi nell'ambito organizzativo della società o dell'ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie di tali soggetti.

Il primo comma dell'art. 2365-bis, invece, plasmato sull'esempio dell'art. 322 c.p., comma 2, relativo all'istigazione alla corruzione pubblica, prevede la punibilità di chiunque offre o promette denaro o altra utilità alle stesse categorie di persone indicate dall'art. 2365 che operano in società o enti privati, affinché compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà.

La riforma ha lo scopo di avvicinare l'Italia agli standard internazionali,nonostante la portata applicativa dell'intento di ridurre il tasso di corruzione dovrà fare i conti con diverse problematiche pratiche, ad esempio i modelli organizzativi delle imprese, le quali dovranno strutturarsi in modo tale da evitare che le conseguenze del reato commesso da un proprio dirigente ricadano sulla società. Ancora, la presenza del requisito della querela di parte dovrebbe comportare la denuncia al dirigente da parte dell'azienda stessa, con conseguenze sulla reputazione della stessa società e facili strumentalizzazioni del mezzo.

Illecita influenza sull'assemblea (art. 2636 c.c.)

Chiunque, con atti simulati o fraudolenti, determina la maggioranza in assemblea, allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Caratteristiche del reato

Il reato consiste nel fatto di chi, con atti simulati o fraudolenti, determini la maggioranza in assemblea, allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto.

Il bene tutelato sembra potersi identificare nell'interesse di ciascun socio a non essere vincolato a delibere adottate senza il suo consenso, in violazione della legge o dell'atto costitutivo. Infatti, per la commissione del reato si richiede un concreto risultato lesivo – l'illecita determinazione della maggioranza – strumentale al conseguimento della finalità espressa dal dolo specifico. Riguardo alla condotta delittuosa, sulla scorta dell'esperienza maturata sotto la precedente legislazione, può concretarsi nell'impiego di quote non collocate, nell'esercizio sotto altro nome del diritto di voto, oppure nell'uso di altri mezzi illeciti.

Tra le condotte si possono annoverare ancora: ammissione al voto di soggetti non aventi diritto (per es. in conflitto di interesse con la delibera in votazione); la non ammissione di soggetti aventi diritto di intervenire; la falsificazione del numero degli intervenuti in assemblea; le minacce o l'utilizzo di violenza per ottenere dai soci l'adesione alla delibera o la loro estensione.

Trattasi di reato comune, in quanto il legislatore ha ritenuto meritevole di sanzione il comportamento lesivo di chiunque, e non solo, quindi, dei soggetti che rivestono la qualifica di amministratori. Così soggetti attivi del reato potranno anche essere i soci (evidentemente di relativo peso).

Aggiotaggio (art. 2637 c.c.)

Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamento, ovvero ad incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni.

Caratteristiche del reato

Tale fattispecie è costituita dalla diffusione di notizie false, dal compimento di operazioni simulate o di altri artifizi che risultino essere concretamente idonei a determinare alterazioni di apprezzabile entità dei valori (le c.d. informazioni "price sensitive") degli strumenti finanziari non quotati, o idonei a cagionare una menomazione della fiducia del pubblico nella stabilità patrimoniale di banche o gruppi societari.

Si precisa che:

  • per "notizia" si intende una indicazione sufficientemente precisa di circostanze di fatto non essendo pertanto sufficienti le semplici voci, i c.d. rumors e le previsioni soggettive. Si ha una notizia falsa quando, creando una falsa rappresentazione della realtà, la stessa sia tale da trarre in inganno gli operatori determinando un rialzo o ribasso dei prezzi non regolare;
  • non si ravvisa l'estremo della divulgazione quando le notizie non siano state diffuse o rese pubbliche, ma siano dirette solo a poche persone;
  • per "operazioni simulate" si intendono sia le operazioni che le parti non hanno in alcun modo inteso realizzare, sia le operazioni che presentano un'apparenza difforme da quelle effettivamente volute;
  • affinché il reato sia configurabile è sufficiente che la notizia o l'artificio sia idoneo a produrre l'effetto della sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati;
  • per "altri artifici" si intende qualsiasi comportamento che, mediante inganno, sia idoneo ad alterare il corso normale dei prezzi.

Il dolo del reato de quo è costituito dalla coscienza di diffondere delle notizie false o di utilizzare qualsiasi artifizio, accompagnato dalla consapevolezza di incidere sul prezzo degli strumenti finanziari non quotati o di arrecare un danno alla stabilità del sistema creditizio.

Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638 c.c.)

Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza, o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali nelle comunicazioni alle predette autorità previste in base alla legge, al fine di ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza, espongono fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza ovvero, allo stesso fine, occultano con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte fatti che avrebbero dovuto comunicare, concernenti la situazione medesima, sono puniti con la reclusione da uno a quattro anni. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

Sono puniti con la stessa pena gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società, o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali, in qualsiasi forma, anche omettendo le comunicazioni dovute alle predette autorità, consapevolmente ne ostacolano le funzioni.

La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

3-bis. Agli effetti della legge penale, le autorità e le funzioni di risoluzione di cui al decreto di recepimento della direttiva 2014/59/UE sono equiparate alle autorità e alle funzioni di vigilanza.

Caratteristiche del reato

Tale fattispecie di reato, tutela le funzioni di garanzia e controllo, attribuite dalla legge alle Autorità di Vigilanza, che verrebbero pregiudicate da informazioni mendaci o dall'omissione di informazioni circa la reale situazione economico patrimoniale delle società. Si tratta di un reato tipico che può essere commesso esclusivamente dagli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società, enti e soggetti sottoposti per legge alle Autorità Pubbliche di Vigilanza.

La condotta criminosa, come accennato, si realizza attraverso l'esposizione nelle comunicazioni alle autorità di vigilanza previste dalla legge, al fine di ostacolarne le funzioni, di fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei soggetti sottoposti alla vigilanza, ovvero con l'occultamento con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte, di fatti che avrebbero dovuto essere comunicati, concernenti la situazione medesima. La nuova figura di reato risponde all'esigenza di coordinare ed armonizzare le fattispecie riguardanti le numerose ipotesi, esistenti nella disciplina previgente, di falsità nelle comunicazioni agli organi di vigilanza, di ostacolo allo svolgimento delle funzioni, di omesse comunicazioni alle autorità medesime. Viene così completata secondo il legislatore la tutela penale dell'informazione societaria, in questo caso nella sua destinazione alle autorità di vigilanza settoriali.

Le Attività Sensibili di TitanMet con riferimento ai reati societari.

Le principali attività sensibili, già individuate nella Parte Generale del Modello di organizzazione e gestione, che TitanMet ritiene siano da presidiare al fine di prevenire la commissione dei reati contemplati dall'art. 25 ter del Decreto, sono le seguenti:

  • Attività di formazione del bilancio;
  • Attività di formazione del bilancio consolidato;
  • Adempimenti fiscali e tenuta della contabilità (ex aliis: verifica delle registrazioni contabili, predisposizione dei documenti contabili, inserimento dei dati contabili nei sistemi informatici di supporto, raccolta, aggregazione e valutazione dei dati contabili necessari per la predisposizione della bozza di bilancio annuale e degli altri documenti contabili di periodo);
  • Rapporti con la Società di Revisione e con il Collegio Sindacale;
  • Operazioni sul capitale;
  • Rapporti con gli azionisti;
  • Gestione dei rapporti con il Collegio sindacale e con i soci;
  • Gestione liquidità ed attività finanziarie;
  • Ciclo passivo delle consulenze professionali;
  • Rapporti con le Autorità di vigilanza;
  • Collaborazione/supporto al Consiglio di Amministrazione nello svolgimento di operazioni straordinarie;
  • Installazione, manutenzione e aggiornamento dei sistemi informativi aziendali;
  • Custodia dei documenti obbligatori;
  • Rapporti e comunicazione al collegio sindacale.

L'aggiotaggio comprende, tra l'altro, i casi riportati qui di seguito:

  • diffusione di informazioni false o ingannevoli relative al mercato o al prezzo o valore di un investimento;
  • operazioni poste in essere al fine di determinare il prezzo degli strumenti finanziari;
  • richiesta, induzione o assistenza di qualcun altro nella conclusione di azioni illecite o di manipolazione.

Ogni soggetto afferente a TitanMet è tenuto a contattare l'Organismo di Vigilanza se non è sicuro che un'azione intrapresa o che si intende intraprendere, ovvero che anche le istruzioni impartite da terzi, possano rappresentare in qualsiasi modo un comportamento inadeguato.

Resta, quindi, scontato che in ogni rapporto con i terzi, con le istituzioni e le Autorità di Vigilanza (e.g. la Banca d'Italia) ed in ogni comunicazione che TitanMet presenta, invia, o comunque fornisce alle suddette entità (a titolo esemplificativo, ma non esaustivo: le comunicazioni periodiche; la matrice dei conti; il bilancio; le informazioni contabili; i registri infortuni; la corruzione fra privati; ogni altra comunicazione sociale), ogni dipendente, dirigente, collaboratore o consulente esterno di TitanMet si impegna, per quanto di sua conoscenza e di sua competenza, a fornire scrupolosamente informazioni veritiere, chiare, precise e complete.

I Principi di riferimento e di attuazione delle condotte nelle "aree a rischio reato".

Il sistema in lineagenerale

La presente Parte Speciale -2- prevede nei confronti di Amministratori, Organi Sociali, Dirigenti e Dipendenti di TitanMet – in via diretta – nonché di Consulenti, Partners, e Collaboratori soggetti a vigilanza coinvolti nei processi sensibili, l'espresso obbligo di:

  • rispettare le norme di legge e le procedure aziendali interne in tutte le attività finalizzate alla formazione del bilancio e delle altre comunicazioni sociali, al fine di fornire ai soci e ai terzi un'informazione veritiera e corretta sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società, tenendo in generale un comportamento corretto, trasparente e collaborativo;
  • osservare rigorosamente tutte le norme poste dalla legge a tutela dell'integrità ed effettività del capitale sociale, al fine di non ledere le garanzie dei creditori e dei terzi in genere;
  • assicurare il regolare funzionamento della Società e degli organi sociali, garantendo ed agevolando ogni forma di controllo interno sulla gestione sociale previsto dalla legge, nonché la libera e corretta formazione della volontà assembleare;
  • evitare di porre in essere operazioni simulate o diffondere notizie false sulla Società;
  • improntare alla massima correttezza e trasparenza i rapporti con le Autorità di vigilanza.

I principi generali dicomportamento

Con riferimento agli obblighi individuati nel precedente paragrafo, TitanMet stabilisce i principi che devono informare la condotta di Amministratori, Organi Sociali, Dirigenti e Dipendenti, Partners, nonché di Consulenti e Collaboratori della Società soggetti a vigilanza eventualmente coinvolti nei processi sensibili.

In particolare è vietato ai soggetti sopra indicati di:

  • rappresentare o trasmettere dati falsi, lacunosi o, comunque, non rispondenti alla realtà, sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società, per la redazione di bilanci, relazioni e prospetti o altre comunicazioni sociali e l'informativa societaria in genere;
  • omettere dati ed informazioni imposti dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della Società;
  • restituire conferimenti ai soci o liberare gli stessi dall'obbligo di eseguirli, al di fuori dei casi di legittima riduzione del capitale sociale;
  • ripartire utili o acconti su utili non effettivamente conseguiti o destinati per legge a riserva;
  • effettuare riduzioni del capitale sociale, fusioni o scissioni, in violazione delle disposizioni di legge a tutela dei creditori, provocando ad essi un danno;
  • procedere a formazione o aumento fittizio del capitale sociale, attraverso l'attribuzione di quote per un valore inferiore al loro valore nominale;
  • porre in essere comportamenti che impediscano materialmente, mediante l'occultamento di documenti o altri mezzi fraudolenti, lo svolgimento delle attività di controllo da parte dei soci e del Collegio Sindacale;
  • pubblicare o divulgare notizie false o porre in essere operazioni simulate o altri comportamenti di carattere fraudolento o ingannatorio, aventi ad oggetto la situazione economica, finanziaria, patrimoniale della società;
  • esporre nelle comunicazioni e trasmissioni alle Autorità di Vigilanza (es. Autorità per la Vigilanza sui lavori pubblici) fatti non rispondenti al vero, ovvero occultare fatti rilevanti relativi alle condizioni economiche, patrimoniali o finanziarie della società;
  • porre in essere qualsiasi comportamento che sia di ostacolo all'esercizio delle funzioni di vigilanza anche in sede di ispezione da parte delle Autorità Pubbliche di Vigilanza (espressa opposizione, rifiuti pretestuosi o anche comportamenti ostruzionistici o di mancata collaborazione, quali ritardi nelle comunicazioni o nella messa a disposizione di documenti).

Con riferimento specifico all' Organo di Controllo Contabile, è fatto espresso divieto di affidare a tale Organo le seguenti attività:

  • tenuta della contabilità e degli altri registri contabili e redazione dei bilanci;
  • implementazione e configurazione dei sistemi informativi contabili e finanziari;
  • servizi di valutazione, pareri di congruità o stime per i conferimenti in natura;
  • funzioni manageriali e gestione delle risorse umane;
  • consulenza in materia di investimenti;
  • servizi legali.

Principi procedurali di attuazione

Ai fini dell'attuazione delle regole di comportamento e dei principi generali contenuti nella Parte Generale del presente Modello di organizzazione e gestione, TitanMet prevede con riferimento alle attività sensibili considerate, l'adozione di specifici principi procedurali, che vengono di seguito indicati:

Predisposizione delle comunicazioni ai soci e/o a terzi relative alla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società (bilancio d'esercizio).

I suddetti documenti dovranno

  • determinare con chiarezza e completezza i dati e le notizie che ciascuna funzione deve fornire, i criteri contabili per l'elaborazione dei dati e la tempistica per la loro consegna alle funzioni responsabili;
  • prevedere la trasmissione di dati ed informazioni alla funzione responsabile attraverso un sistema (anche informatico) che consenta la tracciatura dei singoli passaggi e l'identificazione dei soggetti che inseriscono i dati nel sistema.

Gestione dei rapporti con l'Organo di Controllo Contabile.

È vietato affidare all'Organo di controllo contabile della società le seguenti attività:

  • tenuta della contabilità e degli altri registri contabili e redazione dei bilanci;
  • implementazione e configurazione dei sistemi informativi contabili e finanziari;
  • servizi di valutazione, pareri di congruità o stime per i conferimenti in natura;
  • funzioni manageriali e gestione delle risorse umane;
  • consulenza in materia di investimenti;
  • servizi legali.

Altre regole finalizzate alla prevenzione dei reati societari in genere.

Unitamente alle procedure esistenti, si dispone l'attuazione dei seguenti presidi integrativi:

  • attivazione di un programma di formazione-informazione del personale rilevante sui reati societari;
  • previsione di riunioni periodiche tra il Collegio Sindacale, il CDA per verificare l'osservanza della disciplina in tema di normativa societaria;
  • formalizzazione e/o aggiornamento di regolamenti interni e procedure aventi ad oggetto l'osservanza della normativa societaria;
  • separazione di funzioni e controllo reciproco. Tale regola è ottemperata da TitanMet tramite delega contrattuale specifica per la gestione amministrativa e contabile. Sicché l'attività in esame è sempre eseguita dai consulenti incaricati, verificata dal responsabile della funzione e, quindi, nuovamente vagliata dal CDA;
  • formazione rivolta a tutti i collaboratori della società che, a qualunque titolo, partecipano alla funzione amministrativa contabile. Tale attività avrà ad oggetto i principi etici, le policies, i presidi posti nel presente Modello, gli elementi di contabilità, le regole di contabilità adottate, nonché sui reati/illeciti amministrativi in materia societaria;
  • previsione di regole per la formazione del personale, finalizzata a far conoscere le nozioni civilistiche e tributarie in tema di bilancio (norme del codice civile, principi contabili, etc.), in tema di Corporate Governance e sui reati/illeciti amministrativi in materia societaria;
  • verifica da parte del CDA che i soggetti di cui sopra abbiano correttamente fornito dati e notizie all'Amministrazione, nonché controllo degli elementi forniti dall'Amministrazione;
  • sottoscrizione da parte dei vari responsabili operativi di una dichiarazione di veridicità e completezza delle informazioni trasmesse.

Le procedure specifiche in materia di aggiotaggio saranno trattate, per coerenza di contenuto, assieme a quelle in materia di "abuso di mercato" e, più precisamente, di "manipolazione del mercato", avendo i due reati la stessa natura. In ogni caso, si anticipa sin d'ora il principio ispiratore generale, secondo il quale "è vietato a chiunque avere comportamenti, indurre o assistere un cliente o un altro soggetto ad assumere atteggiamenti che non consentano il corretto funzionamento delle forze di mercato".

La manipolazione del mercato comprende, ma non è limitata, i casi riportati qui di seguito:

  • diffondere informazioni false o ingannevoli relative al mercato o al prezzo o valore di un investimento;
  • agire al fine di determinare il prezzo degli strumenti finanziari;
  • richiedere, indurre o assistere qualcun altro nella conclusione di azioni illecite o di manipolazione.

Tutte le attività sensibili elencate, devono essere svolte conformandosi alle leggi vigenti, ai principi contabili di riferimento, alle norme del Codice Etico, ai principi generali di comportamento enucleati sia nella Parte Generale che nella Parte Speciale del presente Modello, nonché ai protocolli di cui sopra, e alle ulteriori procedure organizzative esistenti, a presidio dei rischi-reato identificati.

Comunque, i collaboratori di TitanMet che – a qualsiasi titolo – concorrono alla collazione ed inserimento nel sistema informativo dei dati, alla realizzazione della valutazione ed alla redazione dei documenti societari devono sempre:

• tenere un comportamento corretto, trasparente e collaborativo, nel rispetto delle norme di legge e delle procedure aziendali interne, in tutte le attività finalizzate alla formazione del bilancio e delle altre comunicazioni sociali, al fine di fornire ai soci ed ai terzi una informazione veritiera e corretta sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società;

• osservare tutte le norme poste dalla legge a tutela dell'integrità ed effettività del capitale sociale, al fine di non ledere le garanzie dei creditori e dei terzi in genere;

• assicurare il regolare funzionamento della Società e degli Organi Sociali, garantendo ed agevolando ogni forma di controllo interno sulla gestione sociale previsto dalla legge.

I principi di riferimento relativi alle procedure aziendali in relazione alle aree sensibili di cui alla Parte Speciale -2-

Le procedure di TitanMet e le regole di comportamento devono tenere conto:

  • del Modello di organizzazione, gestione e controllo;
  • dello Statuto sociale;
  • del Codice Etico;
  • dell'organizzazione interna di TitanMet;
  • del sistema di controllo interno (SCI);

• dell'attribuzione dei poteri e delle funzioni ai dipendenti in base ai ruoli ricoperti in virtù dell'organigramma aziendale.

Le regole procedurali comuni alle diverse fattispecie di reato devono prescrivere quanto segue:

• presenza e diffusione di regole etico/comportamentali all'interno di TitanMet improntate al rispetto – nello svolgimento delle attività sensibili – dei principi di veridicità, autorizzazione, verificabilità e documentabilità delle operazioni stesse;

• previsione di un sistema sanzionatorio nel caso di comportamenti non conformi alle norme di cui al Decreto;

• definizione dei ruoli e delle responsabilità dei soggetti coinvolti nella predisposizione delle comunicazioni sociali chiaramente formalizzate (ordini di servizio o altre specifiche comunicazioni);

• definizione di programmi di aggiornamento e di formazione in materia di reati societari e diffusione dei medesimi all'interno di TitanMet;

• segregazione dei compiti (operativi e di controllo) con chiara individuazione dei soggetti posti a presidio delle funzioni aziendali coinvolte;

• previsione di incontri periodici tra Collegio Sindacale e l'Ufficio Legale per verificare l'osservanza dei principi e dei comportamenti da parte degli amministratori e del management, con relativa stesura del verbale.

False comunicazioni sociali ex art. 2621 c.c.

Con riferimento al reato di false comunicazioni sociali sono stati individuati i seguenti processi sensibili:

  • formazione del bilancio e tenuta delle scritture contabili;
  • relazione sulla gestione;
  • comunicazione tra gli organi sociali;
  • ciclo approvvigionamento appalti;
  • budget e riserve;
  • gestione amministrativa delle fatture;
  • attività di controllo interno, comprese le attività di registrazione contabile

e/o gestione contabile in generale.

Il reato individuato nell'art. 2621 c.c., rappresenta il principale e più ricorrente reato individuabile tra quelli societari.

L'area critica riguarda la predisposizione o coinvolgimento nella predisposizione (anche parziale da parte di collaborazione e/o consulenza) di comunicazioni sociali quali:

  • bilancio d'esercizio;
  • bilancio sociale ed ambientale;
  • bilanci pro-forma;
  • budget o piano pluriennali;
  • altre informazioni destinate alle Autorità di Vigilanza.

In questa prospettiva, sono da considerare, per esempio, non solo le parti fondamentali di un bilancio e dei documenti obbligatori (stato patrimoniale, conto economico, nota integrativa e relazione sulla gestione), ma anche ogni documento ad essi sottostante, la cui redazione diventa elemento fondamentale per il documento definitivo.

È fondamentale accertare che ogni posta di bilancio sia il risultato dell'applicazione di criteri obiettivi facilmente individuabili e, soprattutto, omogenei per ogni singola operazione ivi riportata.

Infatti, occasioni per la rilevazione della condotta potrebbero essere:

• inserimento, variazione o cancellazione dei dati di Contabilità Generale nel sistema informatico (fatturazione attiva/passiva, incassi, pagamenti a fornitori e dipendenti, gestione della liquidità e delle operazioni non ordinarie di tesoreria);

  • stima delle poste estimative/valutative di bilancio;
  • raccolta, aggregazione e valutazione dei dati contabili necessari per la predisposizione della bozza di bilancio annuale da sottoporre all'approvazione del CDA;
  • approvazione del Bilancio d'esercizio.

Induzione in errore dei soci o del pubblico circa la situazione economica, patrimoniale e finanziaria, al fine di trarre un ingiusto profitto per la società.

Tra i modi più ricorrenti di realizzazione del reato di false comunicazioni si segnalano tutte quelle forme in cui vengono modificati dati contabili presenti sul sistema informatico, al fine di una falsa rappresentazione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria attraverso l'inserimento di voci di bilancio inesistenti o di valori difformi da quelli reali.

Altro modo, è quello della "sopravvalutazione o sottovalutazione" delle poste di bilancio, effettuazione di valutazioni relative a poste di bilancio che si discostino per almeno il 10% dalla corretta valutazione effettuata sulla base dei criteri dettati dalla legge e dai principi contabili generalmente accettati, d'intesa con gli amministratori (a titolo esemplificativo: fondi per passività potenziali, fondi rischi su crediti, capitalizzazione costi, costi pluriennali, altri stanziamenti per fatture da emettere o da ricevere, minore e/o maggiore rappresentazione dei costi, delle commissioni passive, minore e/o maggiore rappresentazione dei ricavi, delle commissioni attive ecc.).

Inoltre, l'occultamento di risorse aziendali in fondi liquidi o riserve occulte, al fine di permettere al management di gestire tali risorse fuori da ogni controllo potrebbe costituire un sistema attraverso il quale, mediante o l'utilizzazione di documenti di spesa a fronte di gestioni non vere o di registrazioni contabili di natura finanziaria false, si creino fondi non leciti.

Le procedure specifiche, in particolare, devono perseguire i seguenti obiettivi:

  • esistenza di una procedura chiara e formalizzata, rivolta alle funzioni coinvolte nella predisposizione del bilancio annuale, con cui si stabiliscano responsabilità, tempi e modalità di predisposizione delle comunicazioni sociali;
  • formazione di base e piano di training periodico per istruire ed aggiornare i soggetti coinvolti (anche parzialmente) nella predisposizione delle comunicazioni sociali;
  • esistenza e diffusione, anche alla luce delle recenti evoluzioni normative, di un Manuale contabile per la statuizione dei principi contabili ai quali conformarsi nella predisposizione del bilancio societario;
  • esistenza di procedure contabili che regolamentino i flussi contabili;
  • esistenza di procedure specifiche per la gestione degli accessi ai sistemi informativi contabili e gestionali, nel rispetto del principio della separazione delle funzioni, che consentano di rilevare e monitorare gli accessi non autorizzati;
  • evidenza documentale delle attività di controllo effettuate;
  • reportistica per eccezioni;
  • procedure autorizzative e blocco degli accessi, quali ad esempio:
  • autorizzazione a modifica dati processati;
  • log degli accessi;
  • sistemi di assegnazione e modifica di ID e Password.

La fase di raccolta e preparazione dei dati per la valutazione degli stessi, per la predisposizione del bilancio, non può prescindere dall'esistenza di procedure/istruzioni interne formalizzate e diffuse che specifichino i criteri da seguire per la determinazione delle poste valutative/estimative e di altre poste critiche di bilancio, tra cui ad esempio:

  • valutazione crediti;
  • valutazione riserve e fondi rischi;
  • tecniche di ammortamento;
  • determinazioni delle riserve tecniche;
  • oneri diversi di gestione;
  • costi per servizi e consulenze;
  • sopravvenienze attive e passive.

Inoltre, il flusso di raccolta dati deve essere strutturato con indicazione di responsabilità, tempi e modalità di trasmissione e devono essere, altresì, evidenti le procedure autorizzative.

E' fondamentale il controllo preventivo nella fase di raccolta ed aggregazione dei dati finalizzato alla predisposizione dei documenti indicati nell'art. 2621, c.c.

Tale controllo si attua attraverso il monitoraggio del flusso dei dati da parte di tutti gli attori coinvolti (funzioni e società), con indicazione di tempi, responsabilità e modalità, alla funzione responsabile della predisposizione del bilancio.

Necessarie, anche, in considerazione della complessità della gestione sociale, sono le dichiarazioni di conformità, veridicità e completezza dei dati trasmessi (dalle funzioni coinvolte e società) e di formazione dei dati stessi nel rispetto delle procedure/istruzioni interne comunicate.

Sono, altresì, indispensabili i controlli di merito indipendenti sulle poste di bilancio maggiormente critiche; controlli che si rendano più fluidi se vi sono delle verifiche periodiche sugli scostamenti dei dati contabili con quelli di budget.

In ogni caso occorre lasciare evidenza documentale dei controlli effettuati.

Infine, della massima importanza è il monitoraggio dei rischi di alterazione delle scritture contabili da parte dei soggetti che partecipano al processo di alimentazione della contabilità generale/gestionale.

Prima della presentazione ed approvazione del Bilancio occorre seguire alcune regole minime finalizzate alla diffusione del documento che possono così riepilogarsi:

  • tempestiva messa a disposizione di tutti i componenti del CDA della bozza del bilancio/situazione infrannuale prima della riunione del CDA per l'approvazione dello stesso; il tutto con una documentata certificazione dell'avvenuta consegna della bozza in questione;
  • previsione di almeno una riunione prima della seduta del Consiglio di Amministrazione indetta per l'approvazione del bilancio/situazioni infrannuali, tra Vertice aziendale, Responsabile Amministrativo e Collegio Sindacale, con relativa stesura di verbale;
  • Adeguata giustificazione, documentazione ed archiviazione di eventuali modifiche apportate alla bozza di bilancio/situazioni infrannuali da parte degli Amministratori.

Allo scopo di monitorare il lavoro eseguito nella fase propedeutica alla predisposizione del bilancio annuale, occorre redigere una relazione di TitanMet da presentare al Consiglio di Amministrazione e al Collegio Sindacale in merito ai controlli effettuati dall'Amministrazione sulla contabilità (es.: riconciliazioni, analisi conti transitori, analisi partite sospese) e alle verifiche svolte; la relazione affronterà anche i controlli effettuati nel periodo dall'Amministrazione sulle poste valutative e su quelle maggiormente critiche (es.: fondi per passività potenziali, fondi rischi su crediti, riserve, capitalizzazione costi, costi pluriennali, altri stanziamenti per fatture da emettere o da ricevere, conti d'ordine, ecc.) e risultati delle verifiche svolte.

I soggetti che sono direttamente coinvolti nella commissione del reato di cui all'art. 2621 c.c. sono i membri del CDA.

Possono concorrere nella commissione del reato i seguenti Soggetti:

  • Presidente del CDA;
  • CDA;
  • Direttore Generale;
  • Direttore Amministrativo;
  • Dirigenti aziendali preposti alla redazione dei documenti contabili societari;
  • Sindaci.

False comunicazioni sociali delle società quotate ex art. 2622 c.c.

Con riferimento al reato di false comunicazioni sociali sono stati individuati i seguenti processi sensibili:

  • formazione del bilancio e tenuta delle scritture contabili;
  • relazione sulla gestione;
  • comunicazione tra gli organi sociali;
  • ciclo approvvigionamento appalti;
  • budget e riserve;
  • gestione amministrativa delle fatture;
  • attività di controllo interno, comprese le attività di registrazione contabile e/o gestione contabile in generale.

La fattispecie individuata nell'art. 2622 c.c., rappresenta un reato molto frequente nell'ambito delle società aperte.

L'area critica riguarda la predisposizione o coinvolgimento nella predisposizione (anche parziale da parte di collaborazione e/o consulenza) di comunicazioni sociali quali:

  • bilancio d'esercizio;
  • bilancio sociale ed ambientale;
  • bilanci pro-forma;
  • budget o piano pluriennali;
  • altre informazioni destinate alle Autorità di Vigilanza.

In questa prospettiva, sono da considerare, per esempio, non solo le parti fondamentali di un bilancio e dei documenti obbligatori (stato patrimoniale, conto economico, nota integrativa e relazione sulla gestione), ma anche ogni documento ad essi sottostante, la cui redazione diventa elemento fondamentale per il documento definitivo.

È fondamentale accertare che ogni posta di bilancio sia il risultato dell'applicazione di criteri obiettivi facilmente individuabili e, soprattutto, omogenei per ogni singola operazione ivi riportata.

Infatti, occasioni per la rilevazione della condotta potrebbero essere:

• inserimento, variazione o cancellazione dei dati di Contabilità Generale nel sistema informatico (fatturazione attiva/passiva, incassi, pagamenti a fornitori e dipendenti, gestione della liquidità e delle operazioni non ordinarie di tesoreria);

  • stima delle poste estimative/valutative di bilancio;
  • raccolta, aggregazione e valutazione dei dati contabili necessari per la predisposizione della bozza di bilancio annuale da sottoporre all'approvazione del CDA;

• approvazione del Bilancio d'esercizio.

Induzione in errore dei soci o del pubblico circa la situazione economica, patrimoniale e finanziaria, al fine di trarre un ingiusto profitto per la società quotata.

Tra i modi più ricorrenti di realizzazione del reato di false comunicazioni delle società quotate si segnalano tutte quelle forme in cui vengono modificati dati contabili presenti sul sistema informatico, al fine di una falsa rappresentazione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria attraverso l'inserimento di voci di bilancio inesistenti o di valori difformi da quelli reali.

Altro modo, è quello della "sopravvalutazione o sottovalutazione" delle poste di bilancio, effettuazione di valutazioni relative a poste di bilancio che si discostino per almeno il 10% dalla corretta valutazione effettuata sulla base dei criteri dettati dalla legge e dai principi contabili generalmente accettati, d'intesa con gli amministratori (a titolo esemplificativo: fondi per passività potenziali, fondi rischi su crediti, capitalizzazione costi, costi pluriennali, altri stanziamenti per fatture da emettere o da ricevere, minore e/o maggiore rappresentazione dei costi, delle commissioni passive, minore e/o maggiore rappresentazione dei ricavi, delle commissioni attive ecc.).

Inoltre, l'occultamento di risorse aziendali in fondi liquidi o riserve occulte, al fine di permettere al management di gestire tali risorse fuori da ogni controllo potrebbe costituire un sistema attraverso il quale, mediante o l'utilizzazione di documenti di spesa a fronte di gestioni non vere o di registrazioni contabili di natura finanziaria false, si creino fondi non leciti.

Le procedure specifiche, in particolare, devono perseguire i seguenti obiettivi:

• esistenza di una procedura chiara e formalizzata, rivolta alle funzioni coinvolte nella predisposizione del bilancio annuale, con cui si stabiliscano responsabilità, tempi e modalità di predisposizione delle comunicazioni sociali;

• formazione di base e piano di training periodico per istruire ed aggiornare i soggetti coinvolti (anche parzialmente) nella predisposizione delle comunicazioni sociali;

• esistenza e diffusione, anche alla luce delle recenti evoluzioni normative, di un Manuale contabile per la statuizione dei principi contabili ai quali conformarsi nella predisposizione del bilancio societario;

• esistenza di procedure contabili che regolamentino i flussi contabili;

• esistenza di procedure specifiche per la gestione degli accessi ai sistemi informativi contabili e gestionali, nel rispetto del principio della separazione delle funzioni, che consentano di rilevare e monitorare gli accessi non autorizzati;

  • evidenza documentale delle attività di controllo effettuate;
  • reportistica per eccezioni;
  • procedure autorizzative e blocco degli accessi, quali ad esempio:
  • autorizzazione a modifica dati processati;
  • b) log degli accessi;
  • c) sistemi di assegnazione e modifica di ID e Password.

La fase di raccolta e preparazione dei dati per la valutazione degli stessi, per la predisposizione del bilancio, non può prescindere dall'esistenza di procedure/istruzioni interne formalizzate e diffuse che specifichino i criteri da seguire per la determinazione delle poste valutative/estimative e di altre poste critiche di bilancio, tra cui ad esempio:

  • valutazione crediti;
  • valutazione riserve e fondi rischi;
  • tecniche di ammortamento;
  • determinazioni delle riserve tecniche;
  • oneri diversi di gestione;
  • costi per servizi e consulenze;
  • sopravvenienze attive e passive.

Inoltre, il flusso di raccolta dati deve essere strutturato con indicazione di responsabilità, tempi e modalità di trasmissione e devono essere, altresì, evidenti le procedure autorizzative.

È fondamentale il controllo preventivo nella fase di raccolta ed aggregazione dei dati finalizzato alla predisposizione dei documenti indicati nell'art. 2622 c.c.

Tale controllo si attua attraverso il monitoraggio del flusso dei dati da parte di tutti gli attori coinvolti (funzioni e società), con indicazione di tempi, responsabilità e modalità, alla funzione responsabile della predisposizione del bilancio.

Necessarie, anche, in considerazione della complessità della gestione sociale, sono le dichiarazioni di conformità, veridicità e completezza dei dati trasmessi (dalle funzioni coinvolte e società) e di formazione dei dati stessi nel rispetto delle procedure/istruzioni interne comunicate.

Sono, altresì, indispensabili i controlli di merito indipendenti sulle poste di bilancio maggiormente critiche; controlli che si rendano più fluidi se vi sono delle verifiche periodiche sugli scostamenti dei dati contabili con quelli di budget.

In ogni caso occorre lasciare evidenza documentale dei controlli effettuati.

Infine, della massima importanza è il monitoraggio dei rischi di alterazione delle scritture contabili da parte dei soggetti che partecipano al processo di alimentazione della contabilità generale/gestionale.

Prima della presentazione ed approvazione del Bilancio occorre seguire alcune regole minime finalizzate alla diffusione del documento che possono così riepilogarsi:

• tempestiva messa a disposizione di tutti i componenti del CDA della bozza del bilancio/situazione infrannuale prima della riunione del CDA per l'approvazione dello stesso; il tutto con una documentata certificazione dell'avvenuta consegna della bozza in questione;

• previsione di almeno una riunione prima della seduta del CDA indetta per l'approvazione del bilancio/situazioni infrannuali, tra vertice aziendale, responsabile amministrativo e Collegio Sindacale, con relativa stesura di verbale;

• adeguata giustificazione, documentazione ed archiviazione di eventuali modifiche apportate alla bozza di bilancio/situazioni infrannuali da parte degli Amministratori.

