AGM Information • Apr 10, 2018
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Milano, 6 aprile 2018
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Spett.le TIM s.p.a. Via Gaetano Negri 1 20123 Milano
Alla c.a. del gent.mo avv. Agostino Nuzzolo General Counsel
Mi viene prospettata la seguente fattispecie.
In data 14 marzo 2018, i soci di TIM s.p.a. ("TIM" o "la Società") Elliott International LP, Elliott Associates LP e The Liverpool Limited Partnership ("Elliott"), in possesso della partecipazione minima richiesta dall'art. 126-bis d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 ("t.u.f."), hanno richiesto l'integrazione dell'o.d.g. dell'Assemblea ordinaria della Società, già convocata per il giorno 24 aprile 2018, mediante l'inserimento dei seguenti due argomenti:
"revoca di 6 Amministratori nelle persone dei Signori Arnaud Roy de Puyfontaine, Hervé Philippe, Frédéric Crépin, Giuseppe Recchi, Félicité Herzog e Anna Jones;
nomina di 6 Amministratori nelle persone dei Signori Fulvio Conti, Massimo Ferrari, Paola Giannotti De Ponti, Luigi Gubitosi, Dante Roscini e Rocco Sabelli, in sostituzione di quelli revocati ai sensi del precedente punto all'ordine del giorno".
In data 22 marzo 2018 il C.d.A. ha preso atto delle dimissioni del Vice Presidente Esecutivo (oltre che Presidente del Comitato Strategico) Giuseppe Recchi, con decorrenza da quella data.
1
Nel corso del C.d.A., ciascuno dei seguenti membri del Consiglio ha rassegnato le proprie dimissioni con decorrenza dal giorno 24 aprile 2018, prima dello svolgimento dell'Assemblea ordinaria della Società convocata per quella data: il Presidente Esecutivo (componente di diritto del Comitato Strategico) Arnaud de Puyfontaine, i Consiglieri Camilla Antonini, Frédéric Crépin, Felicité Herzog, Marella Moretti ed Hervé Philippe. Nella stessa data analoga comunicazione è stata fatta pervenire alla Società da parte del Consigliere Anna Jones.
Nella riunione del 22 marzo 2018, preso atto che dal 24 aprile 2018 (data di efficacia delle dimissioni) si integreranno le condizioni di cui all'art. 9.10 dello Statuto di TIM, il Consiglio di Amministrazione ha deciso a maggioranza di convocare per il giorno 4 maggio 2018 in unica convocazione un'Assemblea ordinaria per procedere all'integrale rinnovo dell'organo consiliare. Il Consiglio di Amministrazione, in relazione a quanto sopra, non ha proceduto all'integrazione dell'ordine del giorno dell'Assemblea del 24 aprile 2018, richiesta da Elliott e relativa alla revoca e alla sostituzione dei Consiglieri de Puyfontaine, Crépin, Herzog, Jones, Philippe e Recchi, con la motivazione che alla data saranno tutti dimissionari e cessati.
In data 23 marzo 2018, con comunicazione via pec inviata ai Sindaci di TIM e p.c. a Consob e al Presidente del C.d.A. di TIM, Elliott ha chiesto al Collegio Sindacale, nell'esercizio dei poteri di cui all'art. 126-bis, comma 4 (rectius, comma 5), t.u.f., di procedere all'integrazione dell'o.d.g. dell'Assemblea "con la già formulata materia e proposta di (i) revoca di amministratori (nella misura necessaria in funzione della cronologia delle dimissioni intervenute nel corso della riunione consiliare del 22 marzo u.s. ai sensi dell'articolo 2385, primo comma, cod. civ.) e (ii) «nomina di 6 Amministratori, nelle persone dei Signori Fulvio Conti, Massimo Ferrari, Paola Giannotti De Ponti, Luigi Gubitosi, Dante Roscini e Rocco Sabelli, in sostituzione dei cessati Signori Arnaud Roy de Puyfontaine, Hervé Philippe, Frédéric Crépin, Giuseppe Recchi, Félicité Herzog e Anna Jones»".
In data 27 marzo 2018, il Collegio Sindacale, all'unanimità, ha deciso di provvedere, ai sensi dell'art. 126-bis, comma 5, t.u.f., all'integrazione dell'ordine del giorno nei seguenti termini: "(i) revoca di amministratori (nella misura necessaria in funzione della cronologia delle dimissioni intervenute nel corso della riunione consiliare del 22 marzo 2018 ai sensi dell'art. 2385, primo comma, cod. civ.) e (ii) nomina di sei amministratori nelle persone dei Signori Fulvio Conti, Massimo Ferrari, Paola Giannotti De Ponti, Luigi Gubitosi, Dante Roscini e Rocco Sabelli, in sostituzione dei cessati Signori Arnaud Roy de Puyfontaine, Hervè Philippe, Frédéric Crépin, Giuseppe Recchi, Félicité Herzog e Anna Jones".
Con comunicazione in data 30 marzo 2018, il Presidente del Collegio Sindacale ha fatto pervenire al Presidente del C.d.A. di TIM, tra l'altro, nota illustrativa della deliberazione assunta dal Collegio Sindacale del 27 aprile 2018 ("Nota illustrativa") e "breve appunto" del legale di Elliott.
