AGM Information • Jun 23, 2015
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Premetto che faccio queste osservazioni in qualità di azionista cioè proprietario dell'impresa. In questo senso mi pare che il valore delle osservazioni non possa essere inficiato dal peso infinitesimale della partecipazione azionaria. Qui parlo agli altri proprietari e in qualche modo chiedo ragione agli amministratori che non sono, nel senso delle regole, i padroni dell'azienda.
Ho dimesso dopo 39 anni i panni del dipendente e quindi di suddito e vassallo dei "padroni" dell'impresa non dei proprietari e mi sembra questo il momento opportuno per offrire la visione da dentro, quella endoscopica.
La visione endoscopica assente nella relazione di bilancio espressione della visione, interessata, dei dirigenti che hanno tutto l'interesse a mostrare realtà organizzative più rosee di quelle che in realtà sono soprattutto perché a questa visione, tradotta in numeri, sono legati i loro compensi.
C'è dunque, mi sembra, una struttura gerarchica di potere piuttosto rigida, impermeabile e non scalfibile. Questo sistema gerarchico-relazionale credo impedisca ogni possibilità di azione correttiva: questo organismo è privo di anticorpi.
$1,29$ Prendo quindi le mosse dal tema indicato a pag. 152 del bilancio (versione on line): I "Comportamenti" che fungono da parametro per la valutazione del personale (pag. 149).
Il termine è piuttosto ambiguo ed equivocabile. A me pare che questi comportamenti debbano esprimere da un lato le capacità e dall'altro la fedeltà dei lavoratori all'azienda. All'azienda e non hai singoli dirigenti. Voglio dire che le "regole della casa" per dirla con le parole dell'ing. Nisci debbano essere quelle trasparenti fissate dall'azienda nel rispetto di quelle poste dall'ordinamento in cui tale "casa" si situa e non quelle eventualmente immaginate dal manger di turno per il proprio tornaconto che possono contenere del retrogusto omertoso e servile.
Per dirla in altre parole le "regole della casa" debbono necessariamente rispettare le regole della società civile in cui si colloca altrimenti sono disfunzionali.
E' principio giuridico fondamentale che le norme di rango inferiore ricevono legittimità da quelle di rango superiore e non viceversa. Se dunque le "regole della casa", espresse, o tanto di più, tacite sono in contrasto con le regole del paese in cui questa è inserita ad esse non si deve rispetto ma necessaria ostilità.
Mi sembra necessario scendere nel particolare con esempi concreti per chiarire.
La realtà aziendale, "la casa", è strutturata in realtà funzionali diverse e gerarchicamente subordinate stile matrioske. Ebbene nella più piccola realtà aziendale che conosco: l'Unità Operativa in cui ho lavorato per tanti anni questo malinteso senso del rispetto delle "regole della casa" (quelle più micidiali ed efficaci che sono le inespresse) ha consentito al responsabile di fumare con una certa intensità nei locali in cui era vietato per espressa previsione delle "regole della casa" diciamo di livello superiore ed espresse.
Ora c'è da domandarsi come questo sia potuto accadere visto che tale sede è stata per ovvii motivi spesso visitata anche da responsabili di livello superiore e che secondo quanto riportato a pag. 154 ( $\ell$ ) del bilancio è assicurata la salubrità dell'ambiente di lavoro e posti gli strumenti evidenziati a pag. 134 della relazione di bilancio.
Per inciso il responsabile pochi mesi prima di uscire dall'azienda ha scoperto di avere un cancro al polmone ed è deceduto appena due mesi fa.