Allo scopo di monitorare il lavoro eseguito nella fase propedeutica alla predisposizione del bilancio annuale, occorre redigere una relazione di TitanMet da presentare al CDA e al Collegio Sindacale in merito ai controlli effettuati dall'Amministrazione sulla contabilità (es.: riconciliazioni, analisi conti transitori, analisi partite sospese) e alle verifiche svolte; la relazione affronterà anche i controlli effettuati nel periodo dall'Amministrazione sulle poste valutative e su quelle maggiormente critiche (es.: fondi per passività potenziali, fondi rischi su crediti, riserve, capitalizzazione costi, costi pluriennali, altri stanziamenti per fatture da emettere o da ricevere, conti d'ordine, ecc.) e risultati delle verifiche svolte.

I soggetti che sono direttamente coinvolti nella commissione del reato di cui all'art. 2622 c.c. sono i membri del CDA.

Possono concorrere nella commissione del reato i seguenti Soggetti:

  • Presidente del CDA;
  • CDA;
  • Direttore Generale;
  • Direttore Amministrativo;
  • Dirigenti aziendali preposti alla redazione dei documenti contabili societari;
  • Sindaci.

Falso in prospetto (ex art. 2623 c.c.)

Come già accennato, si tratta di un delitto (il vigente "falso in prospetto" ex art. 173 bis TUF) non direttamente richiamato dal Decreto (è richiamato l'abrogato 2623 c.c.) – e quindi di un delitto la cui realizzazione non comporterebbe la responsabilità ex D.Lgs. 231/2001.

Solo parte della dottrina ritiene che tra i due articoli (l'art. 2623 c.c. e l'art. 173 bis TUF) possa individuarsi una continuità normativa, sì da poter considerare i rinvii all'art. 2623 c.c. automaticamente rivolti all'art. 173 bis. Si tratta di un orientamento allo stato respinto dalla giurisprudenza, anche in nome del principio di legalità che regge la legge penale e il Decreto in esame.

In un'ottica prudenziale TitanMet ha deciso comunque di considerare tale fattispecie (il falso in prospetto ex art. 173 bis TUF) come se fosse annoverata tra i reati presupposto, pur nella consapevolezza che al presente non lo è e non potrà esserlo sino ad un intervento del legislatore.

Sussiste un rischio di realizzazione di tale condotta relativamente alle strutturazioni di operazioni di quotazione, sollecitazioni all'investimento, ovvero OPA/OPS/OPV.

Si ricorda inoltre che, ai sensi del comma 9 dell'art. 94 TUF ("Prospetto d'offerta", nella sezione I "Offerta al pubblico di strumenti finanziari comunitari e di prodotti finanziari diversi dalle quote o azioni Oicr aperti"), anche i collocatori sono responsabili per le informazioni false o per le omissioni contenute nel prospetto d'offerta.

La condotta è chiaramente finalizzata al conseguimento per sé o altri di un ingiusto profitto attraverso la consapevole esposizione mendace (ingannatoria per i terzi) nei prospetti richiesti ai fini della sollecitazione all'investimento o dell'ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambi.

Come già accennato, le condotte penalmente rilevanti sono l'esposizione di false informazioni e/o l'occultamento di dati o notizie nei documenti sopra indicati, sì da indurre in errore i destinatari.

Considerato che la norma non individua una soglia quantitativa di punibilità (non è contenuto, ad esempio, il riferimento alla sensibile alterazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società emittente o a soglie quantitative di punibilità), sono idonee ad integrare il delitto in esame anche alterazioni minime della reale situazione della società emittente. Il mancato aggiornamento del prospetto informativo potrebbe integrare il reato in esame.

Occorre perseguire e rispettare i seguenti principi:

• redigere secondo correttezza/trasparenza/completezza/veridicità i documenti d'offerta o i prospetti di quotazione;

• verificare previamente la correttezza/veridicità/completezza delle informazioni che saranno utilizzate nei prospetti di quotazione;

• applicare il principio di maker-checker: i soggetti incaricati della redazione di documenti d'offerta e/o di prospetti di quotazione devono necessariamente essere diversi da quelli incaricati di verificarne la correttezza/veridicità.

La lettera "chiunque" identifica l'art. 2623 c.c. quale reato comune. Tuttavia, la condotta potrebbe essere di fatto realizzata solo in occasione di offerte al pubblico di prodotti finanziari (art. 94 TUF), ammissione alla quotazione di strumenti finanziari nei mercati regolamentati (art. 113 TUF), offerte pubbliche di acquisto (inclusa l'OPA residuale) o di scambio (art. 102 TUF).

Ne consegue che potranno commettere il delitto de quo solo quelle persone individuate dai regolamenti Consob (TUF e Regolamento Emittenti) quali soggetti incaricati e responsabili della redazione dei prospetti.

Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione ex art. 2624 c.c.

L'art. 25 ter del Decreto – alle lettere f) e g) – prevede la responsabilità dell'ente per il reato di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, continuando però a richiamare la contravvenzione di cui all'art. 2624 c.c., comma 1 (art. 25 ter, lett. f) ed il delitto di cui all'art. 2624 c.c., comma 2 (art. 25 ter, lett. g), oggi abrogati.

Anche in tal caso, si ritiene opportuno integrare il modello come se tale rinvio non fosse soltanto formale, ossia rivolto al reato di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione così come concepito – inizialmente – nell'art. 2624 c.c., bensì recettizio anche delle successive modifiche della disciplina sanzionatoria dell'illecito in questione, ora diversamente disciplinato dall'art. 174 bis TUF.

Si ribadisce, pertanto – stante la finalità preventiva degli illeciti penali del presente modello – in via prudenziale – e per le stesse ragioni esposte poco sopra per l'abrogato art. 2624 c.c. – è pertanto opportuno integrare il modello come se la responsabilità amministrativa dell'ente sussistesse anche per il compimento dell'art. 174 TUF.

  • Redazione relazioni Società di revisione (ad es. relazione ex art. 14 D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39 e relazione ex art. 10 Regolamento UE n. 537/2014);
  • redazione comunicazioni Società di revisione.

Ingiusto profitto, anche a favore di altri.

Tra i modi più ricorrenti di realizzazione del reato di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione si segnalano tutte quelle forme in cui vengono modificati dati contabili al fine di una falsa rappresentazione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria, anche attraverso l'inserimento di voci di bilancio inesistenti o di valori difformi da quelli reali.

Altro modo, è quello della "sopravvalutazione o sottovalutazione" delle poste di bilancio, effettuazione di valutazioni relative a poste di bilancio che si discostino per almeno il 10% dalla corretta valutazione effettuata sulla base dei criteri dettati dalla legge e dai principi contabili generalmente accettati, d'intesa con gli amministratori (a titolo esemplificativo: fondi per passività potenziali, fondi rischi su crediti, capitalizzazione costi, costi pluriennali, altri stanziamenti per fatture da emettere o da ricevere, minore e/o maggiore rappresentazione dei costi, delle commissioni passive, minore e/o maggiore rappresentazione dei ricavi, delle commissioni attive ecc.).

Inoltre, l'occultamento di risorse aziendali in fondi liquidi o riserve occulte, al fine di permettere al management di gestire tali risorse fuori da ogni controllo potrebbe costituire un sistema attraverso il quale, mediante o l'utilizzazione di documenti di spesa a fronte di gestioni non vere o di registrazioni contabili di natura finanziaria false, si creino fondi non leciti.

Società di revisione, ivi compresi i dipendenti ed i collaboratori.

Impedito controllo ex art. 2625 c.c.

Con riferimento al reato di impedito controllo sono stati individuati i seguenti processi sensibili:

  • rapporti con la Società di Revisione e con il Collegio Sindacale;
  • gestione dell'informativa periodica;

• attività di controllo interno, comprese le attività di registrazione contabile e/o gestione contabile in generale.

Gli amministratori devono ispirare il loro comportamento a principi di buona fede e correttezza e devono collaborare con gli altri organi societari e gli enti deputati all'attività di verifica e controllo al fine di evitare pregiudizi ai soci.

Il reato di cui all'art. 2625, c.c., potrebbe essere compiuto nei seguenti casi:

  • in occasione di verifiche periodiche o nella gestione dei rapporti con il Collegio Sindacale;
  • nella gestione dei rapporti con il Collegio Sindacale in occasione del controllo contabile del bilancio;
  • nella gestione dei rapporti con i soci in occasione di eventuali richieste di esibizione di libri sociali.

Impedimento od ostacolo allo svolgimento delle funzioni di controllo del Collegio Sindacale, dei Sindaci o dei Soci con conseguente danno ai soci.

Occultamento di documenti o messa in atto di altri artifici idonei ad impedire od ostacolare il controllo. Omissione di informazioni, mancata esibizione della documentazione richiesta da Sindaci e/o Collegio Sindacale e mancata esibizione ai Soci che ne facciano richiesta del libro soci.

Occorre tenere evidenza documentale di tutte le richieste pervenute e di tutte le informazioni/ dati/documenti consegnati o resi disponibili (ad esempio, attraverso una reportistica dedicata, da sottoporre a periodica verifica dell'Organismo di Vigilanza) al Collegio Sindacale e ai soci. È indispensabile la consegna al Collegio Sindacale di una "representation letter" con la quale si attesta di aver fornito tutte le informazioni richieste e che tali informazioni corrispondono a verità e correttezza.

I soggetti che sono direttamente coinvolti nella commissione del reato di cui all'art. 2625 c.c. sono i membri del Consiglio di Amministrazione.

Possono concorrere nella commissione del reato i seguenti Soggetti:

  • Presidente del CDA.;
  • Direttore Generale/Project Manager;
  • Direttore Amministrativo;
  • Tutte le funzioni aziendali ed extra aziendali che forniscono dati ed informazioni necessari al controllo.

Indebita restituzione dei conferimenti ex art. 2626 c.c.

Con riferimento al reato di indebita restituzione dei conferimenti sono stati individuati i seguenti processi sensibili:

  • operazioni societarie che possono incidere sull'integrità del capitale sociale;
  • attività di riduzione del capitale sociale e gestione operazioni sul capitale in genere;
  • rapporti con i soci.

Collaborazione nelle operazioni di riduzione di capitale e di restituzione di conferimenti ai soci. Rapporti con i soci conferenti il capitale sociale.

Favorire i soci nelle restituzioni, nell'interesse dell'Ente.

Liberazione dei soci dall'obbligo di eseguire conferimenti, ovvero restituzione di conferimenti ai soci attraverso riduzione del capitale sociale fuori dai casi previsti dalla legge (per esuberanza, per perdite, per mancata esecuzione dei conferimenti, per annullamento di quote proprie ecc.).

Restituzione di conferimenti ai soci attraverso:

  • effettuazione di pagamenti non dovuti verso soci;
  • effettuazione indebite di anticipi di cassa o rimborsi verso soci;
  • operazioni di finanziamento verso i soci.

È opportuna l'esistenza di procedure/istruzioni interne formalizzate e diffuse che specifichino i criteri da seguire nei casi in cui si proceda a:

  • riduzione del capitale sociale fuori dai casi previsti dalla legge;
  • pagamenti, anticipi di cassa o rimborsi verso soci;
  • operazioni di finanziamento verso i soci;
  • cessione a titolo gratuito di cespiti o beni aziendali ai soci.

Le procedure dovranno tenere nel debito conto anche l'evidenziazione documentale delle attività di controllo effettuate sulla correttezza e conformità delle operazioni sopra richiamate alle disposizioni di legge e a quelle interne.

Occorrerà motivare dettagliatamente tutti i casi di deviazione di applicazione delle procedure standard comunicate.

È indispensabile l'esistenza di una procedura chiara e formalizzata, rivolta alle funzioni coinvolte nella predisposizione della situazione patrimoniale richiesta dalla legge ai fini della distribuzione dei dividendi, con cui si stabiliscano responsabilità, tempi e modalità di predisposizione.

Periodicamente occorrerà sottoporre all'Organismo di Vigilanza tutti quei casi relativi alle operazioni in favore dei soci effettuate nel periodo, in particolare:

  • riduzione del capitale sociale fuori dai casi previsti dalla legge;
  • acconti su dividendi (se previsti dallo Statuto);
  • pagamenti, anticipi di cassa o rimborsi verso soci;
  • operazioni di finanziamento verso i soci;
  • cessione a titolo gratuito di cespiti e beni mobili aziendali ai soci.

I soggetti che sono direttamente coinvolti nella commissione del reato di cui all'art. 2626 c.c. sono i membri del CDA.

Possono concorrere alla commissione del reato i seguenti soggetti:

  • Presidente del CDA;
  • Direttore Generale;
  • Direttore Amministrativo;
  • Ufficio Legale.

Illegale ripartizione di utili e riserve ex art. 2627 c.c.

Con riferimento al reato di illegale ripartizione di utili e riserve sono stati individuati i seguenti processi sensibili:

  • operazioni societarie che possono incidere sull'integrità del capitale sociale;
  • operazioni sul capitale in genere;

• rapporti con i soci.

L'area a rischio chiama in causa il CDA della Società e tutti coloro che abbiano contribuito alla predisposizione della bozza di progetto di bilancio, prospettando dati non veritieri e/o inesatti circa, ad esempio, la reale consistenza del patrimonio sociale al fine di distribuire utili ai soci.

Distribuzione di utili non effettivamente conseguiti o da destinarsi per legge a riserva.

• Formulazione di proposte al Consiglio di Amministrazione sulla destinazione dell'utile di esercizio.

  • Alterazione della rappresentazione in bilancio di utili e riserve distribuibili.
  • Concessione di prestiti/finanziamenti ai soci.
  • Pagamento di compensi (di importo inferiore al dovuto) per prestazioni professionali effettuate del socio che sia anche professionista.

• Distribuzione di acconti su dividendi.

È opportuna l'esistenza di procedure/istruzioni interne formalizzate e diffuse che specifichino i criteri da seguire per:

  • destinazione dell'utile;
  • distribuzione di acconti su dividendi;
  • pagamenti, anticipi di cassa o rimborsi verso soci;
  • operazioni di finanziamento verso i soci;
  • evidenza documentale delle attività di controllo effettuate sulla correttezza e conformità delle operazioni sopra richiamate alle disposizioni di legge e a quelle interne;
  • motivazione in caso di deviazione di applicazione delle procedure standard comunicate;
  • esistenza di una procedura chiara e formalizzata, che identifichi ruoli, responsabilità modalità e flussi autorizzativi per la formulazione di proposte al CDA sulla destinazione dell'utile di esercizio;
  • esistenza di una procedura chiara e formalizzata, rivolta alle funzioni coinvolte nella predisposizione della situazione patrimoniale richiesta dalla legge ai fini della distribuzione dei dividendi, con cui si stabiliscano responsabilità, tempi e modalità di predisposizione;
  • reportistica periodica da sottoporre all'Organismo di Vigilanza che evidenzi tutte le operazioni in favore dei soci effettuate nel periodo, in particolare:
  • distribuzione di acconti su dividendi;
  • pagamenti, anticipi di cassa o rimborsi verso soci;
  • operazioni di finanziamento verso i soci;
  • comunicazione della proposta di distribuzione dei dividendi o dei relativi acconti all'Organismo di Vigilanza, con indicazione degli utili e delle riserve da distribuire, al fine di verificarne la legittimità;
  • adeguata giustificazione, documentazione ed archiviazione di eventuali modifiche apportate alla bozza di bilancio/situazioni infrannuali da parte degli Amministratori con particolare riferimento agli utili e alle riserve.

I Soggetti che sono direttamente coinvolti nella commissione del reato di cui all'art. 2627, c.c., sono i membri del Consiglio di Amministrazione.

Possono concorrere alla commissione del reato i seguenti Soggetti:

• Presidente del C.d.A.;

  • Direttore Generale;
  • Direttore Amministrativo;
  • Ufficio Legale.

Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante ex art. 2628 c.c.

Con riferimento al reato di illecite operazioni su quote sociali sono stati individuate le seguenti attività sensibili:

  • Operazioni sociali che possono incidere sull'integrità del capitale sociale;
  • Operazioni sul capitale in genere;
  • Rapporti con i soci.

• Formulazione della proposta di acquisto di quote societarie da sottoporre all'approvazione dell'assemblea;

• Effettuazione delle operazioni di acquisto o sottoscrizione di quote proprie su delega del Consiglio di Amministrazione.

Causare una lesione all'integrità del capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge.

Acquisto o sottoscrizione di quote emesse dalla società al di fuori dei casi consentiti dalla legge, tali da causare una lesione all'integrità del capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge attraverso un terzo incaricato di acquistare o sottoscrivere quote in nome e per conto della società emesse dalla stessa società.

Le procedure specifiche per la gestione di tali operazioni devono indicare ruoli, responsabilità e modalità per la sottoscrizione e l'acquisto di quote proprie Disposizioni autorizzative formalizzate per:

  • la sottoscrizione e l'acquisto di quote proprie;
  • l'attribuzione di incarichi a terzi per la sottoscrizione/acquisto di quote propri.

Le procedure devono, inoltre, prevedere su base semestrale la comunicazione all'Organismo di Vigilanza di tutte le operazioni sulle quote proprie (con indicazione sul numero di quote oggetto della transazione, valore dell'operazione, motivi dell'operazione, soggetto che ha operato la sottoscrizione/acquisto, ecc.).

I soggetti che sono direttamente coinvolti nella commissione del reato di cui all'art. 2628, c.c., sono i membri del CDA.

Possono concorrere alla commissione del reato i seguenti soggetti:

  • Presidente del CDA;
  • Direttore Generale;
  • Direttore Amministrativo;
  • Ufficio Legale.

Operazioni in pregiudizio dei creditori ex art. 2629 c.c.

Con riferimento al reato di operazioni in pregiudizio ai creditori sono stati individuati i seguenti processi sensibili:

• rapporti e operazioni con i creditori.

Predisposizione (ovvero collaborazione nella predisposizione) di situazioni patrimoniali funzionali alla realizzazione di operazioni di fusioni/scissioni o riduzioni di capitale.

Effettuazione delle operazioni di riduzione del capitale sociale su delega del Consiglio di Amministrazione.

Effettuazione delle operazioni straordinarie di fusione/scissione con un'altra società.

Realizzazione di operazioni di fusione/scissione o riduzioni di capitale in violazione delle norme di legge poste a tutela dei creditori sociali, al fine di cagionare danno ai creditori.

Esposizione di dati idonei a pregiudicare i diritti dei creditori sociali, anche in concorso con altri, in occasione di fusioni o scissioni o riduzioni di capitale.

Le procedure specifiche relative alla gestione delle operazioni straordinarie, devono individuare ruoli, responsabilità e modalità realizzazione.

Rispetto degli adempimenti della normativa in vigore con riferimento alle operazioni di fusione, scissione o riduzione del capitale sociale o altre ipotesi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale.

I soggetti che sono direttamente coinvolti nella commissione del reato di cui all'art. 2629, c.c., sono i membri del CDA.

Possono concorrere alla commissione del reato i seguenti soggetti:

  • Presidente del CDA;
  • Direttore Generale;
  • Direttore Amministrativo;
  • Ufficio Legale.

Omessa comunicazione del conflitto di interessi ex art. 2629-bis c.c.

La condotta descritta all'art. 2629 bis c.c. potrebbe consentire a TitanMet, nel caso di mancata astensione dal compimento di una operazione in conflitto da parte dell'amministratore delegato, di conseguire indirettamente un vantaggio; l'interesse dell'Ente potrebbe essere ravvisato ex ante nella mancata dichiarazione.

L'art. 2629 bis c.c. richiama espressamente l'art. 2391 c.c., a mente del quale "l'amministratore deve dare notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società, precisandone la natura, i termini, l'origine e la portata; se si tratta di amministratore delegato, deve altresì astenersi dal compiere l'operazione, investendo della stessa l'organo collegiale, se si tratta di amministratore unico, deve darne notizia anche alla prima assemblea utile.

Nei casi previsti dal precedente comma la deliberazione del consiglio di amministrazione deve adeguatamente motivare le ragioni e la convenienza per la società dell'operazione. Nei casi di inosservanza a quanto disposto nei due precedenti commi del presente articolo ovvero nel caso di deliberazioni del consiglio o del comitato esecutivo adottate con il voto determinante dell'amministratore interessato, le deliberazioni medesime, qualora possano recare danno alla società, possono essere impugnate dagli amministratori e dal collegio sindacale entro novanta giorni dalla loro data; l'impugnazione non può essere proposta da chi ha consentito con il proprio voto alla deliberazione se sono stati adempiuti gli obblighi di informazione previsti dal primo comma. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione.

L'amministratore risponde dei danni derivati alla società dalla sua azione od omissione. L'amministratore risponde altresì dei danni che siano derivati alla società dalla utilizzazione a vantaggio proprio o di terzi di dati, notizie o opportunità di affari appresi nell'esercizio del suo incarico".

La fattispecie richiama una serie di previsioni contenute nella normativa civilistica e richiede che la violazione di tali previsioni comporti "danni alla società o a terzi". Quest'ultimo profilo permette di affermare che la norma non sanziona tout court la mera omessa di comunicazione (non è pertanto richiesta la c.d. full disclosure da parte degli amministratori) bensì sanziona la condotta che lede concretamente la trasparenza nella gestione della società causando un danno alla medesima o a terzi. L'amministratore non è pertanto tenuto a dare notizia di ogni interesse che abbia nella gestione della società ma solo di quelli che possano causare un danno al patrimonio della società o dei terzi, che assurgono a bene giuridico tutelato.

Ne consegue che la condotta potrà essere realizzata in ogni operazione rispetto alla quale un amministratore abbia un interesse personale concreto, effettivo, attuale e oggettivo che possa causare un danno alla società o a terzi.

A titolo esemplificativo si pensi all'acquisto da parte di TitanMet di un immobile di proprietà di uno degli amministratori, oppure all'ipotesi in cui un amministratore o una propria ditta individuale siano parte in un contratto o in un'operazione con la società amministrata, oppure quando esista un rapporto giuridico fra l'amministratore ed il terzo che pone in essere il contratto o l'operazione con la società amministrata.

Trattandosi di reato proprio, possono commettere il reato in commento coloro che svolgono funzioni di amministratore o componente del consiglio di gestione.

La condotta punibile ai sensi dell'art. 2629 bis c.c. consiste nella violazione dei doveri imposti dall'art. 2391 c.c.; tale norma impone l'obbligo, in capo all'amministratore, di comunicare, agli altri amministratori e al collegio sindacale, eventuali interessi personali in una determinata operazione. Nel caso dell'amministratore delegato è inoltre previsto l'ulteriore obbligo di astenersi dal compiere simili operazioni.

Ai fini della condotta, a rilevare sono i soli interessi specifici e direttamente collegati con l'operazione societaria oggetto di valutazione: i profili specifici relativi a natura, origine, termini e portata dell'interesse devono essere contenuti nella comunicazione richiesta ai sensi dell'art. 2391 c.c.

Per valutare la sussistenza dell'interesse si può fare riferimento ai requisiti di oggettività, concretezza, attualità ed effettività dello stesso rispetto al momento in cui deve essere assunta una decisione.

Si ritiene che qualora la comunicazione non sia sufficientemente precisa e completa sussisterà la violazione della previsione normativa (sempreché l'insufficienza della comunicazione arrechi danno alla società o a terzi).

Sebbene non sia espressamente previsto un termine entro cui la comunicazione deve essere effettuata, si ritiene che a escludere la configurabilità della fattispecie sia sufficiente che tale comunicazione arrivi in tempo utile alla società, affinché quest'ultima sia posta in grado di tutelare i propri interessi (e, in ogni caso, prima della deliberazione assembleare avente ad oggetto l'operazione in conflitto di interesse).

L'evento "danno" costituisce un elemento costitutivo del reato; il danno causato dell'omessa comunicazione del conflitto di interessi deve avere natura patrimoniale e deve sussistere il nesso di causalità tra la condotta omissiva (l'omessa comunicazione o l'incompletezza della stessa) e il danno cagionato.

Qualora il danno sia subito da terzi, si specifica che tale categoria ricomprende i soci, i creditori sociali, i beni posseduti o amministrati dalla società.

Ovviamente, ai fini della sussistenza della responsabilità dell'Ente, non potrà che sussistere un danno nei confronti di terzi, posto che il danno subito dalla Società escluderebbe l'interesse e il vantaggio della stessa.

Sotto il profilo soggettivo si può rilevare che la condotta è punita a titolo di dolo generico: solo la volontaria omissione della comunicazione di un interesse rilevante da parte dell'amministratore e/o nella commissione di un'operazione in conflitto da parte dell'amministratore delegato permette di ravvisare la sussistenza del reato. Ovviamente tale consapevolezza deve investire anche il danno che consegue a tale omissione.

Ad esempio, per TitanMet potrebbe rilevare il caso in cui un amministratore della controllata o di partecipate, nominato dalla Società quale socia, non denunci il conflitto sussistente a danno della società controllata o partecipata e a favore di TitanMet.

Al fine di prevenire il reato in commento è opportuno che:

• la società raccolga, in appositi format, le dichiarazioni degli amministratori in merito alle possibili situazioni di conflitto in cui essi possono trovarsi;

• il presidente richieda agli amministratori, in ogni riunione del CDA, di dichiarare l'esistenza di potenziali conflitti di interesse che, se sussistenti, devono essere inserite nei verbali delle assemblee.

Formazione fittizia del capitale ex art. 2632 c.c.

Con riferimento al reato di formazione fittizia del capitale sono stati individuati i seguenti processi sensibili:

  • operazioni che possono incidere sull'integrità del capitale sociale;
  • operazioni sul capitale in genere;
  • rapporti con i soci;
  • rapporti e operazioni con i creditori.

Collaborazione nelle operazioni strumentali agli aumenti di capitale:

  • operazioni di emissione di quote proprie operazioni di sottoscrizione di quote;
  • operazione di conferimento di beni dei soci;
  • operazioni di trasformazione della società.

Aumenti fittizi di capitale.

Attribuzione di quote di valore inferiore al loro valore nominale.

Sottoscrizione reciproca di quote ovvero formulazione della proposta di acquisto reciproco di quote societarie da sottoporre all'approvazione dell'assemblea.

Sopravvalutazione rilevante dei conferimenti di beni in natura o di crediti o del patrimonio della società in caso di trasformazione, anche adottando o applicando criteri di valutazione errati.

Le procedure specifiche relative alla gestione delle operazione straordinarie (i.e. conferimenti di beni in natura o di crediti o del patrimonio della società in caso di trasformazione) devono stabilire principi generali che consentano di identificare ruoli, responsabilità, criteri e modalità di realizzazione.

Controlli di merito indipendenti sulle valutazioni contenute nelle relazioni di stima in caso di conferimenti in natura o di crediti, realizzate dalle funzioni competenti.

Onere di comunicazione all'Organismo di Vigilanza relativamente a:

  • operazioni sulle quote proprie a seguito di delega del CDA, con indicazione del numero di quote coinvolte, del prezzo dell'operazione, del totale cumulato di quote possedute in seguito all'operazione, ecc.;
  • sottoscrizione reciproca di quote.

I soggetti che sono direttamente coinvolti nella commissione del reato di cui all'art. 2632, c.c., sono i membri del CDA.

Possono concorrere alla commissione del reato i seguenti soggetti:

  • Presidente del CDA;
  • Direttore Generale;
  • Direttore Amministrativo;
  • Ufficio Legale.

Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori ex art. 2633 c.c.

Il mancato rispetto della par conditio creditorum realizzata attraverso l'attribuzione ai soci di beni durante la fase della liquidazione della società equivale alla restituzione ad essi dei conferimenti durante la vita della medesima.

Con riferimento a tale fattispecie sono stati individuati ambiti e operazioni che potrebbero far sorgere la responsabilità da reato della Società.

Come si è evidenziato, la fattispecie in esame può essere posta in essere solo da una determinata categoria di soggetti: i liquidatori (con le precisazioni scritte infra). Il reato de quo assume rilevanza nell'ambito del presente Modello in tutte le ipotesi in cui gli amministratori agiscano come liquidatori di fatto oppure i soci concorrano con i liquidatori nella realizzazione della condotta penalmente rilevante.

Le condotte che potrebbero potenzialmente far sorgere la responsabilità dell'Ente attengono pertanto alle ipotesi di collaborazione nelle operazioni relative alla fase di liquidazione e in quelle strumentali agli aumenti di capitale:

  • operazioni di emissione di quote proprie;
  • operazioni di sottoscrizione di quote;
  • operazioni di fusione o scissione della società;
  • riduzione del capitale sociale;
  • condotte serbate dai soci durante la fase di liquidazione.

La condotta punita mira a ledere i creditori sociali, sottraendo loro i beni sociali, che vengono illecitamente ripartiti tra i soci ad opera dei liquidatori.

Il fatto tipico consiste nella ripartizione di beni sociali prima del pagamento dei creditori sociali o dell'accantonamento delle somme necessarie a soddisfarli, a danno a tali soggetti. Per "ripartizione" deve intendersi ogni trasferimento effettuato a vantaggio di uno o più soci.

Si precisa che è sufficiente anche un solo atto affinché risulti integrato l'illecito.

L'oggetto materiale della condotta è costituito dai beni sociali, categoria che ricomprende qualunque elemento del patrimonio economicamente valutabile e idoneo a soddisfare i creditori.

Risultano invece esclusi i beni che i soci o i terzi abbiano concesso in godimento dal momento che la proprietà permane in capo a colui che conferisce il bene (ex art. 2281 c.c. tali beni devono essere restituiti ai conferenti).

Il reato non si configura qualora il bene sociale venga attribuito al socio a titolo di risarcimento. L'illecito non si configura neppure qualora la ripartizione avvenga dopo il pagamento dei creditori o dopo aver provveduto all'accantonamento delle somme necessarie a soddisfarli.

Ai fini della configurabilità del reato è necessario che si verifichi in concreto il danno in capo al creditore sociale consistente nella perdita (totale o parziale) del credito. Integra la fattispecie anche il ritardo nel pagamento e l'eventuale ottenimento delle somme dovute attraverso modalità più gravose. Il reato è perseguibile a querela della persona offesa e si estingue con il risarcimento integrale del danno cagionato a tutti i creditori, e non solo a quelli querelanti, che intervenga prima dell'apertura del giudizio.

Il consenso di tutti i creditori ai sensi dell'art. 50 c.p. esclude l'illegittimità della ripartizione, purché i liquidatori possano escludere la sussistenza di altre passività.

L'eventuale responsabilità dell'ente sussiste tuttavia anche nell'ipotesi in cui il reato si estingua a seguito del risarcimento del danno ai sensi dell'art. 8, comma 1 lett. b).

In conclusione, la fattispecie in esame rappresenta un reato di danno causato attraverso la deminutio patrimonii: i soci concorrono nel reato solo qualora abbiano accettato i beni sociali dopo aver indotto i liquidatori ad attuare l'indebita ripartizione.

È richiesto il dolo generico affinché si configuri la fattispecie.

L'elemento soggettivo è escluso nel caso di errore del soggetto agente sulla presenza di creditori non ancora soddisfatti, sull'ammontare dei debiti sociali o sull'eventuale accantonamento delle somme necessarie.

È fatto divieto di porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali che, presi individualmente o in concorso, integrino la fattispecie di reato di cui all'art. 25 ter, comma 1, lett. p), del Decreto.

Soci e amministratori devono pertanto astenersi dal sollecitare i liquidatori in ordine alla ripartizione dei beni sociali prima di aver provveduto al pagamento dei creditori sociali o all'accantonamento delle somme necessarie a soddisfarli.

Soci e amministratori devono altresì astenersi dall'accettare beni sociali prima che siano soddisfatti i creditori sociali, salvo che si tratti di beni conferiti alla società a titolo di godimento. La presente Parte Speciale prevede l'espresso obbligo a carico dei soggetti sopra indicati di osservare tutte le norme poste dalla legge a tutela dell'integrità ed effettività del capitale sociale, al fine di non ledere le garanzie dei creditori e dei terzi in genere.

Con riferimento al comportamento richiesto, si specifica che è vietata:

  • la restituzione di conferimenti ai soci o la liberazione degli stessi dall'obbligo di eseguirli, al di fuori dei casi di legittima ripartizione del capitale sociale;
  • la ripartizione di utili o acconti su utili non effettivamente conseguiti o destinati per legge a riserva;
  • l'acquisto o la sottoscrizione di azioni della società o di società controllate fuori dai casi previsti dalla legge, in tal modo ledendo l'integrità del capitale sociale;
  • l'effettuazione di operazioni di riduzioni del capitale sociale, fusioni o scissioni, in violazione delle disposizioni di legge a tutela dei creditori, provocando ad essi un danno;
  • l'effettuazione di aumenti (o formazione) fittizia del capitale sociale, attraverso l'attribuzione, in sede di aumento del capitale sociale, di azioni per un valore inferiore al loro valore nominale.

Al fine di garantire e agevolare ogni forma di controllo interno sulla gestione sociale si richiede di assicurare il rispetto delle previsioni contenute nel Modello Organizzativo, nonché nelle singole procedure.

Nell'ambito dei suddetti comportamenti, è fatto divieto, in particolare, porre in essere comportamenti che impediscano o che comunque ostacolino, mediante l'occultamento di documenti o l'uso di altri mezzi fraudolenti, lo svolgimento dell'attività di controllo e di revisione della gestione sociale da parte del Collegio Sindacale e/o della società di revisione nonché l'attività dei liquidatori.

Tutte le operazioni sul capitale sociale di TitanMet e delle società da essa direttamente controllate, nonché la costituzione di società, l'acquisto e la cessione di partecipazioni, le fusioni e le scissioni, devono essere effettuate nel rispetto delle procedure aziendali all'uopo predisposte.

Il reato di cui all'art. 2633 c.c. può essere commesso esclusivamente dai liquidatori (trattasi di reato proprio).

Si rileva tuttavia che, prima della nomina o dell'insediamento dei liquidatori, anche gli amministratori potrebbero ripartire indebitamente i beni sociali cagionando così un danno per i creditori sociali.

Allo stesso modo i soci, omettendo di nominare i liquidatori, potrebbero ripartire il patrimonio sociale indebitamente: la dottrina è unanime nell'affermare che in tali ipotesi amministratori e soci agiscono quali liquidatori di fatto, il che consentirebbe pertanto un'applicazione della fattispecie anche in tali casi (cfr. art. 2639 c.c., rubricato "Estensione delle qualifiche soggettive").

Come sopra precisato, il socio potrà rispondere a titolo di concorso qualora istighi o determini il liquidatore a commettere il reato.

Corruzione tra privati ex art. 2635 c.c.

A dispetto della rubrica ("Corruzione tra privati"), non si tratta di vera corruzione tra soggetti privati, quanto piuttosto di un reato societario (non a caso, l'inquadramento della fattispecie tra i reati societari), trattandosi di una violazione nei rapporti tra soggetto ed ente per cui opera.

Il legislatore ha infatti disposto che tale delitto si perfeziona quando il soggetto compie od omette in concreto atti in violazione dei propri obblighi e alla società derivi di fatto un nocumento.

Ai sensi del Decreto può essere sanzionata la società nel cui interesse taluno ha corrisposto/promesso denaro/utilità ai soggetti qualificati di cui ai commi 1 e 2 (mentre il delitto punisce entrambe le persone fisiche, corrotto e corruttore).

La configurabilità di tale fattispecie può essere infatti ipotizzata in relazione a due distinte società: quella alla quale appartiene il corruttore e l'altra, alla quale sono riferibili i soggetti corrotti. In questo caso, ex Decreto potrebbe essere sanzionata solo la società cui appartiene il soggetto corruttore, in quanto solo questa società potrebbe essere avvantaggiata dalla condotta corruttiva. Al contrario, la società in cui è incardinato il soggetto corrotto, a seguito della violazione dei doveri d'ufficio o di fedeltà (determinati dalla condotta corruttiva), subirà un danno.

Con riferimento al reato di corruzione tra privati sono stati individuati i seguenti processi sensibili:

  • contratti di compravendita di beni e servizi intercorsi con soggetti diversi dalla Pubblica Amministrazione;
  • qualsivoglia altra relazione con soggetti privati che possa comportare per il soggetto attivo una promessa di denaro o altra utilità (per sé o altri), sì da compiere od omettere atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà.