Con riferimento alla fattispecie sinteticamente illustrata nel paragrafo che precede, mi vengono sottoposti i seguenti quesiti:
(i) se sia legittima la deliberazione del C.d.A. di TIM, assunta in data 22 marzo 2018, di (a) convocare per il giorno 4 maggio 2018 in unica convocazione un'Assemblea ordinaria per procedere all'integrale rinnovo dell'organo consiliare e di (b) non procedere all'integrazione dell'ordine del giorno dell'Assemblea del 24 aprile 2018, richiesta da Elliott International LP, Elliott Associates LP e The Liverpool Limited Partnership e relativa alla revoca e alla sostituzione dei Consiglieri Arnaud Roy de Puyfontaine, Hervé Philippe, Frédéric Crépin, Giuseppe Recchi, Félicité Herzog e Anna Jones:
(ii) se l'eventuale rinnovo parziale del C.d.A. ad opera dell'Assemblea di TIM del 24 aprile 2018, in conformità alla proposta formulata da Elliott International LP, Elliott Associates LP e The Liverpool Limited Partnership con la sua richiesta ex art. 126-bis t.u.f., impedisca l'applicazione dell'art. 9.10 dello Statuto della Società.
Il secondo quesito si pone solo per l'ipotesi in cui al primo quesito si risponda nel senso della illegittimità della deliberazione del C.d.A. di TIM del 22 marzo 2018.
Per rendere il presente parere ho consultato:
lo Statuto di TIM:
comunicazione in data 30 marzo 2018 del Presidente del Collegio Sindacale di TIM al Presidente del C.d.A. di TIM, con allegati da "A" a "E";
comunicato stampa di TIM in data 29 marzo 2018;
comunicazione in data 28 marzo 2018 del Presidente del Collegio Sindacale di TIM al Presidente del C.d.A. di TIM:
comunicato stampa del Collegio Sindacale di TIM in data 27 marzo 2018;
comunicazione in data 23 marzo 2018 di Elliott International LP, Elliott Associates LP e The Liverpool Limited Partnership al Collegio Sindacale di TIM e p.c. a Consob e al Presidente del C.d.A. di TIM:
comunicato stampa di TIM in data 22 marzo 2018;
comunicato stampa di TIM in data 15 marzo 2018;
comunicazione in data 14 marzo 2018 di Elliott International LP, Elliott Associates LP e The Liverpool Limited Partnership a TIM;
relazione illustrativa ex art. 126-bis, comma 4, t.u.f. in data 14 marzo 2018 di Elliott International LP, Elliott Associates LP e The Liverpool Limited Partnership;
avviso di convocazione dell'Assemblea ordinaria di TIM per il 24 aprile 2018 datato 10 marzo 2018.
La motivazione sulla base della quale il Collegio Sindacale ha ritenuto di disporre l'integrazione dell'ordine del giorno dell'assemblea TIM convocata per il 24 aprile 2018 risulta dalla Nota illustrativa del Collegio Sindacale (allegato A alla comunicazione indirizzata in data 30 marzo 2018 dal Presidente del Collegio Sindacale al Presidente del Consiglio di Amministrazione di TIM; nella intestazione della Nota illustrativa ci si riferisce a delibera del Collegio Sindacale in data 27 aprile 2018, ma in realtà si deve ritenere che ci si intenda riferire alla delibera assunta dal Collegio Sindacale in data 27 marzo 2018, secondo quanto risulta dal comunicato stampa del Collegio Sindacale in pari data).
Nella Nota illustrativa ora menzionata (p. 3), si afferma, tra l'altro, che:
"(iii) constatata l'esistenza di un quadro normativo che attribuisce all'azionista (qualificato) un diritto di ottenere l'integrazione delle materie all'ordine del giorno non suscettibile da parte della Società né (a) di sindacato di merito o opportunità, né (b) di compressione, ad eccezioni di assai limitate ipotesi (come la richiesta di inserire in discussione materie illecite, impossibili o inutili);
$(iv)$ [n.d.r. omissis];
(v) riscontrata l'esistenza di espresse posizioni, sia in giurisprudenza (Tribunale di Milano), sia all'interno di autorevole dottrina scientifica e di massime notarili, idonee a supportare, alla luce
della lettura coordinata degli art 2385 e 2386 cod. civ., nonché della clausola 9.10 dello statuto sociale di TIM, la permanenza nella carica, anche successivamente alla data del 24 aprile 2018 (data di efficacia indicata nelle rispettive dimissioni), dei Consiglieri Arnaud Roy de Puyfontaine, Hervé Philippe, Frédéric Crépin, Félicité Herzog, Anna Jones, Camilla Antonini e Marella Moretti;
(vi) ritenuto che, in considerazione di quanto sopra, (a) alla data del 24 aprile 2018 verrà meno la maggioranza dei componenti del Consiglio di Amministrazione (otto amministratori, compreso il signor Recchi, su un totale di quindici) e, pertanto, tutto l'organo di amministrazione di TIM si dovrà intendere dimissionario; e (b), conseguentemente, in tale frangente tutti i consiglieri (e dunque anche, per quanto qui rileva, i signori Arnaud Roy de Puyfontaine, Hervé Philippe, Frédéric Crépin, Félicité Herzog e Anna Jones, per i quali è stata richiesta la revoca dalla carica), saranno sì dimissionari, ma rimarranno in carica sino al momento della ricostituzione del Consiglio di Amministrazione;
(vii) considerato altresì che, per dottrina sostanzialmente unanime, i componenti del Consiglio di Amministrazione dimissionari mantengono pienezza dei propri poteri gestori nel periodo di prorogatio e sino alla richiamata ricostituzione del Consiglio di Amministrazione;
(viii) constatato in definitiva che la richiesta di revoca di amministratori in carica (ancorché dimissionari unitamente, con la sola eccezione del signor Giuseppe Recchi, al resto del Consiglio) e di nomina dei loro sostituti non appare né inutile, né con oggetto impossibile (oltreché, ovviamente non illecita) e che esula dai compiti del Collegio Sindacale, stante la natura del diritto attribuito agli azionisti e dei poteri dell'organo di controllo, ogni diversa valutazione nel merito o circa l'opportunità della richiesta di integrazione presentata dai Soci Richiedenti con la Comunicazione al Collegio ex 126-bis TUIF".