Ora siccome l'ing. Nisci lo ha detto a me io lo ridico al sistema Enel: predica bene ma razzola male. E torno agli esempi. Un'osservazione da me espressa in maniera vivace, lo ammetto, in una riunione che stava allungando la prestazione lavorativa oltre le 6 ore continuative (è risaputo che la legge non consente una prestazione lavorativa continuata per oltre 6 ore, sono le regole del paese cui le "regole della casa" debbono rispetto e non elusione) ha innescato tutto un processo ritorsivo che alla fine si è tradotto in due provvedimenti disciplinari il primo di sospensione di un giorno e l'altro di 5 giorni, quest'ultimo originato dalla reazione ad un ignobile quanto illuminante colloquio gestionale seguito alla famigerata riunione con la partecipazione dell'ing. Caccialupi che alla mia sollecitazione prontamente rispondeva che la riunione sarebbe finita quando sarebbe finita; tanto per far capire come funziona la gerarchia e l'esercizio del potere in azienda.
La comunicazione delle osservazioni al colloquio gestionale inviata all'amministratore delegato, al responsabile del personale, che ora hanno lasciato l'azienda, all'ing. Gallo, all'audit del Codice Etico, all'ing. Nisci, alla dottoressa Cremonini, alla dottoressa Zucchi ed alla dottoressa Gennarini è stata ritenuta, pur se contenuta all'interno del perimetro aziendale e riservata a pochi dirigenti, lesiva dell'immagine aziendale e sanzionata appunto con 5 giorni di sospensione.
Lesione all'immagine aziendale, come si sia potuta ledere l'immagine aziendale all'interno di una cerchia dirigenziale riservata dell'azienda non lo comprendo. Mi pare molto più lesiva dell'immagine aziendale la gestione dell'emergenza che ha colpito gli impianti della distribuzione nel territorio di competenza di quegli stessi dirigenti oltre naturalmente al danno economico dovuto ai risarcimenti...
Non si era mai sentito che fossero lasciati senza energia elettrica per tanto tempo (4 gg) tante persone. C'è stata evidentemente una carenza organizzativa sia in materia di prevenzione che di intervento. Certo sono state espresse scuse.
Scuse piuttosto curiose e sospette da parte di chi non accetta scuse dai propri sottoposti. Gestire l'emergenza con personale privo di esperienza non è semplice, lo concedo. Ma si tratta pur sempre di conseguenza (prevedibile) a precise scelte strategiche e all'opinione pubblica è stato detto che le nuove assunzioni erano finalizzate ad eliminare i black out.
Si sono liberate risorse con esperienza in misura più che doppia rispetto alle assunzioni e si è detto che erano finalizzate alla eliminazione dei black out. Si è anche detto che il servizio elettrico è migliorato. Ma si è taciuto che queste emergenze non incidono sui parametri della continuità del servizio. Le interruzioni da tempo perturbato infatti non vengono calcolate.
Ma le linee elettriche esterne devono essere costruite per resistere anche in condizioni piuttosto severe. La verifica della rispondenza delle caratteristiche costruttive delle linee alle condizioni fissate dalle norme è l'unico parametro che consente di dire che si tratta di condizione estrema e non prevista o prevedibile dalle norme ed in particolare dalle ipotesi di calcolo. Non è la prima volta che dal 1963 anno di costituzione dell'Enel si verificano queste condizioni atmosferiche ma è sicuramente la prima volta che vengono lasciate al buio per così tanto tempo tante persone.
Allora la domanda è: non è forse stata lesa l'immagine aziendale dalla gestione del black out e non è stato causato un danno economico all'azienda? E quale può essere la sanzione per tali mancanze se una innocua lettera è stata sanzionata con 5 giorni di sospensione?
A me pare che si debba dare un segnale di trasparenza e di verificare mancanze ed agire con i responsabili alla stessa maniera che questi agiscono nei confronti dei sottoposti al fine di garantire che non esistono due pesi e due misure e che ciò che si dice è proprio quello in cui si crede perché il bilancio, la relazione di bilancio non è importante solo per quanto dice ma anche per quanto tace. E gli azionisti devono avere la certezza che nulla viene nascosto e che quello che si dice è rispondente alla realtà fossero pure criticità.