Come appena scritto, le occasioni di realizzazione della condotta sono molteplici e di difficile previa identificazione, considerata la possibilità che da ogni rapporto con soggetti privati sorga il rischio di ricevere la promessa o l'effettiva dazione di denaro o altra utilità per realizzare una azione od omissione a danno della Società, in violazione dei propri obblighi.

La condotta è ovviamente finalizzata al conseguimento di denaro o altra utilità (per sé o per altri) quale corrispettivo di una azione od omissione in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sì cagionando nocumento alla società.

Ratio incriminatrice della fattispecie è l'esigenza di reprimere le forme di mala gestio connesse a un fenomeno di deviazione dal buon andamento societario.

Fatto tipico: il soggetto attivo, in seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compie od omette atti, in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà.

Come è evidente, tale fattispecie punisce solo la corruzione antecedente e il delitto può essere indifferentemente integrato da una azione od una omissione.

Per essere punibile, la condotta deve aver cagionato un danno alla società, inteso quale nocumento di tipo patrimoniale ovvero non patrimoniale. Si tratta, quindi, di reato di evento.

L'elemento soggettivo è il dolo specifico: il soggetto attivo deve essere cosciente di accettare il denaro o altra utilità per una condotta che viola gli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà.

È difficilmente ipotizzabile l'inserimento di specifiche segnalazioni di attenzione su ogni singola operazione tra soggetti privati, poiché ciò potrebbe indurre a ritenere attività di routine quelle di vigilanza specifica.

In altri termini, apporre segnali d'allarme alla quasi totalità delle operazioni significherebbe non identificare più alcun ambito in cui porre specifica attenzione.

Pertanto, il primo baluardo preventivo della corruzione tra privati non potrà che essere rappresentato dall'insieme di regole, già esistenti ed attuate dalla Società, ad oggetto la prevenzione di fenomeni corruttivi.

Nondimeno, TitanMet ha tentato di definire, per quanto concretamente possibile, una specifica procedura di seguito riportata atta ad circoscrivere detta fattispecie di reato in maniera più dettagliata e specifica rispetto al Codice Etico.

Per svolgere correttamente la propria attività la Società evita di dare o ricevere da chiunque incentivi economici o di altro tipo nelle relazioni commerciali, nonché in qualsiasi altra pratica inadeguata che potrebbe influenzare impropriamente la condotta di un altro soggetto, sia questo parte della Pubblica Amministrazione o privato.

L'obiettivo cui mira TitanMet è quello di garantire sia il rispetto delle disposizioni legali e regolamentari in materia di (anti)corruzione, sia la reputazione dei propri clienti e dipendenti.

L'insieme di regole di cui al presente paragrafo, unitamente al sistema di controlli e procedure che la Società attua per affrontare il rischio di corruzione (anche tra privati), comporta:

  • il divieto di dare o accettare tangenti;
  • l'obbligo di disporre di adeguati sistemi e controlli per il reporting;
  • l'obbligo di tracciabilità dei pagamenti in favore di terzi;
  • il contenimento al minimo dei regali e benefits che, in linea generale non possono superare euro 500,00 per anno e per cliente, salvo la delibera sul punto del Responsabile di procedura;
  • la registrazione e la conservazione di tutte le spese sostenute per i clienti, in modo che possano essere successivamente oggetto di verifica;
  • il divieto di donazioni (anche per enti politici);
  • la formazione continua del personale circa l'agire etico.

Tutte le spese del caso devono essere registrate, così come le spese sostenute per conto del cliente, nonché gli omaggi ed i benefits a loro attribuiti a cura del dipendente che le ha sostenute. Tali registrazioni saranno oggetto di una verifica annuale ed a campione da parte del diretto superiore gerarchico che ne vaglierà la correttezza formale e la proporzionalità. Ove si riscontrassero errori o inadeguatezze, verrà richiesto al dipendente o al collaboratore esterno che ha sostenuto l'esborso di redigere un report dettagliato nel merito e nel quantum. Di ciò verrà, in ogni caso, informato l'Organismo di Vigilanza.

Eventuali violazioni di detti standard possono portare ad azioni disciplinari nei confronti del dipendente

• compreso il licenziamento – e, nel caso in cui il trasgressore sia esterno, la cessazione del vincolo contrattuale che lega la società al soggetto medesimo (e.g. risoluzione ad nutum del contratto con richiesta di risarcimento del danno), sia questo un procacciatore di affari, un agente o altro.

Il Responsabile della procedura per ogni anomalia verificatasi deve redigere e conservare a sua cura il citato breve report esplicativo nel quale deve, in ogni caso, specificare: la data, i soggetti coinvolti, il luogo, la natura ed il quantum di discostamento dall'indice di riferimento. Tali report devono, poi, essere conservati all'interno di un apposito registro delle anomalie, il cui mantenimento è sempre in capo al responsabile commerciale.

Qualora un dipendente dovesse essere a conoscenza – o dovesse anche soltanto sospettare – di un caso di corruzione o di un tentativo di corruzione in violazione del presente paragrafo, questi dovrà immediatamente informare il proprio superiore e/o attivare una procedura di tutela della segnalazione.

Nel caso in cui un dipendente dovesse sospettare o venire a conoscenza del fatto che fondi detenuti da TitanMet potrebbero essere destinati a tramutarsi in tangenti, dovrà immediatamente fare un rapporto al proprio superiore gerarchico o attivare una procedura di tutela della segnalazione. I dipendenti devono essere consapevoli del rischio potenzialmente più elevato inerente le "Persone Politicamente Esposte".

La Società si impegna a:

  • garantire che i dipendenti siano consapevoli del contenuto della presente procedura attraverso programmi di comunicazione e formazione. Come è stato anticipato sopra, essi vanno incoraggiati a segnalare eventuali casi problematici;
  • fornire ai dipendenti informazioni sulle procedure di comunicazione di incidenti o violazioni della presente norma;
  • confrontare, analizzare ed adottare misure correttive alla luce di eventuali problemi, lacune o punti deboli emersi.
  • garantire il coinvolgimento tempestivo delle Autorità competenti per evitare di compromettere TitanMet (ad es. con una denuncia sporta con eccessivo ritardo);

Qualora successive acquisizioni di partecipazioni comportino una diretta operatività commerciale da parte della Società, quest'ultima si impegna a valutare se occorre redigere specifiche procedure (utilizzando un approccio basato sul rischio) atte a ridurre il rischio di corruzione su tutti i clienti aziendali e sui terzi fra i quali, consulenti, fornitori, e partner;

In ogni caso, TitanMet, nei rapporti contrattuali, si impegna a:

  • effettuare una due diligence sui soggetti contraenti prima della stipula del contratto e, ove si tratti di rapporti di durata, con successiva cadenza annuale;
  • garantire che tutti i contratti con un soggetto terzo siano conformi alle norme vigenti;
  • garantire che il pagamento avvenga solo nei confronti del fornitore dei servizi o agenti autorizzati e che tutti i pagamenti effettuati siano trasparenti e registrati;
  • garantire che non vi siano corresponsioni da parte della società stessa destinate personalmente e direttamente a persone riconducibili ad una parte contrattuale;
  • garantire che qualsiasi pagamento effettuato a qualsiasi agente o intermediario sia adeguato per i servizi resi, ed in linea con i tassi di mercato, nonché con l'accordo vigente tra le parti;
  • garantire che nessuna parte di tale pagamento venga mai trasferita come tangente;
  • garantire che venga redatto un registro con i dati nomi di tutti gli agenti o intermediari nonché tutti i pagamenti effettuati;
  • garantire che venga effettuata la registrazione di tutte le spese sostenute per conto del cliente e di tutte le spese commerciali in genere;
  • garantire che degli eventuali omaggi e benefit venga sistematicamente tenuto un registro in ordine cronologico;
  • garantire che venga effettuato un regolare e sistematico controllo dei conti;
  • garantire che il processo autorizzativo per i pagamenti sia rispettato.

Quanto sopra è particolarmente afferente alla funzione del consulente esterno o dell'agente.

Per questa categoria di soggetti, con riguardo alla correttezza dei pagamenti effettuati e alla loro congruità rispetto al servizio reso, il controllo avviene ad opera del Responsabile della procedura, mediante la puntuale verifica di tutte le fatture, previa regolamentazione del rapporto con il consulente esterno.

Le stesse devono essere analitiche e trasparenti, ossia devono indicare tutti gli elementi che consentano di ricostruire l'attività dedotta nel documento, giustificando separatamente gli onorari e le spese sostenute. Inoltre, le fatture emesse dai consulenti esterni che superano l'importo di Euro 2.000,00 (duemila/00) sono verificate puntualmente dal Responsabile della procedura.

L'Organismo di Vigilanza verifica a campione l'attività di controllo, come sopra descritta. Qualora emergano elementi di preoccupazione, il CDA provvede a richiedere per iscritto le delucidazioni necessarie al consulente. Ove tale richiesta rimanga inevasa, ovvero il CDA non ritenga la risposta del consulente sufficiente a fugare il dubbio insorto, la Società cessa di avere ogni rapporto con il soggetto esterno e viene sospeso ogni pagamento nei suoi riguardi. I consulenti esterni sono soggetti al controllo gerarchico del CDA. Sono ammesse solo donazioni a scopi benefici.

Se i fondi sono donati a nome di TitanMet per tali scopi benefici, l'attività o funzione all'interno della Società che agisce in qualità di donatore deve effettuare la donazione direttamente ad un organismo riconosciuto di beneficenza e non può mai effettuarla attraverso un altro ente.

Ogni 12 mesi (o con maggior frequenza, se necessario) tutti i dipendenti interessati dovranno ricevere una formazione in materia di (anti)corruzione. Detta attività di formazione dovrà differenziarsi a seconda del loro ruolo, organizzazione e competenza.

I soggetti apicali di riferimento dell'area interessata deve tenere un registro relativo all'attività di formazione dei dipendenti. All'interno di questo registro dovranno essere indicate le generalità del dipendente, del docente intervenuto, le date relative all'attività di formazione, nonché, succintamente, i contenuti della stessa.

I soggetti che sono direttamente coinvolti nella commissione del reato di cui all'art. 2635, c.c., sono così classificabili:

  • Presidente del CDA;
  • CDA;
  • Direttore Generale;
  • Dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari;
  • Sindaci;
  • Liquidatori.

Illecita influenza sull'Assemblea ex art. 2636 c.c.

Con riferimento al reato di illecita influenza sull'assemblea sono stati individuati i seguenti processi sensibili:

• rapporti con i soci.

L'area critica investe tutte le fasi inerenti all'assemblea, dalla sua convocazione, al deposito, ove previsto, delle partecipazioni presso la sede della società, all'esercizio del diritto di voto e riguarda, essenzialmente, la predisposizione di progetti, prospetti e documentazione da sottoporre all'assemblea per l'approvazione.

Determinazione della maggioranza in assemblea allo scopo di procurare un ingiusto profitto alla Società.

Simulazione o fraudolenta predisposizione di progetti, prospetti e documentazione da sottoporre all'approvazione dell'assemblea, in concorso con altri.

Esecuzione di atti (simulati o fraudolenti) tali da far convergere la maggioranza assembleare verso tesi precostituite (e.g. dazioni di danaro a soci).

Al fine di prevenire la commissione del reato in oggetto, chiunque si trovi nella condizione di non poter o dover esercitare il voto, deve darne comunicazione all'organo di controllo. Ogni soggetto che sia a conoscenza dei menzionati impedimenti, anche se riferiti a terzi estranei, sarà tenuto a darne avviso agli organi competenti, investiti dei necessari poteri per svolgere indagini conoscitive a riguardo.

I soggetti che sono direttamente coinvolti nella commissione del reato di cui all'art. 2636, c.c., sono così classificabili:

  • Presidente del C.d.A.;
  • Consiglio di Amministrazione;
  • Direttore Generale;
  • Direttore Amministrativo;
  • Ufficio Legale.

Aggiotaggio ex art. 2637 c.c.

Il reato potrebbe essere commesso avuto riguardo alla tutela della riservatezza afferente le informazioni ed i documenti dell'azienda, con particolare riferimento alle informazioni "price sensitive".

Necessita valutare non solo l'opportunità di assicurare la riservatezza a particolari operazioni straordinarie (acquisizioni o dismissioni, operazioni sul capitale, ecc.), ma anche ad attività tipiche, quali la redazione dei bilanci od ogni altra rappresentazione dell'andamento economico, patrimoniale e finanziario dell'azienda.

Infatti i modi di realizzazione della condotta possono riguardare:

  • la comunicazione al pubblico, anche attraverso giornali, di dati riguardanti il bilancio;
  • la gestione dei rapporti con la stampa e con la comunità finanziaria relativamente alla divulgazione di notizie attinenti alla vita aziendale;
  • l'effettuazione delle comunicazioni al pubblico previste dalla legislazione sugli emittenti.

Influenzare l'andamento dei prezzi degli strumenti finanziari emessi da TitanMet.

Diffusione di notizie false idonee ad influenzare sensibilmente l'andamento degli strumenti finanziari emessi dalla Società.

Procedura specifica strutturata per la gestione delle informazioni sensibili e la comunicazione all'esterno delle informazioni societarie, nel rispetto della normativa vigente e dei seguenti principi:

  • separazione delle funzioni: la predisposizione del comunicato stampa è effettuata da funzione/unità diversa da chi effettua materialmente l'invio;
  • accessi al sistema informativo di Borsa Italiana (NIS) riservati con sistemi di ID e password;
  • flusso autorizzativo strutturato per la divulgazione del comunicato;
  • procedura formalizzata per la gestione degli acquisti e cessioni di azioni proprie e/o di altre società con attribuzione di livelli autorizzativi coerenti con il sistema di deleghe e procure esistenti;
  • protocollazione dei rapporti intrattenuti con la stampa, la Comunità finanziaria e le Autorità pubbliche di Vigilanza, con indicazione della data del contatto e del contenuto delle informazioni fornite e comunicazione periodica all'Organismo di Vigilanza in merito ai rapporti intrattenuti.

I soggetti che sono direttamente coinvolti nella commissione del reato di cui all'art. 2637 c.c. sono così classificabili:

  • CDA;
  • Amministratore Delegato;
  • Responsabile Amministrativo;
  • Responsabile Affari Societari;

Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle Autorità pubbliche di Vigilanza ex art. 2638 c.c.

La condotta criminosa può realizzarsi nei casi in cui si intrattengono rapporti con i funzionari degli organismi di vigilanza in occasione dell'effettuazione di segnalazioni; ogni qual volta si intrattengono rapporti con funzionari della Consob, Banca d'Italia, UIC e altre Autorità di Vigilanza relativamente agli adempimenti cui sono tenuti per legge gli emittenti e/o in occasione di controlli e verifiche sul rispetto di tali adempimenti.

Ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza.

Esporre fatti materiali non rispondenti al vero sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della Società.

Occultare con mezzi fraudolenti, in tutto o in parte, fatti che avrebbero dovuto essere comunicati concernenti la situazione di cui sopra.

Ostacolare consapevolmente le funzioni delle Autorità Pubbliche di Vigilanza anche omettendo le comunicazioni dovute alla predetta Autorità.

Le procedure specifiche devono, in ogni caso, conformarsi ai seguenti principi generali:

  • controllo di merito dei dati concernenti le segnalazioni periodiche richieste dalle Autorità di Vigilanza;
  • motivazione sugli scostamenti tra i dati rappresentati rispetto e quelli comunicati dalle funzioni da cui proviene l'informazione;
  • protocollazione degli adempimenti e delle informazioni richieste e comunicate nel corso del periodo alle Autorità di Vigilanza da sottoporre periodicamente all'Organismo di Vigilanza.

I soggetti che sono direttamente coinvolti nella commissione del reato di cui all'art. 2638 c.c., sono i membri del CDA.

Possono concorrere alla commissione del reato i seguenti Soggetti:

  • Presidente del CDA;
  • Responsabile Amministrativo;
  • Responsabile Affari Societari;

• Tutte le altre funzioni aziendali ed extra aziendali che forniscono dati ed informazioni al fine della predisposizione delle informazioni rivolte all'Autorità Pubbliche di Vigilanza.

PARTE SPECIALE - 3 - REATI ED ILLECITI AMMINISTRATIVI DI ABUSO E DI MANIPOLAZIONE DEL MERCATO

Le fattispecie dei reati e di illeciti amministrativi di abuso e di manipolazione del mercato

(art. 25 sexies Decreto).

Il Legislatore ha delineato con la legge Comunitaria 2004 ulteriori fattispecie la cui commissione comporta l'irrogazione di sanzioni nei confronti dell'ente nell'ambito del sistema già delineato dal Decreto.

La normativa sopravvenuta ha, da un lato, introdotto nel Decreto l'art. 25 sexies, dall'altro ha riformulato organicamente il sistema degli illeciti di abuso e manipolazione delle informazioni al mercato, sostituendo quello precedentemente delineato dal TUF.

Unitamente ai reati di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato sono state introdotte due analoghe fattispecie di illeciti amministrativi i quali, se commessi da dipendenti nell'interesse o a vantaggio dell'ente, comportano per l'ente stesso l'irrogazione di sanzioni amministrative (ma non ai sensi del Decreto).

L'innovazione più rilevante consiste, dunque, nell'attribuzione di conseguenze sanzionatorie per l'ente, anche là dove le condotte poste in essere dai dipendenti non integrino fattispecie di reato, ma meri illeciti amministrativi.

Nei soli casi di commissione di illeciti amministrativi, la competenza in ordine all'applicazione delle sanzioni nei confronti dell'ente è attribuita alla Consob, la quale con provvedimento motivato irroga le medesime previa contestazione degli addebiti ai soggetti interessati. Qualora invece i fatti costituiscano reato, la competenza rimane incardinata in capo al Giudice penale.

L'art. 182 TUF precisa poi che "i reati e gli illeciti amministrativi previsti dal presente titolo [titolo I – sanzioni penali n.d.r.] sono puniti secondo la legge italiana anche se commessi all'estero, qualora attengano a strumenti finanziari ammessi o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o in un sistema multilaterale di negoziazione italiano. Salvo quanto previsto dal comma 1, le disposizioni degli articoli 184, 185, 187-bis e 187-ter si applicano ai fatti concernenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altri Paesi dell'Unione europea.

Salvo quanto previsto dal comma 1, le disposizioni degli articoli 184, 185, 187 bis e 187 ter si applicano ai fatti concernenti gli strumenti finanziari di cui all'articolo 180, comma 1, lettera a), numero 2)".

Anche alla luce delle innovazioni legislative richiamate, TitanMet intende ispirare la propria attività ai principi di rispetto sostanziale e formale della normativa vigente e nello stesso tempo uniformarsi alle Linee Guida di Confindustria in subiecta materia.

TitanMet prevede altresì di modulare i suddetti principi alla peculiare attività esercitata in modo da operare un'analisi attenta delle attività sensibili considerate a rischio di illecito ai sensi del Decreto.

Le fattispecie dei reati di abuso e di manipolazione del mercato.

La presente Parte Speciale individua, in modo specifico, le condotte criminose che possono comportare il rischio della realizzazione di reati di abuso e di manipolazione del mercato.

Si provvede qui di seguito a fornire una breve descrizione delle singole fattispecie di reato richiamate dall'art. 25 sexies del Decreto, con espressa indicazione di esempi astratti di comportamenti vietati dalle norme citate.

Abuso di informazione privilegiate ex art. 184 TUF

"1. È' punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila a euro tre milioni chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione o controllo dell'emittente, della partecipazione al capitale dell'emittente, ovvero dell'esercizio di un'attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio:

acquista, vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi, su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime;

  • comunica tali informazioni ad altri, al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell'ufficio;
  • raccomanda o induce altri, sulla base di esse, al compimento di taluna delle operazioni indicate nella lettera a).

La stessa pena di cui al comma 1 si applica a chiunque essendo in possesso di informazioni privilegiate a motivo della preparazione o esecuzione di attività delittuose compie taluna delle azioni di cui al medesimo comma 1.

Il giudice può aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato quando, per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l'entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato, essa appare inadeguata anche se applicata nel massimo.

3-bis. Nel caso di operazioni relative agli strumenti finanziari di cui all'articolo 180, comma 1, lettera a), numero 2), la sanzione penale è quella dell'ammenda fino a euro centotremila e duecentonovantuno e dell'arresto fino a tre anni.

Ai fini del presente articolo per strumenti finanziari si intendono anche gli strumenti finanziari di cui all'articolo 1, comma 2, il cui valore dipende da uno strumento finanziario di cui all'articolo 180, comma 1, lettera a)".

Caratteristiche del reato

La norma in questione ha lo scopo di tutelare ogni possibile forma di abuso di informazioni privilegiate. Con tale espressione si intende una qualunque notizia:

  • che non è stata ancora resa pubblica;
  • che riguarda, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari ();
  • che se resa pubblica potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi dello strumento finanziario (cioè una informazione che un investitore ragionevole utilizzerebbe come uno degli elementi su cui fondare le proprie decisioni di investimento, come specificato dall'art. 181, comma 4, TUF);

• che sia precisa (deve riferirsi ad un complesso di circostanze o ad un evento, già in essere o ragionevolmente prevedibile, ed essere sufficientemente specifica da consentire di trarre conclusioni sul possibile effetto che il complesso di circostanze o l'evento di cui sopra potrebbero avere sui prezzi degli strumenti finanziari).

I soggetti attivi del reato sono individuati, genericamente, in tutti coloro che essendo in possesso di informazioni privilegiate, in ragione della loro qualità di membri dell'organo di amministrazione, direzione o controllo dell'emittente, in ragione della partecipazione al capitale dell'emittente, ovvero in ragione dell'esercizio di un'attività lavorativa, di una attività professionale o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio, pongono, alternativamente, in essere le seguenti condotte:

• acquista, vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi, su strumenti finanziari, utilizzando le informazioni privilegiate in possesso;

• comunica le informazioni privilegiate ad altri al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell'ufficio;

• raccomanda o induce altri soggetti, sulla base delle informazioni privilegiate possedute, al compimento di taluna delle operazioni sopra descritte.

Il momento consumativo del reato si ha con il compimento dell'operazione finanziaria ovvero con la comunicazione della notizia o con la raccomandazione/induzione al compimento dell'operazione.

Manipolazione del mercato ex art. 185 TUF

"1. Chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila a euro cinque milioni.

2. Il giudice può aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato quando, per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l'entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato, essa appare inadeguata anche se applicata nel massimo.

bis. Nel caso di operazioni relative agli strumenti finanziari di cui all'articolo 180, comma 1, lettera a), numero 2), la sanzione penale è quella dell'ammenda fino a euro centotremila e duecentonovantuno e dell'arresto fino a tre anni".

Caratteristiche del reato

Tale fattispecie costituisce una particolare forma di aggiotaggio in quanto la condotta punibile consiste nella diffusione di notizie false o nel porre in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari ammessi alla negoziazione o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea, nonché qualsiasi altro strumento avente le stesse caratteristiche.

Si tratta di un reato di pericolo, venendo punite condotte idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari.

In particolare, ciò può avvenire secondo due schemi:

  • diffondendo notizie false (c.d. manipolazione informativa);
  • ponendo in essere operazioni simulate o altri artifizi (c.d. manipolazione operativa).

In entrambi i casi le notizie o gli artifici devono manifestare quella idoneità ad incidere sul valore dello strumento finanziario, richiesta per la punibilità del reato. Al contrario, non è necessario verificare che l'alterazione del prezzo si sia effettivamente prodotta, così come non è richiesto che il soggetto agente ne abbia tratto un profitto.

Quanto alla nozione di "strumenti finanziari" (rilevante per la configurabilità della fattispecie), la stessa è definita dall'art. 1, comma 2, TUF, che si riporta.

"Per «strumenti finanziari» si intendono:

  • valori mobiliari;
  • strumenti del mercato monetario;
  • quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio;

contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto;

contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap» e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di negoziazione;

contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine («forward») e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f) che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini;

  • strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito;
  • contratti finanziari differenziali;

contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine sui tassi d'interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini".

Tale elencazione deve essere tuttavia integrata con la previsione dell'art. 180 TUF, ove viene specificato che ai fini dell'applicazione delle sanzioni (penali e amministrative) in tema di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato, non rilevano tutti gli strumenti finanziari di cui al citato art. 1, comma 2, TUF, bensì solo quelli ammessi alla negoziazione o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione Europea, nonché qualsiasi altro strumento che sia stato comunque ammesso alle negoziazioni in un mercato regolamentato di un Paese dell'Unione Europea o per il quale sia stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni.

Merita rilevare che qualora oggetto materiale di una condotta di manipolazione (sub specie tanto di diffusione di notizie false, quanto di compimento di operazioni simulate o altri artifici) siano strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato, detta condotta sarà egualmente punibile, ma a titolo di aggiotaggio ex art. 2637 c.c., fattispecie che, come accennato a proposito dei reati societari, è comunque annoverata tra i reati presupposto ai sensi del Decreto.

La consumazione del reato si verifica al momento della diffusione delle notizie false o del compimento delle operazioni simulate o di altri artifizi.

Il compimento dei reati di cui agli artt. 184 e 185 TUF, stante l'introduzione dell'art. 25 sexies nel Decreto, comporta per l'Ente, ove sussistano i requisiti di legge, le sanzioni previste dal medesimo Decreto.

Ai sensi dell'art. 39, comma 1, legge 28 dicembre 2005, n. 262, le pene previste agli artt. 184 e 185 TUF sono raddoppiate entro i limiti posti a ciascun tipo di pena dal Libro I, Titolo II, Capo II del codice penale.

Le fattispecie di illeciti amministrativi di abuso e manipolazione del mercato

Per completezza argomentativa, si riportano di seguito alcune sanzioni amministrative relative a condotte che, se poste in essere nell'interesse o a vantaggio della società, a determinate condizioni (indicate infra), comportano per l'Ente stesso l'irrogazione di sanzioni amministrative (ma non ai sensi del Decreto).

Sanzioni amministrative in caso di abuso di informazioni privilegiate (art. 187 bis TUF)

"1. Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro ventimila a euro tre milioni chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione o controllo dell'emittente, della partecipazione al capitale dell'emittente, ovvero dell'esercizio di un'attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio:

acquista, vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime;

comunica informazioni ad altri, al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell'ufficio;

raccomanda o induce altri, sulla base di esse, al compimento di taluna delle operazioni indicate nella lettera a).

La stessa sanzione di cui al comma 1 si applica a chiunque essendo in possesso di informazioni privilegiate a motivo della preparazione o esecuzione di attività delittuose compie taluna delle azioni di cui al medesimo comma 1.

Ai fini del presente articolo per strumenti finanziari si intendono anche gli strumenti finanziari di cui all'articolo 1, comma 2, il cui valore dipende da uno strumento finanziario di cui all'articolo 180, comma 1, lettera a).

La sanzione prevista al comma 1 si applica anche a chiunque, in possesso di informazioni privilegiate, conoscendo o potendo conoscere in base ad ordinaria diligenza il carattere privilegiato delle stesse, compie taluno dei fatti ivi descritti.

Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dai commi 1, 2 e 4 sono aumentate fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dall'illecito quando, per le qualità personali del colpevole ovvero per l'entità del prodotto o del profitto conseguito dall'illecito, esse appaiono inadeguate anche se applicate nel massimo.

Per le fattispecie previste dal presente articolo il tentativo è equiparato alla consumazione".

Caratteristiche dell'illecito amministrativo

La condotta illecita è del tutto speculare a quella descritta con riguardo al reato di abuso di informazioni privilegiate di cui all'art. 184 TUF.

Tuttavia la sanzione amministrativa è applicabile anche a chiunque in possesso di informazioni privilegiate, conoscendo o potendo conoscere in base ad ordinaria diligenza il carattere privilegiato delle stesse, compia taluno dei fatti ivi descritti.

A differenza del delitto ex art. 184 TUF, saranno pertanto assoggettati alla sanzione anche gli insiders

cosiddetti secondari, nonché le condotte poste in essere colposamente.

Inoltre, per le fattispecie previste dall'art. 187 bis del TUF, il tentativo è equiparato alla consumazione.

Sanzioni amministrative in caso di manipolazione del mercato ex art. 187 ter TUF

Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro ventimila a euro cinque milioni chiunque, tramite mezzi di informazione, compreso internet o ogni altro mezzo, diffonde informazioni, voci o notizie false o fuorvianti che forniscano o siano suscettibili di fornire indicazioni false ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari.

Per i giornalisti che operano nello svolgimento della loro attività professionale, la diffusione delle informazioni va valutata tenendo conto delle norme di autoregolamentazione proprie di detta professione, salvo che tali soggetti traggano, direttamente o indirettamente, un vantaggio o un profitto dalla diffusione delle informazioni.

Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 1 chiunque pone in essere:

operazioni od ordini di compravendita che forniscano o siano idonei a fornire indicazioni false o fuorvianti in merito all'offerta, alla domanda o al prezzo di strumenti finanziari;

operazioni od ordini di compravendita che consentono, tramite l'azione di una o di più persone che agiscono di concerto, di fissare il prezzo di mercato di uno o più strumenti finanziari ad un livello anomalo o artificiale;

operazioni od ordini di compravendita che utilizzano artifizi od ogni altro tipo di inganno o di espediente;

altri artifizi idonei a fornire indicazioni false o fuorvianti in merito all'offerta, alla domanda o al prezzo di strumenti finanziari.

Per gli illeciti indicati al comma 3, lettere a) e b), non può essere assoggettato a sanzione amministrativa chi dimostri di avere agito per motivi legittimi e in conformità alle prassi di mercato ammesse nel mercato interessato.

Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dai commi precedenti sono aumentate fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dall'illecito quando, per le qualità personali del colpevole, per l'entità del prodotto o del profitto conseguito dall'illecito ovvero per gli effetti prodotti sul mercato, esse appaiono inadeguate anche se applicate nel massimo.

Il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Consob ovvero su proposta della medesima, può individuare, con proprio regolamento, in conformità alle disposizioni di attuazione della direttiva 2003/6/CE adottate dalla Commissione europea, secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 2, della stessa direttiva, le fattispecie, anche ulteriori rispetto a quelle previste nei commi precedenti, rilevanti ai fini dell'applicazione del presente articolo.

La Consob rende noti, con proprie disposizioni, gli elementi e le circostanze da prendere in considerazione per la valutazione dei comportamenti idonei a costituire manipolazioni di mercato, ai sensi della direttiva 2003/6/CE e delle disposizioni di attuazione della stessa".

Caratteristiche dell'illecito amministrativo

La condotta illecita consiste nel diffondere tramite mezzi di informazione, compreso internet, notizie false o fuorvianti che forniscano o siano suscettibili di fornire indicazioni false ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari ammessi alle negoziazioni o per i quali sia stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni.

In caso di commissione degli illeciti di cui agli artt. 187 bis e ter, l'articolo 187 quinquies del TUF, prevede che l'ente sia responsabile del pagamento di una somma pari all'importo della sanzione amministrativa irrogata per i suddetti illeciti, qualora essi siano commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

  • da persone che rivestano funzioni di rappresentanza, di amministrazione o direzione dell'Ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria o funzionale, nonché da persone che esercitino anche di fatto la gestione e il controllo dello stesso;
  • da persone sottoposte alla direzione o vigilanza di uno dei soggetti sopra menzionati.

Il medesimo articolo prevede che se, in seguito alla commissione degli illeciti, il prodotto e il profitto conseguito dall'Ente è di rilevante entità, la sanzione è aumentata fino a dieci volte tale prodotto o profitto.

L'Ente non è responsabile se dimostra che le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse proprio o di terzi.

L'art. 187 quinquies prevede, altresì, che in relazione a tali illeciti si applicano, in quanto compatibili gli articoli 6, 7, 8, e 12 del Dercreto. Il Ministero della Giustizia formula le osservazioni di cui all'articolo 6 del Decreto sentita la Consob.

Inoltre, è sempre prevista la confisca del prodotto o del profitto dell'illecito e dei beni utilizzati per commetterlo.

Funzione della Parte Speciale -3-

La presente Parte Speciale si riferisce ai comportamenti che possono essere posti in essere da Amministratori, Dirigenti e Dipendenti operanti nelle aree di attività a rischio di illecito della Società, nonché dai Consulenti e Collaboratori di TitanMet.

Obiettivo della presente Parte Speciale -3- è che tutti i destinatari conformino, nell'ambito delle rispettive competenze professionali, le proprie condotte ai principi di riferimento di seguito enunciati, al fine di prevenire il verificarsi dei reati e degli illeciti amministrativi ivi considerati.

Nello specifico, la presente Parte Speciale ha lo scopo di:

  • indicare i principi procedurali e le regole di comportamento che i destinatari sono chiamati ad osservare ai fini della corretta applicazione del modello;
  • fornire all'Organismo di Vigilanza, e ai responsabili delle altre funzioni aziendali che con lo stesso cooperano, gli strumenti esecutivi per esercitare le attività di controllo, monitoraggio e verifica ivi previste.

Attività Sensibili

TitanMet ha ritenuto di individuare le seguenti Attività Sensibili, in relazione ai reati di cui alla presente Parte Speciale, vale a dire:

  • gestione delle informazioni societarie e delle informazioni privilegiate e tenuta del registro delle persone che hanno accesso ad informazioni privilegiate;
  • gestione delle comunicazioni su operazioni finanziarie rilevanti, anche infragruppo (fusione, scissione, acquisizioni di partecipazioni rilevanti, etc.).

Eventuali integrazioni delle suddette aree di attività a rischio potranno essere disposte dall'Organismo di Vigilanza previa informativa all'Amministratore Delegato e successivamente sottoposte all'approvazione del CDA.

Regole generali

Le Linee Guida Confindustria (aggiornate a marzo 2014).

TitanMet ha tenuto nella massima considerazione le indicazioni fornite da Confindustria in relazione alle fattispecie in oggetto.

Riguardo a tali molteplici profili, la Società intende adempiere alle indicazioni fornite da CONFINDUSTRIA, come di seguito dettagliato e seguire le seguenti modalità di gestione del rischio:

  • adozione di processi standard che regolano la circolazione dei flussi informativi da e verso ogni livello aziendale;
  • trasparenza della tracciabilità delle informazioni riservate tra settori che svolgono servizi diversi;
  • diffusione capillare tra il personale, e relativa formazione, dei doveri di riservatezza cui essi sono vincolati e dei rischi in cui incorrono a seguito di eventuali violazioni, unitamente al supporto interno per la valutazione; chiarendo che l'uso di una informazione acquisita nell'esercizio di una propria funzione aziendale per finalità estranee a quelle proprie contrasta con i principi comportamentali cui deve ispirarsi l'operatività della società.

Per quanto attiene, invece, alle manipolazioni di mercato, CONFINDUSTRIA ha indicato due ambiti nei quali queste possono essere realizzate:

  • la diffusione di notizie false (information based manipulation o manipolazione informativa);
  • il compimento di operazioni idonee a fornire al mercato indicazioni fuorvianti in merito al prezzo di strumenti finanziari (market based manipulation o manipolazione operativa).

Per le prime (manipolazione informativa) CONFINDUSTRIA suggerisce misure di prevenzione in linea con la Direttiva 2003/6/CE del 28 gennaio 2003 che propone agli operatori economici professionisti di contribuire all'integrità del mercato con diversi strumenti specificati nelle Linee Guida.

Per le seconde (manipolazione operativa) quando effettuate nell'attività per conto terzi o per conto proprio, CONFINDUSTRIA individua comportamenti idonei a configurare manipolazione e, per ciascuno, indicazioni preventive che sono specificate in dettaglio nelle Linee Guida ed attuate dalla Società.

Il sistema in linea generale.

Il perseguimento delle finalità di prevenzione dei reati e degli illeciti richiede – come già ampiamente evidenziato nella Parte Generale del presente Modello – una ricognizione dei meccanismi di funzionamento e di controllo esistenti all'interno della Società, nonché la verifica dell'adeguatezza dei criteri di attribuzione dei poteri di rappresentanza e delle responsabilità connesse.