Nel documento ora in esame (p. 4) il Collegio Sindacale sostiene altresì che "esula dalla presente nota illustrativa la questione relativa agli effetti della clausola 9.10 dello statuto sociale di TIM su di un consiglio ricostituito in occasione dell'assemblea del 24 aprile 2018. Si tratta in effetti di questione distinta e autonoma rispetto alla richiesta di integrazione rivolta al Collegio Sindacale di TIM'.
Come si vede, l'argomento su cui il Collegio Sindacale fonda la decisione di accogliere la richiesta di Elliott di integrare l'ordine del giorno consiste nell'adesione alla tesi secondo la quale gli Amministratori Arnaud Roy de Puyfontaine, Hervé Philippe, Frédéric Crépin, Félicité Herzog e Anna Jones sarebbero ancora in carica alla data di apertura dell'assemblea del 24 aprile 2018, per cui la
richiesta di loro revoca "non appare né inutile, né con oggetto impossibile (oltreché, ovviamente non illecita) $, 1$ .
L'itinerario motivazionale ora descritto non appare condivisibile, in quanto inquinato da un vizio di fondo. Infatti, per stabilire se la richiesta di integrazione avanzata da Elliott ai sensi dell'art. 126-bis t.u.f. vada accolta, la questione centrale non è, come ritenuto dal Collegio Sindacale (nonché da Elliott e dai suoi legali), se al momento dell'apertura dell'assemblea del 24 aprile 2018 gli Amministratori revocandi siano ancora in carica, ma se - in presenza della circostanza che fa scattare l'applicazione dell'art. 9.10 dello Statuto di TIM (venir meno della maggioranza dei componenti del Consiglio di Amministrazione per qualsiasi causa o ragione) – sia possibile convocare l'Assemblea per la sostituzione di alcuni Amministratori e non dell'intero C.d.A. o inserire all'ordine del giorno di una Assemblea già convocata la sostituzione di alcuni Amministratori e non dell'intero C.d.A.
Va anticipato fin d'ora che all'interrogativo – sia per ragioni di carattere testuale, sia per ragioni di sistema – deve essere data risposta nel secondo senso, per cui la convocazione dell'Assemblea/l'integrazione dell'ordine del giorno deve riguardare la sostituzione dell'intero C.d.A. e non soltanto di alcuni Amministratori, pure se vi sia stata una richiesta ex art. 126-bis t.u.f. concernente la sostituzione solo di alcuni Amministratori.
Prima di esporre le ragioni che inducono a raggiungere questa conclusione, si esamina comunque il profilo sul quale si sofferma il Collegio Sindacale, ossia quello del momento in cui operano le dimissioni degli Amministratori revocandi.
In primo luogo, si prende atto che il Collegio Sindacale ha disposto l'integrazione dell'o.d.g. nei termini oggetto della richiesta di Elliott del 23 marzo 2018 ("Seconda richiesta Elliott ex art. 126bis t.u.f."), mentre la richiesta di Elliott del 14 marzo 2018 ("Prima richiesta Elliott ex art. 126-bis t.u.f.") indica dei punti all'o.d.g. di tenore testuale differente.
Tuttavia, la Seconda richiesta Elliott ex art. 126-bis t.u.f. non è rispettosa del termine di dieci giorni dalla pubblicazione dell'avviso di convocazione dell'Assemblea (previsto dalla disposizione appena menzionata), se l'avviso di convocazione datato 10 marzo 2018 è stato pubblicato in pari data.
<sup>1 Analoga motivazione viene espressa da Elliott nella sua comunicazione in data 23 marzo 2018 rivolta ai Sindaci di TIM, e p.c. alla Consob e al Presidente del C.d.A. di TIM, e nel documento denominato "Breve appunto" redatto dallo Studio Legale che assiste Elliott e datato 24 marzo 2018, allegato E alla comunicazione indirizzata in data 30 marzo 2018 dal Presidente del Collegio Sindacale al Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società.
Naturalmente il Collegio Sindacale nelle società quotate dispone del potere di convocare autonomamente l'Assemblea ai sensi dell'art. 151, comma 2, t.u.f. e in questo potere appare rientrare quello di integrare l'o.d.g. di Assemblea già convocata.