Non deve essere taciuto che il sistema di audit del Codce Etico è autoreferenziale, o comunque soggetto alla linea gerarchica per definizione autoreferenziale, decide senza ascoltare chi segnala, e che il capitale dell'azienda non è fatto solo di elementi materiali, di denaro, ma anche di persone che chiedono rispetto e considerazione.
Una volta l'azienda ci teneva al personale ed il personale teneva all'azienda. E ne è scaturita l'immagine che l'opinione pubblica conosceva e conosce. Una delle espressioni più tipiche era la consegna delle medaglie d'oro al personale che aveva compiuto i 35 anni di servizio. Per la cerimonia di premiazione si scomodava il direttore generale. Tale figura è ancora presente in azienda ma solo per il livello retributivo.
Oggi la medaglia si scordano di darla. Il mio superiore che ci teneva dopo 39 anni di servizio non è neanche arrivato a farsela inviare a casa. E' morto prima e l'azienda si è limitata ad un misero telegramma alla famiglia. Non si è degnata neanche di esprimere con un manifesto da poche decine di euro il ringraziamento per il servizio svolto.
Si sta facendo di tutto per distruggere l'immagine dell'azienda frutto di sacrifici e dedizione del personale. L'azienda non tiene più al personale ed il personale, di conseguenza, non tiene all'azienda.
Anche chi parla ha lavorato in azienda per 39 anni. Praticamente nella stessa posizione perché per espressa affermazione dell'ing. Nisci si può essere bravi quanto si vuole, e immodestamente credo di essere stato un ottimo tecnico, ma quello che conta sono i comportamenti e non conta se la mole di lavoro che fai è doppia rispetto ai tuoi colleghi, anzi non puoi neanche farli questi raffronti, perché ciò che conta sono i comportamenti che non imbarazzano, quelli malleabili.. Ma eseguire una mole doppia di lavoro rispetto agli altri non è forse indice di comportamento collaborativo non vuol forse dire che il tuo superiore preferisce farti fare una certa mole di lavoro perché può contare su di te?
Se dunque il criterio di scelta e di premiazione del personale è relativo non alle capacità ma ai comportamenti di soggezione è chiaro che non si può gestire adeguatamente una emergenza con personale obbediente serve piuttosto personale capace. Sembra una osservazione persino ovvia.
Se il criterio di selezione è lo stesso anche per i dirigenti di certo non c'è da stare tranquilli in ordine alle sorti dell'azienda.
E per tornare a rispondere all'ing. Nisci ed anche indirettamente all'ing. Gallo che evidentemente ne ha avallato le decisioni non ce l'ho con l'Enel, non ce l'ho mai avuta con l'Enel in cui ho speso le migliori energie e gli anni della giovinezza. Ho sempre messo al primo posto gli interessi dell'azienda e non quelli del singolo dirigente. Tanto è vero che ho lavorato secondo gli interessi dell'azienda sino all'ultimo minuto dell'ultimo giorno di lavoro il 31 dicembre, si può controllare.
Concludo, anche se avrei tante cose da dire anche per ciò che riguarda il discorso degli infortuni, ma ci sarà occasione, dicendo che è tempo di aprire le finestre e far entrare aria nuova e pulita, quella che c'è è consumata ed irrespirabile: è nell'interesse dell'azienda. Forse sarebbe stato meglio liberarsi di un buon numero di dirigenti arroganti e supponenti invece che di risorse esperte e capaci che non hanno neanche avuto il tempo di passare conoscenze ed esperienze ai giovani. Mi spiace solo per i giovani colleghi che ho lasciato che si trovano a subire una realtà così ottusa oltre il peso economico della nostra uscita, ma posso garantire che non è mia eredità. Ho la coscienza di aver fatto tutto quello che era possibile ma mi è stata data la possibilità di uscire e sono uscito senza rimpianti in questa azienda che seleziona sudditi e vassalli e dove lo spazio per le persone è ormai piuttosto angusto.
たくひ
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