In tal senso si sono individuati i principali presidi per l'attuazione delle vigenti previsioni normative costituiti da:

  • il Sistema di Controllo Interno corredato dalle procedure aziendali e di Gruppo;
  • il Modello di organizzazione, di gestione e di controllo;
  • il Codice Etico;
  • il Sistema Disciplinare e Sanzionatorio;
  • il Sistema di formazione e comunicazione;
  • le Linee Guida Confindustria;
  • regolamenti e comunicazioni CONSOB.

Allo stesso modo sono stati individuati gli elementi caratteristici che ciascun presidio dovrà considerare ed in particolare:

  • l'istituzione di un Organismo di Vigilanza autonomo avente il compito di controllare il grado di effettività, adeguatezza, mantenimento ed aggiornamento del presente Modello organizzativo;
  • meccanismi procedurali in corso di implementazione volti a razionalizzare le fasi di assunzione ed attuazione delle scelte decisionali, in un'ottica di documentabilità e verificabilità delle varie fasi dei processi aziendali potenzialmente a rischio;
  • l'adozione di un sistema chiaro di riparto dei compiti e delle responsabilità;
  • l'operatività di un sistema di flussi informativi tra le diverse funzioni aziendali e dalle stesse all'Organismo di Vigilanza;
  • l'adozione di un sistema di reporting dell'Organismo di Vigilanza verso i Vertici Aziendali;
  • la predisposizione di validi strumenti di controllo quali, a titolo esemplificativo, la predisposizione di schede informative relative alle attività sensibili;
  • l'adesione al Codice Etico che costituisce la carta dei valori aziendali, debitamente diffuso a tutti i componenti della struttura aziendale, ai collaboratori, dipendenti e ai consulenti della Società;
  • l'adozione di istruzioni e circolari volte a prevenire l'abuso di informazioni privilegiate ed il market abuse;
  • l'adozione di un sistema disciplinare e sanzionatorio volto a garantire efficacia ed effettività alle prescrizioni interne;
  • la predisposizione di un sistema di comunicazione capillare, efficace, dettagliato, completo e costante, attraverso l'adozione di manuali operativi, piani di formazione del personale, intranet aziendale.

In ogni caso, il sistema di organizzazione della Società deve rispettare i requisiti fondamentali di formalizzazione e chiarezza, comunicazione e separazione dei ruoli, ponendo particolare attenzione – per quanto concerne il conferimento dei poteri di rappresentanza – alla definizione delle linee gerarchiche e all'attribuzione delle attività operative.

Gli strumenti organizzativi di TitanMet (istruzioni, comunicazioni organizzative, procedure, manuali operativi e quant'altro) devono essere improntati ai principi generali di:

  • conoscibilità del Modello di organizzazione, gestione e controllo all'interno della Società;
  • chiara e formale delimitazione dei ruoli, con una completa descrizione dei compiti di ciascuna funzione e dei relativi poteri;
  • chiara descrizione delle linee di riporto.

Le procedure interne aziendali (Procedura Organizzativa Comunicazioni Internal Dealing e Procedura di Gestione del Registro che hanno accesso alle informazioni privilegiate) si ispirano, in modo univoco, ai principi generali, in modo da assicurare:

  • segregazione delle funzioni, all'interno di ciascun processo, tra il soggetto che lo inizia (impulso decisionale), il soggetto che lo esegue e lo conclude, e il soggetto che lo controlla;
  • tracciabilità di ciascun passaggio rilevante del processo;
  • adeguato livello di formalizzazione.

Pertanto, in conformità alle Linee Guida Confindustria, la Società ha predisposto i seguenti presidi:

  • tracciabilità della informazione;
  • indicazione del soggetto responsabile della gestione interna e verso l'esterno delle informazioni riservate;
  • indicazione del referente informativo che possa coadiuvare chi agisce per l'ente circa la qualificazione delle informazioni trattate e tutte le regole positive, di legge e aziendali, da porre in essere nel caso specifico;
  • previsione obblighi di riservatezza sulle informazioni di carattere confidenziale acquisite;
  • divieto di compimento di operazioni personali, anche per interposta persona, effettuate utilizzando informazioni privilegiate acquisite in ragione delle proprie funzioni;
  • rapporti con la stampa e comunicazioni esterne riservati ad una specifica funzione aziendale secondo specifiche procedure preventivamente fissate dalla società;
  • istituzione di forme di controllo sulle operazioni effettuate dagli stessi intermediari nello svolgimento dei servizi di investimento. In casi particolari tali forme di controllo possono tradursi in restrizioni sull'attività svolta;
  • previsione di procedure ad hoc tra la struttura addetta alla consulenza in materia di finanza d'impresa e le aree preposte allo svolgimento dei servizi d'investimento e dei servizi accessori ed idonee ad assicurare la neutralità del supporto fornito dalla struttura di analisi e ricerca nei confronti dell'esterno e delle altre strutture che prestano servizi d'investimento.

Tenuto conto della diffusione di notizie tramite canali informatici, TitanMet intende improntare anche l'utilizzo di questo canale di comunicazione al principio di correttezza:

  • curando la precisione, la completezza e l'aggiornamento del sito, con particolare riguardo ai suoi contenuti finanziari;
  • organizzando i contenuti del sito in modo coerente e semplice, privilegiando l'aspetto della fruibilità e della facilità di accesso da parte dell'utente.

Le procedure sopra richiamate prevedono e regolano:

  • l'attenta verifica, anche attraverso il coinvolgimento di altre funzioni cui competa il trattamento degli strumenti finanziari e/o i rapporti con la clientela, della veridicità, correttezza e completezza della notizia da parte della funzione cui essa compete;
  • la trasmissione dell'informazione alla funzione deputata alla sua diffusione all'esterno affinché ne curi l'inoltro, con mezzi ufficiali, ai soggetti deputati a riceverla, curando che ciò avvenga in modo da garantire il permanere delle caratteristiche di completezza, veridicità e correttezza, curando la tempestività della comunicazione e la parità di accesso alle informazioni da parte degli investitori.
  • modalità di diffusione di rumors; notizie non comunicate al mercato e idonee a influenzare sensibilmente il prezzo degli strumenti finanziari diffuse a mercati chiusi;
  • trattamento delle informazioni previsionali, in modo da garantire la correttezza, la continuità e la costanza delle informazioni, ponendo l'obbligo di comunicare tempestivamente al mercato eventuali scostamenti significativi rispetto a quanto prospettato, ponendo particolare attenzione ai "risultati attesi dal mercato".

Per le ipotesi di market based manipulation TitanMet ha implementato procedure in grado di impedire che operazioni poste in essere per conto o con l'ausilio della Società possano trasmettere al mercato indicazioni fuorvianti e/o potenzialmente idonee ad incidere sulla dinamica di formazione del prezzo di strumenti finanziari.

Tra l'altro la Società ha adottato gli opportuni processi in grado di garantire:

  • una tempestiva ed automatica selezione di operazioni potenzialmente sospette, da sottoporre poi al vaglio del personale specializzato per l'effettuazione del c.d. test del ragionevole sospetto;
  • l'acquisizione e la conservazione di tutte le informazioni relative all'operazione;
  • la completa conoscenza dei dati relativi ai soggetti che conferiscono ordini sottostanti alle operazioni o a favore dei quali TitanMet svolge altre tipologie di attività (consulenza, finanziamento, ecc.);
  • la completa conoscenza di eventuali altri soggetti coinvolti nelle operazioni, evidenziando il ruolo svolto e la relazione con i soggetti che hanno effettuato l'operazione e che hanno conferito ordini in relazione ad essi;
  • obblighi di segnalazione in caso di superamento di soglie quantitative prefissate o in altre ipotesi che presentino profili di rischio;
  • il controllo incrociato delle operazioni da parte di funzioni aziendali diverse;
  • il divieto di effettuare operazioni con o per conto della clientela da parte di operatori che abbiano, direttamente o indirettamente, un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo, dalla prestazione congiunta di più servizi o da altri rapporti di affari propri o di società del gruppo, a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l'investitore sulla natura e l'estensione del loro interesse nell'operazione e l'investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto (ovvero in modo comunque documentabile) all'effettuazione dell'operazione.

Principi generali di comportamento

Tutte le "Operazioni Sensibili" devono essere svolte conformandosi alle leggi vigenti, alla normativa di settore (regolamenti Consob e normativa Banca d'Italia), allo Statuto Sociale, al Codice Etico, ai principi di cui al Modello di organizzazione, ai valori e alle politiche di Gruppo ed alle Procedure ed ai regolamenti interni aziendali.

Disposizioni comportamentali.

Nell'espletamento delle attività considerate a rischio, è espressamente vietato ai destinatari di porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti anche omissivi tali che, presi individualmente o collettivamente, integrino, direttamente o indirettamente, le fattispecie di reato e di illecito amministrativo rientranti tra quelle considerate nella presente Parte Speciale (art. 25 sexies del Decreto e art. 187 quinquies TUF).

Trattamento informazioni privilegiate.

In particolare, è espressamente vietato ai destinatari di:

  • utilizzare Informazioni Privilegiate relative a strumenti finanziari o emittenti strumenti finanziari quotati, comunque ottenute, per negoziare, direttamente o indirettamente, strumenti finanziari, sia per conto e/o nell'interesse della società, sia in nome e per conto proprio o di terzi;
  • partecipare su Internet a gruppi di discussione o chatroom aventi ad oggetto strumenti finanziari o emittenti strumenti finanziari, quotati o non quotati, e nei quali vi sia uno scambio di informazioni concernenti il Gruppo, le sue società, le società concorrenti o le società quotate in genere o gli strumenti finanziari emessi da tali soggetti, a meno che non si tratti di incontri istituzionali per i quali è già stata compiuta una verifica di legittimità da parte delle funzioni competenti o vi sia uno scambio di informazioni il cui carattere non privilegiato sia evidente;
  • sollecitare l'ottenimento di Informazioni Privilegiate su strumenti finanziari o emittenti strumenti finanziari quotati, se non in base ad accordi contrattuali o ai sensi della normativa applicabile.

Diffusione di informazioni e/o valutazioni.

Viene, inoltre, espressamente vietato ai destinatari di:

  • effettuare comunicazioni istituzionali senza il preventivo coordinamento con le funzioni preposte a tale compito e senza rispettare le procedure in materia;
  • rivelare a terzi Informazioni Privilegiate relative al Gruppo o relative a strumenti finanziari o emittenti strumenti finanziari quotati, se non nei casi in cui tale rivelazione sia richiesta da leggi, da altre disposizioni regolamentari o da specifici accordi contrattuali con cui le controparti si siano impegnate a utilizzarle esclusivamente per i fini per i quali dette informazioni sono trasmesse e a mantenerne la confidenzialità;
  • comunicare o diffondere all'esterno analisi o valutazioni su uno strumento finanziario quotato (o indirettamente sul suo emittente), che possano influenzare i terzi, dopo aver precedentemente preso posizione sullo strumento finanziario, beneficiando di conseguenza dell'impatto della valutazione diffusa sul prezzo di detto strumento, senza avere allo stesso tempo comunicato al pubblico, in modo corretto ed efficace, l'esistenza di tale conflitto di interesse;
  • diffondere informazioni di mercato false o fuorvianti tramite mezzi di comunicazione, compreso Internet, o tramite qualsiasi altro mezzo;
  • diffondere al pubblico valutazioni o notizie su uno strumento finanziario od un emittente senza prima aver verificato, per il tramite di fonti istituzionali autorizzate, l'attendibilità della fonte ed essersi accertati circa il carattere non privilegiato dell'informazione.

Operazioni su mercati finanziari.

Viene espressamente vietato ai destinatari della presente parte Speciale di porre in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari.

A mero scopo esemplificativo, per comprendere quali condotte possano integrare la fattispecie di manipolazione di mercato, il Destinatario potrà far riferimento agli "elementi e circostanze da valutare per l'identificazione di manipolazioni del mercato" (di cui all'abrogato art. 62, commi 1 e 2 del Regolamento mercati), nonché agli esempi di manipolazione del mercato richiamati nell'allegato IV, sez. I del Regolamento Mercati (anch'esso non più in vigore); pur trattandosi di fattispecie abrogate, costituiscono comunque significativi esempi (ovviamente non esaustivi) di condotte illecite di manipolazione di mercato.

Ulteriori indicazioni sul trattamento delle Informazioni Privilegiate.

Coerentemente con i controlli e le procedure relative alla divulgazione dell'informativa esterna, vengono rispettate le seguenti previsioni:

  • il trattamento delle Informazioni Privilegiate deve avvenire nel rispetto delle relative disposizioni organizzative interne in cui sono indicati compiti e ruoli dei soggetti responsabili della gestione di tali informazioni, le norme che regolano la diffusione delle medesime e le modalità che i responsabili sono tenuti ad utilizzare per il loro trattamento e la loro pubblicazione. In ogni caso, ogni qualvolta sussista il dubbio se un'informazione rivesta il carattere di Informazione Privilegiata, prima di essere diffusa o trasmessa dovrà essere richiesto il parere preventivo della funzione responsabile, come indicata nelle procedure aziendali;
  • ad integrazione delle procedure indicate ai precedenti punti, i responsabili deputati alla gestione delle Informazioni Privilegiate istituiscono un registro delle persone in possesso delle Informazioni Privilegiate, secondo quanto previsto dall'art. 115 bis TUF.

Procedure specifiche

TitanMet, come sopra già evidenziato, ha adottato specifiche procedure aziendali con riferimento alle attività sensibili sopra individuate.

TitanMet ha già adottato le seguenti procedure:

  • Procedura di comunicazione al mercato delle informazioni privilegiate e dei documenti riguardanti TitanMet e gli strumenti finanziari da essa emessi;
  • Procedura di acquisizione, gestione e dismissione delle partecipazioni;
  • Procedura di gestione del Registro delle persone che hanno accesso ad informazioni privilegiate;
  • Procedura con parti correlate;
  • Procedura organizzativa comunicazioni Internal Dealing;

contenenti, tra gli altri, i modelli di organizzazione relativi a:

  • criteri per l'utilizzo delle informazioni e la loro comunicazione al pubblico;
  • gestione del registro ex art. 115-bis del TUF;
  • procedura per la gestione e comunicazione all'esterno delle informazioni privilegiate;
  • comunicazioni all'esterno di documenti ed informazioni di carattere aziendale;
  • incontri con analisti finanziari investitori istituzionali e giornalisti;
  • criteri di comunicazione delle informazioni privilegiate da parte delle società controllate da TitanMet.

I controlli dell'Organismo di Vigilanza

Fermo restando il potere discrezionale dell'Organismo di Vigilanza di attivarsi con specifiche verifiche a seguito delle segnalazioni ricevute (per le quali si rinvia a quanto esplicitato nella Parte Generale del presente Modello), l'Organismo di Vigilanza effettua periodicamente controlli sulle attività potenzialmente a rischio di commissione dei reati e degli illeciti amministrativi di abuso di mercato, commessi nell'interesse o a vantaggio di TITANMET diretti a verificare la corretta esplicazione delle stesse in relazione alle regole di cui al presente Modello.

Tali verifiche potranno riguardare, a titolo esemplificativo, l'idoneità delle procedure interne adottate, il rispetto delle stesse da parte di tutti i Destinatari e l'adeguatezza del sistema dei controlli interni nel suo complesso.

A tal fine, all'Organismo di Vigilanza viene garantito libero accesso a tutta la documentazione aziendale rilevante.

PARTE SPECIALE - 4 - REATI COMMESSI CON VIOLAZIONE DELLE NORME ANTINFORTUNISTICHE SULLA TUTELA DELLA SALUTE E SULLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO

FUNZIONE DELLA PARTE SPECIALE - 4 -

Premessa normativa

Il Legislatore ha ampliato il campo di applicazione della responsabilità delineata dal Decreto con l'approvazione della Legge 3 agosto 2007, n. 123, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 185 del 10 agosto 2007, che ha previsto l'introduzione dell'art. 25-septies del D.Lgs. 231/2001, concernente l'estensione della responsabilità amministrativa degli enti ai delitti di omicidio colposo e lesioni personali colpose gravi o gravissime commessi con violazione di norme antinfortunistiche sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

L'art. 25 septies è stato sostituito successivamente dall'art. 300 del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, recante attuazione dell'art. 1 della legge 3 agosto 2007 n. 123.

La presente Parte Speciale - 4 - si riferisce, pertanto, ai reati di cui all'art. 25 septies del Decreto (omicidio colposo e lesioni personali colpose gravi e gravissime ex artt. 589 e 590, comma 3 c.p.) e ha come obiettivo che tutti i destinatari, ossia amministratori, dirigenti e dipendenti di TitanMet, nonché consulenti e collaboratori, adottino condotte conformi ai principi di riferimento di seguito enunciati, al fine di prevenire il verificarsi dei reati ivi considerati.

Si ricorda che la responsabilità della società per la morte o per le lesioni del lavoratore potrà essere ritenuta solo in presenza di un "interesse" o di un "vantaggio" dell'ente, secondo la regola generale di cui all'art. 5 del Decreto.

Trattandosi di reati colposi (cioè, per definizione, "contro l'intenzione"), è evidente che l'interesse o vantaggio non vadano riferiti all'evento (morte o lesioni colpose del lavoratore), bensì alla condotta (attiva o omissiva) della società in tema di prevenzione.

L' "interesse" o il "vantaggio" potrebbero essere ravvisati, ad esempio, nel minor costo sostenuto in fase di attuazione della normativa antinfortunistica, piuttosto che da una maggiore produttività del lavoro o da una più semplice gestione dello stesso permessa o agevolata dall'inosservanza delle norme cautelari.

Fermi restando i principi individuati nella Parte Generale del Modello, nella presente Parte Speciale vengono definiti i principi generali di riferimento relativi alle attività sensibili individuate, al fine di prevenire i reati di cui all'art. 25-septies del Decreto.

Nelle pagine che seguono verranno, pertanto, individuate:

  • le fattispecie dei reati di cui agli artt. 589 e 590 comma 3 c.p.;
  • le attività sensibili che, nell'ambito dell'operatività di TitanMet, possono risultare a rischio di commissione dei reati in oggetto;
  • i principi di riferimento in attuazione dei quali devono essere adottate le procedure aziendali, che amministratori, dirigenti, dipendenti, consulenti esterni, e collaboratori della Società, sono chiamati ad osservare ai fini della corretta applicazione del presente Modello;
  • i principi di riferimento che devono presiedere alle attività di controllo, monitoraggio e verifica dell'Organismo di Vigilanza e dei responsabili delle funzioni aziendali che con lo stesso cooperano, debitamente formalizzate in apposite procedure e/o regolamenti interni da adottare ai fini della corretta applicazione del presente Modello.

Definizioni

Ai fini del presente Modello si intende per:

lavoratore: persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell'ente stesso; l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549 e seguenti del codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; il volontario, come definito dalla legge 1° agosto 1991,

n. 266; i volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile; il volontario che effettua il servizio civile; il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997 n. 468, e successive modificazioni;

datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa;

preposto: persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa;

responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32 del D.Lgs. 81/2008 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi;

addetto al servizio di prevenzione e protezione: persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32 del D.Lgs. 81/2008, facente parte del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;

medico competente: medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all'art. 38 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (c.d. "Testo Unico Sicurezza"), che collabora con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui allo stesso Decreto Legislativo;

rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro;

servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori;

sorveglianza sanitaria: insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all'ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa;

valutazione dei rischi: valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza;

formazione: processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi;

informazione: complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro;

addestramento: complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro.

I REATI DI OMICIDIO E LESIONI PERSONALI COLPOSE COMMESSI CON VIOLAZIONE DELLE NORME SULLA TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO (ART. 25 SEPTIES DEL DECRETO).

Le norme antinfortunistiche dirette alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, richiamate dagli artt. 589 e 590 c.p., trovano regolamentazione nel D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, che ha operato un vero e proprio riassetto della materia.

Il citato decreto individua nel Documento di Valutazione dei Rischi il fulcro del sistema della sicurezza della Società. Nel predetto documento deve essere formalizzata l'attività di rilevazione e valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori che il datore di lavoro, unitamente agli altri soggetti obbligati dalla normativa in questione, deve attuare.

Si provvede qui di seguito a fornire una breve descrizione delle singole fattispecie di reato contemplate dall'art. 25 septies, del Decreto, con espressa indicazione di esempi astratti di comportamenti vietati dalle norme citate.

Omicidio colposo commesso con violazione di norme antinfortunistiche ex art. 589 c.p.)

Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinqueanni.

Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni.

Se il fatto è commesso nell'esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un'arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

[Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da: 1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni; 2) soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.]

Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici.

Caratteristiche del reato

Le condotte che rilevano ai fini della presente Parte Speciale sono delineate dal comma 2 dell'art. 589 c.p. che prevede una circostanza aggravante del delitto di omicidio colposo. Tale circostanza sussiste sia quando è contestata la violazione di specifiche norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, sia in tutti i casi in cui la contestazione riguardi una condotta contraria all'art. 2087 c.c., che prescrive, a carico dell'imprenditore, uno specifico obbligo di eliminare ogni situazione di pericolo dalla quale possa derivare un evento dannoso per "l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro".

La norma, dunque, tutela l'integrità psico-fisica dei lavoratori, che trova molteplici riferimenti normativi sia sul piano dei principi costituzionali (artt. 2, 32, 35 e 41 Cost.) sia nella legislazione ordinaria e speciale.

Per quanto concerne l'elemento soggettivo del reato, è richiesto l'elemento della colpa che sussiste in tutti quei casi in cui l'agente violi per negligenza, imprudenza, imperizia le norme antinfortunistiche sulla tutela della sicurezza e salute sul lavoro, oppure ometta di adottare misure o accorgimenti per la più efficace tutela dell'integrità fisica dei lavoratori. Ne consegue, pertanto, che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore sia quando ometta di apportare le idonee misure protettive, sia quando ometta di accertare e/o vigilare affinchè tali misure vengano effettivamente adottate.

La locuzione norme sulla disciplina per la prevenzione di infortuni sul lavoro va intesa come comprensiva di tutte le norme che, direttamente o indirettamente, perseguono il fine di evitare infortuni sul lavoro o malattie professionali e che, in genere, tendono a garantire la sicurezza del luogo e dell'ambiente di lavoro.

Osservazioni sull'imputabilità della responsabilità in capo all'ente ex art. 589 c.p.

Al fine di valutare l'imputabilità della responsabilità dell'ente in presenza di fattispecie di reato riconducibili all'art. 589 c.p., occorre esaminare nello specifico la formulazione dell'art. 25 septies del Decreto, che, in proposito, prevede due differenti ipotesi di responsabilità.

La prima (art. 25 septies, comma 1) riguarda le ipotesi di omicidio colposo a danno di uno o più lavoratori, che conseguono:

  • alla omessa valutazione dei rischi, ovvero alla mancata adozione del documento di valutazione dei rischi in assenza di taluni elementi specificamente indicati;
  • al non aver adottato appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche utilizzate potessero causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno, verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio;
  • al non aver aggiornato le misure di prevenzione, in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi, che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro.

Qualora tali violazioni siano commesse dalle aziende elencate all' art. 55, comma 2, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, definite "ad alta esposizione" (aziende industriali che usano sostanze, miscele o preparati pericolosi; centrali termoelettriche; impianti e installazioni nucleari e con radiazioni ionizzanti; aziende per fabbricazione e deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni; industrie estrattive con oltre 50 lavoratori; aziende le cui attività espongono i lavoratori a rischi biologici dei gruppi 3 e 4, da atmosfere esplosive, da agenti cancerogeni e mutageni, da attività di manutenzione, rimozione smaltimento e bonifica di amianto; attività nei cantieri temporanei o mobili caratterizzate dalla compresenza di più imprese e la cui entità presunta di lavoro non è inferiore a 200 uomini-giorno) si applica una sanzione pecuniaria in misura pari a 1.000 quote, unitamente alle sanzioni interdittive per non meno di 3 mesi e non più di 1 anno. In sostanza, le sanzioni di cui sopra troveranno applicazione solo per i casi più gravi commessi in violazione degli obblighi non delegabili del datore di lavoro nei settori produttivi più esposti.

TitanMet, nello specifico, non rientra nel novero delle società definite ad "alta esposizione".

Una seconda fattispecie di responsabilità diretta dell'impresa riguarda i casi di omicidio colposo commesso "con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro" diverse da quelle sopra indicate.

In siffatta ipotesi si applica all'ente una sanzione pecuniaria amministrativa in misura non inferiore a 250 quote e non superiore a 500 quote, congiuntamente alle sanzioni interdittive menzionate per non meno di 3 mesi e non più di 1 anno.

Tale fattispecie di responsabilità diretta dell'impresa potrebbe trovare applicazione nella realtà aziendale di TitanMet.

Lesioni personali colpose ex art. 590 c.p.

Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309.

Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a euro 1.239.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme [sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle] per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell'esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un'arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave

delle violaizoni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pensa della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

Caratteristiche del reato

Le lesioni contemplate nell'art. 25 septies configurano una circostanza aggravante del delitto di lesioni colpose gravi e gravissime. Tale lesione, come nell'ipotesi prevista dalla norma precedente, sussiste non solo quando sia contestata la violazione di specifiche norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ma in ogni caso in cui la lesione derivi da una condotta contraria all'art. 2087 c.c., che prevede il preciso obbligo dell'imprenditore di eliminare ogni situazione di pericolo per il lavoratore.

Il concetto di lesione personale, disciplinato dall'art. 582 c.p., configura la condotta di chi cagiona ad altri una lesione (personale) dalla quale derivi una malattia nel corpo o nella mente. Sono previste quattro tipi di lesioni:

  • lesione personale lievissima, se alla vittima deriva una malattia con durata non superiore ai 20 giorni;
  • lesione personale lieve se alla vittima deriva una malattia che ha una durata compresa tra i 21 e 40 giorni;
  • lesione personale grave: 1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 giorni; 2) se ne consegue l'indebolimento permanente di un senso o di un organo;
  • lesione personale gravissima se dal fatto deriva: 1) una malattia certamente o probabilmente insanabile; 2) la perdita di un senso; 3) la perdita di un arto, o una mutilazione che lo renda inservibile, la perdita dell'uso di un organo o delle capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella; 4) la deformazione ovvero lo sfregio permanente del viso.

Nel reato ex art. 25 septies del Decreto rilevano soltanto le ipotesi di cui alle lettere c) e d) relative alle lesioni gravi e gravissime commesse con violazione di norme antinfortunistiche.

"Per malattia del corpo o della mente deve intendersi qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, ancorché localizzata, di lieve entità e non influente sulle condizioni generali".

L'elemento soggettivo del reato è costituito dalla colpa e sussiste in tutti quei casi in cui l'agente violi per negligenza, imprudenza, imperizia le norme antinfortunistiche e sulla tutela della sicurezza e salute sul lavoro, oppure ometta di adottare misure e/o accorgimenti per la più efficace tutela dell'integrità fisico- psichica dei lavoratori.

In tali ipotesi viene applicata all'ente una sanzione pecuniaria amministrativa in misura non superiore a 250 quote, unitamente alle sanzioni interdittive per non oltre 6 mesi.

Il Modello di organizzazione, gestione e controllo di cui al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Le condizioni di efficacia del Modello

Il meccanismo di imputazione della responsabilità all'ente per i reati di omicidio o lesioni colposi gravi o gravissime, deve essere fondato sulla c.d. colpa di organizzazione da intendersi quale "deficit dell'organizzazione o dell'attività, rispetto ad un modello di diligenza esigibile dalla persona giuridica nel suo insieme".

Sulla scorta di tali considerazioni, la funzione del Modello di organizzazione, la cui adozione ed attuazione esclude la responsabilità dell'ente, è, dunque, quello di annullare, o anche solo diminuire, ex ante, il rischio infortunio/malattia professionale.

Per tali ragioni, l'art. 30 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, ha precisato, nel dettaglio, le condizioni di idoneità che il Modello deve rispettare al fine di avere efficacia esimente dalla responsabilità amministrativa in materia di sicurezza.

Nella tabella di seguito riportata sono indicati i vari presidi operativi da adottare, unitamente alla documentazione correlata, relativi agli elementi previsti dall'articolo 30 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81:

Presidi operativi e documentazione correlata da adottare ex art. 30 D.Lgs 9 aprile 2008, n. 81:

a) rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti,

luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici

  • Planimetria generale e planimetrie di dettaglio
  • Elenco delle attrezzature delle macchine e degli impianti presenti
  • Dichiarazioni di conformità delle attrezzature, delle macchine e dichiarazioni di installazione a regola d'arte degli impianti presenti
  • Piani di manutenzione programmata delle attrezzature, delle macchine e degli impianti presenti

b) attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e

protezione conseguenti

Documento Valutazione dei Rischi
(D.V.R.)
c) attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli
appalti,
riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per
la sicurezza

Nomina Responsabile del Servizio di Prevenzione e protezione e
comunicazioni organi
competenti

Nomina del medico
competente

Verbale di nomina
RLS

Verbali delle Riunioni periodiche di Prevenzione e
Protezione

Attestati di formazione Addetti antincendio e Pronto
Soccorso

Documento facsimile per la verifica dei requisiti tecnico-professionali delle
aziende esterne
  • Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza (DUVRI)
  • Documento di Qualificazione delle aziende esterne ai fini della sicurezza

d) attività di sorveglianza sanitaria

  • Protocollo di sorveglianza sanitaria
  • Verbali dei sopralluoghi congiunti Medico competente / RSPP

Relazioni annuali sullo stato delle attività di sorveglianza sanitaria in struttura e) attività di informazione e formazione dei lavoratori

Attestati di frequenza dei corsi di formazione per RSPP

Attestato di formazione Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza

Programmi di informazione, formazione ed addestramento

f) periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure adottate

  • Relazioni annuali sullo stato delle attività di sorveglianza sanitaria in azienda
  • Report infortuni e analisi infortuni

Le Linee Guida di Confindustria hanno previsto che, agli effetti della salute e della sicurezza sul lavoro, occorre inserire nel regolamento disciplinare aziendale o, in mancanza, indicare in modo formale come vincolanti per tutti i dipendenti i principali doveri dei lavoratori mutuandoli dalle disposizioni introdotte dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Le attività sensibili di TitanMet in relazione ai reati commessi in violazione di norme antinfortunistiche.

La Società ha individuato, quale attività sensibile, cioè quale attività nel cui ambito possono essere commessi i reati di cui alla presente Parte Speciale, la Gestione degli adempimenti in materia di salute e sicurezza e sicurezza sul lavoro ex D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

TitanMet si impegna, come previsto dalla normativa vigente, a garantire il rispetto delle disposizioni in tema di tutela della sicurezza e salute sul lavoro, nonché ad assicurare un ambiente di lavoro sicuro, sano e idoneo allo svolgimento dell'attività lavorativa, anche attraverso i seguenti strumenti:

  • la redazione ed aggiornamento del documento di valutazione dei rischi e dei piani di sicurezza nel rispetto della normativa vigente in tema di salute e sicurezza sul lavoro;
  • la verifica costante, presso i luoghi di lavoro, del rispetto del documento di valutazione dei rischi e dei piani di sicurezza;
  • la manutenzione delle attrezzature e dei macchinari propri o di cui ne abbia la disponibilità utilizzati al fine di limitare possibili incidenti da questi provocati;
  • la diffusione al Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP), al Responsabile Lavoratori per la Sicurezza (RLS), ai preposti, ove nominati, al medico competente ed a tutti i soggetti incaricati al compimento degli obblighi in materia antinfortunistica di una adeguata conoscenza sui temi disciplinati dalla normativa stessa;
  • la gestione di un adeguato ed efficace programma di formazione a tutti i dipendenti aziendali in materia di sicurezza;
  • l'effettuazione di visite mediche periodiche per ogni categoria lavorativa;
  • il coordinamento tra tutti i soggetti, individuati dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (datore di lavoro, RSPP, RLS, medico competente, ecc) nell'applicazione delle disposizioni in esso contenute);
  • la redazione di un Piano Generale di Emergenza e di Evacuazione;
  • la redazione del Piano Operativo di Sicurezza, ove necessario;
  • la redazione del DUVRI, tutte le volte che sia necessitato dalla vigente disciplina di settore.

Il sistema delle deleghe nell'ambito dell'attività sensibile della gestione degli adempimenti in materia di sicurezza e salute sul lavoro ex D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Salvo per l'espletamento delle funzioni indelegabili (quali, ex art. 17 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28, nonché la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi), il datore di lavoro può incaricare differenti soggetti, tra i quali i Dirigenti ed i Preposti, al compimento di doveri ed obblighi riguardanti la salute, la sicurezza negli ambienti di lavoro, attraverso la delega di funzioni.

Il sistema delle deleghe deve essere caratterizzato da elementi di certezza ai fini della prevenzione dei reati di cui alla presente Parte Speciale. Al riguardo si rileva che per "delega" si intende quell'atto di attribuzione di funzioni e compiti, riflesso nel sistema di comunicazioni organizzative.

La delega assume rilevanza penale scriminante ai sensi dell'art. 16 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, alla presenza dei seguenti presupposti:

  • che essa risulti da atto scritto recante data certa;
  • che il delegato possegga tutti requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
  • che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
  • che essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
  • che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.

Alla delega di funzioni deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità.

In presenza di queste condizioni, la legge ammette che la delega esoneri da responsabilità il soggetto delegante, e la responsabilità di conseguenza si trasferisca al soggetto delegato.

Tuttavia permane in capo al datore di lavoro l'obbligo di vigilanza in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite.

L'obbligo di vigilanza che permane in capo al datore di lavoro si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del Modello di verifica e controllo di cui all'art. 30, comma 4.

Ai sensi del comma 3 bis dell'art. 16 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, "il soggetto delegato può a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro, delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro alle medesime condizioni di cui ai commi 1 e 2". Il ricorso alla cosiddetta sub-delega non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al delegante in ordine al corretto espletamento delle funzioni trasferite.

Al sub-delegato è vietato il ricorso alla delega di funzioni.

I principi generali di comportamento

Tutti i destinatari del Modello devono adottare le regole di condotta conformi ai principi contenuti nel Modello Organizzativo e recepite da TitanMet nel D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e nel documento di valutazione dei rischi predisposto dalla Società.

Devono, pertanto, intendersi presupposto e parte integrante del presente modello i principi di comportamento individuati nel Codice Etico e tutta la documentazione per l'assolvimento degli obblighi imposti dalla normativa antinfortunistica quali, in via esemplificativa, il documento di valutazione dei rischi, il piano generale di emergenza e di evacuazione, il documento di valutazione addizionale dei rischi concernente il miglioramento della salute e della sicurezza sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, la consegna del tesserino di riconoscimento.

Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, i soggetti delegati, i dipendenti di TitanMet devono garantire la stretta osservanza di tutte le leggi e regolamenti vigenti che disciplinano l'attività aziendale.

La gestione dei contatti e dei rapporti da parte dei soggetti operanti nell'ambito delle attività a rischio deve essere coordinata solo dalla funzione aziendale competente o dalle persone specificatamente delegate a questo scopo.