Tuttavia, il Collegio Sindacale, né nella sua Nota illustrativa, né in altro documento a me noto, ha motivato la decisione di integrare l'o.d.g. dell'Assemblea del 24 aprile 2018 con il potere previsto dalla norma ora richiamata, potere che è ben diverso da quello previsto dall'art. 126-bis, comma 5 $t.u.f.2$ .
Inoltre, non appare fondata l'affermazione del Collegio Sindacale nella sua Nota illustrativa, secondo la quale all'azionista qualificato è attribuito un diritto di ottenere l'integrazione delle materie all'ordine del giorno non suscettibile "di compressione, ad eccezione di assai limitate ipotesi (come la richiesta di inserire in discussione materie illecite, impossibili o inutili)".
Infatti, come noto, l'art. 126-bis, comma 5, t.u.f. prevede il potere del Tribunale di ordinare con decreto l'integrazione dell'o.d.g. dell'assemblea, in caso di richiesta da parte di azionisti qualificati ai sensi dell'art. 126-bis t.u.f. e di inerzia del C.d.A. e del Collegio Sindacale (per quanto qui rileva), solo nel caso in cui "il rifiuto [n.d.r. degli organi sociali] di provvedere risulti ingiustificato".
Questa espressione – e l'identica locuzione contenuta nell'attuale testo dell'art. 2367, comma 2, c.c. con riguardo alla richiesta di convocazione dell'assemblea – viene interpretata nel senso che il potere di filtro degli Amministratori, già esistente con riguardo al testo codicistico anteriore alla riforma delle società di capitali del 2003, è stato ampliato in conseguenza dell'adozione della formula legislativa in discorso, anche se si discute sull'esatta portata del potere di filtro da parte dell'organo $amministrativo3$ .
Nella presente sede non è necessario prendere posizione sull'individuazione dei limiti del potere degli Amministratori di non accogliere la richiesta di (convocazione o) integrazione dell'o.d.g. assembleare, poiché la conclusione che la richiesta ex art. 126-bis t.u.f. di Elliott non va accolta può essere raggiunta anche condividendo l'impostazione del Collegio Sindacale e ritenendo che il "diritto"
<sup>2 A questo si aggiunga che la Seconda richiesta Elliott ex art. 126-bis t.u.f. è del 23 marzo 2018. Anche volendo intendere questa richiesta come rivolta pure al C.d.A. di TIM, dato che - benché indirizzata ai Sindaci della Società, essa è inviata in copia (a Consob e) anche al Presidente del C.d.A. - rimane il fatto che fra la data della Seconda richiesta Elliott ex art. 126-bis t.u.f. e la data della decisione del Collegio Sindacale (27 marzo 2018) sono trascorsi solo 4 giorni, per cui pare difficile parlare di inerzia del C.d.A. rispetto alla Seconda richiesta Elliott ex art. 126-bis t.u.f., ossia alla richiesta accolta dal Collegio Sindacale, mentre la Prima richiesta Elliott ex art. 126-bis t.u.f. aveva per oggetto dei punti dell'o.d.g. di tenore testuale differente.
<sup>3 Cfr., in vario senso, App. Brescia, 29 febbraio 2016, Trib. Milano, 2 aprile 2016, Trib. Brescia, 23 ottobre 2015, tutte pubblicate in Giur. comm., 2016, II, 1037 ss.
di ottenere l'integrazione delle materie all'ordine del giorno" possa essere compresso solo in presenza di richiesta concernente "materie illecite, impossibili o inutili".
Ouesto perché nella Nota illustrativa del Collegio Sindacale (p. 3, punti v e vi) la permanenza in carica "di tutti i consiglieri"4 - e in particolare degli Amministratori Arnaud Roy de Puyfontaine, Hervé Philippe, Frédéric Crépin, Félicité Herzog e Anna Jones - viene desunta dalla "lettura coordinata" degli artt. 2385 e 2386 cod. civ." (nonché dell'art. 9.10 dello statuto di TIM).
In questo modo presumibilmente il Collegio Sindacale intende valorizzare l'art. 2385, comma 1, c.c. secondo cui le dimissioni, laddove non rimanga in carica la maggioranza del C.d.A., hanno effetto dal momento nel quale la maggioranza del Consiglio si è ricostituita in seguito all'accettazione dei nuovi Amministratori.
Il Collegio Sindacale, nella Nota illustrativa (ibidem), si richiama anche a "espresse posizioni, sia in giurisprudenza (Tribunale di Milano), sia all'interno di autorevole dottrina scientifica e di massime notarili". Benché il Collegio Sindacale non compia citazioni esplicite, è presumibile che esso intenda riferirsi a Trib. Milano, 10 giugno 2008, in Giur. it., 2009, p. 377 s. (per quanto attiene alla giurisprudenza del Tribunale di Milano) e alla massima H.C.9 del Comitato interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie.
In realtà né la pronunzia giurisprudenziale, né la massima notarile ora menzionate affrontano la questione se l'art. 2385, comma 1, c.c. possa essere derogato da previsioni della clausola statutaria simul stabunt simul cadent: esse si pronunziano in termini generali, per cui i principi dalle stesse affermati valgono per l'ipotesi nella quale la clausola simul stabunt simul cadent non contenga specifiche previsioni sul momento di decorrenza della cessazione degli Amministratori.
A questo proposito occorre operare una distinzione fra due profili che si collocano su piani logici ben separati:
(i) se l'art. 2385, comma 1, c.c. sia compatibile con una clausola simul stabunt simul cadent, e dunque se esso si applichi laddove la clausola non detti specifiche regole in ordine alla decorrenza della cessazione degli Amministratori;
(ii) qualora si ritenga l'art. 2385, comma 1, c.c. astrattamente compatibile con la clausola simul stabunt simul cadent (accogliendo la tesi più favorevole a quella adottata dal Collegio Sindacale di
<sup>4 Per vero almeno l'Amministratore Recchi sicuramente non permane in carica, dato che le sue dimissioni decorrono dal 22 marzo 2018 ed egli, ovviamente, non costituisce da solo la maggioranza del C.d.A.
TIM) - se tale clausola possa derogare all'art. 2385, comma 1, c.c., allorché essa preveda specificamente il momento di decorrenza della cessazione degli Amministratori.
Già nel vigore della normativa codicistica anteriore alla riforma della società di capitali del 2003, una volta ammessa in via interpretativa la validità della clausola simul stabunt simul cadent (oggi l'ammissibilità di tale clausola è espressamente riconosciuta dall'art. 2386, comma 4, c.c.), il punto più discusso è appunto stato – e tutt'ora resta – quello ora indicato sub (i), attinente al momento di decorrenza della cessazione degli Amministratori, quando la clausola simul stabunt simul cadent non contenga previsioni specifiche sul punto. E' verosimile che a questo dibattito si alluda con il generico riferimento dottrinale compiuto dal Collegio Sindacale nella Nota illustrativa.
Per vero, nell'ambito del dibattito sul tema in discorso, autorevole dottrina ha sostenuto che "la regola" della prorogatio della maggioranza dimissionaria (art. 2385, primo comma, seconda parte) che continuerà ad amministrare assieme alla superstite minoranza da un lato e la regola dell'immediata cessazione della minoranza dimissionaria dall'altro (art. 2385, primo comma, seconda parte), sono complementari e collegate alla regola del rinnovo parziale del consiglio da parte dell'assemblea"5. Secondo questa dottrina, quindi, l'art. 2385, comma 1, c.c. si applica solo in caso di rinnovo parziale del C.d.A. e non quando l'intero Consiglio va rinnovato per effetto della clausola simul stabunt simul cadent, a prescindere dall'esistenza di specifiche previsioni statutarie sul momento da cui decorra la cessazione degli Amministratori provocata dalla clausola in esame.
Nel nostro caso, peraltro, non è necessario prendere posizione in argomento, dato che l'art. 9.10 dello Statuto TIM contiene una espressa previsione sulla decorrenza della cessazione. Questa clausola statutaria, infatti, stabilisce che "ogni qualvolta la maggioranza dei componenti il Consiglio di Amministrazione venga meno per qualsiasi causa o ragione, i restanti Consiglieri si intendono dimissionari e la loro cessazione ha effetto dal momento in cui il Consiglio di Amministrazione è stato ricostituito per nomina assembleare".
Il precetto che la cessazione ha effetto dal momento in cui il C.d.A. è stato ricostituito per nomina assembleare con ogni evidenza si riferisce soltanto ai "restanti Consiglieri", come confermato dal fatto che si parla di "loro cessazione" (evidenziazione aggiunta), ossia, appunto, di cessazione dei "restanti Consiglieri".
<sup>5 INZITARI, L'estinzione del rapporto d'amministrazione per effetto della clausola «simul stabunt simul cadent», in Contr. impr., 1990, p. 860, evidenziazione aggiunta.
Appare ragionevole ritenere che i "restanti Consiglieri" siano i Consiglieri diversi dalla maggioranza dei componenti il Consiglio di Amministrazione venuta meno "per qualsiasi causa o ragione", quindi anche per dimissioni.
A sostegno di questa interpretazione è possibile addurre anzitutto il fatto che solo intendendo in questo modo l'art. 9.10 dello Statuto di TIM esso assume una valenza precettiva autonoma rispetto all'art. 2386, comma 4, c.c., qualora si ritenga applicabile l'art. 2385, comma 1, c.c. in presenza di clausola simul stabunt simul cadent che non regoli espressamente il momento di decorrenza della cessazione (se, invece, si reputa questa disposizione legislativa inapplicabile alla fattispecie appena detta, ciò destituisce in radice di ogni fondamento la posizione assunta nella Nota illustrativa del Collegio Sindacale).