Inoltre, la Società è tenuta al rispetto dei seguenti principi:

  • principi in materia di struttura organizzativa della società:
    • le deleghe in materia di sicurezza e salute sul lavoro devono essere redatte per iscritto determinando in modo chiaro, specifico, ed univoco le funzioni assegnate e ad esse deve essere data adeguata e tempestive pubblicità;
    • devono essere correttamente formalizzate le responsabilità, i compiti organizzativi e operativi di dirigenti e preposti, e devono essere chiaramente descritte le mansioni di ciascun dipendente di TitanMet in materia di sicurezza e salute sul lavoro;
    • devono essere resi noti a tutti i livelli aziendali dell'organizzazione le funzioni ed i compiti del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), del Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), dei preposti e degli eventuali addetti alla gestione delle emergenze, nonché i compiti e le responsabilità del medico competente;
    • i responsabili interni e gli eventuali consulenti esterni e i soggetti che di fatto esercitano funzioni in materia di sicurezza devono essere scelti sulla base di requisiti di professionalità e competenza degli stessi debitamente comprovata;
  • principi in materia di attività di formazione ed addestramento:
    • deve essere garantita adeguata conoscenza della normativa applicabile in materia antinfortunistica ai soggetti responsabili della sicurezza, all'RSPP ed agli addetti al Servizio di Prevenzione e Protezione ed ai Preposti, ove nominati;
    • deve essere adeguatamente programmata ed effettuata la formazione e informazione dei dipendenti e dei collaboratori che comunque operano all'interno della Società, con riferimento alle materie antinfortunistiche in generale ed ai rischi cui sono sottoposti, con riferimento alla specifica mansione da svolgere, ad eventuali rischi specifici ed alle misure di prevenzione e comportamenti da adottare.
  • principi in materia di attività di gestione operativa in materia di sicurezza:
    • deve essere adeguatamente effettuata ed aggiornata su base continuativa, la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in applicazione di quanto previsto dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, tenendo adeguatamente conto di ogni mutamento intervenuto nell'organizzazione del lavoro e/o dei luoghi di lavoro;
    • deve essere data adeguata attuazione ed aggiornamento delle misure di prevenzione e protezione dai rischi come individuati nell'attività di valutazione dei rischi.

Protocolli da seguire nell'ambito delle attività sensibili.

L'attuazione dei principi elencati nel precedente capitolo richiede che le funzioni aziendali, nello svolgimento dell'attività sensibile individuata all'interno di TitanMet per quanto riguarda la struttura organizzativa della società, provvedano a:

  • ottemperare compiutamente a tutti gli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro contemplati nel D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81;
  • definire con chiarezza ruoli e competenze delle funzioni responsabili della gestione dei rapporti relativi all'attività sensibile;
  • garantire la nomina, da parte del datore di lavoro di tutti i soggetti previsti dalla normativa nonché la vigilanza dello stesso sul corretto espletamento da parte dei delegati delle funzioni trasferite;
  • definire idonei sistemi di controllo (quali ad esempio la compilazione di schede informative, l'indizione di apposite riunioni, la verbalizzazione delle principali statuizioni) che consentano di verificare la regolarità delle attività che possono avere incidenza ai fini della commissione dei reati di cui all'art. 25 septies;
  • stabilire che annualmente la società adotti un budget che contenga fondi destinati all'implementazione ed al mantenimento del sistema di gestione in materia di sicurezza.

Con riferimento all'attività di formazione ed addestramento, occorre:

  • stabilire che annualmente la società approvi un budget da destinare ad un piano di formazione in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro per tutti i lavoratori;
  • garantire la valutazione del livello di apprendimento dei partecipanti ai corsi di formazione in materia di sicurezza sul lavoro;
  • garantire un'efficace attività di formazione sui contenuti del Piano Generale di Emergenza e di Evacuazione;
  • garantire la conoscibilità a tutto il personale ed a tutti i livelli delle mansioni e degli obblighi di ciascun soggetto in materia di sicurezza, anche attraverso l'esposizione in bacheca aziendale.

Con riferimento all'attività di gestione operativa in materia di sicurezza, si deve prevedere che:

  • i lavoratori possano comunicare direttamente al RSPP ed al RLS le anomalie riscontrate nel sistema di gestione della sicurezza ex D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81;
  • i lavoratori, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, i preposti, il medico competente, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il datore di lavoro possano segnalare all'Organismo di Vigilanza eventuali anomalie riscontrate nel corso del monitoraggio/esecuzione degli adempimenti in materia di sicurezza e salute sul lavoro ex D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81;
  • sia data tempestivamente notizia al RSPP dell'introduzione all'interno di TITANMET di eventuali nuovi macchinari, strumenti, apparecchiature, lo spostamento delle stesse e qualsiasi modifica nei luoghi di lavoro che possa impattare sulla valutazione dei rischi;
  • vengano sanzionati tutti i comportamenti in contrasto con i principi di cui alla presente.

Il sistema di controllo preventivo

TitanMet implementa continuamente un apposito sistema di controllo dei rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro. Tale sistema è integrato con la gestione complessiva dei processi aziendali.

Al fine della predisposizione di tali procedure, TITANMET si avvale dei seguenti strumenti:

  • codice etico (o di comportamento) sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro con riferimento ai reati considerati (tale documento è espressione della politica aziendale per la salute e sicurezza sul lavoro e indica la visione, i valori essenziali e le convinzioni dell'azienda in tale ambito. Serve pertanto a definire la direzione, i principi d'azione ed i risultati a cui tendere nella materia)
  • struttura organizzativa (per TitanMet nello specifico, considerate le ridotte dimensioni della società, è stata adottata una snella struttura organizzativa con compiti e responsabilità in materia di salute e sicurezza sul lavoro definiti formalmente in coerenza con lo schema organizzativo e funzionale dell'azienda, a partire dal datore di lavoro fino al singolo lavoratore).

In ogni caso, nella definizione dei compiti organizzativi e operativi della direzione aziendale, dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori sono stati esplicitati anche quelli relativi alle attività di sicurezza di rispettiva competenza nonché le responsabilità connesse all'esercizio delle stesse attività.

Formazione e addestramento.

La formazione e l'addestramento sono componenti essenziali per la funzionalità del modello. Lo svolgimento di compiti che possono influenzare la salute e sicurezza sul lavoro richiede un'adeguata competenza, da verificare ed alimentare attraverso la somministrazione di formazione e addestramento finalizzati ad assicurare che tutto il personale, ad ogni livello, sia consapevole della importanza della conformità delle proprie azioni rispetto al modello organizzativo e delle possibili conseguenze dovute a comportamenti che si discostino dalle regole dettate dal Modello.

In concreto, ciascun lavoratore/operatore aziendale riceve una formazione sufficiente ed adeguata con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni. Questa avviene in occasione dell'assunzione, del trasferimento o cambiamento di mansioni o dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.

L'azienda organizza la formazione e l'addestramento secondo i fabbisogni rilevati periodicamente.

Comunicazione e coinvolgimento.

La circolazione delle informazioni all'interno dell'azienda assume un valore rilevante per favorire il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati e consentire consapevolezza ed impegno adeguati a tutti livelli. Il coinvolgimento è realizzato attraverso:

• la consultazione preventiva in merito alla individuazione e valutazione dei rischi ed alla definizione delle misure preventive; la consultazione avviene su espressa richiesta del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o su iniziativa del datore di lavoro con successiva convocazione e redazione di verbale che resta allegato al presente Modello;

• riunioni periodiche che tengono conto almeno delle richieste fissate dalla legislazione vigente utilizzando anche le riunioni previste per la gestione aziendale. Di tali riunioni periodiche viene redatto apposito verbale.

Gestione operativa.

Il sistema di controllo, relativamente ai rischi per la salute e sicurezza sul lavoro, si integra ed è congruente con la gestione complessiva dei processi aziendali.

Dalla analisi dei processi aziendali e delle loro interrelazioni e dai risultati della valutazione dei rischi è derivata la definizione delle modalità per lo svolgimento in sicurezza delle attività che impattano in modo significativo sulla salute e sicurezza sul lavoro.

L'azienda, avendo identificato le aree di intervento associate agli aspetti di salute e sicurezza, esercita una gestione operativa regolata.

In questo senso, particolare attenzione è stata posta riguardo a:

  • assunzione e qualificazione del personale;
  • organizzazione del lavoro e delle postazioni di lavoro;
  • acquisizione di beni e servizi impiegati dall'azienda e comunicazione delle opportune informazioni a fornitori ed appaltatori;
  • manutenzione normale e straordinaria;
  • qualificazione e scelta dei fornitori e degli appaltatori;
  • gestione delle emergenze;
  • procedure per affrontare le difformità rispetto agli obiettivi fissati ed alle regole del sistema di controllo.

Sistema di monitoraggio della sicurezza.

La gestione della salute e sicurezza sul lavoro deve prevedere una fase di verifica del mantenimento delle misure di prevenzione e protezione dei rischi adottate e valutate idonee ed efficaci. Le misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione realizzate dall'azienda sono sottoposte a monitoraggio pianificato.

L'impostazione del piano di monitoraggio si sviluppa attraverso:

  • programmazione temporale delle verifiche (frequenza);
  • attribuzione di compiti e di responsabilità esecutive;
  • descrizione delle metodologie da seguire;
  • modalità di segnalazione delle eventuali situazioni difformi.

È, quindi, stato previsto un monitoraggio sistematico le cui modalità e responsabilità sono stabilite contestualmente alla definizione delle modalità e responsabilità della gestione operativa.

Questo monitoraggio è svolto dalle risorse interne della struttura, sia in autocontrollo da parte dell'operatore, sia da parte del preposto/dirigente ma può comportare, per aspetti specialistici (ad esempio per verifiche strumentali) il ricorso ad altre risorse interne o esterne all'azienda. È bene, altresì, che la verifica delle misure di natura organizzativa e procedurale relative alla salute e sicurezza venga realizzata dai soggetti già definiti in sede di attribuzione delle responsabilità (in genere si tratta di dirigenti e preposti). Tra questi particolare importanza riveste il Servizio di Prevenzione e Protezione che è chiamato ad elaborare, per quanto di competenza, i sistemi di controllo delle misure adottate.

I principi di controllo

Le componenti sopra descritte si integrano organicamente in un'architettura del sistema che rispetti una serie di principi di controllo, fra cui:

"Ogni operazione, transazione, azione deve essere: verificabile, documentata, coerente e congrua".

Per ogni operazione deve essere presente un adeguato supporto documentale su cui si possa procedere in ogni momento all'effettuazione di controlli che attestino le caratteristiche e le motivazioni dell'operazione ed individuino chi ha autorizzato, effettuato, registrato, verificato l'operazione stessa.

La salvaguardia di dati e procedure in ambito informatico è assicurata mediante l'adozione delle misure di sicurezza già previste dal D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali", come aggiornato dal Regolamento UE 27 aprile 2016, n. 679, per tutti i trattamenti di dati effettuati con strumenti elettronici.

"Nessuno può gestire in autonomia un intero processo".

Il sistema garantisce l'applicazione del principio di separazione di funzioni, per cui l'autorizzazione all'effettuazione di un'operazione, ricade sotto la responsabilità di persona diversa da chi la esegue operativamente o la controlla.

Inoltre, è previsto che:

  • a nessuno vengano attribuiti poteri illimitati;
  • i poteri e le responsabilità siano chiaramente definiti e conosciuti all'interno dell'organizzazione;
  • i poteri autorizzativi e di firma sono coerenti con le responsabilità organizzative assegnate.
  • "Documentazione dei controlli".

Il sistema di controllo documenta (attraverso la redazione di verbali) l'effettuazione dei controlli, anche di supervisione in tema di salute e sicurezza sul lavoro.

Il sistema disciplinare

La definizione di un sistema di sanzioni applicabili in caso di violazione delle regole di cui al presente Modello ha lo scopo di rendere efficace e garantire l'effettività del Modello stesso.

Pertanto, il mancato rispetto di quanto contenuto nel presente modello è passibile di sanzione disciplinare (oltre che ai sensi di quanto già esposto nella Parte generale), anche ai sensi del vigente CCNL che trova applicazione nella Società e delle specifiche normative in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.

Con riferimento ai consulenti, collaboratori e soggetti non dipendenti il mancato rispetto delle norme di legge, del presente modello e del connesso Codice Etico potranno comportare da parte di TitanMet la risoluzione ipso iure del rapporto di collaborazione.

I controlli dell'Organismo di Vigilanza

Fermo restando il potere discrezionale dell'Organismo di Vigilanza di attivarsi con specifici controlli a seguito delle segnalazioni ricevute, l'Organismo di Vigilanza effettua periodicamente controlli a campione sulle attività connesse ai processi sensibili potenzialmente a rischio reati di omicidio e lesioni colpose commessi con violazione di norme antinfortunistiche, diretti a verificare la corretta esplicazione delle stesse in relazione ai principi espressi nel presente e, in particolare, alle procedure interne in essere.

Per l'effettuazione di tali controlli periodici, l'Organismo di Vigilanza si avvale, altresì, della collaborazione delle altre funzioni aziendali.

PARTE SPECIALE – 5 - REATI DI RICICLAGGIO, AUTORICICLAGGIO RICETTAZIONE E IMPIEGO DI DENARO, BENI O UTILITA' DI PROVENIENZA ILLECITA

Funzione della PARTE SPECIALE - 5 -

Il legislatore ha esteso il campo di applicazione della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delineata dal Decreto, con il recepimento del D.Lgs. 14 dicembre 2007, n. 231 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14.12.2007) concernente la "prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo" (cd. "III Direttiva Antiriciclaggio").

L'art. 63, comma 3, del citato D.Lgs 14 dicembre 2007, n. 231, ha introdotto, nell'ambito dei reati previsti dal Decreto, l'art. 25 octies in materia di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.

Si precisa che tali reati avevano già rilevanza ai fini del Decreto, ma solo se realizzati transnazionalmente (ex art. 10 della legge 16 marzo 2006, n. 146). A seguito dell'abrogazione del comma 5 e 6 dell'art. 10, legge n. 16 marzo 2006, n. 146, i reati presupposto di riciclaggio e reimpiego di denaro di provenienza illecita rilevano ora solo in ambito nazionale.

Nell'ambito delle attività aziendali, TitanMet potrebbe incorrere nella commissione di uno dei reati previsti dall'art. 25 octies.

La presente Parte Speciale -5- si rivolge ad Amministratori, Organi sociali, Dirigenti, Dipendenti di TitanMet, nonché a Consulenti e Collaboratori, soggetti a vigilanza, affinché adottino condotte conformi ai principi di riferimento di seguito enunciati, al fine di prevenire i reati previsti dall'art. 25 octies del Decreto, anche nella forma del concorso ex art. 110 c.p.

Nelle pagine che seguono verranno individuate:

  • le fattispecie dei reati di cui agli artt. 648 c.p., art. 648 bis c.p., art. 648 ter c.p.;
  • le attività sensibili che, nell'ambito dell'operatività di TitanMet, potrebbero risultare a rischio commissione reati.

Le fattispecie di reato previste dall'art. 25 octies del Decreto.

Nelle pagine che seguono verranno trattati dal punto di vista normativo i reati contemplati dall'art. 25 octies che, ai fini della responsabilità amministrativa della società, devono essere commessi, nella forma consumata o tentata, "nell'interesse o a vantaggio dell'ente".

Ricettazione ex art. 648 c.p.

Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648 bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da cinquemila euro a venticinquemilaeuro.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale. La pena è diminuita nell'ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 648. Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.

Caratteristiche del reato

La condotta consiste nell'acquistare, ricevere (ossia conseguire in qualsiasi modo il possesso), occultare (inteso quale nascondimento della cosa ricevuta) danaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto ovvero nell'intromettersi nel farli acquistare, ricevere od occultare.

Presupposto del reato, dunque, è che anteriormente sia stato commesso un altro delitto (cd. reato presupposto) al quale però, il ricettatore non deve aver partecipato a titolo di concorso. Soggetto attivo del reato può essere chiunque, ad eccezione, come detto, dell'autore materiale o morale o del compartecipe del delitto presupposto.

L'elemento soggettivo del reato è costituito dal dolo specifico. La conoscenza circa la provenienza illecita può desumersi anche da elementi indiretti, quali circostanze di tempo e di luogo dell'acquisto, comportamento dell'agente dopo l'acquisto, massime di esperienza, ecc.

In astratto, detta fattispecie potrebbe assumere rilievo, in una normale realtà aziendale, nelle attività di approvvigionamento dei beni necessari al ciclo produttivo o alla gestione della società (si pensi, ad es., all'ipotesi di acquisto di materie prime, materiale, macchinari, etc., oggetto di precedenti condotte criminose, naturalmente ad un prezzo inferiore a quello corrente di mercato, nel che si sostanzierebbe il profitto o vantaggio dell'ente).

Conseguentemente, la fattispecie presenterà un rischio consistente per quei soggetti che registrano detto approvvigionamento quale ambito specifico delle proprie attività tipiche.

Riciclaggio ex art. 648 bis c.p.

"Fuori dai casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.493.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale. La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è

stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648".

Caratteristiche del reato

La norma in commento è una fattispecie plurioffensiva posta a tutela del patrimonio, dell'amministrazione della giustizia e dell'ordine pubblico.

Scopo della norma, infatti, è quello di impedire che, una volta verificatosi un delitto, persone diverse da coloro che lo hanno commesso o hanno concorso a commetterlo possano, con la loro attività, trarre un vantaggio dal delitto medesimo o aiutare gli autori di tale delitto ad assicurarsene il profitto e, comunque, ostacolare con l'attività di riciclaggio del danaro o dei valori, l'attività della polizia giudiziaria tesa a scoprire gli autori del delitto.

L'art 648-bis c.p. punisce dunque qualsiasi attività di riciclaggio, qualunque sia il delitto da cui il denaro o i valori provengano, purché di natura dolosa.

In sostanza, l'art. 648-bis c.p. sanziona le condotte di sostituzione (cioè il rimpiazzare il denaro, i beni o le altre utilità di provenienza illecita con valori diversi), di trasferimento o il compimento di altre operazioni idonee ad ostacolare l'identificazione della provenienza dei profitti illeciti, qualunque sia il delitto doloso da cui provengono.

Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.)

"Chiunque fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli artt. 648 e 648 bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.493. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale. La pena è diminuita nell'ipotesi di cui al secondo comma dell'articolo 648. Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648".

Caratteristiche del reato

Lo scopo della norma è duplice: mentre in un primo momento occorre impedire che il cd. "denaro sporco", frutto dell'illecita accumulazione, venga trasformato in denaro pulito, in una seconda fase è necessario fare in modo che il capitale, pur così emendato dal vizio di origine, non possa trovare un legittimo impiego.

In questo caso è sufficiente il solo dato di avere immesso nel circuito economico - sotto forma di investimento in attività economiche o finanziarie - denaro proveniente da delitto, a prescindere quindi da qualsiasi effetto o finalità di "ripulitura".

La clausola di riserva contenuta nel comma 1 dell'art. 648 ter c.p. prevede la punibilità di chi non sia già compartecipe del reato principale ovvero non sia imputabile a titolo di ricettazione o riciclaggio.

Da ciò deriva che per la realizzazione delle fattispecie de qua occorre la presenza, quale elemento qualificante rispetto alle altre figure criminose citate, di una condotta di impiego dei capitali di provenienza illecita in attività economiche o finanziarie.

Differenze tra il reato di ricettazione, di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita

Premesso che presupposto comune di tutte e tre le fattispecie incriminatici previste dagli artt. 648, 648 bis e 648 ter c.p. è quello costituito dalla provenienza da delitto del denaro e dell'altra utilità di cui l'agente è venuto a disporre, le dette fattispecie si distinguono, sotto il profilo soggettivo, per il fatto che la prima di esse richiede, oltre alla consapevolezza della suindicata provenienza, necessaria anche per le altre, solo una generica finalità di profitto, mentre la seconda e la terza richiedono la specifica finalità di far perdere le tracce dell'origine illecita, con l'ulteriore peculiarità, quanto alla terza, che detta finalità deve essere perseguita mediante l'impiego delle risorse in attività economiche o finanziarie. L'art. 648 ter c.p. è quindi in rapporto di specialità con l'art. 648 bis c.p. e questo, a sua volta, con l'art. 648 ter c.p.

La definizione di riciclaggio ex art. 2 D.Lgs. 14 dicembre 2007, n. 231.

L'art. 2 del D.Lgs. 14 dicembre 2007, n. 231, detta una definizione di riciclaggio molto più ampia e dettagliata rispetto all'art. 648-bis c.p. appena esaminato, ricomprendendo una serie di condotte cooperative (quali la consulenza) che, attualmente, non rientrerebbero nel campo di applicazione della norma penale, la quale, come analizzato in precedenza, non punisce il c.d. autoriciclaggio.

L'art. 2 D.Lgs. 14 dicembre 2007, n. 231, infatti, prevede: "Ai soli fini del presente decreto le seguenti azioni, se commesse intenzionalmente, costituiscono riciclaggio:

la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l'origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni;

l'occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;

l'acquisto, la detenzione o l'utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;

la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere precedenti, l'associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterlo o il fatto di agevolarne l'esecuzione.

Il riciclaggio è considerato tale anche se le attività che hanno generato i beni da riciclare si sono svolte nel territorio di un altro Stato comunitario o di un Paese terzo.

La conoscenza, l'intenzione o la finalità, che debbono costituire un elemento degli atti di cui al comma 1, possono essere dedotte da circostanze di fatto obiettive

Ai fini del presente decreto per finanziamento del terrorismo vale la definizione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109.

Al fine di prevenire l'utilizzo del sistema finanziario e di quello economico per finalità di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, il presente decreto detta misure volte a tutelare l'integrità di tali sistemi e la correttezza dei comportamenti.

L'azione di prevenzione di cui al comma 5 è svolta in coordinamento con le attività di repressione dei reati di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo".

Rispetto alla nozione penalistica di riciclaggio, l'omissione dell'inciso "fuori dai casi di concorso di reato", determina una estensione di responsabilità anche quando il reato presupposto e quello di riciclaggio siano commessi dal medesimo soggetto, cioè nel caso del c.d. "autoriciclaggio".

Sempre nell'ambito della predetta elencazione, alcune di tali condotte attengono a comportamenti che potrebbero anche integrare gli estremi del concorso nei reati in esame, e pertanto detti comportamenti potrebbero far sorgere la responsabilità amministrativa dell'Ente qualora posti in essere da dipendenti o da soggetti apicali a vantaggio o nell'interesse della società.

IL REATO DI AUTORICICLAGGIO

L'autoriciclaggio, previsto dall'art. 648 ter, comma 1, c.p. è costituito dalla condotta di chi, ostacolando concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa, impiega, sostituisce o trasferisce i proventi di un delitto non colposo in attività economiche o finanziarie, ovvero li impiega con finalità speculative.

Le Attività sensibili di TITANMET con riferimento ai reati di cui alla Parte Speciale -5-

Nell'ambito dell'operatività di TITANMET, le attività sensibili che possono essere ritenute astrattamente a rischio, al fine della commissione di uno dei reati di cui all'art. 25 octies, sono le seguenti:

  • contratti di acquisto e vendita di prodotti con controparti e infragruppo;
  • transazioni finanziarie con controparti e infragruppo;
  • investimenti con controparti ed investimenti infragruppo.

I Principi generali di comportamento nelle "aree a rischio reato".

La presente Parte Speciale -5- prevede l'espresso divieto a carico di tutti i destinatari eventualmente coinvolti nei processi sensibili di:

  • intrattenere rapporti commerciali con soggetti (persone fisiche o giuridiche) dei quali sia conosciuta o sospettata l'appartenenza ad organizzazioni criminali o comunque operanti al di fuori della liceità quali, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, persone legate all'ambiente del riciclaggio, del terrorismo e ai traffici illeciti;
  • utilizzare strumenti anonimi per il compimento di operazioni di trasferimento di importi rilevanti;
  • sostituire o trasferire denaro, beni o altre utilità provenienti da un qualsiasi delitto o compiere qualunque attività che ne agevoli l'acquisto, la ricezione o l'occultamento;
  • sostituire o trasferire denaro, beni o altre utilità provenienti da illeciti, ovvero compiere in relazione ad essi altre operazioni che possano ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa;
  • partecipare ad uno degli atti di cui ai punti precedenti, associarsi per commetterli, aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterli o agevolarne l'esecuzione;
  • effettuare o ricevere pagamenti su conti cifrati, in contanti o tramite assegni bancari che non abbiano la clausola di "non trasferibilità".

Protocolli a presidio comuni in relazione alle attività sensibili

Ai fini dell'attuazione delle regole e dei divieti elencati nel precedente capitolo, oltre che dei principi già contenuti nel Codice Etico e nella Parte Generale del presente Modello di organizzazione, gestione e controllo, con riferimento ai processi sensibili indicati, la Società dovrà prevedere:

  • controlli formali e sostanziali dei flussi finanziari aziendali in entrata. Tali controlli devono tener conto anche della sede legale della società controparte (ad es: paradisi fiscali, Paesi a rischio terrorismo), degli istituti di credito utilizzati (sede legale delle banche coinvolte nelle operazioni e istituti che non hanno insediamenti fisici in alcun Paese) e di eventuali schermi societari e strutture fiduciarie utilizzate per transazioni o operazioni straordinarie;
  • controlli e tracciabilità anche in riferimento alle operazioni finanziarie con soggetti giuridici collegati;
  • il divieto di accettare denaro o titoli al portatore (assegni, vaglia postali, ecc.) per importi rilevanti, se non tramite intermediari a ciò abilitati;
  • controlli formali e sostanziali dei flussi finanziari aziendali in uscita, con riferimento ai pagamenti verso terzi ed ai pagamenti/operazioni con società controllate o controllanti. Tali attività devono aver riguardo alla sede legale della società controparte (es. paradisi fiscali, Paesi a rischio terrorismo), degli istituti di credito utilizzati (sede legale delle banche coinvolte nelle operazioni e istituti che non hanno insediamenti fisici in alcun paese) e di eventuali schermi societari e strutture fiduciarie utilizzate per transazioni o operazioni straordinarie;
  • la verifica della regolarità dei pagamenti, in relazione alla piena coincidenza tra destinatari dei pagamenti e controparti effettivamente coinvolte nelle transazioni, controllandone l'assenza di collegamenti con associazioni criminali o, comunque, sospette;
  • verifiche sulla tesoreria (in particolare, il rispetto delle soglie per i pagamenti in contanti, l'eventuale utilizzo di libretti al portatore o anonimi per la gestione delle liquidità, etc.);
  • verifiche sull'affidabilità commerciale e professionale dei consulenti, dei fornitori e degli altri partner commerciali/finanziari, sulla base di alcuni indici rilevanti (es. protesti, procedure concorsuali, pagamento di corrispettivi sproporzionati rispetto ai normali valori di mercato, etc.) ();
  • la verifica dei requisiti di professionalità e onorabilità delle controparti con la quale la società intraprende qualunque iniziativa finanziaria (obbligo di adeguata verifica della clientela);
  • la previsione di idonei strumenti di pagamento per il compimento di operazioni di trasferimento di importi rilevanti;
  • l'individuazione puntuale delle funzioni competenti al processo di incasso/pagamento secondo l'organizzazione gerarchica aziendale;
  • la trasparenza e la tracciabilità degli accordi con altre imprese o con soggetti collegati coinvolti nella transazione;
  • la garanzia della trasparenza e della tracciabilità degli accordi con fornitori e/o partners;
  • la verifica della congruità economica delle transazioni effettuate (rispetto dei prezzi di mercato, utilizzo di professionisti di fiducia);
  • la determinazione dei requisiti minimi in possesso dei soggetti offerenti e la fissazione dei criteri di valutazione delle offerte nei contratti che stipula;
  • la verifica che fornitori e/o partners non abbiano sede o residenza ovvero qualsiasi collegamento con Paesi considerati come non cooperativi dal Gruppo di azione finanziaria contro il riciclaggio di denaro (GAFI);
  • verifiche sui requisiti minimi in possesso dei soggetti offerenti e fissazione dei criteri di valutazione delle offerte nei contratti standard;
  • l'adozione di adeguati programmi di formazione del personale ritenuto esposto al rischio di riciclaggio.

Segnalazione di transazioni/operazioni considerate potenzialmente a rischio in ambito "autoriciclaggio"

In aggiunta ai presidi sopra riportati, è richiesto alle strutture aziendali di monitorare e segnalare all'Organismo di Vigilanza il verificarsi delle seguenti transazioni/operazioni considerate potenzialmente a rischio in ambito "autoriciclaggio":

• pagamento di consulenze a società che si trovano in cd. "paesi non collaborativi";

• pagamenti effettuati per attività svolte da controparti italiane, ma accreditate su conti correnti di società in cd. "paesi non collaborativi";

  • aumenti di capitale effettuati da società con sedi in cd. "paesi non collaborativi";
  • finanziamenti soci provenienti da società fiduciarie o trust;

• operazioni ripetute e di ammontare significativo effettuate con società che risultano create di recente e hanno un oggetto sociale generico o incompatibile con il tipo di transazione in atto.

PARTE SPECIALE – 6 - REATI INFORMATICI E TRATTAMENTO ILLECITO DEI DATI

Funzione della presente Parte speciale -6-

Il legislatore, mediante la previsione dell'art. 24 bis, ha esteso l'ambito di applicazione della responsabilità amministrativa degli enti, prevista dal Decreto, ai reati informatici e al trattamento illecito dei dati, a seguito del recepimento, ad opera della legge 18 marzo 2008, n. 48 (in seguito modificata dal D.lgs. 15 gennaio 2016, nn. 7 e 8), della "Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica", redatta a Budapest il 23 novembre 2001.

La presente Parte Speciale -6- è destinata a tutti i soggetti operanti presso TitanMet, siano essi Amministratori, Dirigenti, Dipendenti, Consulenti esterni e/o Collaboratori, soggetti a vigilanza.

I predetti destinatari, nell'ambito delle rispettive funzioni, dovranno conformarsi ai principi di comportamento ivi delineati al fine di prevenire la commissione dei reati espressamente considerati dall'art. 24 bis del Decreto.

In relazione all'attività aziendale svolta nello specifico da TitanMet, i reati di cui all'art. 24 bis del Decreto sono da ritenersi in effetti solo astrattamente configurabili.

Al fine di rispondere alle esigenze penal-preventive di cui al Decreto, la Società ha tuttavia ritenuto opportuno disciplinarli nella presente Parte Speciale -6- con il fine specifico di evitare che eventuali condotte, poste in essere da soggetti operanti presso TITANMET, possano concretare le condotte tipiche previste in materia di reati informatici.

Il perseguimento delle finalità di prevenzione dei reati richiede – come già ampiamente evidenziato nella Parte Generale del presente Modello – una ricognizione dei meccanismi di funzionamento e di controllo esistenti all'interno della società, nonché la verifica dell'adeguatezza dei criteri di attribuzione dei poteri di rappresentanza e delle responsabilità connesse.

In tal senso si sono individuati i principali presidi per l'attuazione delle vigenti previsioni normative costituiti da:

  • Modello di organizzazione, gestione e controllo;
  • Codice Etico;
  • Sistema disciplinare e sanzionatorio;
  • Sistema di formazione e comunicazione;
  • Documento Programmatico di Sicurezza ex D. Lgs. n. 196 del 30 giugno 2003 (il "Codice in materia di protezione dei dati personali", come aggiornato dal Regolamento UE 27 aprile 2016, n. 679).

Nelle pagine che seguono, verranno pertanto individuate:

  • le fattispecie dei reati di cui all'art. 24 bis del Decreto, con analisi delle modalità di condotta prese in considerazione dalle norme in oggetto;
  • le attività sensibili di TitanMet relative ai reati informatici e al trattamento illecito dei dati che, nell'ambito della Società potrebbero risultare a rischio di commissione di reati;
  • i principi di riferimento in attuazione dei quali devono essere adottate le procedure aziendali che tutti i destinatari sono chiamati ad osservare, ai fini della corretta ed effettiva applicazione del Modello di Organizzazione, gestione e controllo;
  • i principi di riferimento che devono presiedere alle attività di controllo, monitoraggio e verifica dell'Organismo di Vigilanza e dei responsabili delle altre funzioni aziendali che con lo stesso cooperano, debitamente formalizzate in apposite procedure e/o regolamenti interni da adottare ai fini della corretta applicazione del presente Modello.

Le fattispecie dei reati informatici (art. 24 bis del Decreto)

Definizioni

Come sopra esposto, l'art. 7 della legge 18 marzo 2008, n. 48, ratificando la Convenzione del Consiglio d'Europa sui reati informatici, ha introdotto nel D.Lgs. n. 231/2001, tramite l'art. 24 bis, alcune ipotesi di reato in materia di criminalità informatica, già disciplinate nel codice penale.

Per "crimine informatico" si intende ogni comportamento previsto e punito dal codice penale o da leggi speciali in cui qualsiasi strumento informatico o telematico rappresenti un elemento determinante ai fini della qualificazione del fatto-reato.

Si utilizza il termine "reato informatico" per indicare qualsiasi condotta realizzata per mezzo di nuove tecnologie o comunque rivolta contro beni informatici, sanzionata dall'ordinamento penale.

In sostanza, ricorre un crimine informatico quando un sistema di elaborazione, o ciò che viene prodotto dall'elaboratore, è usato come mezzo per commettere frodi, sabotaggi o falsificazioni.

In ordine alle sanzioni poste a carico delle società in caso di commissione, consumata o tentata, di uno dei reati ivi contemplati, l'art. 24-bis precisa quanto segue:

"Articolo 24-bis. – (Delitti informatici e trattamento illecito di dati). – 1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 615 ter, 617 quater, 617 quinquies, 635 bis, 635 ter, 635 quater e 635 quinquies del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da cento a cinquecento quote.

In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 615 quater e 615 quinquies del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria

sino a trecento quote.

In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 491 bis e 640 quinquies del codice penale, salvo quanto previsto dall'articolo 24 del presente decreto per i casi di frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico, si applica all'ente la sanzione pecuniaria sino a quattrocento quote.

Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1 si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, lettere a), b) ed e). Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 2 si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, lettere b) ed e). Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 3 si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e)".

Si tratta di reati in parte connotati dall'uso illegittimo degli strumenti informatici e finalizzati all'accesso abusivo in un sistema informatico, alla modifica o al danneggiamento dei dati ivi contenuti ovvero al danneggiamento del medesimo. Per altro verso, gli illeciti riguardano condotte di intercettazione, sempre illegittima, di comunicazioni informatiche o telematiche. È stata introdotta, infine, anche la frode informatica del soggetto certificatore della firma elettronica.

La medesima legge parifica, ai fini penali, il documento informatico () pubblico all'atto pubblico scritto e quello privato alla scrittura privata scritta.

Si procede, di seguito, ad una breve descrizione normativa delle singole fattispecie di reato previste dall'art. 24 bis del Decreto.

Falsità in un documento informatico pubblico o privato ex art. 491 bis c.p.

"Se alcuna delle falsità previste dal presente capo riguarda un documento informatico pubblico avente efficacia probatoria, si applicano le disposizioni del capo stesso concernenti gli atti pubblici".

L'esame delle disposizioni penali in materia di reati informatici prende le mosse dall'art. 491 bis c.p. La norma in oggetto opera un rinvio diretto ai reati contro la "falsità in atti", previsti dal Capo III del c.p., estendendo la tutela penale a tutte le ipotesi in cui la falsità riguarda un documento informatico pubblico o privato, avente efficacia probatoria.

Ne consegue che la falsificazione del documento informatico assume rilevanza penale quando:

  • l'oggetto su cui cade la condotta è un documento informatico pubblico o privato;
  • la condotta di falso è riconducibile, presentandone tutti i requisiti, a una delle ipotesi di reato

previste nel Capo III sulla falsità in atti (ex artt. 476 ss c.p.).

Le condotte prese in considerazione possono riguardare la "contraffazione" o "alterazione" di un documento ovvero "dichiarazioni false" o "menzognere" trasposte in un documento.

Soggetti attivi di tali reati possono essere soggetti privati, pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio nell'ambito delle rispettive funzioni.

In relazione al documento oggetto di falsificazione, può, a sua volta, essere un atto pubblico o una scrittura privata.

Le condotte punibili riguardano, altresì, tutti quei casi in cui venga utilizzato un atto che si sa, a priori, essere falso, o i casi in cui un soggetto distrugge, sopprime od occulta un atto vero.

Le condotte di falsificazione esaminate devono ricadere, per essere punibili, su un documento informatico pubblico o privato rappresentante atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti.

La norma, dunque, prende in considerazione qualunque supporto informatico contenente dati o informazioni o programmi specificamente destinati a elaborarli, in relazione al loro "contenuto rappresentativo".