In altre parole, delle due l'una:
o l'art. 2385, comma 1, c.c. non è applicabile in presenza di clausole simul stabunt simul cadent, neppure laddove esse non dettino espresse previsioni sul momento di decorrenza della cessazione, e allora gli Amministratori revocandi non sono in carica all'inizio dell'Assemblea del 24 aprile 2018;
oppure, se l'art. 2385, comma 1, c.c. è applicabile nella fattispecie di cui al precedente trattino, l'unico modo per non rendere inutile (in quanto meramente ripetitivo della disciplina legislativa) l'art. 9.10 dello Statuto di TIM è interpretarlo nel senso che esso mantiene in carica fino alla ricostituzione dell'intero C.d.A. per nomina assembleare i soli Amministratori non direttamente interessati dalla causa di cessazione, anche ove la stessa sia costituita dalle dimissioni, dal che consegue, di nuovo, che gli Amministratori revocandi non sono in carica all'inizio dell'Assemblea del 24 aprile 2018.
A questo si aggiunga che a sostegno dell'interpretazione dell'art. 9.10 dello Statuto di TIM qui accolta è il fatto che esso considera il venir meno della maggioranza degli Amministratori "per qualsiasi causa o ragione". Questa espressione appare omnicomprensiva e in essa rientra anche la cessazione per dimissioni. Da ciò consegue che in qualunque caso venga meno – anche per dimissioni – la maggioranza degli Amministratori, solo i "restanti Consiglieri" (ossia quelli diversi dalla maggioranza interessata investita direttamente dalla causa di cessazione) – e non la maggioranza degli Amministratori direttamente investiti dalla causa di cessazione, anche ove essa sia costituita dalle dimissioni – cessano dal momento in cui il C.d.A. è stato ricostituito per nomina assembleare.
Si deve dunque ritenere che l'art. 9.10 dello Statuto di TIM deroga all'art. 2385, comma 1, c.c., per l'ipotesi in cui questa norma si possa astrattamente ritenere applicabile in presenza di clausola simul stabunt simul cadent.
Va aggiunto che la disposizione legislativa ora menzionata è derogabile. Convince ancor oggi in tal senso6 quanto autorevolmente rilevato in epoca risalente da Gustavo Minervini, secondo il quale, in presenza della norma in discorso, "la produzione dell'effetto estintivo è prorogata al momento anzidetto [n.d.r..: ossia al momento in cui la maggioranza del consiglio si è ricostituita in seguito all'accettazione dei nuovi Amministratori], al fine di assicurare la continuità dell'amministrazione della società: ratio eminentemente di interesse privato, che non permette di considerare le norme in discorso [n.d.r..: fra le quali rientra l'art. 2385, comma 1, c.c.] come inderogabili" (evidenziazioni nel testo $)^7$ .
In senso analogo si veda la pronunzia del Tribunale di Milano, 22 marzo 19828, il cui estensore (Renato Rordorf) è di autorevolezza pari a quella della dottrina ora richiamata e in relazione alla cui perdurante attualità vale quanto detto appena sopra. Anche la dottrina recente identifica la ratio dell'art. 2385, comma 1, c.c. nella protezione di interessi disponibili. Si veda ad es. Francesco Vassalli il quale rileva che "la distinzione operata dal legislatore in merito agli effetti immediati o differiti della rinuncia risponde all'esigenza di conservare la composizione numerica stabilita dall'autonomia delle parti" (evidenziazione aggiunta)"9.
Del resto la legittimità della deroga operata dall'art. 9.10 dello Statuto di TIM è confermata dall'art. 2386, comma 4, ultima parte, c.c., che consente all'autonomia statutaria una deroga ben maggiore. Nell'ipotesi prevista da quest'ultima disposizione, la convocazione dell'assemblea per la ricostituzione dell'organo amministrativo e l'attività di gestione, limitatamente all'ordinaria amministrazione, è attribuita a un organo (il Collegio Sindacale) che è totalmente privo di attribuzioni gestionali e che ha una funzione (di controllo) radicalmente diversa, mentre l'art. 9.10 dello Statuto di TIM conserva il potere di convocare l'Assemblea e di provvedere alla gestione della Società nel
<sup>6 L'art. 2385, comma 1, c.c. non è stato modificato.
<sup>7 Cfr. MINERVINI, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1956, p. 484.
<sup>8 In Foro it., 1982, I, cc. 2636 ss.
<sup>9 Cfr. F. VASSALLI, in Commentario romano al nuovo diritto delle società, diretto da d'Alessandro, vol. II, t. 2, Padova, 2011, p. 73. Per vero l'Autore prosegue facendo riferimento anche all'esigenza di prevenire vuoti gestionali, che però egli riferisce alle "ipotesi di rinuncia dell'amministratore unico o di contemporanea rinuncia di tutti gli amministratori", che nel caso dell'art. 9.10 dello Statuto di TIM non ricorrono.
periodo interinale ai "restanti Consiglieri", che fanno parte dell'organo (il C.d.A.) istituzionalmente investito della funzione amministrativa.
Pertanto, al momento dell'apertura dell'Assemblea del 24 aprile 2018, i Consiglieri revocandi non possono considerarsi più in carica, per cui un'eventuale delibera di loro revoca da parte di questa Assemblea riguarderebbe una "materia impossibile" o, per lo meno, "inutile" (per usare la terminologia impiegata nella Nota illustrativa del Collegio Sindacale, p. 3, punto iii).