Il supporto informatico viene, infatti, indicato quale equivalente informatico del tradizionale foglio di carta, sul quale può essere impresso un qualsiasi contenuto rappresentativo che può essere oggetto di condotte di falsificazione da parte dei destinatari.

La norma in oggetto sanziona altresì le ipotesi di uso abusivo della firma digitale (es., l'utilizzo abusivo della chiave privata, preposta alla digitalizzazione della firma, da parte di persona diversa dal titolare e, in ogni caso, ogni atto di falsificazione di firma elettronica).

Data l'eterogeneità delle condotte penalmente rilevanti in materia di "falsità in atti", si riportano, di seguito, altri esempi: l'inserimento di dati falsi nell'archivio elettronico da parte di un dipendente; la alterazione o la manomissione di un atto pubblico o privato (es. documenti per accedere a un bando del Comune o per partecipare ad una gara pubblica); l'inserimento di informazioni della società non corrispondenti al vero (es, in sede di dichiarazione dei redditi compilata on line, o di altri documenti compilati on line a fini amministrativi, attestazione di conformità di un atto, falsità in un verbale di riunione assembleare); la distruzione, l'occultamento o manomissione di un documento per favorire, in qualunque modo la Società (es, in caso di ispezioni o perquisizioni, per accedere a convenzioni, agevolazioni, o per richiedere sovvenzioni).

In ogni caso, le condotte sono sanzionate, ai sensi del Decreto, nella forma consumata o tentata, qualora siano commesse al fine di procurare un vantaggio, un interesse o un profitto, diretto o indiretto, alla società.

Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico ex art. 615 ter c.p.

"Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni:

  • se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualità di operatore del sistema;
  • se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone, ovvero se è palesemente armato;
  • se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l'interruzione totale o parziale del suo funzionamento ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti.

Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni.

Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa; negli altri casi si procede d'ufficio".

Il reato in oggetto, posto a tutela della riservatezza delle comunicazioni e delle informazioni, incrimina due differenti condotte:

  • l'introduzione abusiva in un sistema informatico o telematico protetto;
  • l'atto di mantenersi nel sistema protetto contro la volontà del titolare.

Nella prima ipotesi considerata, il delitto punisce la condotta di chi si introduce abusivamente, ovvero eludendo una qualsiasi forma, anche minima, di barriera ostativa all'accesso in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza.

Con la nozione di "misure di sicurezza" si intendono diversi tipi di strumenti: misure fisiche (servizi di vigilanza, porte blindate), logiche (password), biometriche (lettura dell'iride o dell'impronta digitale) ovvero il superamento di ogni barriera di protezione del sistema che renda possibile il dialogo con il medesimo in modo che l'agente venga a trovarsi nella condizione di conoscere dati, informazioni o programmi.

La conoscenza dei dati, evidentemente, può avvenire sia con la semplice lettura, sia con la copiatura degli stessi.

Le modalità delle condotte, ai fini del Decreto, possono riguardare soggetti che si introducono nel sistema informatico della Società per effettuare operazioni portatrici di un interesse o un vantaggio per la società stessa (es., diminuzione del credito dei clienti, maggiorazione dei costi dei servizi erogati, fatturazioni non richieste). Oppure soggetti che si introducono abusivamente in sistemi informatici esterni (accesso abusivo al sistema informatico di una società concorrente per conoscere informazioni riservate, es. portafoglio clienti, know-how, e qualsiasi altra informazione riservata sulla vita della società).

Possono integrare la condotte di "introduzione e "mantenimento" nel sistema, ex art. 615 ter c.p., l'installazione di virus e di software spia, ma anche l'installazione di data-logs o l'invio di cookies in un sistema protetto, senza il consenso del titolare del sistema stesso (data logs e cookies infatti, sono tecniche che, anche in maniera occulta ed automatica, consentono di acquisire informazioni relative al sistema (ubicazione dell'utente, dati relativi al traffico telematico, username, password).

La seconda ipotesi presa in considerazione dall'art. 615 ter c.p., è quella di colui che si mantiene all'interno del sistema informatico o telematico contro la volontà di chi ha diritto di escluderlo.

Dunque, chi è autorizzato all'accesso per una determinata finalità, ma utilizza il consenso per una finalità diversa, e quindi non ne rispetta le condizioni, risponderà della condotta vietata.

Il reato si perfeziona sia nel caso in cui il soggetto nel momento di introdursi nel sistema informatico, abbia già maturato la decisione di duplicare abusivamente i dati in esso contenuti, sia nel caso in cui, possedendo per ragioni di servizio una duplicazione di quei dati, decida di farne uso, pur conoscendo la contraria volontà del titolare del diritto.

Il dolo richiesto per la consumazione del reato, in entrambe le ipotesi, è generico.

Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici

ex art. 615 quater c.p.

"Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto o di arrecare ad altri un danno, abusivamente si procura, riproduce, diffonde, comunica o consegna codici, parole chiave o altri mezzi idonei all'accesso ad un sistema informatico o telematico, protetto da misure di sicurezza, o comunque fornisce indicazioni o istruzioni idonee al predetto scopo, è punito con la reclusione sino ad un anno e con la multa sino a 5.164 euro.

La pena è della reclusione da uno a due anni e della multa da 5.164 euro a 10.329 euro se ricorre taluna delle circostanze di cui ai numeri 1) e 2) del quarto comma dell'articolo 617 quater".

La fattispecie in oggetto è un reato di pericolo volto a prevenire la consumazione di più gravi delitti contro la tutela della riservatezza (es., art. 615 ter) o contro il patrimonio (ad es. art. 640 ter: frodeinformatica).

È noto che a protezione dell'accesso a programmi riservati sono previste le c.d. "password" (codici di accesso riservati, nominativi o numerici) la cui disponibilità di utilizzo è riservata agli utenti del sistema informatico.

Le condotte incriminate si riferiscono a soggetti che si procurano codici di accesso ai sistemi informatici al fine di accedere ad un sistema (interno o esterno) per effettuare operazioni a vantaggio o interesse della società.

Il dolo è specifico dovendo essere la condotta diretta a procurare un profitto a sé o ad altri ovvero ad arrecare ad altri un danno.

Il delitto si consuma al momento del compimento della condotta; il tentativo appare configurabile in tutte le forme di condotta.

Ai sensi del secondo comma dell'art. 615-quater c.p. il delitto è aggravato se il fatto è commesso:

in danno di un sistema informatico o telematico utilizzato dallo Stato o da altro ente pubblico o da impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità;

da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema.

Diffusione di programmi diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico ex art. 615 quinquies c.p.

"Chiunque, allo scopo di danneggiare illecitamente un sistema informatico o telematico, le informazioni, i dati o i programmi in esso contenuti o ad esso pertinenti, ovvero di favorire l'interruzione, totale o parziale, o l'alterazione del suo funzionamento, si procura, produce, riproduce, importa, diffonde, comunica, consegna o, comunque, mette a disposizione di altri apparecchiature, dispositivi o programmi informatici, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa sino a euro 10.329".

L'art. 615 quinquies c.p. punisce chiunque si procura, produce, riproduce, importa, diffonde, comunica, consegna o mette a disposizione di altri, apparecchiature, dispositivi o programmi informatici, allo scopo di danneggiare illecitamente un sistema informatico o telematico o di alterarne, seppur parzialmente, il funzionamento.

Con tale norma si mira reprimere la diffusione dei c.d. "virus" informatici, forieri di gravi danni ai sistemi informatici e telematici, utilizzati spesso per scopi di sabotaggio.

Dalla lettera dell'articolo si deduce che il reato è configurabile sia in caso di messa in circolazione di programmi virus, sia in caso di produzione degli stessi.

Quanto all'elemento soggettivo, il reato è punibile a titolo di dolo generico, consistente nella coscienza e volontà della condotta con la consapevolezza dell'idoneità del virus a danneggiare un sistema informatico o telematico, a prescindere dalla finalità dell'agente.

Più severa, dunque, la nuova formulazione dell'articolo 615 quinquies che, oltre a punire la diffusione di software, o comunque codice maligno, diretto a danneggiare il flusso dati o un intero sistema telematico, estende le condotte tanto da includere il procurarsi ovvero l'importare software e hardware adatti allo scopo.

Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche ex art. 617 quater c.p.

"Chiunque fraudolentemente intercetta comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra più sistemi, ovvero le impedisce o le interrompe, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni di cui al primo comma.

I delitti di cui ai commi primo e secondo sono punibili a querela della persona offesa.

Tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso:

in danno di un sistema informatico o telematico utilizzato dallo Stato o da altro ente pubblico o da impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità;

da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema;

da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato".

L'art. 617 quater c.p. e il successivo art. 617 quinquies c.p. tutelano la libertà e la riservatezza delle comunicazioni informatiche o telematiche, al fine di garantirne la riservatezza e l'autenticità dei contenuti. La condotta materiale prevista dal I comma dell'art. 617 quater, c.p. (intercettazione abusiva) è autonoma rispetto alla condotta prevista nel comma II dello stesso articolo (rivelazione), di talché, può benissimo sussistere il delitto di divulgazione di comunicazioni intercettate senza che sussista quello di intercettazione fraudolenta.

Infatti, con la fattispecie in oggetto, il legislatore ha inteso circoscrivere il divieto di divulgazione alle comunicazioni che per poter essere conosciute, a cagione del mezzo di comunicazione utilizzato, hanno bisogno di essere intercettate – le c.d. "comunicazioni chiuse" - mentre tale divieto non è previsto per le comunicazioni che, per il mezzo usato, possono essere legittimamente conosciute da un numero imprecisato di persone.

Sotto tale profilo, la materialità della condotta di cui al I comma (intercettazione abusiva) è più ristretta, nel senso che è punibile soltanto chi abbia intercettato una comunicazione in modo fraudolento, essendo irragionevole punire chi sia venuto a conoscenza di una comunicazione in modo casuale, per effetto, ad esempio, di inconvenienti o interferenze che a volte si verificano nei sistemi di trasmissione delle comunicazioni stesse.

È perseguibile, invece, ai sensi dell'art. 617 quater, comma 2, c.p., chi divulga comunicazioni intercettate delle quali sia comunque in possesso, per la semplice ragione che la divulgazione di comunicazioni intercettate

c.d. "chiuse" non è legittima.

Di talché, i responsabili delle due violazioni possono essere anche soggetti del tutto diversi, proprio per l'autonomia delle due ipotesi di reato, desumibile anche dallo stesso tenore letterale della norma.

In conclusione, il legislatore, con la fattispecie in oggetto, ha inteso circoscrivere il novero delle comunicazioni non divulgabili.

Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche ex art. 617 quinquies c.p.

"Chiunque, fuori dai casi consentiti dalla legge, installa apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico ovvero intercorrenti tra più sistemi, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni nei casi previsti dal quarto comma dell'articolo 617-quater".

Anche la fattispecie in oggetto è posta a tutela della riservatezza delle comunicazioni.

La lettera dell'art. 617 quinquies c.p., concerne in genere le apparecchiature atte ad "intercettare le comunicazioni relative al sistema".

Il termine "intercettare" vuoi dire all'evidenza "inserirsi nelle comunicazioni riservate, traendone indebita conoscenza".

La digitazione indebita di un codice di accesso, proprio perché attua la prima comunicazione di qualsiasi utente con un sistema informatico o telematico viene sanzionata.

Di talché, anche la copiatura abusiva di dati di accesso riservati rientra nel concetto di intercettazione di comunicazioni telematiche.

L'attività illecita di intercettazione può essere consumata con qualunque mezzo ritenuto idoneo a svelare la conoscenza di un sistema informatico; tale è la digitazione da parte dell'operatore del codice di accesso di un sistema informatico.

Il recente indirizzo giurisprudenziale ritiene applicabile alla fattispecie in oggetto anche la forma del tentativo, essendo ben possibili atti idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare un pericolo che invece, di fatto non sorge.

In conclusione, l'acquisizione di codici di accesso, qualunque sia l'obiettivo di profitto dell'agente, non esclude la configurabilità del reato di cui all'art. 617-quinquies c.p., nel caso di installazione non consentita di apparecchiature di intercettazione di comunicazioni con un sistema telematico o informatico.

Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici ex art. 635 bis c.p.

"Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque distrugge, deteriora, cancella, altera o sopprime informazioni, dati o programmi informatici altrui è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Se ricorre la circostanza di cui al numero 1) del secondo comma dell'articolo 635 ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è della reclusione da uno a quattro anni e si procede d'ufficio".

La circostanza di cui al numero 1) del secondo comma dell'articolo 635 c.p. prevede la sussistenza dell'aggravante qualora la condotta sia posta in essere "con violenza alla persona o con minaccia".

Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità ex art. 635 ter c.p.

"Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette un fatto diretto a distruggere, deteriorare, cancellare, alterare o sopprimere informazioni, dati o programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o ad essi pertinenti, o comunque di pubblica utilità, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Se dal fatto deriva la distruzione, il deterioramento, la cancellazione, l'alterazione o la soppressione delle informazioni, dei dati o dei programmi informatici, la pena è della reclusione da tre a otto anni.

Se ricorre la circostanza di cui al numero 1) del secondo comma dell'articolo 635 ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è aumentata".

Danneggiamento di sistemi informatici o telematici ex art. 635 quater c.p.

"Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, mediante le condotte di cui all'articolo 635-bis, ovvero attraverso l'introduzione o la trasmissione di dati, informazioni o programmi, distrugge, danneggia, rende, in tutto o in parte, inservibili sistemi informatici o telematici altrui o ne ostacola gravemente il funzionamento è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Se ricorre la circostanza di cui al numero 1) del secondo comma dell'articolo 635 ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è aumentata".

Danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità ex art. 635 quinquies c.p.

"Se il fatto di cui all'articolo 635 quater è diretto a distruggere, danneggiare, rendere, in tutto o in parte, inservibili sistemi informatici o telematici di pubblica utilità o ad ostacolarne gravemente il funzionamento, la pena è della reclusione da uno a quattro anni.

Se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema informatico o telematico di pubblica utilità ovvero se questo è reso, in tutto o in parte, inservibile, la pena è della reclusione da tre a otto anni.

Se ricorre la circostanza di cui al numero 1) del secondo comma dell'articolo 635 ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è aumentata".

I reati di danneggiamento informatico di cui agli artt. 635 bis, 635 ter, 625 quater e 625 quinquies c.p., presentando caratteristiche comuni, vengono trattati cumulativamente nel presente paragrafo.

Per "danneggiamento informatico" si intende un comportamento diretto a cancellare, distruggere, deteriorare, rendere in tutto o in parte inservibili sistemi, programmi o dati.

L'oggetto del reato, in questo caso, sono i sistemi informatici o telematici, i programmi, i dati o le informazioni altrui.

L'evento offensivo è rappresentato proprio dal danneggiamento dei predetti beni.

Per distruzione si intende l'eliminazione fisica, totale o quantomeno tale per cui la parte residua non possa più essere utilizzata. Il deterioramento, trattandosi di un attacco alla funzionalità, invece lo compromette solo in parte.

Quando si parla di danneggiamento bisogna distinguere tra il danneggiamento che ha come fine la distruzione di sistemi informatici o telematici, quindi programmi, informazioni o dati, e quello che invece ha come obiettivo il deterioramento degli stessi.

Se il danneggiamento è operato su sistemi informatici dello Stato o di altro ente pubblico o su sistemi di pubblica utilità le pene sono aumentate così come previsto dagli articoli che precedono.

Il reato di danneggiamento prevede anche la forma del tentativo nell'ipotesi, per esempio, in cui un soggetto, avviando un programma con il fine specifico di danneggiarlo o di deteriorarlo, non riesce a raggiungere tale obiettivo per cause a lui indipendenti (perché, ad esempio, i mezzi di "protezione" del sistema riescono a disattivare o comunque a neutralizzare l'operatività del virus).

Il dolo nei reati in oggetto è generico e deve essere diretto a distruggere, deteriorare o rendere in tutto o in parte inservibili sistemi informatici o telematici, o programmi, dati, informazioni altrui.

Il reato, tuttavia, è perfezionato anche dal soggetto che decide di agire nel dubbio della realizzazione dell'evento dannoso (es., l'agente è a conoscenza del fatto che l'installazione di un particolare software o il compimento di determinate operazioni meccaniche su un dato computer possa provocare danni a dati o informazioni in esso contenute e nonostante tale consapevolezza decide di procedere).

Frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica 640 quinquies c.p.

"Il soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica, il quale, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di arrecare ad altri danno, viola gli obblighi previsti dalla legge per il rilascio di un certificato qualificato, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 51 a 1.032 euro".

Definizioni:

Firma elettronica: è definita all'art. 1 lett. q) del Codice dell'Amministrazione Digitale (D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, da ultimo modificato con il D. Lgs. 13 dicembre 2017, n. 217): insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica.

Questa definizione di firma elettronica tout-court, chiamata dalla dottrina firma "debole", si ispira all'art. 2 del d.lgs. 23 gennaio 2002, n. 10, con la sola modifica della locuzione 'autenticazione informatica' che ora è sostituita con 'identificazione informatica'.

La lettera q-bis) del medesimo articolo stabilisce che per "firma elettronica avanzata" debba intendersi l' "insieme di dati in forma elettronica allegati oppure connessi a un documento informatico che consentono l'identificazione del firmatario del documento e garantiscono la connessione univoca al firmatario, creati con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo, collegati ai dati ai quali detta firma si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati stessi siano stati successivamente modificati".

Firma elettronica qualificata: un particolare tipo di firma elettronica avanzata che sia basata su un certificato qualificato e realizzata mediante un dispositivo sicuro per la creazione della firma.

La firma elettronica ottenuta attraverso tale procedura garantisce la connessione univoca al firmatario e si contraddistingue per il fatto di essere "certificata" e realizzata mediante un "dispositivo sicuro".

Firma digitale: un particolare tipo di firma elettronica qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici.

Certificatore: il soggetto che presta servizi di certificazione delle firme elettroniche o che fornisce altri servizi connessi con queste ultime.

Il delitto di frode informatica molto spesso concorre con altri delitti informatici, quali l'accesso informatico abusivo e il danneggiamento informatico in conseguenza a detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o a diffusione di programmi diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico.

Il profitto dell'agente può anche "non avere carattere economico, potendo consistere anche nel soddisfacimento di qualsiasi interesse, sia pure soltanto psicologico o morale".

Ratio della disciplina introdotta dall'art. 24 bis del Decreto e aree di rischio correlate.

Una funzione preventiva efficace si rivela la sensibilizzazione delle aziende a potenziare una politica di sicurezza informatica, atteso che qualsiasi reato tecnologico può essere impedito soltanto con adeguate contromisure tecnologiche.

Gran parte delle aziende, oggi, sono criticamente dipendenti dall'efficace gestione delle informazioni e delle relative tecnologie informatiche, dipendenza che porta però ad una crescente vulnerabilità ad un ampio spettro di minacce, quali cyber attacchi, gravi incidenti aziendali causati dal malfunzionamento dei sistemi, ecc., anche considerando la notevole complessità portata dal moltiplicarsi di protocolli di accesso e comunicazione (UMTS, WiMax, ecc.), dei canali di trasmissione dei dati (ADSL, fibra, satellite, bluetooth, ecc), dei contenuti e delle applicazioni multimediali e on-line, dell'hardware disponibile per accedere ai dati (palmare, PC, notebook).

Per quanto riguarda i crimini informatici, i rischi riguardano soprattutto l'area dei dati; è dunque possibile ricondurre alle seguenti categorie le condotte che comportano seri rischi per la sicurezza:

• eventi cagionati dai dipendenti, che possono consistere in: sottrazione di credenziali di autenticazione, distruzione o perdita di dati, trattamento dei dati non consentito, disattenzione o incuria, comportamenti sleali o fraudolenti, errore materiale;

• eventi determinati dall'utilizzo di strumenti: azione di virus informatici, spamming, malfunzionamento, indisponibilità o degrado degli strumenti, utilizzo di codici di accesso non autorizzati, accessi esterni non autorizzati, intercettazione di informazioni in rete;

• eventi relativi al contesto fisico-ambientale: ingressi non autorizzati a locali/aree ad accesso ristretto, sottrazione di strumenti contenenti dati, eventi distruttivi, naturali o artificiali nonché dolosi, accidentali o dovuti ad incuria, guasto a sistemi complementari (impianto elettrico, climatizzazione, ecc.), errori umani nella gestione della sicurezza fisica.

Le Attività Sensibili di TitanMet con riferimento ai reati informatici.

Come rilevato in precedenza, in relazione all'attività aziendale svolta nello specifico da TitanMet, i reati di cui all'art. 24 bis del Decreto sono da ritenersi solo astrattamente configurabili.

In ogni caso è stata individuata, quale attività sensibile, la gestione degli adempimenti necessari per prevenire l'accesso abusivo ad una rete informatica ed in linea generale il c.d. danneggiamento informatico.

Eventuali segnalazioni circa aree di attività a rischio specifiche potranno essere eventualmente individuate ed integrate nel presente documento dal CDA anche su segnalazione dell'Organismo di Vigilanza, al fine di definire gli opportuni provvedimenti operativi.

Definizione delle procedure per la prevenzione dei reati di cui all'art. 24 bis del Decreto.

TitanMet ha adottato specifiche procedure per la formazione e l'attuazione delle decisioni societarie.

La formazione e l'attuazione delle decisioni degli Amministratori sono disciplinate oltre che dai principi e dalle prescrizioni contenute nelle disposizioni di legge vigenti, anche dai principi codificati nello Statuto Sociale e nel Codice Etico.

Si deve osservare che l'utilizzo degli strumenti informatici – coerentemente ai principi del Decreto – deve avvenire seguendo le procedure interne e nel rispetto del Dcoumento Programmatico Sicurezza di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal Regolamento UE 27 aprile 2016, n. 679; di ogni contatto/passaggio deve essere data debita evidenza e conservata traccia.

I principi generali di comportamento.

Agli Organi Sociali e ai Dirigenti di TitanMet, in via diretta, nonché a lavoratori dipendenti, collaboratori e consulenti, soggetti a vigilanza, è fatto divieto di:

  • alterare/manomettere/danneggiare il funzionamento di sistemi informatici o telematici al fine di procurare un vantaggio o un interesse per la Società;
  • intervenire illegalmente con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi informatici, al solo fine di procurare un vantaggio o un interesse per la Società;
  • intercettare, impedire o interrompere illecitamente o diffondere comunicazioni informatiche o telematiche al fine di procurare un vantaggio o un interesse per la Società;
  • installare nella rete aziendale un proprio software che non rientri nello scopo per cui il sistema informatico è stato assegnato all'utente per evitare che possa interrompere, danneggiare, manomettere, o impedire le comunicazioni informatiche aziendali;
  • prestare o cedere a terzi qualsiasi apparecchiatura informatica senza la preventiva autorizzazione del Responsabile interno;
  • evitare di trasferire all'esterno dell'azienda e/o trasmettere files, documenti, o qualsiasi altra documentazione riservata di proprietà dell'azienda stessa o di altra società collegata a TitanMet, se non per finalità strettamente attinenti allo svolgimento delle proprie mansioni e, comunque, previa autorizzazione del Responsabile interno;
  • astenersi dall'effettuare copie non autorizzate di dati o di software;
  • evitare l'utilizzo di password di altri utenti aziendali, neanche per l'accesso ad aree protette in nome e per conto dello stesso, salvo espressa autorizzazione dell'utente stesso;
  • alterare, contraffare, documenti informatici, pubblici o privati;
  • accedere abusivamente al sistema informatico o telematico di soggetti pubblici o privati, in ogni caso di soggetti "esterni" al fine di manomettere dati o carpire informazioni riservate;
  • accedere abusivamente al sistema informatico o telematico della Società al fine di alterare e/o cancellare dati o informazioni;
  • detenere e/o utilizzare abusivamente codici di accesso di Società o soggetti concorrenti, pubblici o privati, al fine di acquisire informazioni riservate;
  • svolgere attività di intercettazione, impedimento, interruzione di comunicazioni relative a un sistema informatico o telematico di soggetti pubblici o privati, al fine di acquisire informazioni riservate;
  • modificare, cancellare, danneggiare, distruggere dati, informazioni, programmi di soggetti privati, o soggetti pubblici o comunque di pubblica utilità.

I Protocolli di controllo comuni nell'ambito dei reati informatici.

In materia di reati informatici e trattamento illecito dei dati, occorre garantire la protezione del patrimonio informativo da parte delle Direzioni e delle singole Unità organizzative e assicurare il corretto utilizzo delle risorse tecnologiche, nonché disporre di evidenze che documentino l'efficacia dei controlli implementati.

I protocolli di controllo comuni alle attività a rischio reato devono essere volti a:

  • definire politiche di sicurezza delle informazioni attraverso la corretta gestione e uso delle password, prevedendone anche l'aggiornamento periodico obbligatorio a tutti gli utenti;
  • stabilire l'obbligo di mantenere la riservatezza della password;
  • prevedere controlli sulla rete aziendale e sulle informazioni che vi transitano;
  • prevedere corsi di aggiornamento/formazione sui principali pacchetti informativi in dotazione (in particolare sul corretto utilizzo della posta elettronica), e la distribuzione di un breviario sul corretto utilizzo delle dotazioni informatiche a ciascun dipendente;
  • limitare l'accesso internet a siti aziendalmente utili e moralmente leciti;
  • inibire, come policy aziendale, l'utilizzo delle e-mail spamming;
  • prevedere l'inventario aggiornato dell'hardware e del software in uso agli utenti;
  • prevedere il tracciamento degli accessi degli utenti alla rete aziendale;
  • prevedere l'adozione di meccanismi di segregazione delle reti:
  • prevedere la sicurezza fisica dei siti ove risiedono i sistemi IT;
  • prevedere una politica per l'uso di controlli crittografici per la protezione delle informazioni;
  • prevedere procedure che regolamentano la firma digitale dei documenti, disciplinando il responsabile, i livelli autorizzativi, l'utilizzo del sistema di certificazione, eventuale utilizzo e invio di documenti;
  • creare una struttura di esperti informatici (di riporto diretto al presidente del CDA o alla Direzione del Personale) che monitorano l'adempimento alle prescrizioni aziendali in materia di sicurezza informatica ed aggiornano i sistemi di sicurezza alla luce delle nuove forme di "invasione";
  • prevedere l'aggiornamento del sistema antivirus/antispamming periodico;
  • controllare il regolare aggiornamento del Documento programmatico sulla sicurezza;
  • stabilire l'assegnazione nominale di PC aziendali (non lasciare mai la disponibilità dei PC aziendali ad outsourcer etc. se non si crea una identificazione dell'utilizzatore);
  • prevedere il rispetto delle leggi e dei regolamenti applicabili in tema di protezione e sicurezza dei dati informatici, di cui al D.Lgs. n. 30 giugno 2003, n. 196.

In data 27 marzo 2009 TitanMet ha adottato il Documento Programmatico della Sicurezza ai sensi dell'art. 33 del D. Lgs. n. 196/2003. Poiché In data 25 maggio 2018 è entrato in vigore il nuovo regolamento europeo sulla privacy n. 679/2016, in sostituzione del predetto decreto, la Società provvederà all'aggiornamento del relativo documento.

Il documento, in conformità con le Linee Guida emanate dal Garante sulla privacy, disciplina l'utilizzo degli strumenti informatici (computer, rete informatica, posta elettronica e internet) che TitanMet mette a disposizione dei propri dipendenti e collaboratori per svolgere l'attività lavorativa. Lo scopo di tale documento è di individuare le regole interne di comportamento relative al corretto utilizzo dei suddetti strumenti informatici, assicurando nel contempo la tutela dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità degli utilizzatori.

Il Regolamento si prefigge, altresì, di portare a conoscenza di tutti i dipendenti e dei collaboratori i limiti di utilizzo delle risorse informatiche assegnate per lo svolgimento delle mansioni lavorative, nonché di informare gli utilizzatori stessi circa la possibilità che l'azienda effettui dei controlli sulle corrette modalità di utilizzo dei beni con il solo fine di assicurare e preservare l'integrità degli strumenti stessi, evitare la commissione di illeciti e verificare la funzionalità del sistema.

Nel Documento Programmatico sulla Sicurezza, che sarà costantemente aggiornato dalla Società, sono individuate le varie figure preposte al trattamento dei dati ("Titolare", "Responsabile" e "Incaricati"), sono analizzate le situazioni aziendali e le misure che TitanMet ha adottato, ed adotterà, a garanzia della sicurezza nel trattamento dei dati.

PARTE SPECIALE - 7 -

DELITTI DI CRIMINALITA' ORGANIZZATA

Funzione della presente Parte speciale -7-

Con la legge 15 luglio 2009 n. 94 ("Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24 luglio 2009, in vigore dal 08 agosto 2009), il legislatore ha inserito tra i reati presupposto nel Decreto l'articolo 24 ter, intitolato "Delitti di criminalità organizzata".

I reati considerati in questa Parte Speciale mirano essenzialmente alla tutela dell'ordine pubblico.

La presente Parte Speciale -7- è destinata a tutti i soggetti operanti presso TITANMET, siano essi Amministratori, Dirigenti, Dipendenti, Consulenti esterni e/o Collaboratori, soggetti a vigilanza.

I predetti destinatari, nell'ambito delle rispettive funzioni, dovranno conformarsi ai principi di comportamento ivi delineati al fine di prevenire la commissione dei reati espressamente considerati dall'art. 24 ter del Decreto.

Le fattispecie dei delitti di criminalità organizzata ex art. 25 bis, comma 1, del Decreto.

La Legge n. 94 del 15 luglio 2009 ha introdotto (art. 2, comma 29) ha introdotto nel Decreto il nuovo articolo 24 ter, rubricato "Delitti di criminalità organizzata".

"1. In relazione alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 416, sesto comma, 416 bis, 416-ter e 630 del codice penale, ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché ai delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, si applica la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote.

In relazione alla commissione di taluno dei delitti di cui all'articolo 416 del codice penale, ad esclusione del sesto comma, ovvero di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), numero 5), del codice di procedura penale, si applica la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.

Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 1 e 2, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.

Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati indicati nei commi 1 e 2, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3".

In TitanMet, le fattispecie punite dalla norma in esame sono le seguenti:

  • associazione per delinquere (art. 416 c.p.);
  • associazione di tipo mafioso anche straniere (art. 416 bis c.p., come modificato dalla legge 27 maggio 2015, n. 69);
  • scambio elettorale politico-mafioso (art. 416 ter c.p.);
  • sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (art. 630 c.p.);
  • delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p. per agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (legge 12 luglio 1991, n. 203);
  • illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse,

di esplosivi, di armi clandestine, nonché di armi più comuni da sparo (art. 407 comma 2, lett. a, numero 5).

Si riportano per esteso solo quelle fattispecie in astratto rilevanti per la Società.

Associazione per delinquere ex art. 416 c.p.

Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti [305, 306], coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni.

Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni. I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.

Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie, si applica la reclusione da cinque a quindici anni.

La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più [32quater]. Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601, 601 bis e 602, nonché all'articolo 12, comma 3 bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché agli articoli 22, commi 3 e 4, e 22 bis, comma 1, della legge 1° aprile 1999, n. 91, si applica la reclusione da cinque a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove anni nei casi previsti dal secondo comma.

Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti previsti dagli articoli 600 bis, 600 ter, 600 quater, 600quater1, 600 quinquies, 609 bis, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, 609 quater, 609 quinquies, 609 octies, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, e 609 undecies, si applica la reclusione da quattro a otto anni nei casi previsti dal primo comma e la reclusione da due a sei anni nei casi previsti dal secondo comma.

Associazione di tipo mafioso ex art. 416 bis c.p.

Chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da dieci a quindici anni.

Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da dodici a diciotto anni [112 n. 2].

L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.

Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da dodici a venti anni nei casi previsti dal primo comma e da quindici a ventisei anni nei casi previsti dal secondo comma. L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.

Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.

Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego [240].

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra, alla 'ndrangheta e alle altre associazioni, comunque localmente denominate anche straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso [32quater].

Scambio elettorale politico-mafioso (art. 416 ter c.p.)

Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416 bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma.

Analisi delle fattispecie.

Le fattispecie riportate riguardano la criminalità organizzata, un fenomeno di elevato allarme sociale nella collettività non solo perché un'organizzazione è uno strumento di maggiore potenzialità a delinquere rispetto al singolo autore di reato, ma altresì a cagione della maggiore pericolosità intrinseca del programma criminoso del sodalizio.

I delitti di cui sopra puniscono la partecipazione, nonché la promozione, direzione, costituzione, organizzazione di un'associazione, composta da tre o più persone e dotata, anche in minima parte, di una propria struttura (ovverosia organizzata in gerarchie e compiti ben divisi e assegnati agli associati) con carattere di stabilità, il che consente di distinguere l'associazione dal mero concorso di persone nel reato (caratterizzato, invece, dall'occasionalità e accidentalità dell'accordo criminoso).

Lo scopo dell'associazione è la realizzazione di un programma criminoso (una serie indefinita di reati).

Per associazione di tipo mafioso si intende quella organizzazione in cui gli associati si avvalgono della peculiare forza intimidatrice, nonché delle condizioni di assoggettamento e di omertà, al fine di realizzare i delitti, ovvero per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o il controllo di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti ovvero impedire il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri.

Con riferimento ai delitti di cui agli articoli 416 e 416 bis c.p., si tratta di fattispecie che assumono rilevanza anche se commessi a livello "transnazionale" ai sensi dell'art. 10 della Legge 16 marzo 2006, n. 146 di ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale.

In merito, si ricorda che ai sensi dell'art. 3 della suddetta legge, si considera "transnazionale" il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonché:

  • sia commesso in più di uno Stato;
  • ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato;
  • ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato;
  • ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato.

Le Attività Sensibili con riferimento ai delitti contro la criminalità organizzata.

I reati di cui all'art. 24 ter del Decreto e di cui all'art. 10 della legge 16 marzo 2006, n. 146, non sembrano poter essere direttamente ricollegabili ad attività in concreto espletate da TitanMet.

Si tratta infatti di fattispecie la cui natura, per ampia o quasi prevalente parte, di delitti associativi (come l'associazione per delinquere) o comunque direttamente connessa a reati associativi (come lo scambio elettorale politico-mafioso), comporta la sanzione (anche solo) del mero accordo di più persone teso alla realizzazione di indeterminati delitti.

Elemento costitutivo dei delitti associativi è l'accordo per commettere, in generale, qualunque delitto, con il che il novero dei reati presupposto si estende ad un numero indeterminato di figure delittuose, non necessariamente previste quali reati presupposto nel Decreto.

Conseguentemente, qualsivoglia attività svolta da TitanMet, se deputata alla realizzazione di una indeterminatezza di delitti in forma associativa, potrebbe rilevare ai sensi del Decreto, ancorché i delitti "fine" non siano annoverati tra quelli presupposti secondo il Decreto medesimo.

Con riferimento a questo rischio, per la impossibilità di prevedere specifiche procedure per il numero pressoché infinito di condotte che potrebbero essere realizzate attraverso la forma associativa, assume rilievo il sistema di prevenzione già adottato ed efficacemente attuato da TitanMet (il riferimento è non solo al Modello nelle sue Parti generale e speciali, ma anche al Codice Etico e alla specifiche Procedure già in essere) che si ritiene idoneo – nelle formule generali di perseguimento della liceità – a prevenire la commissione di qualsivoglia reato (sia esso esplicitamente previsto o meno tra i reati presupposto ex D.Lgs. 231/2001).

Ciò premesso, TitanMet ha in ogni caso tentato di individuare un elenco di attività potenzialmente rilevanti con riferimento ai delitti di criminalità organizzata, come richiamati nell'art. 24 ter del Decreto:

  • gestione delle risorse umane (e.g.: la selezione del personale);
  • selezione dei fornitori e gestione delle relazioni con essi;
  • gestione della fiscalità, anche per conto delle società controllate;
  • richiesta e gestione di finanziamenti pubblici;
  • raccolta, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti, anche in outsourcing;

• stipulazione di accordi (in qualsiasi forma, ad es. joint venture) con soggetti terzi per attività di intermediazioni commerciali.