Va comunque ribadito che il discorso svolto nei paragrafi precedenti è stato compiuto solo per completezza espositiva, dato che – come anticipato, qualunque sia l'opinione accolta con riguardo all'individuazione del momento della decorrenza degli effetti delle dimissioni degli Amministratori di TIM revocandi – si deve ritenere che, in presenza della circostanza che fa scattare l'applicazione dell'art. 9.10 dello Statuto di TIM (venir meno della maggioranza dei componenti del Consiglio di Amministrazione per qualsiasi causa o ragione), la convocazione dell'Assemblea ovvero l'integrazione dell'o.d.g. di un'Assemblea già convocata possa e debba riguardare il rinnovo dell'intero C.d.A. e non la sostituzione di alcuni Amministratori.
In questo senso depongono sia ragioni di carattere testuale, sia argomenti di sistema.
Sotto il primo profilo vanno richiamati:
l'art. 9.10 dello Statuto di TIM che colloca la decorrenza della cessazione dei "restanti Consiglieri" al "momento in cui il Consiglio di Amministrazione è stato ricostituito per nomina assembleare" (evidenziazione aggiunta);
l'art. 2386, comma 4, c.c. che, allorché opera la clausola simul stabunt simul cadent, investe gli Amministratori rimasti in carica (o il Collegio Sindacale, nell'ipotesi di cui all'ultima parte della disposizione) della convocazione dell'assemblea "per la nomina del nuovo consiglio" (evidenziazione aggiunta).
Come si vede né la clausola statutaria, né la norma di legge prendono minimamente in considerazione la sostituzione limitata ad alcuni Consiglieri.
A queste chiare indicazioni di carattere testuale si aggiungono considerazioni di sistema: la clausola simul stabunt simul cadent è con ogni evidenza finalizzata ad attribuire riconoscimento e protezione all'esigenza che il C.d.A. rispecchi nella sua composizione le varie componenti dell'azionariato10.
E' appena il caso di rilevare che il soddisfacimento di questa esigenza ha come premessa imprescindibile il fatto che la sostituzione riguardi l'intero organo amministrativo e non soltanto alcuni suoi componenti.
Infatti nel caso in cui il rinnovo sia solo parziale, anche ove venga utilizzato il voto di lista, è chiaro che questo può condurre a una composizione del C.d.A., che, sotto il profilo della rappresentatività (in senso atecnico, ovviamente, non potendo avere gli Amministratori un vincolo di mandato) delle varie componenti dell'azionariato, differisce dalla composizione che l'organo amministrativo ha se rinnovato nel suo complesso.
Si pensi per esempio al caso in cui, a seguito dell'applicazione del voto di lista (con il quale la clausola simul stabunt simul cadent è collegata sul piano funzionale), in un C.d.A. di nove Consiglieri ve ne siano sei espressi dal socio A e tre espressi dal socio B. Se fosse possibile un rinnovo parziale e se esso riguardasse soltanto gli Amministratori espressi da uno dei due soci (ad es. tre fra gli Amministratori espressi da A o i tre Amministratori espressi da B), questo renderebbe asimmetrica la composizione del C.d.A., anche applicando il voto di lista, che consentirebbe al socio che aveva espresso tutti e tre gli Amministratori cessati di nominare solo qualcuno dei loro sostituti, e non tutti.
Il rinnovo parziale del C.d.A. si pone quindi in contrasto frontale sul piano logico con la clausola simul stabunt simul cadent. A questo si aggiunga che TIM è una società quotata, per la quale è imposto con norma inderogabile (art. 147-ter t.u.f.) il sistema del voto di lista, al quale la simul stabunt simul cadent è palesemente funzionale.
Conseguentemente, un eventuale rinnovo parziale del C.d.A. di TIM da parte dell'Assemblea del 24 aprile 2018 svuoterebbe di significato non solo l'art. 9.10 dello Statuto sociale, ma anche – e prima ancora – l'art. 147-ter t.u.f., che impone, con precetto inderogabile, l'adozione del sistema del voto di lista: dal momento in cui si è verificata la circostanza di fatto che determina l'applicazione dell'art. 9.10 dello Statuto di TIM (in argomento si veda anche infra il $\S$ 7), la convocazione dell'Assemblea/l'integrazione dell'o.d.g. di Assemblea già convocata può riguardare solo il rinnovo
<sup>10 Si vedano, ad es.: FRANZONI, Della società per azioni, t. III, Dell'amministrazione e del controllo, in Commentario del cod. civ. Scialoja-Branca, a cura di Galgano, Bologna-Roma, 2008, sub art. 2386, p. 268; TINA, Le pattuizioni sulla governance, in Le acquisizioni societarie, diretto da Irrera, Bologna, 2011, p. 487 s.
dell'intero Consiglio di Amministrazione e non un suo rinnovo parziale. Un eventuale rinnovo parziale deliberato dall'Assemblea del 24 aprile 2018 sarebbe illegittimo e riguarderebbe una "materia illecita" (per usare la terminologia impiegata nella Nota illustrativa del Collegio Sindacale, $p. 3$ , punto iii).
Sulla base di quanto detto sin qui, in risposta al primo quesito, non ha ragione di essere il secondo quesito che mi è stato sottoposto.
Per completezza di seguito però affronto anche questo quesito.
Nella sua Nota illustrativa il Collegio Sindacale manifesta l'opinione che la "questione relativa agli effetti della clausola 9.10 dello statuto sociale di TIM su di un consiglio ricostituito in occasione dell'assemblea del 24 aprile 2018" sia "questione distinta a autonoma rispetto alla richiesta di integrazione rivolta al Collegio Sindacale di TIM". A sua volta, Elliott nella sua Seconda richiesta di integrazione ex art. 126-bis t.u.f. reputa che "(h) una volta che l'Assemblea abbia deliberato sulla proposta di nomina di sei amministratori in sostituzione dei Signori de Puyfontaine, Crepin, Hervé, Recchi, Jones, Herzog, la maggioranza del CdA risulterà di nomina assembleare; (i) la ricostituzione assembleare della maggioranza del CdA non comporterà, peraltro, la cessazione degli attuali consiglieri non dimissionari non integrando le dimissioni, in blocco e concertate, intervenute nel corso della riunione di ieri del CdA una «causa o ragione» idonea a determinare l'applicazione della clausola di scioglimento del Consiglio di Amministrazione prevista, in deroga alla legge, dall'articolo 9.10 dello statuto"11.
In realtà, dalla data in cui la maggioranza dei componenti il Consiglio di Amministrazione ha rassegnato le dimissioni (22 marzo 2018) si è verificata la circostanza (venir meno della maggioranza dei componenti del Consiglio di Amministrazione "per qualsiasi causa o ragione"), che, ai sensi dell'art. 9.10 dello Statuto, produce la conseguenza che "i restanti Consiglieri si intendono dimissionari e la loro cessazione ha effetto dal momento in cui il Consiglio di Amministrazione è stato ricostituito per nomina assembleare".
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<sup>11 Analoga opinione viene espressa nel "breve appunto" del legale di Elliott, p. 10, ove si sostiene anche la tesi, ripresa dal Collegio Sindacale nella sua Nota illustrativa, che si tratta comunque di "questione separata e successiva rispetto all'obbligo di disporre l'Integrazione e di consentire che su di essa si esprima la piena assise dei soci".
Per vero, nella sua Seconda richiesta di integrazione ex art. 126-bis t.u.f. del 23 marzo 2018, Elliott afferma che le dimissioni dei Consiglieri Arnaud Roy de Puyfontaine, Hervé Philippe, Frédéric Crépin, Félicité Herzog, Anna Jones e Giuseppe Recchi sono "manifestamente abusive in quanto dichiaratamente finalizzate ad impedire l'esercizio del diritto di voto degli azionisti di Telecom sulle proposte oggetto dell'Integrazione", per cui, "in quanto abusive, tali dimissioni sono inidonee a integrare una legittima «causa o ragione» da cui possa conseguire l'applicazione dell'articolo 9.10 dello statuto sociale".
In realtà, le dimissioni in discorso sono astrattamente compatibili con finalità diverse da quelle ad esse attribuite da Elliott, in particolare sono compatibili con la finalità di consentire all'Assemblea di esprimersi sul rinnovo dell'intero C.d.A., in coerenza con la ratio dell'art. 9.10 dello Statuto di TIM e con quella del sistema del voto di lista, imposto con precetto inderogabile dall'art. 147-ter t.u.f.
Tuttavia, ai fini del presente parere, non è necessario prendere posizione sulla questione se le dimissioni degli Amministratori di TIM revocandi presentino o non un carattere abusivo. Infatti, anche ove esse fossero abusive, chi ha interesse a far valere questa circostanza dovrebbe attivare gli strumenti giuridici di reazione previsti dall'ordinamento, che nulla hanno a che vedere con la via scelta dal Collegio Sindacale accogliendo la Seconda richiesta di integrazione dell'o.d.g. avanzata da Elliott ex art. 126-bis t.u.f.
Riassumendo, per le ragioni precedentemente illustrate rispondo pro veritate nel seguente modo ai quesiti che mi sono stati sottoposti:
(i) la deliberazione del C.d.A. di TIM, assunta in data 22 marzo 2018, di (a) convocare per il giorno 4 maggio 2018 in unica convocazione un'Assemblea ordinaria per procedere all'integrale rinnovo dell'organo consiliare e di (b) non procedere all'integrazione dell'ordine del giorno dell'Assemblea del 24 aprile 2018, richiesta da Elliott International LP, Elliott Associates LP e The Liverpool Limited Partnership e relativa alla revoca e alla sostituzione dei Consiglieri Arnaud Roy de Puyfontaine, Hervé Philippe, Frédéric Crépin, Giuseppe Recchi, Félicité Herzog e Anna Jones è legittima;
(ii) l'eventuale (illegittimo) rinnovo parziale del C.d.A. ad opera dell'Assemblea di TIM del 24 aprile 2018, in conformità alla proposta formulata da Elliott International LP, Elliott Associates LP e The Liverpool Limited Partnership con la sua richiesta ex art. 126-bis t.u.f., non impedisce l'applicazione
dell'art. 9.10 dello Statuto della Società e la conseguente necessità del rinnovo da parte dell'Assemblea della Società dell'intero Consiglio di Amministrazione.
* * *
Confido con questo di avere risposto in modo esauriente ai quesiti che mi sono stati sottoposti. Resto comunque a disposizione per i chiarimenti e gli approfondimenti che mi venissero richiesti.
Con i migliori saluti.
Roberto Louler
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