Tale elenco è periodicamente aggiornato in relazione alle nuove acquisizioni di partecipazioni da parte di TitanMet.

I principi generali di comportamento.

Nello svolgimento delle attività aziendali è vietato ai destinatari della presente Parte speciale realizzare o concorrere nella realizzazione di condotte tali che, valutate singolarmente o collettivamente, integrino, direttamente o indirettamente, le fattispecie delittuose sopra descritte.

Come già scritto, si richiamano il Modello, il Codice Etico e le specifiche Procedure già adottate ed efficacemente attuale dalla Società, in particolare:

  • la Parte speciale -1- (delitti contro la Pubblica Amministrazione) relativamente alla richiesta e gestione di finanziamenti pubblici;
  • la Parte speciale -11- (reati ambientali) per la prevenzione della commissione dei reati di raccolta, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti, anche in outsourcing;
  • le Parti speciali -2- (dedicata ai reati societari) e -5- (reati di ricettazione, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) relativamente ai rischi di reato inerenti alla selezione dei

fornitori e gestione delle relazioni con essi e alla stipulazione di accordi (in qualsiasi forma, ad es. joint venture) con soggetti terzi per attività di intermediazioni commerciali.

PARTE SPECIALE - 8 - I DELITTI CONTRO L'INDUSTRIA E IL COMMERCIO

Funzione della presente Parte speciale -8-

Il legislatore, mediante l'art. 17 della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante "Disposizioni per lo sviluppo e l'internalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia e contenente modifiche al D.Lgs. 231/01", ha inserito tra i reati presupposto alcuni delitti contro l'industria e il commercio (meglio descritti infra).

I reati considerati in questa Parte Speciale mirano alla tutela dell'ordine economico e del diritto individuale al libero svolgimento dell'attività imprenditoriale.

La presente Parte Speciale -8- è destinata a tutti i soggetti operanti presso la Società, siano essi amministratori, dirigenti, dipendenti, consulenti esterni e/o collaboratori, soggetti a vigilanza.

I predetti destinatari, nell'ambito delle rispettive funzioni, dovranno conformarsi ai principi di comportamento ivi delineati al fine di prevenire la commissione dei reati espressamente considerati dall'art. 25 bis, comma 1, del Decreto.

In relazione all'attività aziendale svolta nello specifico dalla Società, le condotte potenzialmente a rischio sono quelle che, se poste in essere in maniera deviata, possono comportare l'utilizzo di mezzi fraudolenti tesi all'impedimento o alla turbativa dell'esercizio di una industria o di un commercio.

Le fattispecie dei delitti contro la industria e il commercio (art. 25 bis, comma 1, del Decreto.

L'articolo 25 bis, comma 1 del Decreto, introdotto dall'art. 15, comma 7, lett. b) della Legge 23 luglio 2009, n. 99, rubricato come Delitti contro l'industria e il commercio, così recita: "1. In relazione alla commissione dei delitti contro l'industria e il commercio previsti dal codice penale, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) per i delitti di cui agli articoli 513, 515, 516, 517, 517-ter e 517-quater la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote; b) per i delitti di cui agli articoli 513-bis e 514, la sanzione pecuniaria fino a ottocento quote. 2. Nel caso di condanna per i delitti di cui alla lettera b) del comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2".

L'attività svolta al presente dalla Società non presenta – in relazione alle fattispecie di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine e contraffazione di indicazioni geografiche o denominazione di origine dei prodotti agroalimentari – profili di rischio tali da rendere ragionevolmente fondata la possibilità della loro commissione nell'interesse o a vantaggio della stessa.

Le altre fattispecie richiamate dall'articolo 25 bis, comma 1 del Decreto e (in astratto) suscettibili di rilevanza per la Società, sono le seguenti.

Turbata libertà dell'industria o del commercio ex art. 513 c.p.

"Chiunque adopera violenza sulle cose ovvero mezzi fraudolenti per impedire o turbare l'esercizio di un'industria o di un commercio è punito, a querela della persona offesa, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a due anni e con la multa da € 103 a € 1.032".

Caratteristiche del reato.

La fattispecie in esame, posta a presidio del diritto al libero svolgimento delle attività industriali e commerciali, si configura nel caso in cui taluno adoperi violenza sulle cose o ricorra a mezzi fraudolenti al fine di impedire o turbare l'esercizio di un'industria o un commercio.

La nozione di violenza, direttamente riconducibile a quanto previsto nell'art. 392 c.p. (esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose), si configura in ogni ipotesi di modifica dello stato fisico delle cose, sia che ne consegua o meno un danneggiamento.

Il reato rientra nella categoria dei reati comuni, conseguendone una più generale applicazione non limitata al solo caso dell'imprenditore.

L'elemento soggettivo richiesto è il dolo specifico, consistente nel fine di impedire o turbare l'esercizio dell'industria o del commercio, essendo, peraltro, sufficiente l'idoneità della condotta a provocare l'evento. Non necessaria, di conseguenza, è l'estrinsecazione su un piano squisitamente materiale del turbamento o dell'impedimento.

Illecita concorrenza con minaccia o violenza ex art. 513 bis c.p.

"Chiunque nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale o comunque produttiva, compie atti di concorrenza con violenza o minaccia è punito con la reclusione da due a sei anni. La pena è aumentata se gli atti di concorrenza riguardano un'attività finanziaria in tutto o in parte ed in qualsiasi modo dallo Stato o da altri enti pubblici".

Caratteristiche del reato.

La disposizione sanziona la realizzazione di atti di concorrenza con violenza e minaccia. Ai fini della sussistenza dell'ipotesi descritta è necessario che il soggetto ponga in essere la condotta "nell'esercizio di un'attività industriale, commerciale o comunque produttiva". Ciò che viene in rilievo è, quindi, l'espletamento in concreto di attività che si inseriscono nell'area commerciale, industriale e produttiva.

In relazione all'elemento soggettivo del reato discusso è se venga richiesto il semplice dolo generico, o il dolo specifico, costituito dalla coscienza e volontà di adoperare violenza e minaccia al fine di eliminare o scoraggiare la concorrenza altrui.

Frodi contro le industrie nazionali ex art. 514 c.p.

"Chiunque, ponendo in vendita o mettendo altrimenti in circolazione, sui mercati nazionali o esteri, prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi contraffatti o alterati, cagiona un nocumento all'industria nazionale è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a € 516.

Se per i marchi o segni distintivi sono state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà industriale, la pena è aumentata e non si applicano le disposizioni degli articoli 473 e 474".

Caratteristiche del reato.

La fattispecie in esame si realizza nel caso in cui taluno, mettendo in vendita o comunque in circolazione, sia sui mercati nazionali che su quelli esteri, prodotti con nomi, marchi, o segni distintivi contraffatti o ad ogni modo alterati cagiona un nocumento all'industria nazionale.

L'interesse protetto dalla fattispecie in esame è facilmente identificabile, quindi, con la tutela dell'ordine pubblico, della produzione nazionale.

La fattispecie, molto simile a quella disciplinata dall'art. 474 c.p., si distingue da essa sotto il profilo dell'oggetto materiale del reato, limitato nel caso specifico ai soli prodotti industriali con marchi non registrati o non validamente registrati, e non alle opere di ingegno.

Il reato può essere commesso da chiunque e richiede, sotto il profilo soggettivo, la sussistenza del dolo generico. Il delitto si considera consumato nel momento e nel luogo in cui si realizza il nocumento.

Frode nell'esercizio del commercio (art. 515 c.p.)

"Chiunque, nell'esercizio di un'attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all'acquirente una cosa mobile per un'altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a € 2.065. Se si tratta di oggetti preziosi, la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a € 103".

Caratteristiche del reato.

La condotta disciplinata dalla norma si estrinseca nella consegna di una cosa mobile diversa da quella concordata, o di altra cosa mobile che per origine, provenienza, qualità o quantità, sia differente da quella dichiarata o pattuita.

Soggetto attivo può essere chiunque realizzi una delle condotte precedentemente indicate (compresi, quindi, anche commessi, rappresentanti, dipendenti) purché nell'esercizio di un'attività commerciale o in uno spaccio aperto al pubblico.

Il reato richiede la sussistenza del dolo generico, ovvero la semplice consapevolezza e coscienza di consegnare una cosa diversa da quella pattuita.

Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine ex art. 516 c.p.

"Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio come genuine sostanze alimentari non genuine è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a milletrentadue euro".

Caratteristiche del reato.

La ratio di tale disposizione si coglie nella necessità di rafforzare la tutela, già offerta in parte dal reato di frode in commercio previsto all'articolo precedente, della messa in commercio dei beni, che dunque deve essere informata al rispetto della buona fede e della correttezza.

Tale figura di reato, già presente nel codice Zanardelli all'art. 322, ma inserita tra i reati contro l'incolumità pubblica. La collocazione odierna si spiega in virtù del fatto che le sostanze alimentari devono si essere spacciate per genuine pur non essendolo, ma per contro non e necessaria una nocività per la salute pubblica. Tale elemento della fattispecie e infatti previsto altrove anche se in merito alla medesima condotta, vale a dire nell'art. 442.

Sembra dunque agevole affermare che la norma in esame abbia carattere residuale rispetto al quelle poste a presidio della pubblica incolumità, in quanto qui l'interesse tutelato e precipuamente la buona fede negli scambi commerciali.

La nozione di "non genuinità" non si identifica d'altronde con quella di pericolosità per la salute pubblica, ne con quella di alterato status naturale del prodotto, atteso che non ogni trattamento degli elementi naturali ne compromette la genuinità, anzi molti alimenti sono il risultato della manipolazione di materie prime con sostanze di diversa natura.

Parimenti, come nel reato di cui all'art. 515, e da escludere che si tutelino interessi meramente patrimoniali, come nell'ipotesi di truffa, e da quest'ultima quindi se ne discosta.

La nozione di genuinita naturale e circoscritta alle sostanze che non abbiano subito alterazioni ne modificazioni da parte dell'uomo, ma ricomprende altresì casi in cui la manipolazione non si e avuta per mezzo di elementi chimici, ma anche l'artificiosa modificazione tramite componenti naturali della sostanza stessa, ma in maniera abnorme.

Parallelamente a quella naturale vi e la genuinita formale, la quale rappresenta il parametro secondo il quale affermare la corrispondenza della sostanza alimentare con le varie prescrizioni legislative in merito, e il reato potrà ad esempio essere commesso nel caso di prodotti contenenti sostanze diverse da quella indicate ex lege per la loro composizione oppure che contengono sostanze di per se genuine ma in misura superiore o inferiore a quella consentita, tenendo comunque a mente che non e richiesta una messa in pericolo dell'incolumità pubblica ai fini dell'integrazione della fattispecie.

La casistica offre vari esempi di non genuinità formale, come nel caso di grana padano confezionato con latte termizzato vietato dalle disposizioni che regolano la denominazione d'origine del prodotto, oppure la messa in commercio di pane con all'interno quantitativi di acqua superiori al massimo consentito.

Nella normalita dei casi il criterio della genuinita formale verra per lo più applicato in presenza di sostanze artificiali, come d'altronde ha specificato tempo addietro la Corte di cassazione: "deve ritenersi non genuina la sostanza prodotta industrialmente, con procedimenti fisici o chimici, senza l'impiego di taluni degli elementi necessari per identificarla e contraddistinguerla. In altri termini, come i prodotti agrari hanno una loro naturale composizione tipica che la legge protegge, vietando in certi casi che siano privati dei loro elementi nutritivi, cosi alcuni prodotti preparati artificialmente assumono una loro tipicita in virtu del precetto legislativo che determina i loro requisiti essenziali".

Per quanto riguarda l'elemento soggettivo, e richiesto il dolo generico, vale a dire la coscienza della non genuinità della sostanza unita alla volontà di presentarla come genuina e il reato si consuma nel luogo e nel momento della messa in vendita.

Uno degli aspetti piu interessanti riguarda proprio la differenza che intercorre tra messa in vendita e consegna della cosa, sussistendo una oramai uniforme convinzione in giurisprudenza, la quale configura il reato di cui all'art. 516 come presidio di tutela avanzata rispetto al delitto di frode in commercio, e ha dunque precisato che "la materiale consegna del prodotto da luogo al reato di cui all'art. 515".

Si puo quindi affermare che il fatto di mettere in commercio o porre in vendita un alimento non genuino e elemento prodromico rispetto alla vendita con consegna vera e propria, risultando assorbito dalla presenza di quest'ultima. Ciò non toglie che qualche giudice abbia ravvisato invece un concorso tra i due reati, attesa la diversità strutturale dei due delitti.

Tale aspetto riduce notevolmente lo spazio applicativo della norma, in quanto non solo non e tutelata in alcun modo l'incolumità pubblica, ma addirittura solo "di striscio" la lealtà e buona fede nei traffici commerciali, non essendo richiesto un carattere fraudolento della condotta.

Inoltre, essendo gia di per se piuttosto anticipata la tutela, e difficilmente configurabile il tentativo, in quanto pare arduo ipotizzare atti diretti in modo non equivoco a porre in vendita sostanze alimentari non genuine, atti che gia da soli integrano la consumazione del reato.

Vendita di prodotti industriali con segni mendaci ex art. 517 c.p.

"Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza o qualità dell'opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a ventimila euro".

Caratteristiche del reato.

La condotta disciplinata dalla norma consiste nel porre in vendita o in circolazione opere dell'ingegno in modo da creare una potenziale insidia nella scelta del consumatore, col ricorso a marchi o segni distintivi imitati, si da generare una totale equivocità circa origine, provenienza e qualità del prodotto stesso.

Il reato può essere commesso da chiunque, non solo dall'imprenditore.

Il delitto è punibile a titolo di dolo generico, essendo sufficiente la consapevolezza e la volontà della messa in vendita o circolazione di prodotti contraddistinti da segni mendaci.

Fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale ex art. 517 ter c.p.

"Salva l'applicazione degli articoli 473 e 474 chiunque, potendo conoscere dell'esistenza del titolo di proprietà industriale, fabbrica o adopera industrialmente oggetti o altri beni realizzati usurpando un titolo di proprietà industriale o in violazione dello stesso è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.

Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette comunque in circolazione i beni di cui al primo comma.

Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 474 bis, 474 ter, secondo comma, e 517 bis, secondo comma. I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale".

Caratteristiche del reato.

Le condotte descritte dalla disposizione in esame hanno ad oggetto cose o beni comunque realizzate con usurpazione di un titolo di proprietà industriale o in violazione dello stesso.

Il reato descritto è un reato comune non essendo richiesto che il soggetto rivesta una qualifica specifica.

La fattispecie indicata al primo comma viene punita a titolo di dolo generico, mentre quella delineata dal secondo comma, richiedendosi che il soggetto abbia agito al fine di trarne profitto, richiede, quale elemento soggettivo, il dolo specifico.

Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazione di origine dei prodotti agroalimentari ex art. 517 quater c.p.

Chiunque contraffà o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.

Alla stessa pena soggiace chi, al fine, di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette comunque in circolazione i medesimi prodotti con le indicazioni o denominazioni contraffatte.

Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 474 bis, 474 ter, secondo comma, e 517 bis, secondo comma.

I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali in materia di tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.

Caratteristiche del reato.

Tale norma è stata inserita allo scopo di tutelare i consumatori garantendo la genuinità dei segni distintivi dei prodotti agroalimentari.

Al fine di garantire alle indicazioni geografiche tipiche o alle denominazioni di origine la medesima tutela penale riconosciuta ai segni e marchi distintivi, la norma in esame punisce la contraffazione di tali prodotti agroalimentari. Per quanto riguarda la contraffazione, essa consiste nella riproduzione abusiva dell'origine geografica o della denominazione, in modo idoneo a confondere i consumatori circa la provenienza del prodotto. Non è necessaria una perfetta identità tra la denominazione o l'indicazione geografica falsa e quella vera, essendo per contro sufficiente che la falsificazione investa gli elementi essenziali, in maniera comunque idonea a trarre in inganno, non essendo invece punibili il falso grossolano, innocuo o inutile. Il falso grossolano viene posto in essere quando la falsità sia immediatamente percepibile icto oculi, senza la possibilità di far cadere in errore alcuno. Il falso innocuo si realizza invece quando la contraffazione, pur essendo astrattamente idonee ad ingannare, non lo è in concreto, in base ad un accertamento dei possibili effetti del falso nella situazione concreta. Il falso inutile costituisce un'ipotesi di reato impossibile per inesistenza dell'oggetto, come quando la contraffazione produca un una denominazione di origine controllata non esistente.

Le Attività Sensibili con riferimento ai delitti contro l'industria e il commercio.

In relazione all'attività aziendale svolta nello specifico da TitanMet, i reati di cui all'art. 25 bis, comma 1 del Decreto sono da ritenersi solo astrattamente configurabili.

Eventuali segnalazioni circa aree di attività a rischio specifiche potranno essere individuate ed integrate nel presente documento dal CDA anche su segnalazione dell'Organismo di Vigilanza, al fine di definire gli opportuni provvedimenti operativi, anche – e soprattutto – qualora l'acquisizione di peculiari partecipazioni possa comportare una modifica dei confini di tale area di rischio.

I principi generali di comportamento.

Nello svolgimento delle attività aziendali è vietato ai destinatari della presente parte speciale realizzare o concorrere nella realizzazione di condotte tali che, valutate singolarmente o collettivamente, integrino, direttamente o indirettamente, le fattispecie delittuose sopra descritte.

In particolare, è vietato:

  • utilizzare nomi o segni distintivi idonei a ingenerare nei terzi confusione con quelli già legittimamente utilizzati da altri soggetti;
  • imitare servilmente i prodotti dei competitors;

• diffondere con qualsiasi mezzo notizie e/o apprezzamenti riguardo ai prodotti e alle attività o capacità imprenditoriali dei soggetti concorrenti che siano (anche solo potenzialmente) idonei a determinarne il discredito;

• diffondere con qualsiasi mezzo di comunicazione notizie o informazioni su imprese concorrenti senza la preventiva consultazione del Responsabile di procedura;

• inserire nella carta intestata o sul sito internet della Società o, più in generale, in qualsiasi supporto cartaceo o informatico, segni o simboli senza aver previamente verificato la possibilità di utilizzare lecitamente tali indicazioni, anche attraverso la consultazione di banche dati presso l'Ufficio Italiano Marchi e Brevetti.

PARTE SPECIALE - 9 - I DELITTI IN MATERIA DI VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI AUTORE

Funzione della presente Parte speciale -9-

Con la legge 23 luglio 2009, n. 99, recante "Disposizioni per lo sviluppo e l'internalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia e contenente modifiche al D.Lgs. 231/01", il legislatore ha esteso la responsabilità amministrativa degli enti ai reati in materia di proprietà intellettuale, introducendo nel Decreto, tra i reati presupposto, i delitti in materia di violazione del diritto di autore (art. 25 novies).

Il legislatore ha inserito tali reati per reprimere la contraffazione, anche attraverso un inasprimento delle pene contro tutte quelle fattispecie che danneggiano l'economia nazionale e che violano i diritti del consumatore o utente finale, cercando di premiare, invece, l'etica d'impresa e la legalità del mercato.

La presente Parte Speciale -9- è destinata a tutti i soggetti operanti presso la Società, siano essi amministratori, dirigenti, dipendenti, consulenti esterni e/o collaboratori, soggetti a vigilanza.

I predetti destinatari, nell'ambito delle rispettive funzioni, dovranno conformarsi ai principi di comportamento ivi delineati al fine di prevenire la commissione dei reati espressamente considerati dall'art. 25 novies del Decreto.

In relazione all'attività aziendale svolta nello specifico da TitanMet, gli unici comportamenti (in astratto) potenzialmente a rischio consistono nella gestione dei software informatici e delle relative licenze.

Le fattispecie dei reati in materia di violazione del diritto di autore ex art. 25 novies del Decreto.

Come dinnanzi esposto, l'art. 15 della legge 23 luglio 2009, n. 99, ha introdotto nel Decreto, tramite l'art. 25 novies, alcune ipotesi di reato in materia di violazione del diritto di autore. Si tratta di fattispecie che comportano tutte l'utilizzo, la duplicazione, fabbricazione, vendita, noleggio, introduzione nel territorio dello Stato di programmi informatici, contenuti di banche dati, opere di ingegno in violazione del diritto d'autore.

In ordine alle sanzioni poste a carico delle società in caso di commissione, consumata o tentata, di uno dei reati ivi contemplati, l'art. 25-novies precisa quanto segue: "Articolo 25 novies. – (Delitti in materia di violazione del diritto d'autore). – 1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dagli articoli 171, primo comma, lettera a-bis), e terzo comma, 171-bis, 171 ter, 171-septies e 171-octies della legge 22 aprile 1941, n. 633, si applica all'ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote. 2. Nel caso di condanna per i delitti di cui al comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore ad un anno. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 174-quinquies della citata legge n. 633 del 1941".

La legge 22 aprile 1941, n. 633 è la legge a protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.

Si procede, di seguito, ad una breve descrizione delle singole fattispecie di reato previste dall'art. 25 novies del Decreto

Messa a disposizione del pubblico, in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, di un'opera dell'ingegno protetta, o di parte di essa ex art. 171, comma 1, lett. a) bis legge 22 aprile 1941, n. 633.

"Salvo quanto disposto dall'art. 171-bis e dall'articolo 171-ter è punito con la multa da euro 51 a euro 2.065 chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma: a-bis) mette a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta, o parte di essa; la pena è della reclusione fino ad un anno o della multa non inferiore a euro 516 se i reati di cui sopra sono commessi sopra una opera altrui non destinata alla pubblicità, ovvero con usurpazione della paternità dell'opera, ovvero con deformazione, mutilazione o altra modificazione dell'opera medesima, qualora ne risulti offesa all'onore od alla reputazione dell'autore".

Caratteristiche del reato

La fattispecie in esame enuncia in maniera analitica una pluralità di condotte vietate, fra le quali viene specificamente in rilievo l'immissione di un'opera protetta, o parte di essa, in sistemi di reti telematiche.

Soggetto attivo è, secondo quanto espressamente previsto, "chiunque". Tuttavia l'inciso immediatamente successivo "senza averne diritto" limita l'estensione della disposizione a coloro che non siano legittimati all'utilizzo dell'opera, sulla base della legge sul diritto d'autore.

Oggetto di tutela nelle ipotesi indicate dal primo comma sono sia il diritto d'autore inteso come diritto patrimoniale, sia i singoli diritti economici esclusivi menzionati dagli artt. 12 e seguenti della legge sul diritto d'autore.

Le ipotesi aggravate, previste dal terzo comma, relative ai casi in cui la condotta rechi offesa all'onore o alla reputazione dell'autore dell'opera, si riferiscono: alla commissione su un'opera altrui non destinata alla pubblicazione, con usurpazione della paternità dell'opera (il cosiddetto "plagio"), ovvero a qualsiasi deformazione, mutilazione o modificazione dell'opera stessa. Ipotesi, quelle appena indicate, in cui oggetto di tutela è il diritto personale dell'autore.

Reati di cui al punto precedente commessi su opere altrui non destinate alla pubblicazione qualora ne risulti offeso l'onore o la reputazione ex art. 171, comma 2, legge 22 aprile 1941, n. 633.

La pena è della reclusione fino ad un anno o della multa non inferiore a euro 516 se i reati di cui sopra sono commessi sopra una opera altrui non destinata alla pubblicità, ovvero con usurpazione della paternità dell'opera, ovvero con deformazione, mutilazione o altra modificazione dell'opera medesima, qualora ne risulti offesa all'onore od alla reputazione dell'autore.

Abusiva duplicazione, per trarne profitto, di programmi per elaboratore; importazione, distribuzione, vendita o detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale o concessione in locazione di programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla SIAE; predisposizione di mezzi per rimuovere o eludere i dispositivi di protezione di programmi per elaboratori ex art. 171 bis, comma 1, legge 22 aprile 1941, n. 633

"Chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE), è soggetto alla pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da euro 2.582 a euro 15.493. La stessa pena si applica se il fatto concerne qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l'elusione funzionale di dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratori. La pena non è inferiore nel minimo a due anni di reclusione e la multa a euro 15.493 se il fatto è di rilevante gravità.

Riproduzione, trasferimento su altro supporto, distribuzione, comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico, del contenuto di una banca dati; estrazione o reimpiego della banca dati; distribuzione, vendita o concessione in locazione di banche di dati ex art. 171 bis comma 2 legge 22 aprile 1941, n. 633

Chiunque, al fine di trarne profitto, su supporti non contrassegnati SIAE riproduce, trasferisce su altro supporto, distribuisce, comunica, presenta o dimostra in pubblico il contenuto di una banca di dati in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 64-quinquies e 64-sexies, ovvero esegue l'estrazione o il reimpiego della banca di dati in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 102-bis e 102-ter, ovvero distribuisce, vende o concede in locazione una banca di dati, è soggetto alla pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da euro 2.582 a euro 15.493. La pena non è inferiore nel minimo a due anni di reclusione e la multa a euro 15.493 se il fatto è di rilevante gravità".

Caratteristiche dei reati

La condotta prevista dalle due fattispecie sopra riportate concerne:

  • la duplicazione dei programmi per elaboratore, o la distribuzione, vendita, detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale e concessione in locazione dei programmi contenuti in supporti sprovvisti del contrassegno SIAE;
  • la riproduzione su supporti non contrassegnati dalla SIAE, il trasferimento su altro supporto, la distribuzione, la comunicazione, la presentazione o dimostrazione in pubblico del contenuto in una banca dati, in violazione di quanto previsto dagli artt. 64 quinquies e sexies;
  • l'estrazione o il reimpiego della banca dati in violazione delle disposizioni ex artt. 102 bis e ter (disposizioni rispettivamente relative ai diritti del costitutore di una banca dati e ai diritti e gli obblighi dell'utente);
  • la distribuzione, la vendita e la concessione in locazione di una banca dati.

Il reato, con le limitazioni sopra meglio precisate, è un reato comune, in quanto soggetto attivo ancora una volta è "chiunque" e l'elemento soggettivo richiesto è il dolo specifico.

Abusiva duplicazione, riproduzione, trasmissione o diffusione in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, di opere dell'ingegno destinate al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio di dischi, nastri o supporti analoghi o ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento; opere letterarie, drammatiche, scientifiche o didattiche, musicali o drammatico musicali, multimediali, anche se inserite in opere collettive o composite o banche dati; riproduzione, duplicazione, trasmissione o diffusione abusiva di oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore o da diritti connessi; immissione in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, di un'opera dell'ingegno protetta dal diritto d'autore, o parte di essa ex art. 171 ter legge 22 aprile 1941, n. 633.

"È punito, se il fatto è commesso per uso non personale, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 15.493 chiunque a fini di lucro:

abusivamente duplica, riproduce, trasmette o diffonde in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, un'opera dell'ingegno destinata al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio, dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento;

abusivamente riproduce, trasmette o diffonde in pubblico, con qualsiasi procedimento, opere o parti di opere letterarie, drammatiche, scientifiche o didattiche, musicali o drammaticomusicali, ovvero multimediali, anche se inserite in opere collettive o composite o banche dati;

pur non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita o la distribuzione, o distribuisce, pone in commercio, concede in noleggio o comunque cede a qualsiasi titolo, proietta in pubblico, trasmette a mezzo della televisione con qualsiasi procedimento, trasmette a mezzo della radio, fa ascoltare in pubblico le duplicazioni o riproduzioni abusive di cui alle lettere a)

e b);detiene per la vendita o la distribuzione, pone in commercio, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, proietta in pubblico, trasmette a mezzo della radio o della televisione con qualsiasi procedimento, videocassette, musicassette, qualsiasi supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, od altro supporto per il quale è prescritta, ai sensi della presente legge, l'apposizione di contrassegno da parte della Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.), privi del contrassegno medesimo o dotati di contrassegno contraffatto o alterato;

in assenza di accordo con il legittimo distributore, ritrasmette o diffonde con qualsiasi mezzo un servizio criptato ricevuto per mezzo di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato;

introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita o la distribuzione, distribuisce, vende, concede in noleggio, cede a qualsiasi titolo, promuove commercialmente, installa dispositivi o elementi di decodificazione speciale che consentono l'accesso ad un servizio criptato senza il pagamento del canone dovuto.

f-bis) fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detiene per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l'uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui all'art. 102- quater ovvero siano principalmente progettati, prodotti, adattati o realizzati con la finalità di rendere possibile o facilitare l'elusione di predette misure. Fra le misure tecnologiche sono comprese quelle applicate, o che residuano, a seguito della rimozione delle misure medesime conseguentemente a iniziativa volontaria dei titolari dei diritti o ad accordi tra questi ultimi e i beneficiari di eccezioni, ovvero a seguito di esecuzione di provvedimenti dell'autorità amministrativa o giurisdizionale;

h) abusivamente rimuove o altera le informazioni elettroniche di cui all'articolo 102 quinquies, ovvero distribuisce, importa a fini di distribuzione, diffonde per radio o per televisione, comunica o mette a disposizione del pubblico opere o altri materiali protetti dai quali siano state rimosse o alterate le informazioni elettroniche stesse.

È punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 2.582 a euro 15.493 chiunque:

riproduce, duplica, trasmette o diffonde abusivamente, vende o pone altrimenti in commercio, cede a qualsiasi titolo o importa abusivamente oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi;

a-bis) in violazione dell'art. 16, a fini di lucro, comunica al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta dal diritto d'autore, o parte di essa;

esercitando in forma imprenditoriale attività di riproduzione, distribuzione, vendita o commercializzazione, importazione di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi, si rende colpevole dei fatti previsti dal comma 1;

promuove o organizza le attività illecite di cui al comma 1. La pena è diminuita se il fatto è di particolare tenuità.

La condanna per uno dei reati previsti nel comma 1 comporta:

l'applicazione delle pene accessorie di cui agli articoli 30 e 32-bis del codice penale;

la pubblicazione della sentenza in uno o più quotidiani, di cui almeno uno a diffusione nazionale, e in uno o più periodici specializzati;

la sospensione per un periodo di un anno della concessione o autorizzazione di diffusione radiotelevisiva per l'esercizio dell'attività produttiva o commerciale.

Gli importi derivanti dall'applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dai precedenti commi sono versati all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori ed autori drammatici".

Caratteristiche del reato

La disposizione prevede analiticamente una molteplicità di condotte vietate che, configurandosi il reato come reato comune, possono essere realizzate da chiunque.

Mancata comunicazione alla SIAE dei dati di identificazione dei supporti non soggetti al contrassegno o falsa dichiarazione ex art. 171 septies legge 22 aprile 1941, n. 633.

"La pena di cui all'articolo 171-ter, comma 1, si applica anche:

ai produttori o importatori dei supporti non soggetti al contrassegno di cui all'articolo 181-bis, i quali non comunicano alla SIAE entro trenta giorni dalla data di immissione in commercio sul territorio nazionale o di importazione i dati necessari alla univoca identificazione dei supporti medesimi;

salvo che il fatto non costituisca più grave reato, a chiunque dichiari falsamente l'avvenuto assolvimento degli obblighi di cui all'articolo 181-bis, comma 2, della presente legge".

Caratteristiche del reato

La fattispecie in esame estende l'applicabilità della pena di cui all'art. 171-ter, comma 1: • ai produttori e importatori dei supporti non soggetti al contrassegno SIAE, nel caso in cui non comunichino i dati necessari alla univoca identificazione dei supporti stessi, secondo quanto previsto dall'art. 181 bis, comma 3;

• a chiunque dichiari falsamente l'avvenuto assolvimento degli obblighi di cui all'art. 181 bis, comma 2.

Fraudolenta produzione, vendita, importazione, promozione, installazione, modifica, utilizzo per uso pubblico e privato di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale ex art. 171-octies Legge n. 22 aprile 1941, n. 633.

"Qualora il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 25.822 chiunque a fini fraudolenti produce, pone in vendita, importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale. Si intendono ad accesso condizionato tutti i segnali audiovisivi trasmessi da emittenti italiane o estere in forma tale da rendere gli stessi visibili esclusivamente a gruppi chiusi di utenti selezionati dal soggetto che effettua l'emissione del segnale, indipendentemente dalla imposizione di un canone per la fruizione di tale servizio.

La pena non è inferiore a due anni di reclusione e la multa a euro 15.493 se il fatto è di rilevante gravità".

Caratteristiche del reato

Le condotte disciplinate dalla norma sono quelle di: produrre, porre in vendita, importare, promuovere, installare, modificare, utilizzare per uso pubblico o privato apparati – o parti di essi – di decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato, effettuate via etere, satellite o cavo, in forma analogica o digitale.

Il reato può essere commesso da chiunque e richiede la sussistenza del dolo specifico.

Le Attività Sensibili di TitanMet con riferimento ai reati in materia di violazione del diritto

di autore.

In relazione all'attività aziendale svolta nello specifico da TitanMet, i reati di cui all'art. 25 novies del Decreto sono da ritenersi solo astrattamente configurabili.

In ogni caso è stata individuata, quale attività sensibile, la gestione delle licenze software.

Eventuali segnalazioni circa aree di attività a rischio specifiche potranno essere eventualmente individuate ed integrate nel presente documento dal CDA anche su segnalazione dell'Organismo di Vigilanza, al fine di definire gli opportuni provvedimenti operativi, anche – e soprattutto – qualora l'acquisizione di peculiari partecipazioni possa comportare una modifica dei confini di tale area di rischio.

In riferimento alla gestione delle licenze software TitanMet, anche attraverso la specifica procedura "Gestione dei Sistemi Informativi", assicura:

• l'adozione di un processo di inventariazione e controllo del software aziendale (incluse le licenze d'uso);

• l'identificazione e l'implementazione dei requisiti minimi di sicurezza in fase di acquisizione di servizi di sviluppo e manutenzione di apparecchiature, dispositivi e/o programmi informatici (quali applicazioni, licenze software, e così via);

• l'adozione di meccanismi atti a impedire l'installazione, da parte degli utenti, di software sulla propria postazione di lavoro.

Con periodicità sono effettuati controlli dei software installati sui pc tenendone debita registrazione.

PARTE SPECIALE – 10 –

INDUZIONE A NON RENDERE O A RENDERE DICHIARAZIONI MENDACI ALL'AUTORITÀ GIUDIZIARIA

Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria ex art. 377 bis c.p.

Con la Legge 3 agosto 2009, n. 116, di Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale ONU il 31 ottobre 2003 con risoluzione n. 58/4 e firmata dallo Stato Italiano il 09 dicembre 2009, è stato ampliato il novero dei reati presupposto della responsabilità dell'ente.

L'art. 25 decies del Decreto prevede che "in relazione alla commissione del delitto di cui all'art. 377 bis c.p., si applica all'ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote".

L'art. 377 bis c.p. dispone: "salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minaccia, o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità, induce a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere davanti alla autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, quando questa ha la facoltà di non rispondere, è punito con la reclusione da due a sei anni".

La fattispecie in esame è stata inserita nel codice penale dall'art. 20 della legge 1 marzo 2001, n. 63, nel contesto della riforma attuativa dei principi del giusto processo; L'originaria fisionomia della condotta punita perseguiva il fine di tutela del contraddittorio.

L'eterogeneità delle modalità di realizzazione della condotta tipica (violenza o minaccia e offerta o promessa di altra utilità), la differente ratio sottesa ai casi in cui è riconosciuta dall'ordinamento la facoltà di non rispondere e le diverse caratteristiche che presentano i comportamenti costituenti il risultato dell'induzione, rendono tuttavia complessa la ricostruzione dell'interesse tutelato.

Sul versante della responsabilità dell'ente si può comunque affermare che il bene giuridico preminente appare (come si evince peraltro dalla collocazione sistematica della norma) la tutela del corretto funzionamento della Giustizia. È infatti evidente che un ente può avere un interesse e trarre un vantaggio dall'intralcio alla Giustizia causato attraverso la condotta prevista dall'art. 377 bis c.p., non invece nella lesione della libertà individuale del soggetto cui è riconosciuta la facoltà di non rispondere.

Si tratta di un reato comune (che può quindi essere commesso da chiunque) e punito a titolo di dolo generico; richiede, in particolare, che il soggetto attivo si rappresenti che la persona da lui indotta a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci aveva la facoltà di non rispondere.

Trattandosi di un reato di evento, il tentativo è configurabile.

La norma precisa che la condotta deve essere volta a indurre "a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere davanti alla autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale": Il reato può pertanto essere commesso anche in fase di indagini preliminari e non esclusivamente durante la pendenza del processo penale.

Il termine "induzione" indica la condotta con la quale un soggetto esplica un'influenza sulla psiche di un altro soggetto, determinandolo a tenere un certo comportamento e include anche la condotta di coartazione mediante violenza o minaccia. Quanto alla condotta realizzata mediante offerta o promessa di denaro o altra utilità si precisa che in giurisprudenza si fa riferimento ad un'accezione in senso lato del lemma "utilità", intendendo per tale concetto qualunque vantaggio per il destinatario di tale condotta.

Attività Sensibili.

Al pari dei delitti di criminalità organizzata, la fattispecie di cui all'art. 377 bis c.p. non risulta essere ricollegabile a specifiche attività d'impresa svolte da TitanMet, oltre che non inquadrabile in uno specifico sistema di controlli, posto che potrebbe essere commesso ad ogni livello aziendale.

Anche per questa ragione, sulla base delle analisi condotte non si ritiene di poter escludere a priori la possibilità di commissione della predetta fattispecie.

La condotta prevista dall'art. 377 bis, cui rinvia l'art. 25 decies, potrebbe infatti essere posta in essere non solo ogniqualvolta la Società si trovasse implicata direttamente in un procedimento penale ai sensi del Decreto, ma altresì quando la stessa si ritrovasse a essere portatrice (direttamente o indirettamente) di un interesse in relazione all'esito di un procedimento penale.

Procedure specifiche

Si ritiene che i principi contenuti nel Codice Etico costituiscano lo strumento più adeguato per prevenire la commissione del delitto di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria.

Tutti i destinatari del Modello, quindi, al fine di evitare condotte che possano integrare tale delitto, adottano prassi e comportamenti che siano rispettosi del Codice Etico.

In particolare, i destinatari del Modello, nei rapporti con l'Autorità Giudiziaria e con i soggetti che nell'ambito di un procedimento giudiziario rivestono la qualifica di parte o di testimone, devono improntare le loro condotte alla massima correttezza e trasparenza.

La presente parte speciale vieta i seguenti comportamenti:

• usare violenza o minaccia al fine di indurre un soggetto chiamato a rendere dichiarazioni avanti l'autorità giudiziaria a non rendere tali dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci;

• compiere atti intimidatori al fine di indurre un soggetto chiamato a rendere dichiarazioni avanti l'autorità giudiziaria a non rendere tali dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci;

• offrire o promettere denaro o altra utilità al fine di indurre un soggetto chiamato a rendere dichiarazioni avanti l'autorità giudiziaria a non rendere tali dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci.

PARTE SPECIALE -11- REATI AMBIENTALI

Funzione della presente Parte speciale -11-

Il D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121, ha introdotto nel novero dei reati presupposto della responsabilità dell'ente, mediante la previsione di cui all'art. 25 undecies, i cosiddetti reati ambientali.

In relazione all'attività aziendale svolta nello specifico da TitanMet, i reati di cui all'art. 25 undecies del Decreto sono da ritenersi in effetti solo astrattamente configurabili.

Al fine di rispondere alle esigenze penal-preventive di cui al Decreto, la Società ha tuttavia ritenuto opportuno disciplinarli nella presente Parte Speciale -11- con il fine specifico di evitare che eventuali condotte, poste in essere da soggetti operanti presso la Società, possano concretare le condotte tipiche previste in materia di reati ambientali.

La presente Parte Speciale -11- è destinata a tutti i soggetti operanti presso TitanMet, siano essi amministratori, dirigenti, dipendenti, consulenti esterni e/o collaboratori, soggetti a vigilanza.

I predetti destinatari, nell'ambito delle rispettive funzioni, dovranno conformarsi ai principi di comportamento ivi delineati al fine di prevenire la commissione dei reati espressamente considerati dall'art. 25 undecies del Decreto.

Le fattispecie dei reati ambientali ex art. 25 undecies del Decreto.

Come dinnanzi esposto, il D. Lgs 7 luglio 2011, n. 121, ha introdotto tra i reati presupposto nuove fattispecie che si caratterizzano per il fatto di essere reati contravvenzionali.

A causa della natura contravvenzionale, si evidenzia che il soggetto attivo potrà rispondere in relazione ai medesimi anche a titolo di colpa.

In ordine alle sanzioni poste a carico delle società in caso di commissione, consumata o tentata, di uno dei reati ivi contemplati, l'art. 25 undecies precisa quanto segue:

1. "in relazione alla commissione dei reati previsti dal codice penale, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

per la violazione dell'articolo 727-bis la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote;

per la violazione dell'articolo 733-bis la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote.

In relazione alla commissione dei reati previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

per i reati di cui all'articolo 137:

per la violazione dei commi 3, 5, primo periodo, e 13, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;

per la violazione dei commi 2, 5, secondo periodo, e 11, la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote.

per i reati di cui all'articolo 256:

per la violazione dei commi 1, lettera a), e 6, primo periodo, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote;

per la violazione dei commi 1, lettera b), 3, primo periodo, e 5, la sanzione pecuniaria

da centocinquanta a duecentocinquanta quote;

  • per la violazione del comma 3, secondo periodo, la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote;
  • per i reati di cui all'articolo 257:
  • per la violazione del comma 1, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote;

per la violazione del comma 2, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;

per la violazione dell'articolo 258, comma 4, secondo periodo, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;

per la violazione dell'articolo259, comma 1, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;

per il delitto di cui all'articolo 260, la sanzione pecuniaria da trecento a cinquecento quote, nel caso previsto dal comma 1 e da quattrocento a ottocento quote nel caso previsto dal comma 2;

per la violazione dell'articolo 260-bis, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote nel caso previsto dai commi 6, 7, secondo e terzo periodo, e 8, primo periodo, e la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote nel caso previsto dal comma 8, secondo periodo;

per la violazione dell'articolo 279, comma 5, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquantaquote.

In relazione alla commissione dei reati previsti dalla legge 7 febbraio 1992, n. 150, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

per la violazione degli articoli 1, comma 1, 2, commi 1 e 2, e 6, comma 4, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote;

per la violazione dell'articolo 1, comma 2, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;

per i reati del codice penale richiamati dall'articolo 3-bis, comma 1, della medesima legge n. 150 del 1992, rispettivamente:

la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo ad un anno di reclusione;

la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo a due anni di reclusione;

la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo a tre anni di reclusione;

la sanzione pecuniaria da trecento a cinquecento quote, in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena superiore nel massimo a tre anni di reclusione.

In relazione alla commissione dei reati previsti dall'articolo 3, comma 6, della legge 28 dicembre 1993,

n. 549, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote.

In relazione alla commissione dei reati previsti dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

per il reato di cui all'articolo 9, comma 1, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote;

per i reati di cui agli articoli 8, comma 1, e 9, comma 2, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;

per il reato di cui all'articolo 8, comma 2, la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote.

Le sanzioni previste dal comma 2, lettera b), sono ridotte della metà nel caso di commissione del reato previsto dall'articolo 256, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Nei casi di condanna per i delitti indicati al comma 2, lettere a), n. 2), b), n. 3), e f), e al comma 5, lettere b) e c), si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per una durata non superiore a sei mesi.

Se l'ente o una sua unità organizzativa vengono stabilmente utilizzati allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati di cui all'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e all'articolo 8 del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'art. 16, comma 3, del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231".

Considerando la scarsa rilevanza dei reati ambientali per TitanMet , si ometterà di riportare analiticamente le singole fattispecie di reato previste dal menzionato art. 25 undecies, limitandosi a riportarle in elenco.

Introdotti dal d.lgs. 7 luglio 2011, n. 121:

• uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (art. 727 bis c.p.);

  • distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto (art. 733 bis c.p.);
  • attività di gestione di rifiuti non autorizzata (art. 256 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);

• inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee (art. 257 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);

• violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari (art. 258 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);

• traffico illecito di rifiuti (art. 259 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);

• attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, abrogato dal d.lgs. 1 marzo 2018 e sostituito dall'art. 452 quaterdecies c.p.);

• false indicazioni sulla natura, sulla composizione sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti; inserimento nel SISTRI di un certificato di analisi dei rifiuti falsi; omissione o fraudolenta alterazione della copia cartacea della scheda SISTRI – area movimentazione nel trasporto di rifiuti (art. 260 bis d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);

• sanzioni (art. 279 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);

• importazione, esportazione, riesportazione di specie animali e vegetali in via di estinzione (artt. 1, 2, e 6 L. 7 febbraio 1992, n. 150);

• scarichi di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose; scarichi sul suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee; scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili (art. 137 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152);

• falsificazione o alterazione di certificati, licenze, notifiche di importazione, dichiarazioni, comunicazioni di informazioni al fine di acquisizione di una licenza o di un certificato, di uso di certificati o licenze falsi o alterati (art. 3 bis L. 7 febbraio 1992, n. 150);

• cessazione e riduzione dell'impiego delle sostanze lesive (art. 3, comma 6, L. 28 dicembre 1993, n. 549);

• inquinamento doloso di nave (art. 8 d.lgs. 6 novembre 2007, n. 202);

• inquinamento colposo di nave (art. 9 d.lgs. 6 novembre 2007, n. 202).

Introdotti dalla l. 68/2015 del 22 maggio 2015; in particolare:

  • inquinamento ambientale (art. 452 bis c.p.);
  • disastro ambientale (art. 452 quater c.p.);
  • delitti colposi contro l'ambiente (art. 452 quinquies c.p.);

• traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452 sexies c.p.), con le aggravanti di cui all'art. 452 octies c.p.;

• uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (art. 727 bis c.p.);

• distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto (art. 733 bis c.p.).

I reati ambientali sono riconducibili a ipotesi di pericolo, bastando per la loro configurabilità il mancato rispetto delle disposizioni normative, non risultando quale elemento necessario l'effettivo conseguimento di un danno all'ambiente.

Le Attività Sensibili di TitanMet con riferimento ai reati ambientali.

Con riguardo ai reati ambientali, nella realtà aziendale di TitanMet, i processi sensibili emersi dall'approfondita analisi effettuata in previsione dell'adozione del Modello risultano principalmente i seguenti:

  • gestione e smaltimento dei gas degli impianti di condizionamento dell'aria;
  • gestione e smaltimento dei gas contenuti negli impianti antincendio, se esistenti;
  • gestione rifiuti elettrici (es. lampade di illuminazione, etc. …) ed elettronici (es. smaltimento PC usati, etc …)
  • smaltimento delle cartucce di toner esausto delle stampanti;
  • ogni altra attività che comporta la gestione di rifiuti, et similia.

I principi generali di comportamento.

Si indicano di seguito alcune azioni che la Società (anche a mezzo della impiegata amministrativa) realizza e fa rispettare:

  • verifica periodica interna ad opera della predetta impiegata amministrativa della conformità alla normativa cogente in materia ambientale;
  • richiesta ai fornitori non pubblici di servizi ambientali dell'impegno al rispetto degli obblighi di legge in tema di gestione delle proprie attività che possono avere un impatto sulle componenti ambientali;
  • selezione dei fornitori destinati a fornire i servizi di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti, svolta con particolare attenzione (con esclusione, ad esempio, delle imprese con alta incidenza di manodopera non qualificata). L'affidabilità di tali fornitori deve essere valutata, ai fini della prevenzione dei reati di cui alla presente parte speciale, anche attraverso specifiche indagini ex ante, rivolte ad esempio alla verifica dell'iscrizione agli albi trasportatori, al possesso delle necessarie autorizzazioni; la selezione dei fornitori deve essere eseguita anche sulla base della verifica dei prezzi di mercato, escludendo i fornitori che propongono prezzi inspiegabilmente bassi rispetto al mercato;

• nel caso in cui si ricevano segnalazioni di violazione delle norme del decreto da parte dei propri collaboratori e/o partner e/o collaboratori esterni, intraprendere le iniziative più idonee per acquisire ogni utile informazione al riguardo.

PARTE SPECIALE - 12 - REATO DI IMPIEGO DI CITTADINI DI PAESI TERZI IL CUI SOGGIORNO È IRREGOLARE Funzione della presente Parte speciale - 12 -

Il D.Lgs.16 luglio 2012, n. 109 ("Attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare") ha introdotto nel novero dei reati presupposto della responsabilità dell'ente il reato di impiego di cittadini di Stati terzi il cui soggiorno è irregolare (art. 25 duodecies del Decreto).

Per questa particolare categoria di reati è stato rilevato un rischio di commissione meramente teorico in relazione alle attività svolte da TitanMet.

La Società ha comunque inserito all'interno del presente Modello una procedura atta ad integrare il Codice Etico che rimane, comunque, il principale baluardo idoneo di per sé a presidiare il residuale rischio riscontrato per la consumazione di questa categoria di reati all'interno della Società.

Nelle pagine che seguono verranno individuate:

• le fattispecie dei reati in relazione all'art. 22, comma 12 bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;

• le attività sensibili che, nell'ambito dell'operatività di TitanMet, potrebbero risultare a rischio commissione reati.

Le fattispecie di reato previste dall'art. 25 duodecies del Decreto.

L'art. 25 duodecies del Decreto dispone che "in relazione alla commissione del delitto di cui all'articolo 22, comma 12-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote, entro il limite di € 150.000".

Art. 12, commi 3, 3 bis e 3-ter del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (come introdotti dalla legge 17 ottobre 2017, n. 161, recante "Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate")

"3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui:

a) il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;

b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale;

c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale;

d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;

e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti. (2 )

3-bis. Se i fatti di cui al comma 3 sono commessi ricorrendo due o più delle ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del medesimo comma, la pena ivi prevista è aumentata. (3 )

3-ter. La pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona se i fatti di cui ai commi 1 e 3:

a) sono commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo ovvero riguardano l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento;

b) sono commessi al fine di trarne profitto, anche indiretto".

Caratteristiche del reato.

La fattispecie penale di cui all'art. 12, comma 3, 3 bis e 3 ter del Testo Unico sull'Immigrazione corrisponde ad un reato di pericolo o a consumazione anticipata che si perfeziona per il solo fatto di compiere atti diretti a favorire l'ingresso, senza che possano assumere alcuna rilevanza l'affettività, la durata o le finalità dell'entrata o del passaggio, né tantomeno la direzione o la destinazione finale dello straniero in transito. In tema di immigrazione, le ipotesi previste dall'art. 12, commi 3, 3 bis e 3 ter, nel testo antecedente le modifiche introdotte dal D.L. 14 settembre 2004, n. 241, non configurano autonome ipotesi di reato, bensì circostanze aggravanti ad effetto speciale, con la conseguenza che il giudizio di equivalenza con le attenuanti generiche implica il ripristino della sanzione prevista per il reato di favoreggiamento non aggravato e non consente l'applicazione della misura di sicurezza dell'espulsione. È applicabile anche ai procedimenti in corso l'inasprimento del regime cautelare previsto dall'art. 12, comma 3, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall'art. 1, comma 26, legge 15 luglio 2009, n. 94, che impone inderogabilmente la misura della custodia in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari, per il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina

Articolo 22, comma 12 bis, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

"12. Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 5.000,00 euro per ogni lavoratore impiegato.

12 bis. Le pene per il fatto previsto dal comma 12 sono aumentate da un terzo alla metà:

  • se i lavoratori occupati sono in numero superiore a tre;
  • se i lavoratori occupati sono minori in età non lavorativa;

se i lavoratori occupati sono sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell'articolo 603 bis del codice penale".

Caratteristiche del reato.

La fattispecie delineata dall'art. 22, comma 12, sanziona la condotta del datore di lavoro di lavoro che impieghi alle proprie dipendenze lavoratori irregolari, ovvero coloro che siano privi del permesso di soggiorno, non ne abbiano richiesto il rinnovo, o cui lo stesso sia stato revocato o annullato.

Il termine "occupazione" non può essere semplicemente limitato al momento dell'assunzione, comprendendo, un più generico riferimento anche alla prosecuzione nel tempo del rapporto di lavoro.

Soggetto attivo del reato è il datore di lavoro, configurandosi, pertanto, un'ipotesi di reato proprio.

Il comma 12 bis prevede un aumento di pena nel caso in cui i lavoratori occupati siano superiori a tre; siano minori in età non lavorativa o siano sottoposti alle condizioni di sfruttamento ex art. 603 bis, comma 3, c.p. Tale disposizione, in particolare, prevede che: "costituiscono aggravante specifica e comportano l'aumento della pena da un terzo alla metà: […] l'aver commesso il fatto esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro".

Attività sensibili

La principale attività sensibile che TitanMet ritiene sia da presidiare al fine di prevenire la commissione del reato contemplato dall'art. 25 duodecies del Decreto è quella in cui l'ente opera come datore di lavoro che assume lavoratori alle proprie dipendenze, circostanza comunque decisamente limitata in TitanMet (che al presente è dotata di sole tre persone alle proprie dipendenze).

Il classico caso potrebbe essere l'assunzione di personale di servizio domestico per le pulizie degli uffici.

Procedure specifiche

Con il D.Lgs. 16 luglio 2012, n. 109, recante "Disposizioni in attuazione della direttiva 2209/527CE", il Legislatore ha ampliato il novero delle responsabilità amministrative degli enti introducendo l'art. 25 duodecies riguardante le fattispecie di reato derivanti dall'impiego dei cittadini provenienti da stati terzi non provvisti del regolare permesso di soggiorno.

Anche in questo caso, il primo baluardo contro la realizzazione di dette fattispecie di reato è il rispetto del Codice Etico, idoneo di per sé a presidiare il residuale rischio riscontrato per la consumazione di questa categoria di reati all'interno della Società.

In ogni caso, per prevenire i reati di cui sopra, potrebbero essere sufficienti le seguenti accortezze da adottare nell'ambito delle assunzioni e nella gestione dei rapporti con dipendenti e collaboratori.

Il Responsabile del personale o chi da lui delegato alla verifica dei dati personali e dei documenti in sede di assunzione deve immediatamente riferire al proprio diretto superiore gerarchico un'eventuale anomalia riscontrata. Il Responsabile del personale deve redigere annualmente un rapporto se, dopo aver analizzato le schede dei dipendenti, riterrà di segnalare eventuali anomalie rilevanti al fine del reato di cui sopra, nonché le soluzioni adottate per diminuirne il rischio di commissione. Lo stesso Responsabile è tenuto ad effettuare, in tal senso, controlli a campione sui dipendenti della Società.

Nel momento in cui la Società dovesse avvalersi di fornitori esterni, spetterà a questi ultimi garantire l'idoneità la regolarità dei propri dipendenti fornendo alla Società una relazione contenente i dati dei lavoratori che presteranno servizio e garantendone la rispondenza ai requisiti di legge. Il controllo, a campione, della correttezza della detta comunicazione è demandato al Responsabile di procedura della Società. Nel caso in cui venissero riscontrate

violazioni significative delle dette procedure saranno applicate ai fornitori sanzioni contrattuali, sino alla rescissione del contratto con risarcimento dei danni.

PARTE SPECIALE - 13 - REATO DI ISTIGAZIONE AL RAZZISMO E ALLA XENOFOBIA (art. 25 terdecies del Decreto)

Funzione della presente Parte speciale -13-

Attraverso l'inserimento della presente Parte Speciale -13 - nel Modello, TitanMet condanna la segregazione razziale e l'"apartheid" e si impegna a prevenire, vietare ed eliminare all'interno dei propri ambienti di lavoro tutte le pratiche di tale natura.

Le fattispecie di reato previste dall'art. 25 terdecies del Decreto.

In relazione alla commissione dei delitti di cui all'articolo 3, comma 3-bis, della legge 13 ottobre 1975, n. 654, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a ottocento quote.

Caratteristiche del reato

Si tratta dell'art. 5, comma 2, della legge europea 20 novembre 2017, n. 167 (in relazione alla commissione dei delitti di cui all'articolo 3, comma 3 bis, della legge 13 ottobre 1975, n. 654) che disciplina l'"adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea"; l'art. 3 comma 3 bis della legge 13 ottobre 1975, n. 654 è stato abrogato dal d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21 e sostituito dall'art. 604 bis c.p. (propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa).

L'art. 3, comma 3 bis della L. 13 ottobre 1975, n. 654 così prevedeva: "si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l'istigazione e l'incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232".

L'attuale art. 604 bis c.p. dispone come segue: "salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito:

a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni. Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l'istigazione e l'incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull'apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale".

Attività sensibili

La fattispecie di cui all'art. 3, comma 3 bis, legge 13 ottobre 1975, n. 654, non risulta essere ricollegabile a specifiche attività d'impresa svolte da TitanMet, oltre che non inquadrabile in uno specifico sistema di controlli, posto che potrebbe essere commesso ad ogni livello aziendale.

Anche per questa ragione, sulla base delle analisi condotte non si ritiene di poter escludere a priori la possibilità di commissione della predetta fattispecie.

PARTE SPECIALE – 14 –

ATTI DI RITORSIONE O DISCRIMINATORI, DIRETTI O INDIRETTI, NEI CONFRONTI DEL SEGNALANTE PER MOTIVI COLLEGATI, DIRETTAMENTE O INDIRETTAMENTE, ALLA SEGNALAZIONE (art. 6, comma 2 bis, lett. c, del Decreto).

Funzione della presente Parte speciale -14-

Il sistema di protezione delle segnalazioni di violazione delle disposizioni di legge, del Codice Etico e del Modello è considerato strumento fondamentale per l'applicazione efficace del sistema di prevenzione dei rischi di reato.

Pertanto un dipendente che segnala una violazione del Modello organizzativo, anche se non costituente reato, non deve trovarsi in alcun modo in posizione di svantaggio per questa azione, indipendentemente dal fatto che la sua segnalazione risulti poi fondata o meno.

TitanMet si impegna a offrire un ambiente di lavoro privo di discriminazioni e molestie e si aspetta che tutti i dipendenti facciano tutto quanto possibile per mantenere questo tipo di ambiente di lavoro. La Società non potrà tollerare molestie ad un dipendente da parte di nessuno. Saranno intraprese azioni disciplinari nei confronti di chiunque metta in atto azioni discriminatorie o rechi molestie a qualsiasi dipendente che segnali una violazione del Modello.

Un dipendente che segnali una violazione del Modello o trasmetta un'accusa sia essa falsa, o presentata con mezzi diversi da quelli riconosciuti dal sistema di protezione, non avrà diritto alle tutele offerte da quest'ultimo. Verranno avviate procedure disciplinari nei confronti di chiunque sollevi intenzionalmente accuse false o irregolari.

TitanMet incoraggia tutti i dipendenti che desiderino sollevare una questione inerente ad una violazione del Modello, a discuterne con il Responsabile di procedura prima di seguire le normali procedure di whistleblowing, salvo evidenti contro-indicazioni.

Le fattispecie di reato previste dall'art. 6, comma 2 bis, lett. c, del Decreto.

Si tratta degli atti di ritorsione o discriminazione, diretta o indiretta, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla discriminazione.

Caratteristiche del reato

Con l'espressione whistleblower si fa riferimento al dipendente che segnala violazioni o irregolarità commesse ai danni dell'interesse pubblico agli organi legittimati ad intervenire. La segnalazione (whistleblowing) è un atto di manifestazione di senso civico, attraverso cui il whistleblower contribuisce all'emersione e alla prevenzione di rischi e situazioni pregiudizievoli per l'amministrazione di appartenenza e, di riflesso, per l'interesse pubblico collettivo. Lo scopo principale del whistleblowing è quello di prevenire o risolvere un problema internamente e tempestivamente.

Attività sensibili

Si prevede che nella maggioranza dei casi, il Responsabile di procedura sia in grado di risolvere il problema in modo informale. A tal fine, il Responsabile di procedura deve considerare tutte le preoccupazioni sollevate in modo serio e completo e, ove necessario, chiedere pareri all'Organismo di Vigilanza e alle altre competenti figure e/o compiere indagini approfondite nel rispetto delle proprie attribuzioni.

Qualora la segnalazione non dia esito, o il dipendente si senta a disagio nel presentare la segnalazione al Responsabile di procedura, il dipendente deve rivolgersi all'Organismo di Vigilanza.

I consulenti e i partner, in relazione all'attività svolta con TitanMet, possono effettuare la segnalazione direttamente all'Organismo di Vigilanza.

Per consentire un accertamento corretto e un'indagine completa del comportamento sospetto, i dipendenti, quando segnalano la presunta violazione, devono fornire le seguenti informazioni, che confluiranno in un apposito documento redatto dall'Organismo di Vigilanza:

  • la descrizione della questione con tutti i particolari di rilievo (ad esempio, la data e il luogo dell'accaduto, il tipo di comportamento, le parti coinvolte, e così via);
  • il motivo per il quale la questione è ritenuta preoccupante;

• l'indicazione di tutti gli elementi che possano confermare che il fatto è avvenuto, sta avvenendo o è probabile che avvenga;

  • il modo in cui è venuto a conoscenza del fatto/della situazione oggetto della segnalazione;
  • l'esistenza di testimoni;
  • se, in precedenza, ha già sollevato il problema con qualcun altro e, in caso affermativo, con chi;
  • la specifica funzione nell'ambito della quale si è verificato il comportamento sospetto;
  • ogni altra informazione ritenuta rilevante.

Ove possibile e non controindicato, il dipendente che effettua la segnalazione deve anche fornire il suo nome e le informazioni necessarie per eventuali contatti. La procedura di segnalazione non anonima deve essere preferita, in virtù della maggior facilità di accertamento della violazione.

Segnalazione diretta - Riservatezza

Tutto il personale a qualunque titolo coinvolto nel sistema di whistleblowing è tenuto a mantenere standard elevati di professionalità e riservatezza. Qualsiasi documento creato in relazione a una segnalazione di whistleblowing deve essere tenuto in modo rigorosamente riservato.

Nel corso di qualsiasi comunicazione e/o riunione, è necessario prestare attenzione ed evitare possibili dichiarazioni dannose per proteggere l'identità delle persone coinvolte e assicurarsi che le indagini non rechino danni. Tutte le indagini devono essere eseguite in modo tale da evitare l'eccesiva attenzione e/o la speculazione da parte di coloro che non devono essere coinvolti.

Le comunicazioni devono essere rivolte solo alle persone che devono essere informate. Ogni dipendente interrogato in relazione a un'indagine deve essere a conoscenza del fatto che la problematica verrà trattata in modo riservato e che deve evitare di parlarne con terzi.

Segnalazioni anonime

Qualsiasi questione relativa a presunte violazioni di quanto stabilito dal Decreto, dalle altre fonti di legge, dal Codice Etico e dal Modello deve essere sollevata direttamente all'Organismo di Vigilanza. Tale preoccupazione potrà essere sollevata in modo anonimo. Resta preferibile la segnalazione non anonima.

I dipendenti che desiderano restare anonimi devono utilizzare la posta normale, anche inserendo la comunicazione nell'idonea casella o altri meccanismi sicuri, in quanto altri metodi di trasmissione potrebbero rivelare l'identità del mittente.

I whistleblowers anonimi sono comunque invitati a fornire informazioni sufficienti relative a un fatto o a una situazione per consentire un'indagine adeguata.

Gestione di una segnalazione

Le segnalazioni relative a presunte violazioni nell'ambito e nell'applicabilità della presente procedura saranno esaminate in modo approfondito, equo e tempestivo.

Le indagini devono iniziare al più presto e devono essere portate avanti in modo diligente. Tutte le persone coinvolte in un'indagine devono prestare attenzione ed agire in modo imparziale in tutte le fasi della procedura. Si devono raccogliere i fatti oggettivi relativi all'evento o alla situazione, non le opinioni o le speculazioni. A partire dall'inizio di un'indagine si devono conservare tutti i documenti esistenti al momento in cui è stata segnalata la violazione. Se necessario, i documenti devono essere prelevati dalle aree e dagli archivi in cui sono conservati. Di tutte tali attività si occupa l'Organismo di Vigilanza.

Qualora la segnalazione pervenga in forma scritta anonima, l'Organismo di Vigilanza valuta l'opportunità di procedere ad indagini, sempre che la segnalazione contenga riferimenti sufficientemente specifici per effettuare gli accertamenti del caso.

È istituito, inoltre, un obbligo funzionale di informazione a carico dei Responsabili delle singole funzioni. In particolare, questi Responsabili devono riferire all'Organismo di Vigilanza:

semestralmente sull'attività svolta (controlli effettuati, modifiche suggerite a seguito di variazioni dell'attività o delle procedure operative, segnalazioni di eventuali nuove attività o modalità idonee a realizzare ipotesi di reato previste dal Decreto, mediante una relazione scritta;

tempestivamente in caso di gravi anomalie nel funzionamento del Modello o di violazioni di prescrizioni dello stesso.

Nell'esercizio del proprio potere ispettivo, l'Organismo di Vigilanza può accedere liberamente, senza la necessità di una preventiva autorizzazione, a tutte le fonti di informazione dell'ente, prendere visione di documenti e consultare dati relativi all'ente.

Tutte le informazioni, i documenti e le segnalazioni raccolte nell'espletamento dei compiti istituzionali, vengono archiviate e custodite a cura dell'Organismo di Vigilanza in un apposito data base (informatico o cartaceo) per un periodo di cinque anni.

L'Organismo di Vigilanza, inoltre, ha cura di mantenere riservati i documenti e le informazioni acquisite, anche nel rispetto della normativa sulla privacy.

Le novità introdotte dalla legge 30 novembre 2017, n. 179

Come ormai noto, in data 14 dicembre 2017 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 291 la legge 30 novembre 2017, n. 179, recante "Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato" (di seguito, "Legge"), che è stata adottata, dopo un iter legislativo avviato nel 2015, con l'intento di riformare la materia del whistleblowing nel settore pubblico e in quello privato, sopperendo così a uno scenario definito dalla Commissione Europea piuttosto generico e non esaustivo.

Soffermando l'attenzione al solo settore privato, la Legge ha previsto l'integrazione dell'art. 6 del Decreto, al fine di prevedere una puntuale tutela per tutti quei dipendenti e/o collaboratori di società che abbiano segnalato illeciti di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito delle proprie mansioni lavorative; in particolare, ai sensi del novellato articolo 6 del Decreto, il Modello dovrà essere integrato al fine di prevedere, inter alia, misure volte a garantire la tutela del segnalante da atti di ritorsione o discriminatori nei confronti del segnalante e, più in generale, un uso puntuale e non abusivo del nuovo strumento di segnalazione.

Il nucleo della novella legislativa è rappresentato dall'obbligo – previsto dall'art. 6, comma 2 bis. lett. a e b, del Decreto di prevedere adeguati canali informativi che consentano ai segnalanti di "presentare, a tutela dell'integrità dell'ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti".

A tale riguardo, pur nel silenzio della norma sul punto, dalla lettura del riformulato articolo 6 del Decreto si può pacificamente desumere che l'Organismo di Vigilanza si trovi a svolgere un ruolo cruciale.

A titolo esemplificativo, all'Organismo di Vigilanza spetterà di:

• stimolare il CDA ad integrare ill Modello mediante l'aggiunta: (i) di una specifica sezione nella Parte Generale, dedicata alla normativa qui in commento; nonché (ii) di una sezione della Parte Speciale che disciplini le sanzioni connesse alla violazione del divieto di atti di ritorsione nei confronti dei segnalanti e all'utilizzo abusivo dei canali di segnalazione;

• supportare farsi promotore presso le competenti funzioni affinché l'ente predisponga una specifica procedura che disciplini le modalità di segnalazione;

• verificare l'adeguatezza dei canali informativi, predisposti in applicazione della disciplina sul whistleblowing, affinché gli stessi siano tali da assicurare la corretta segnalazione dei reati o delle irregolarità da parte dei dipendenti della società e nell'assicurare la riservatezza di questi ultimi nell'intero processo di gestione della segnalazione;

• verificare il soddisfacimento dell'adozione del canale informatico di cui alla lettera b) del nuovo comma 2 bis dell'art. 6 Decreto che stabilisce la necessità di attivare "almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell'identità";

• gestire il processo di analisi e valutazione della segnalazione;

• vigilare sul rispetto del divieto di "atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione" (art. 6, comma 2-bis, lett. c, del Decreto), che la nuova disciplina correda di un impianto sanzionatorio da integrare nel sistema disciplinare ex art. 6, comma 2, lett. e, del Decreto (denuncia all'Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dall'organizzazione sindacale indicata dal medesimo). Nell'espletamento di tale attività di vigilanza, particolare attenzione dovrà essere posta dall'Organismo di Vigilanza su licenziamenti o altre misure (e.g. demansionamenti e trasferimenti) che possano avere natura ritorsiva o discriminatoria nei confronti dei segnalanti; • vigilare sul corretto utilizzo dei canali informativi da parte dei segnalanti, atteso che il novellato art. 6 prevede che sia sanzionato – oltre al soggetto che abbia posto in essere atti di ritorsione o discriminatori nei confronti del whistleblower – anche colui che "effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate".

Il corretto funzionamento del sistema di whistleblowing istituito in ossequio alla Legge in esame presuppone che i soggetti interessati – siano essi apicali o subordinati – ne siano adeguatamente informati e che questi siano messi in condizione di usufruire sapientemente dei sistemi, informatici o di altra natura, volti alla segnalazione dei reati o delle irregolarità. A tal proposito, dunque, l'Organismo di Vigilanza dovrà sovrintendere alla formazione dei dipendenti e dei collaboratori delle società che hanno adottato un sistema di whistleblowing e che dovrà illustrare, a titolo esemplificativo:

  1. i tratti principali della nuova disciplina, tra cui figurano l'ambito di operatività delle segnalazioni, la garanzia della riservatezza dei segnalanti, il divieto di atti ritorsivi nei confronti di questi e il divieto di effettuare intenzionalmente segnalazioni infondate;

  2. l'apparato sanzionatorio istituito a tutela dei segnalanti e del corretto uso dei canali informativi, integrato nel Modello e volto a garantire l'adeguato funzionamento del sistema di whistleblowing;

  3. il materiale funzionamento e le modalità di accesso ai tool impiegati dalla società al fine di adempiere alla previsione della lettera b) del nuovo comma 2 bis dell'art. 6 Decreto sopra menzionato.

Come anticipato in precedenza, sarà l'Organismo di Vigilanza a dover rivestire il ruolo di responsabile della procedura, nonché di "terminale" ultimo delle segnalazioni effettuate dai whistleblower.

Come noto, infatti, l'Organismo di Vigilanza è già destinatario di flussi informativi aventi a oggetto le risultanze periodiche dell'attività di controllo inerenti l'efficace attuazione del Modello, nonché delle relative anomalie o atipicità riscontrate nell'ambito delle informazioni disponibili da parte della funzioni aziendali. Indirizzare all'Organismo di Vigilanza il "flusso informativo" costituito dalle segnalazioni effettuate dal whistleblower, dunque, sembra essere del tutto in linea con l'impianto del Decreto.

Salvo quanto indicato supra, soffermando l'attenzione sulle disposizioni di cui alla lett. b del nuovo comma 2-bis dell'art. 6 del Decreto 231 più volte menzionato, ove è previsto l'allestimento di un canale alternativo di segnalazione con modalità informatiche, si ritiene infine che l'Organismo di Vigilanza – pur mantenendo la titolarità del presidio – ben possa affidare in outsourcing la gestione di tali adempimenti.

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